MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 420


20 ottobre 1944

   Sola, in queste prime ore del giorno, ho modo di concentrarmi e riflettere a tante cose. E fra queste penso perché Gesù ha atteso tanto tempo a dare una luce sul caso B. P. Non dico nel 1941 e 42, quando io ero ancora priva della Parola. Ma in questi 18 mesi che Essa mi ammaestra e che, da P. Migliorini, da me e da Giuseppe639 stesso, si desiderava una luce divina su quello che, in diversa maniera ma con la stessa ansia, ci stava a cuore di sapere. E dico anche a Gesù: “Perché nel 1941, quando ci fu il primo contatto con quell’uomo, Tu, Maestro, mi hai detto: ‘Non giudicare. Nei secoli ci sono state delle creature definite ossesse che erano sante e viceversa. Perciò tu non giudicare. Io parlo dove e a chi voglio e posso parlare anche a chi pare meno degno’? Mi hai detto su per giù così. Non ho qui le parole della tua luce che allora io non credevo che ispirazione interna, ma so essere su per giù queste”.
   E Gesù mi risponde:
   «Allora non meritavi di più. E non era ancora l’ora di darti di più. Avevi bisogno di giungere a perdonare per meritare di avermi a Maestro nella maniera che mi hai. Pensa quale merito ha il perdono, da questo. Inoltre rifletti e comprendi attraverso ad una parabola. I tempi attuali te la possono far gustare meglio dei tempi normali, in cui del pane ne sentivate solo il sapore senza conoscerne la difficoltà di confezione.
   Una donna vuole fare un pane per la famiglia. Ha molta e buona farina. Ha le suppellettili atte ad impastarlo, ha l’acqua, ha il forno, ha tutto. Ma non ha il lievito, o ne ha appena una briciola. Pensa se fare o non fare il pane, pensa se attendere di avere del lievito, e in misura sufficiente. Ma la fame e la fretta la vincono e dice: “Oh! bene. Ci metterò molta buona volontà, lavorerò molto la pasta e verrà bene anche senza lievito”. E intride la farina e lavora e suda… Ci mette proprio tutta la sua forza e la sua voglia per riuscire. Poi fa il pane, lo copre, lo mette nel tepore, lo guarda ogni tanto. La massa non lievita. Dice: “È più dura del solito, ma nel forno crescerà. Ho tanto lavorato! Tutto era ottimo! Deve riuscire bene per forza”. Regola fiamma e calore nel forno e inforna. E poi sforna. Il pane è cotto. Ma non è un pane soffice, fragrante, appetitoso. È una massa acida e pesante contro cui i denti più forti si stancano senza riuscire a farne morbido boccone. Lo stomaco ne soffre, il malumore è in casa, la farina è stata sciupata per nulla, la fatica per nulla consumata. E tutto per la sua impazienza e impreparazione.
   Questa la parabola. Ora alla sua applicazione.
   Tu, nel 1941, avevi molta farina: il tuo amore alla Verità e la tua fedeltà ad essa. Avevi molta buona volontà di servirmi e di portare la Luce nei cuori… anche a costo di pesare e ferire per far via alla Luce. Avevi molta fretta di portare le tue conquiste alla mia fame di cuori. Tutto avevi. Ma non sufficiente lievito di Carità. È una virtù che manca non solo nei neofiti ma anche in molti che sono non solo cattolici ben quadrati, ma anche ministri nella cura delle anime.
   Ora le anime sono le creature più delicate e malate che esistano. Più delicate di un infante di pochi giorni. Sono, infatti, infanti che crescono e si formano lentamente. Parlo delle anime della maggioranza. Quando un bambinello nasce è in realtà dotato di tutto quanto è nell’adulto. Lo è già. Ma se lo si osserva bene, questo suo avere presenta una tal delicatezza per cui non è errato dire che l’uomo continua a formarsi, con una gestazione extra materna, sino a quando il suo sviluppo è completo. Se uno volesse dare cibi e costumi da adulto ad un infante lo farebbe morire. Occorre adeguare all’età e alla formazione organica cibi e sistemi di vita. Non ti pare? Questo fanno i padri e le madri attenti e amorosi.
   Ugualmente le anime sono delle malate ora di questo ora di quel morbo, delle ferite, delle convalescenti, e sono già le fortunate queste ultime. Ma se un medico, su membra frante o su organi sfiniti, andasse senza riguardo, che avverrebbe? E che, se dicesse: “Stolto! Per colpa tua sei così! Stàcci! Ben ti sta! Mi fai ribrezzo”? Avverrebbe che il povero malato, il povero ferito, il debole convalescente, si accascerebbe, avvilendosi non reagirebbe, senza aiuto non potrebbe consolidare la miglioria, le ferite si farebbero più putride o più profonde perché non curate da mano esperta oppure curate male dall’inesperto.
   Quanto amore! Quanta esperienza, pazienza, dolcezza! Quanta carità, insomma, occorre per guarire le anime e da malate farne sane, da intossicate farne libere, da informi farne formate! Se uno va con durezza, intransigenza, impazienza, non carità, fa un male più grande, provocando irrigidimento, collera, allontanamento dal medico e dall’educatore, anzi: dal­l’allevatore e perciò dal Bene.
   Se Io non ti avessi fermata col mio: “Non giudicare”, facendoti riflettere che anche in uno, in apparenza meno atto ad essere strumento di Dio, poteva essere Dio, tu avresti spezzato con la tua violenza quanto Io avevo annodato: filo di seta destinato a divenire gomena di nave con i canapi della carità sovrumana dell’affetto umano.
   Sei “piccolo Giovanni” anche in questo, sai? “Un giorno640, essendo stati respinti i discepoli dai samaritani, Giovanni e Giacomo dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo al fuoco di discendere dal cielo e consumarli?’. Ma Gesù li sgridò, dicendo: ‘Non sapete di quale spirito siete. Il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime, ma a salvarle’” e, per correggere, sorridendo, il loro irruente zelo, che tendeva a prendere manifestazioni umane, li chiamai: “figli del tuono”.
   Non è più dolce esser figli della pace che della tempesta? Dio, lo sai641, non è nel vento impetuoso, ma nell’aura leggera. Io ti voglio dolce, dolce, dolcissima, come agnella senza difetti e malizie, verso i tuoi fratelli. Ti devono seguire per il tuo vello soffice e tutto morbidezza e tepore, per il dolce suono della tua voce d’amore, per il tuo festante accoglierli, tutto affetto. Ti ho lavorata con la carità, lievito che era insufficiente in te, perché amavi Me con tutta te stessa ma il prossimo non come Io lo amo. Io voglio tu lo ami come Io lo amo: con misericordia anche se lebbroso, con instancabile pazienza anche se testardo.
   Ora, ora che il lievito rende la tua farina buon pane, ora hai potuto meritare di ripetere le mie parole e di unirvi le tue parole. E ora era l’ora di dirle, per Me, di averle, per loro. Pochi mesi fa Io le avrei potute dire ugualmente, ma non sarebbero cadute su terreno preparato. Anche il “loro” terreno doveva esser preparato per riceverle.
   Va’ in pace. Il tuo Gesù non fa nulla senza scopo perfetto. E, per tutto il resto che vuoi sapere, ripeto642: “Regolatevi come per Suor Benigna”.
   La benedizione ai buoni. La benedizione sull’Opera nascente. Rientra nell’orbita di quella preparazione degli spiriti all’avvento del mio Regno, di quella coesione per fare resistenza al Disgregatore del mondo, il quale affretta le sue opere e le fa più aguzze per demolire in tempo sollecito e completamente. Puoi dunque dare all’Opera stessa quanto hai: sofferenze, preghiere, opere.
   Maria, ricordi il tuo atto di offerta643 all’Amore e alla Giustizia? Rivestita dei meriti del tuo Diletto, ripeti in esso atto le mie parole: “Padre, perdona agli uomini… e se per placare la tua giustizia sono necessarie ostie di espiazione, eccomi, Padre, immòlami per la pace fra l’uomo e Dio, fra l’uomo e l’uomo, per l’avvento del tuo Regno”. E a Me, tuo Amore, dici: “Lo hai detto Tu644 che il più grande amore è dato da colui che dà la vita per i suoi amici. Ecco. Io vengo, mi offro a Te perché il tuo Regno si stabilisca sulla Terra e nei cuori”. E mi chiedi di usarti come strumento, cieco strumento che non chiede “perché” di nulla, per questo.
   Ti uso. Per questo ti uso. Per il mio Regno nel cuore degli uomini che non mi conoscono più quale sono. Quando mi conoscessero per quello che sono, molti, molti, molti verrebbero a Me. Voglio che vengano. Ho pietà di queste turbe. In esse molti sono traviati perché non conoscono il Pastore.
   Chiamate a raccolta il gregge.645 Il Pastore viene. Le pecore e gli agnelli si adunino al suono del mio appello di amore. I capri si separeranno da loro. Siete pochi? Erano dodici e rimasero undici. La culla è ignota e meschina? In una greppia, nella più piccola fra le città di Giuda, è nato il Salvatore. Benedico le “buone volontà” che si adunano. Che Io abbia i “miei seguaci” come Satana ha i suoi.
   Tornate al Vangelo, figli. Tornate. Se ci fossero state opere e parole più sante per portare gli spiriti al Bene, Io, Sapienza, le avrei usate. Non vi è cosa più atta a santificare del Vangelo.
   Venite alla “Fonte delle acque del Salvatore”646. Sì: veramente acque sgorgate dal mio Cuore, queste parole d’amore che sono il mio Vangelo: la parola della Buona Novella. La Buona Novella che torno a ripetere con pressante invito al mondo che perisce in ciò che non è buono.
   Grandi e umili che volete quest’Opera, a voi la mia benedizione. E tu, piccolo Giovanni, sii più martire che mai per questo. Va’ in pace.»

