MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 414


11 ottobre 1944

   Ieri l’altro e ieri, silenzio e cecità. Ma non sconforto perché, se la bontà di Gesù ha risparmiato il mio corpo stremato e ultrasofferente dalla fatica di scrivere, non mi ha che confortato lo spirito con la sua invisibile presenza tutta per me, bianca e sorridente. E tutto il sereno di quegli occhi santi si è riversato nel mio cuore.
   Oh! mio tesoro sconosciuto al mondo! Anche al mondo che più m’è presso: a quelli che con me convivono e che mi vedono semplicemente occupata a leggere le mie orazioni, o a far dei merletti, a mangiare un frutto o a parlare di cose comuni, e non sanno che in realtà la “parte migliore”623 di me non fa che adorare il Dio che vede e parlare con Lui e udirlo parlare. Delle volte mi trovo a sorridere pensando che chi è con me non sa con chi sono io. E talora anche mi trovo a soffrire quando alla presenza del Santo e Invisibile, del Puro e dell’Adorabile, si fanno discorsi non santi, non puri, non caritatevoli. La gente non può sapere, né io posso dire… Ma che urto ne provo e che vigilanza esercito per riparare con atti di amore, di fede, di speranza, di purezza, l’urto dato al mio Gesù con quei discorsi! Urto che deve esser ben forte se in me, povero verme, suscita già tanta pena solo perché il mio Gesù mi ha comunicato un briciolo del suo modo di sentire e pensare.
   Stamane sento quella gioia attiva che in me è sempre preludio della sua Parola. Spiego come posso.
   Ho una gioia passiva quando, come ieri e l’altro ieri, io giubilo della Presenza ma Essa non mi chiama al servirla. Ho una gioia attiva quando quel “che” indescrivibile che provo mi dice: “Serva del tuo Gesù, Egli ti chiama. Servilo”. Allora passo dalla serenità all’ilarità di spirito, dalla pace ad una leggerezza che mi solleva. Se potessi muovermi, io credo che andrei su e giù, in casa o meglio fuori di casa, per esuberanza di questa letizia e forza che penetra in me. Così come sono, non ho che lo sfogo del canto… Poi subentra quel dolce languore che mi muta volto, languore in cui mi liquefo in una dolcezza che non è di questa Terra. E da esso passo al lavoro vero e proprio dello scrivere sotto dettatura o del descrivere ciò che mi si presenta. Se è scrivere sotto dettatura, e se la dettatura si appoggia ad un punto della Bibbia, allora prima Gesù mi fa aprire al punto che vuole spiegare. Se invece è dettato senza speciali riferimenti, allora non mi fa prendere neppure in mano la Bibbia né altro libro sacro. Se è visione, essa si presenta, come ho detto, con una figura iniziale624 che generalmente è il punto culminante della visione e poi si svolge ordinata. Non appena si presenta, mi empie di gioia ancor più viva. Quando la visione ha uno svolgimento ordinato, comincio dal principio. Quando si presenta dal punto culminante, descrivo quel punto e poi, quando si mostra l’antecedente, scrivo quello e il seguito (così fu per quella di rabbi Gamaliele in agosto625, credo nella prima decina del mese).
   Gesù mi ha detto di ripetere ancora una volta, per illuminare meglio chi è o chi vuole restare al buio sul mio caso. E ora mi dice di aprire la Bibbia. Allora oggi è un dettato.
   Copio il punto che mi segna perché mi dice di farlo: Geremia cap. 42, v. 10-11-12-13-14-15-16: “Se resterete tranquilli in questa terra, Io vi rialzerò e non vi distruggerò, vi pianterò e non vi sradicherò, perché sono già placato col male che vi ho fatto. Non abbiate paura del re di Babilonia, del quale tremate, perché con voi ci sono Io a salvarvi e a liberarvi dalle sue mani. E vi tratterò con misericordia e avrò pietà di voi e vi farò abitare nella vostra terra. Ma se voi dite: ‘Non abiteremo questa terra, non daremo ascolto alla voce del Signore Iddio nostro’, aggiungendo: ‘Niente affatto! Noi andremo nella terra d’Egitto dove non vedremo più guerre, non sentiremo più il suono della tromba, non patiremo più la fame, e vi staremo’, udite al riguardo la parola del Signore… Queste cose dice il Signore degli eserciti, il Dio d’Israele: ‘Se vi ostinate a voler andare in Egitto e vi andate per abitarvi, la spada che paventate vi verrà a trovare in terra d’Egitto, e la fame per la quale state in pena vi starà addosso nell’Egitto ove morrete”.
   Dice Gesù:
   «Pazienza e ubbidienza626 sono due grandi virtù. Pazienza porta seco pace, pazienza porta seco amicizia con Dio, rispetto a Dio, carità verso i prossimi, salute spirituale e fisica e benedizioni celesti.
