MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 443


10 dicembre 1944

   Ieri sera, dopo averle scritto la lettera che spero le verrà consegnata oggi – e prego Dio che la illumini nell'interpretarla, mettendosi nelle condizioni di noi, qui reclusi, bisognosi di delucidazioni che solo lei può dare, e molto, molto delusi per la sua sibillina risposta del 6 c.m. che ci ha proprio stupiti e sconfortati – sono piombata in un penosissimo sopore. Come soffro, ora, quando vengono! Specie se devo lottare contro il sopore perché vi è gente ecc. ecc…! Ne sono uscita alla prima luce d'alba. Mi metto subito a pregare e viene Gesù.
   Questo tempo di sosta, dirò così: pubblica, Gesù l'ha usata per una istruzione privata alla sua povera Maria. Di questa segno quello che Gesù vuole. Il resto è mio segreto e resta con me sempre.
 Stamane, a mie riflessioni intrise di sconforto per il come sono male capita, mi risponde:
   «Anche le persone più buone hanno manchevolezze. Di perfetto non c'è che Dio. Eppure gli uomini hanno voluto trovare imperfezioni anche in Me e, potrei dire: sistematicamente, hanno dato significati diversi dai veri ad ogni mia azione. Per questo Io ho insegnato1: "Non giudicate". Pensa, anima mia, che gli uomini sono tanto manchevoli e tanto, anche senza averne voglia, anzi avendone ribrezzo, intrisi di superbia, che si arrogano il diritto di aggiudicare a Dio azioni che, in verità, sono volute da loro e non da Dio, azioni che se fossero veramente volute da Me darebbero, per la loro non giusta natura e deleterie conseguenze, ragione agli uomini di criticare Dio. Quando mai capiranno e crederanno fermamente gli uomini che Dio è Bontà, Pazienza, Giustizia, Amore anche nelle più piccole cose?»
   Resto pensierosa dopo questa lezione. Poi oso ripetere una domanda, io che odio fare domande a Gesù. Mi piace lasciarlo libero di istruirmi come e su quel che vuole. Ma P. Pennoni ha insistito, anche l'ultima volta, in merito. Fosse un altro, lascerei cadere. Ma lui…
   Gesù sorride, di un sorriso buono ma serio, e dice:
   «Se quelle persone sono veramente religiose, devono trovare, nella certezza della morte in grazia di Dio dei loro quattro defunti tragicamene, sollievo al loro dolore più alto. Dico: più alto. (Scrivi molto chiaramente). Il dolore umano è più bestiale nel suo dolere. E strappa gemiti anche ai santi. Questo (scrivi adagio ma scrivi chiaro) questo dovrebbe essere sempre considerato da coloro che ascoltano gli sfoghi dei superstiti ed hanno ufficio di consolatori.
   Il dolore più alto è quello spirituale. Vivissimo in chi non è morto allo spirito per essersi per tanti anni nutrito di spirito. Costui, alla pena umana di aver perduto un aiuto e un affetto, unisce quello di un'incertezza sulla sorte eterna del Perduto. No. In questo caso non è il caso. Si plachi il dolore nella certezza di un beato ricongiungimento.
   Però di', a chi ha voluto questa risposta, che non sia un pilota incapace, un mastro di naviglio (va' piano, ma scrivi chiaro) dimentico delle più elementari norme di navigazione. Un'anima sconvolta da una scossa tragica è paragonabile ad una nave presa da gran fortunale. Ha bisogno di essere aiutata e alleggerita, senza imprecare per la sua incapacità ad uscire dalla bufera per entrare in acque più calme. Ora: che pilota sarebbe e che mastro di naviglio sarebbe colui che sapesse solo ostacolare ancor più la povera nave con manovre teoriche, non sempre esatte, e talora dannose, specie in certi casi? Se in luogo di raccogliere le vele le aprisse tutte, non getterebbe ancor più in preda al vento la povera nave? Se in luogo di alleggerirla, per farla fuggire più veloce, la appesantisse dicendo: "Così starà più ferma", non ne decreterebbe il naufragio? Lo stesso avviene delle anime in tempesta. Alleggerirle si deve, capirle si deve nelle loro reazioni e nelle loro necessità. Non aumentarne il disorientamento con condanne ingiuste.
   Oh! come si condanna con facilità e sveltezza! E non sono stato Io più e più volte condannato come un demonio?2 Facile è dire: "Sei indemoniato". Ma non sarà invece così colui che accusa, mancando a carità e a giustizia?
   Prendete una volta di più ad esempio Me, Maestro vostro. Marta e Maria, sconvolte dal dolore, rimproverano Gesù3 di non esser venuto con quella sollecitudine desiderata per impedire la morte di Lazzaro. Le rimprovero Io? No: le carezzo e conforto. So capire e compatire le anime sconvolte. Imparate.
   Chiederà forse ancora, colui che ti manda a questa risposta, come fare a dar sollievo a quella povera anima in tempesta. Oh! è facilissimo! Chiedendo di soffrire per sollevare il suo soffrire e renderle pace e luce. Caricarsi degli altrui pesi, porsi sulle altrui croci per scaricare gli altri dai pesi e per deporli dalle croci. Io l'ho fatto. Fatelo voi.
   Ed ora basta. Riposa con la mia pace e addormenta il soffrire di Gesù, per tante colpe e manchevolezze umane, cantando come un uccellino, gaio per il bel sole, la ninna-nanna4 della mia Mamma. Il sole ce lo hai: Io. Ti benedico.»
 

   Nota mia: P. Pennoni mi aveva parlato di questo caso il maleaugurato 8 novembre. Per 32 giorni Gesù ha sempre taciuto in merito. Solo stamane ha parlato.
           


   ho insegnato, in Matteo 7, 1Luca 6, 37.
           
   2 come un demonio, per esempio in Matteo 9, 34; 12, 24Marco 3, 22Luca 11, 15Giovanni 7, 20; 8, 48; 10, 20.
           
   3 rimproverano Gesù, come risulta in Giovanni 11, 21.32. Il conforto dato da Gesù è più evidente nell'episodio della resurrezione di Lazzaro come è trattato nel capitolo 548 dell'opera maggiore di Maria Valtorta.
           
   4 la ninna-nanna, ricevuta e scritta il 28 novembre. La scrittrice, che aveva una bella voce, la cantava insieme con altri due canti. Le parole di tutti e tre sono sull'opera maggiore: capitoli 4, 10 e 33. Le loro note furono messe su pentagramma proprio dal P. Pennoni, che attestò "di aver pazientemente e fedelmente, senz'alcuna arbitraria neppur minima alterazione, riprodotto i canti uditi e ripetuti".