MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 408


24 settembre 1944

   Dice Gesù:
   «Fra le correnti contrarie che prendono di trasverso la mia povera navicella che si chiama Maria-Giovanni, il portavoce, Io vengo, divino Timoniere, a prendere la barra. E a correggere e raddrizzare le varie tendenze.
   Tu, portavoce, sei eccessivamente restio a ogni divulgazione di scritti, siano tuoi personali che da altre più alte fonti. Già ti ho rimproverato per questa tua avarizia spirituale607. In te il rimprovero ha avuto frutto e, ogni volta, col dolore di chi si sente strappare un lembo di pelle, tu ti sei piegata a dare ad altri ciò che era tuo, perché venuto dalla tua mente o perché a te donato dal tuo Dio.
   Altri, nonostante Io abbia parlato a più riprese in merito, non si sono scrupolosamente attenuti al mio parlare. Il pungolo che li spinge a far questo è buono. Ma occorrerebbe aver presente che buona non è la grande maggioranza degli uomini, e specie dei consacrati.
   Occorrerebbe meditare che uno zelo eccessivo può sciupare tutto, peggio di quanto non lo faccia un poco di lentezza. Le cose sforzate finiscono con lo spezzarsi. E questa cosa, santa, utile, voluta da Dio, contro il tuo desiderio – lo dico Io che so e che sono Verità – non deve spezzarsi. Ma non deve essere un torrente vorticoso che passa irruente, piega, sommerge, devasta. E passa. Deve essere acqua lene che passa dolcemente, a lieve filo, e irriga nutrendo piano le radici senza sciupare neppure uno stelo. Un filo, ho detto. Dato con molta prudenza e molta misura. Dato con bontà, senza esclusivismi, ma con dignità. Lo si è dato invece con troppa fretta, abbondanza, rigidezza, esclusivismo.
   Ogni manifestazione del soprannaturale è “segno di contraddizione”608 fra gli uomini. Gli strumenti di Dio sono segni di contraddizione. Ma di questa contraddizione i primi a pagarne lo scotto sono loro, gli strumenti. Io ne sono esempio. Chi li ha in tutela deve, con una pazienza e prudenza somma, attendere che la “contraddizione” non assuma forme di violenza, atte a distruggere la missione dello strumento con verdetti e imposizioni che legano a lui le membra spirituali, ne tormentano spirito e morale, mettendolo fra Dio che vuole e l’uomo che non vuole l’opera. I miei strumenti hanno bisogno di pace. Non possono, loro, occuparsi che del loro lavoro, di quello cioè che Dio fa loro fare.
   Se sapeste, o uomini tutti, che schiavitù è l’essere strumenti di Dio! Santa schiavitù, ma totale! Schiavitù da galeotto al remo. Sonno, fame, sofferenze, fatiche, voglia di pensare ad altro, di leggere cose che non siano le parole di fonti ultraterrene, di dirne e udirne di comuni, voglia di essere, almeno per un giorno, creature comuni e vivere la vita comune, sono tutte cose che la sferza inesorabile del volere di Dio impedisce loro di avere e di rendere realtà. E su tutto questo l’astio degli uomini mette il suo sale e il suo acido, come se sulle piaghe delle sferze il padrone della galera facesse cadere sale e aceto.
   Perché, per troppo amore o per troppo livore, mi colpite i miei servi, gia colpiti dall’esigenza del mio volere?
   Io avevo detto609, e sin dall’inizio, che il mio “portavoce” doveva esser lasciato nella pace, avvolto nei veli del silenzio, che sarebbero stati sollevati oltre la sua morte. Quando preghiere e desideri di un che amo, e che m’è gradito per la sua sempre retta intenzione, mi piegarono ad una condiscendenza, a tutela del mio strumento Io misi delle clausole e delle guide. Dissi: “Ci si regoli come ci si regolò per Suor Benigna Consolata”. Quando ho visto che si eccedeva, e si pascolava in campi che anche un’umana prudenza diceva: “Non vanno toccati”, ho cessato ogni dettato che avesse rapporto coi tempi, e ho specificato che ciò era castigo per coloro che perseguivano umane curiosità e anche di una cosa grandiosa, soprannaturalmente grandiosa, facevano quasi il giuoco piccoso di bambini che per far dispetto al rivale dicono: “Io so, io ho, e tu non sai e tu non hai. Guarda quanto ho, guarda, guarda, e io so e io so…”. Ma qui non è giuoco di bambini. Qui ci vanno di mezzo gli interessi di Dio e la pace di un cuore. Attenti, uomini tutti!
