MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 430


11 novembre 1944

   Ieri ero tanto giù e [stavo] tanto male che non potevo aggiungere più nulla. Neppure i dolci conforti avuti nella notte fra il 9 e il 10 da Maria, prima e brevemente, poi da Gesù, lungamente.
   Io piangevo col capo sotto le coperte per non essere udita da Paola e Marta che dormivano con me. Pensavo che fra poche ore non avrei avuto più Paola… e piangevo, desolata. E pregavo. È venuta la Mamma a pregare con me e ad accarezzarmi. Ma è stata poco. Ha ceduto il posto a Gesù il quale mi ha attirata, col suo braccio sinistro, contro il suo petto, così strettamente che avevo la guancia appoggiata sul suo cuore e sentivo il caldo della carne sua giungere alla mia guancia e udivo il battito regolare e molto robusto del suo cuore. Lo confrontavo col mio, povera carretta traballante e sfinita… Come era perfetto! E Gesù mi lasciava fare. Lasciava che il tepore della sua Persona scaldasse il povero passerottino malato, gelato, piangente, e che la musica del suo cuore lo distraesse dal suo tormento. È bello, sa?, riposare così!
   Ho visto una riga di luce trapelare dalla veste di lana bianco avorio in corrispondenza della ferita del costato e ho chiesto accennandola: "Perché questa ferita?", e Gesù piano, fra i miei capelli: "Per amore di Dio e degli uomini". E dopo qualche tempo, senza lasciarmi andare, con la sua destra mi sfiorò il costato dove avevo tanto dolore fra cuore e pleura, e sorridendo chiese: "Perché questa sofferenza?", ed io: "Per amore di Dio e degli uomini". E Gesù mi ha stretta più forte e mi ha tenuta finché mi sono calmata nel soffrire, quasi assopita sul suo petto, e poi mi ha messa giù come un papà amoroso ed è rimasto lì, perché non piangessi più…
   Come lo guardavo! Come è bello! No, non c'è nessun quadro che gli somigli. Non ci può essere.
   Questo, ieri notte. Questa notte, poi, dalle due in poi spasimavo per la pleurite e la febbre. Ho fatto così l'Ora della Desolata. E mentre contemplavo la Mamma piangente sul Figlio steso sulla pietra dell'unzione, e guardavo la Maddalena piangente in ginocchio ai piedi del marmoreo letto funebre, Giovanni ritto e angosciato presso Maria che guardava con occhi di bambino spaurito e piangente la sua novella Mamma desolata, le altre donne ammucchiate presso l'apertura, i due imbalsamatori nel loro angolo, il mio interno ammonitore mi ha detto: "Intorno al letto funebre di Gesù sono le rappresentanze di tutto il genere umano. La Maddalena è la rappresentanza dell'umanità peccatrice e pentita, Giovanni quella dell'umanità pura e consacrata, le pie donne quella dei credenti, Nicodemo e Giuseppe rappresentano il mondo con le sue nebbie di scienza, di rispetto umano, di dubbio… Vedi? C'è tutto". È vero. Non avevo mai notato.
   Non ho avuto altro. Gesù, data la gran febbre, mi lascia riposare. Ma non mi abbandona. Oh! è qui! Non è come in aprile che taceva e non si mostrava! Non posso dimenticare il tepore della sua carne, mi pare averne ancora calda la guancia e me la carezzo. E non posso dimenticare il forte toc, toc, toc del suo divino Cuore. Il mio Gesù!…