MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 340


20 giugno 1944

   Dice Gesù:
   «A farti dimenticare gli uomini che sono sempre delle belve pronte a ferire i meno uomini fra loro – sempre belve anche se non malvagi nel vero senso della parola, sempre mordenti le anime, se non le carni, di quelli che per esser “miei” sono meno atti a rendere morso a morso e unghiata a unghiata – vieni, ché ti voglio fare contemplare le stelle.
   Volevo fartele contemplare ieri sera. Ma eri così ferita che non potevi che piangere e dolorare sul mio cuore, e ti ci ho tenuta senza importi altra fatica fuorché quella che non era “mia” ma dell’umanità crudele.
   Ora guarda. E considera con Me.
   Vedi quanti astri splendono nel velluto sereno del cielo not­turno? Milioni. La loro luce pare dica parole misteriose. Io, Uo­mo, nelle mie notti solitarie, mi perdevo a contemplare le stelle. Mi immergevo con lo sguardo, e più con l’anima, fra quelle aiuole di luce passando da fiore a fiore, confrontando grandez­ze e colori di quelle corolle stellari, paragonando la vaghezza del loro brillio. E mi piaceva pensare che, come i fiori nei campi e nei giardini, ondeggiando mollemente al vento dell’alba e della sera, si comunicano parole di profumo, così lassù da astro ad astro andassero segrete parole di luce e che ogni intermitten­za nel brillare, ogni lampo più vivo, ogni fermo raggiare fossero altrettanti punti ad una frase, altrettanti assensi ad una doman­da, altrettanti discorsi del più acceso oratore, e tutti detti per lodare la magnificenza di Dio.
   Le stelle! Così lontane e così vicine! Lontane milioni e milioni di metri, volanti come uccelli di fuoco per i campi sterminati del cielo, eppure così visibili all’occhio dell’uomo per dirgli: “Credi in Dio. Anche noi siamo una prova della sua esistenza”. Si direbbe che con poca fatica si potrebbero raggiungere e toccare, tanto certe sere paiono vicine. Eppure stolto sarebbe chi pensasse di poterlo fare anche salendo sulle cime più alte del globo. Sia che l’uomo le contempli dalla pianura più piatta, sia che alzi il suo sguardo ad esse dalle vette delle montagne asiatiche sulle quali con difficoltà vive anche l’aquila tanto vi è rarefatta l’aria per l’altezza, sia che elevandosi ancora – per uno di quei mezzi che sono prova dell’intelligenza umana, ma che non sapete usare che per servire la barbarie, e perciò la inquinate di odio infernale – non può mai vederle più vicine e tanto meno raggiungerle. Più egli si alza e più esse si sprofondano nell’etere e palpitano, palpitano dicendo: “Noi, figlie di Dio, non siamo per te, perché tu ci contamini con la tua umanità decaduta. Noi, creature di Dio, non siamo che una scintilla di quell’oceano di luce che è il Regno di Dio. Per raggiungere l’Astro vero, per conoscere la sua Luce, non hai che da spogliarti di ogni tua umanità. Conoscerai così Dio, ché Egli si svela a chi lo ama e nell’amore consuma sé-uomo e fa regnare sé-anima, e lo possederai poi, dopo la breve vita, per la Vita eterna. Noi, i millenari astri, conosceremo morte. Non la conoscerete voi se farete di voi dei figli di Dio”.
   Vedi, Maria, come Dio vi ama, come ti ama. Scrivilo ben chiaro e sottolinealo perché tu lo veda bene. Come Dio ti ama. Nessun uomo, con nessun mezzo, può raggiungere la stellina più vicina alla Terra, la più umile nel suo fuoco. Ma Dio concede a te, poiché ti ama e poiché lo ami, di raggiungerlo, di conoscerlo, di immergerti nel suo Fuoco. E pensa che vi è meno distanza fra la Terra e le stelle che fra le stelle e il trono di Dio. Esse sono l’immenso pavimento della celeste Città, le fondamenta, più ancora del pavimento. Su, su, molto più su, ad altezze inconcepibili poiché non rispondono a misure umane, è quel beato Regno di cui la Trinità è Signora e nel quale è preparato il posto per chi ama. Ma poiché l’amorosa fretta di Dio non conosce indugi, Egli, anticipando il tempo, a Lui vi aspira con lo spirito, a voi si dona col suo Fuoco.
   E che ti importa della meschinità umana? Lasciala agli umani. Vieni. Hai Dio che ti ama. Tutto il resto è nulla. Niente può servire a raggiungere Dio: Stella eterna. Solo l’amore serve a questo.
   Più alto della più alta vetta, più potente del più potente mezzo, con la sua forza illimitata perché spirituale, l’amore vi congiunge a Dio, ve lo fa conoscere. Basta che cura vostra sia di amare completamente. Di fare dell’amore l’unico sforzo della vostra vita. Non perdetevi in altre ricerche. Cercate di possedere l’amore e coltivatelo, fatelo sempre crescere alimentandolo senza pigrizia e senza paura. Fatene un rogo. La fiamma sale, la fiamma splende, la fiamma canta. Salite verso Dio. Splendete nell’amore che vi accende. Cantate il vostro amore. Rendete a Dio ciò che Egli vi ha messo in cuore per farvi simili a Lui: la capacità di amare.
   Dio è Amore. Chi non ha in sé amore non ha somiglianza con Dio.»