   Il mio “portavoce”, voi che lo avvicinate lo sapete, è sempre stato contrario ad ogni violazione del suo segreto, ad ogni esibizionismo, ad ogni bando in suo favore e onore. Non è “violetta” per niente. Se le ho dato quel nome so Io perché. Ha sofferto di certe intrusioni e incensazioni. Non ama incenso per sé. Lo vuole dato tutto al suo Maestro Gesù.
   In un momento in cui già tanta croce stava per esser imposta alle sue spalle, per amor del mondo che va salvato col dolore, voi, con la vostra imprudenza, avete messo altra tortura. Quella di sapere sparse, come fiori preziosi affidati a un bambino, le parole di Dio in ogni senso, fin in mano di coloro che, per proprio pensiero o per altre cause, sono nemici alle voci del soprannaturale. E il mio portavoce vi ha richiamati ad un ritegno, in nome della parola di Dio, che era umanamente e sopraumanamente giusto osservare. Siete ricorsi allora ai ripari. Ma malamente. Attaccando i contraddittori. Negando poi a tutta una categoria, che se ha delle lacune ha anche delle luci fra le sue schiere, ogni contatto con quello che prima si era dato e divulgato, senza selezione, a tutti.
   Amici e servi – vi chiamo col nome più dolce e col più onori­fico, perché servire Me è regnare ed essermi amico è predilezio­ne – vi faccio vedere come Io usavo con colui che fra le mie file rappresentò il clero che barcamena fra Dio e la Terra, colui610 che fece dell’utile proprio il re messo sopra e contro l’interesse di Dio che doveva essere il re del suo scopo di vivere. Ho avuto parole serie, di Maestro che educa e deve anche rimproverare se vede nell’alunno errore; ma quando ho visto che il Maestro non bastava con la sua autorità, ecco che ho annullato il Maestro con la sua serietà e ho scoperto l’Amico, il cui cuore trabocca di af­fetto, di indulgenza, di comprensione. Udite le parole che gli dico per portarlo nella “via”, per riportarlo nella via che è mia. Più dolci, più seducenti non potevano esser dette. Tutto ho tentato per salvarlo. E più lui cadeva e più l’ho avvicinato. Non sono riu­scito al mio scopo? È vero. Anche voi non riuscirete con tutti. Ma almeno sarà salva la carità.
   Dolcezza, dolcezza, amici e servi miei, e poi prudenza, prudenza, prudenza e riserbo.
   Ieri vi ho detto: “Se farete un’opera regolare”. Se farete. Non vi ho detto: “Fate” e “fate subito”. Quando la farete – e non abbiate fretta per non nuocere in luogo di giovare – tenete le regole che vi do e darò.
   Ma per intanto siate rispettosi delle mie parole sin dal primo tempo, e anche un poco del desiderio del mio “portavoce”. Anche lui ha la sua parte in questo fatto. Va udito e non lasciato da parte senza pietà, per troppo affetto per la sua opera.
   Non abbiate fretta. La vita del portavoce è breve e il tempo è lungo. Quando il segreto della tomba proteggerà colui che fu portavoce, avrete ancora, ancora, ancora tempo di fare, fare, fare. Non abbiate fretta umana, anche se si veste di soprumano. Le cose di Dio maturano lentamente, e durano. Quelle dell’uomo precocemente, e cadono.
   Vedete? Vi è chi desidera sapere qualcosa sull’incognita della d’Agreda. Chi ha sciupato l’opera veramente santa di Maria d’Agreda?611 La fretta degli uomini. Questa ha suscitato attenzioni e asti. Ha obbligato ad un rifacimento della parte descrittiva da parte della illuminata. Per la parte istruttiva sopperì lo Spirito ed è uguale nel suo insegnamento. Questo rifacimento a che portò? A grande sofferenza, fatica e turbamento nell’illuminata e a corruzione della magnifica opera primitiva.
   Ogni descrittore e profeta è schiavo del suo tempo. Mentre scrive, mentre vede (parlo di chi scrive per volere di Dio), scrive descrivendo esattamente, anche contro il suo modo di vedere, consono ai tempi. Si stupisce, per esempio, di non vedere questo o quello o di notare oggetti e forme di vita diverse da quelle del suo tempo, ma le scrive come le vede. Dovendo invece ripetere tutta una serie di visioni senza più vederle, dopo scorrer di tempo dalle visioni avute, cade e ricade nella propria personalità e nei sistemi del suo tempo. E i futuri, poi, restano sgomentati da certe linee troppo umane nel disegno di un quadro di Dio.
