MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 431


12 novembre 1944

   Anche questa notte, dalle due all'alba, sono stata con Gesù come l'altra notte.
   Mi ha detto: "Eccomi dal mio piccolo Giovanni, perché non pianga". Ma non piangevo. Non ho più pianto dall'altra notte. Non si può piangere quando Egli consola. E Lui lo sa. E, sorridendo, questa notte mi ha detto: "Ho fatto di nuovo il miracolo di trasformare le lacrime in sorriso, le spine in rose, il tumulto in pace. Come quando morì Giacomino1 e ti ho accarezzata per la prima volta per non farti piangere più".
   Io, stando appoggiata al suo petto – mi piace tanto sentirgli battere il cuore – ho chiesto: "Non parli neppure oggi, Gesù?".
   E Lui: "Ma se parlo devi scrivere e perciò lasciare questo guanciale. Lo preferisci?".
   "No, Gesù. Preferisco così. Per quanto anche le tue parole mi facciano felice. Ma dicevo per le anime".
   "Mio povero, piccolo Giovanni, hai troppo male per permettermi di farti scrivere. Lo sai che Io sono anche Medico, il tuo più grande Medico, anche per il tuo povero corpo che mi serve come strumento e che non va spezzato. Perciò Io sono severo con chi non ti tratta come va trattato uno nelle tue condizioni: come un pargolo. Sei il mio pargolo. Per ora sei questo. Quando starai meglio tornerai ad essere il Giovanni minore. Ora sta' qui. Lo hai visto come sono esperto di ninnare i bambini. Sembro un perfetto papà. Ma non lo sono forse? Non ho generato tutti i miei santi? Non vi ho amato tanto perfettamente da morire per darvi vita?".
   "Sì, Gesù. Allora niente per le anime?".
   "Amata mendicante! Vuoi, o vuoi dare?".
   "Voglio, e voglio dare".
   "Dàmmi il tuo soffrire".
   "Troppo poco e cosa troppo abituale. Voglio dare di più. E poi voglio qualcosa per me".
   "Un regalo o un ricordo?".
   "Quello che vuoi, ma che mi parli di Te".
   Gesù mi ha stretta forte forte e ha detto: "Ti darò una cosa che fu mia e che tu mi darai per le anime". E, tenendomi sempre Gesù contro il suo petto in modo che io avevo libero tutto l'emitorace sinistro, mi sono sentita colpire con due colpi di flagello. Due soli. Ma che male! In ogni luogo dove avevano percosso i martelletti delle strisce, ossia in una diecina di posti, avevo un dolore come di proiettile penetrato nell'osso e negli organi, e la pelle frizzava là dove le cinghie avevano sollevato un rialzo.
   Due soli! E Gesù spiega: "Non di più perché fanno troppo male, fanno troppo male! E tu sei malata. Dàmmi il dolore del tormento che fu mio, che fu atroce; per le anime dàmmelo. E ora sta' buona, qui con Me".
   E sono rimasta così: beata e torturata. Beata nell'anima, torturata nel corpo. Ma come felice!
           


   Giacomino è il nome dato ad un uccellino, di cui parla verso la fine dello scritto del 13 maggio 1943.