   L’impaziente è inquieto. Nell’inquietudine non vi è Dio, il quale si fa sentire solo nella pace del cuore. Anche un cuore addolorato può essere in pace. La pace vi è quando vi è rassegnazione. Ma nel cuore che si irrigidisce al volere eterno e all’urto delle cose comuni vi è sempre sforzo, sofferenza, inquietudine.
   Valesse l’irrigidirsi, e il puntarsi come muli restii, a deviare a favore proprio le cose, anche le più umili cose! Ma no, figli! Quelle umane non si piegano: vi piegano più duramente con rigore di leggi o di superiori, se fate resistenza. Quelle soprannaturali è più facile si modifichino davanti ad un vostro filiale e remissivo piegarsi che non davanti ad un protervo ribellarsi.
   L’impaziente diviene irrispettoso a Dio. Facile passare, per lui, a pensieri, atti e parole che mai dovrebbero sorgere da un cuore di figlio e suddito rispetto alla paternità e maestà di Dio. L’impaziente è superbo. Si crede più giusto di Dio e di chi lo dirige, e vuole fare da sé. L’impaziente trascende a sgarbi con il prossimo, facendo il prossimo responsabile del ritardo nel­l’avere ciò che vuole. L’impaziente lede la sua salute spirituale offendendo la carità verso Dio e verso il prossimo, e lede la salute fisica perché ogni rovello deprime l’organismo. L’impaziente chiude con la diga della sua ribelle impazienza i fiumi delle benedizioni celesti.
   Credete di non aver meritato di soffrire questo per cui soffrite? Sareste per caso mostri perfetti di superbia, tanto perfetti da autoproclamarvi senza colpe da espiare? Guardate indietro, al vostro passato. Non dite: “Non ho ucciso, non ho rubato”. Non sono queste sole le colpe che meritano pena. Né ruba soltanto quello che si appiatta in un androne e poi assale il passante. Oh! si ruba in tanti modi! E si rubano tante cose che non sono soltanto denaro.
   Volete sapere qualche oggetto di furto oltre che monete, gioielli e beni? Onore, purezza, stima, salute, guadagno; e verso Dio: rispetto, culto verace, ubbidienza. Vedete? E ne ho detti solo alcuni. Ma quanti, quanti altri furti fa anche l’uomo apparentemente più onesto! Colui che porta uno a disperare, non uccide forse, anche se il disperato non si uccide? Sì. Uccide la parte più eletta: lo spirito che disperato si stacca da Dio, matrice di ogni uomo destinato a nascere al Cielo, e che perciò muore. Colui che leva dal cuore d’uno che è suo prossimo la fede, non commette furto? Sì. Eppure quanti con opere e parole non strappano ad un che credeva in giustizia la fede e vi seminano o l’incredulità ad ogni fede o una tossica pianta di idolatria! E colui che leva l’onore e la pace a una donna e nega paternità al bastardo per lui nato, non ruba? Sì. Due furti fa, e dei più gravi e maledetti da Me. E queste le cose più gravi. Ma poi… ma poi…
   Oh! nessuno è senza colpe da espiare. Ebbene, se Io mi sono placato col castigo che ho voluto darvi qui, sulla Terra, e che è castigo d’amore perché non voglio punirvi là dove il castigo si misura a secoli o a eternità, mentre qui è sempre una briciola di tempo, mesi o anni che siano, perché volete subito riattivare il mio rigore disubbidendo e mostrandomi cuore irato per l’impazienza? Fatevi amico Dio, e Dio sarà con voi contro i nemici che sono le cose della vita, le conseguenze della tragedia da voi provocata per colpevole leggerezza nel lasciare libero Satana e i satana minori di torturare l’umano genere.
   Ma se volete fare, con l’antica superbia della razza umana, ciò che più vi piace, sordi alle voci celesti che vogliono il vostro bene, se lo volete fare, sordi alle voci della carità e mossi da pensiero di egoismo che Io abborro, ecco, Io vi dico: “Fate. Ma non eviterete ciò che, a Me rassegnati, avreste evitato. E allora inutile sarà chiamare Iddio”.»
   Gesù poi dice:
   «Per te. Ma non per te sola. Ognuno si prenda la sua parte e se ne faccia medicina.»
   Non dice altro. Ed io, per quel che mi compete, prendo la mia parte e riconosco che mi spetta. E per gli altri ho dolore. Vero, sincero dolore. Non avrei voluto questo dettato in cui risento il Maestro severo di or è un anno…
   [Segue, in data 12 ottobre, il capitolo 48 dell’opera L’EVANGELO]

[623] parte migliore, come in Luca 10, 42.
[624] una figura iniziale, come per il martirio di santa Fenicola, scritto il 4 marzo.
[625] in agosto, precisamente il 7 agosto.
[626] Pazienza e ubbidienza è il tema ricavato dal passo di Geremia 42, 10-16, riportato sopra.