   La d’Agreda cadde così, nella parte descrittiva, in fronzoli di umanesimo spagnolesco, facendo della santa ristrettezza di vita di mia Madre e della sublime sua creazione alla Terra e del suo regnare in Cielo un fastello di rutilanti pompe da Corte dei Reali di Spagna nel più pomposo evo che mai sia stato. Tendenza di spagnola, e spagnola del suo tempo, insinuazioni di altri che, per esser spagnoli, e di quel tempo, erano portati a vedere, sognare, pensare, trasportare nell’eterno e nel soprannaturale quello che era il temporaneo e l’umano, hanno infronzolato le descrizioni di quegli orpelli che sciupano senza dare onore.
   Grande errore imporre certi rifacimenti! La mente umana! Perfetta e imperfettissima, non può ripetere una cosa, e specie un lavoro di questo genere e questa mole, senza cadere in errore. Involontari, ma ledenti ciò che era perfetto perché illuminato da Dio.
   Perché non illumino di nuovo lo strumento? Per lo strumento lo farei. Ma una punizione deve andare agli increduli. Non Io sono servo dell’uomo. Ma l’uomo di Me. Dio viene, si ferma, opera, passa. Quando l’uomo dice: “Non voglio” e distrugge l’opera di Dio, o dice, scettico e incredulo: “Non credo” e vuole prove imprudenti, Dio non torna sempre. E chi è il colpito? Dio? No. L’uomo.
   Era tanto che volevo parlare della d’Agreda, perché vi era chi lo desiderava e perché Io mi piego ai giusti desideri. Ma ho serbato l’argomento per quest’ora perché era utile così. Io so attendere l’attimo propizio. Imparate da Me.
   Vi ho dato anche le pagine sulla Madre mia nella sua infanzia e fanciullezza santa. E voi direte: “Perché allora ce le hai date?”. Ma potrei far scrivere questo mio portavoce quando fosse morto? Lo potrei, perché nulla è impossibile a Dio, ma non lo farei perché anche questo miracolo di un morto che scrive non convertirebbe gli increduli. Lo uso perciò mentre è vivo.
   Ma voi non abbiate fretta. E siate pazienti e attenti, e prudenti e dolci. Lo torno a dire. Se vi permetto, a voi più vicini, di attingere a piene mani per il vostro ministero e per elevazione delle folle atterrate dal vivere d’oggi, non dovete però mai dimenticare che qui non sono solo i vostri interessi, ma quelli di Dio, che vuol risplendere con la sua potenza e sapienza in una sua creatura.»
   Dice poi Gesù: “Cerca e copia i brani dei dettati in merito. Te li indicherò”. E mi faccio dare da Paola, che lo può testimoniare, i dettati solo ora che ho finito di ricevere il dettato.
   In un dettato del 18 luglio 1943 è detto dal Maestro: “Riguardo al P. Mig.ni sono molto, molto contento che delle mie parole ne usi per sé, per l’anima sua, per la sua predicazione, per guida e conforto di altre anime sacerdotali o meno. Ma non deve rivelarne la fonte per ora… ecc…”.
   Dettato del 23 agosto 1943: “…Andate, spargete la mia parola. Andatevi con discernimento e cura. Applicatene non a tutti ugualmente… È mio consiglio che facciate una scelta delle parole dette. Vi sono brani che per ora devono restare un dolce colloquio fra di voi. Altri che vanno resi noti solo a persone che o per la loro veste o per le loro anime sono già in grado d’esser ammesse a certe conoscenze. Altri possono esser dati e diffusi fra le anime… Ci vuole buon senso nell’usare del dono mio. Regolatevi come per Suor Benigna. Non una aperta e risuonante diffusione, ma un lento effondere sempre più vasto e che sia senza nome. Ciò per tutela del tuo spirito che la superbia potrebbe turbare e della tua persona che non ha bisogno d’altre agitazioni. Quando la tua mano sarà ferma nella pia attesa di risorgere nella gloria, allora, solo allora verrà fatto il tuo nome… Sono così rari i portavoce che non voglio siano disturbati o distrutti dall’odio del mondo”.