[639] Giuseppe è Giuseppe Belfanti (B.P. potrebbe stare per Belfanti Peppino). Presentato in nota al 2 gennaio, è menzionato più volte così come sua figlia Paola. Il primo contatto della scrittrice con lui è rievocato nell’ultimo capitolo, intitolato “1940-1942”, dell’Autobiografia.
[640] Un giorno… è libera citazione da Luca 9, 52-55 e, per i “figli del tuono”, da Marco 3, 17.
[641] lo sai, per averlo appreso dal “dettato” del 3 agosto, che rimanda a 1 Re 19, 11-13.
[642] ripeto, perché già detto il 24 settembre.
[643] atto di offerta, di cui la scrittrice tratta nell’Autobiografia, parte quarta, primo capitolo (per l’atto di offerta all’Amore) e quarto capitolo (per l’atto di offerta alla Giustizia).
[644] Lo hai detto Tu, in Giovanni 15, 13.
[645] Chiamate a raccolta il gregge…, come all’inizio del giudizio finale, di cui in Matteo 25, 31-33. Per gli accenni che seguono possiamo rinviare a Matteo 10, 2-4; Marco 3, 16-19; Luca 6, 13-16 (per i dodici); Matteo 2, 5-6; Luca 2, 7-16 (per certi aspetti della Natività e per le “buone volontà”).
[646] Fonte delle acque del Salvatore, come in Isaia 12, 3.