   Dettato del 13 agosto 1943: “Usi P.M. quanto giudica utile usare di quello che dico. Sono perle che do gratuitamente. Ma di tutte ne tenga indietro una, la perla madre. Tenga indietro te di cui sono geloso e su cui esercito potere assoluto di proprietà. Tu non sei Maria e non devi esser conosciuta per Maria… La tua personalità è annullata… Nessuno ti deve conoscere come scrittrice del mio pensiero, meno due o tre persone di privilegio… Più tardi, quando vorrò e nessuno ti potrà più nuocere, sarà conosciuto il nome della piccola voce. Ma allora tu sarai dove la piccineria umana non arriva e dove non agisce umana cattiveria”.
   Dettato del 15 agosto: “Dei tuoi scritti ne usate così. La parte che è tua avrà il solito valore informativo per la curiosità dell’uomo che vuole sempre scandagliare i segreti delle anime. La parte che è mia, e che va separata dalla tua, avrà valore formativo perché in esso vi è voce evangelica e questa voce ha sempre valore di formazione spirituale…”.
   Dettato del 10 settembre 1943: “Mio piccolo Giovanni, ti affido la mia Parola. Trasmettila ai maestri ché ne usino per il bene delle creature”.
   Dettato del 9 dicembre 1943: “… Riguardo ai brani (dei dettati) (dice brani, Gesù, non pagine e pagine complete) è inutile spargerli a cibo dei rettili… Ho detto e ripetuto che occorre molta prudenza… Perché volete sfamare stolte curiosità? Non detto quanto detto per un vostro sollazzo né per piegarmi alle vostre morbose seti di conoscenze future… Gli spiriti retti hanno già più che basta di ciò che è detto per tutti senza alzare veli più profondi… Ho detto – e se non mi stanco di ripetere la parola mia, mi stanco di ripetere i comandi in merito al portavoce – che solo quando non sarà più nel mondo sarà tutto cognito della sua fatica. Non abbiate smanie di fare esposizioni generali… Con lacrime di sangue vi permette di usare delle pagine tutte sue. Ma altro non vuole perché Io non voglio… Avete nei dettati dei forzieri di gemme bastevoli a rendere luminoso il mondo. Perché volete estrarre anche i diamanti che solo fra qualche anno potranno essere maneggiati senza che le forze del Male se ne approprino per distruggerli? Colui che scrive è condotto. Ma colui che copia deve saper comprendere ciò che va tenuto a disposizione di un solo… Conservate dunque per l’ora che segnerò tutto il lavoro del mio portavoce e date ai poveri del mondo, a seconda della loro condizione, ciò che va dato. E pregate per non lasciarvi trascinare da umanità nella vostra scelta. Per eventi del giorno P. M. ha potuto notare le concomitanze e può testificare. Per il resto, ripeto, usi come usò il Direttore di Benigna, il quale era in tempi migliori e aveva fra le mani una materia meno esplosiva… Non ripetete le domande perché non risponderò. Non vogliate uscire dalla regola perché non benedirò. Prendete il vostro lavoro e datelo al portavoce. Egli vi dirà i punti che non vanno messi a disposizione dei curiosi e malvagi. Io lo terrò per mano nella scelta…”.
   Dettato del 13 dicembre: “Non parlo per soddisfare curiosità di superstizione o anche di semplice umanità. Non sono un oracolo pagano e non voglio siate dei pagani. Perciò non leverò a te la gioia della mia parola su punti unicamente rivolti allo spirito, senza far paralleli fra esso e gli eventi moderni o di prossimo futuro. Questa lacuna rimarrà come monito per molti e durerà sinché Io vorrò. Ma se si facesse uso non spirituale del tuo lavoro, ti darò comando di scrivere per te sola e, in caso tu non ubbidissi, ti leverò la parola”.
   Gesù dice: “Basta così. Ce ne sono a sufficienza. Gli altri ripetono questi. Sta’ in pace e fa’ sapere ciò a chi si deve”.

[607] avarizia spirituale, di cui le ha parlato nel “dettato” del 21 giugno 1943, data che la scrittrice inserisce tra le righe: 21-6-43.
[608] segno di contraddizione, come è detto in Luca 2, 34.
[609] avevo detto, nel “dettato” del 23 agosto 1943, compreso il riferimento a Suor Benigna Consolata.
[610] colui è Giuda di Keriot, protagonista del capitolo 468 (scritto il giorno prima) dell’opera maggiore. Lo stesso capitolo è introdotto da un’istruzione cui si accenna più sotto.
[611] d’Agreda è Maria di Gesù di Ágreda, mistica francescana spagnola (1602-1665), venerabile.