MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 447


18 dicembre 1944

   Dice Gesù:
   «Or dunque, dottori che non avete misurato con giusta misura la prova tremenda di Maria mia – e vi è parsa piccola la sua tortura, non chiamabile "inferno", scandalizzandovi di sentirla definire "maledizione" – che vi è parso questo digiuno della mia Parola? L'avete capito perché vi fu dato? Ne volete meritare ancora? Parlate, dunque. E parlate pensando che nessuno come lei, la mia piccola voce, ne è stato tanto colpito.
   Voi siete paragonabili a quei sassi, lontani dal rustico bacino di fonte alpestre, che si irrorano e brillano per gli spruzzi della fonte scaturente dal fianco montano, mentre lei è il bacino e tutto accoglie quel fluire e ne è sonante e piena, ed è per esser questo, e priva di questo è una desolata cosa senza scopo d'essere.
   Eppure ebbe la sua ora di tortura con la privazione della Parola per i miei scopi e per la sua formazione. Perché sappiate che le anime che mi si donano sono come ferro che il fuoco fa duttile, e devono lasciarsi lavorare, piegare, assottigliare, in ogni senso, secondo il mio volere; docili nel ricevere per dare, docili nel rimanere senza il loro tesoro: Io; docili nell'avere per sé sole come nell'avere e nel non poter ritenere per sé neppure l'eco di una parola, ossia la dolcezza che lascia la mia Parola, simile al dolce che resta sulla lingua dopo che fu succhiato un favo di miele; docili nel riprendere la loro missione. Docili sempre, care, dilette anime che il mio amore tortura per farle sempre più sue, e che tortura per voi: per farvi, voi, un poco più miei.
   Che vi è parso questo mio silenzio? Non avete recalcitrato, inalberandovi come cavalli capricciosi, ad esso, trovando duro questo stretto morso messo a freno del vostro desiderio di avere ancora? Non avete mancato di carità e giustizia dando a questo silenzio un significato che non ha: punizione del portavoce per qualche supposto (da voi) peccato? Non avete mancato di umiltà e giustizia non riconoscendo che ve lo siete meritato per diverse ragioni e che è giusto che l'abbiate avuto per capire il tormento che fu dato a questo cuore? E che vi sarà dato ancora, a voi, se lo meriterete. Ossia se non userete come va fatto del dono mio. Se ne vorrete fare studio umano. Se andrete con poco rispetto del mistero. Se disubbidirete ai miei desideri.
   Ora, perché non la voglio far oltre languire, benché l'abbia fatta ricolma di gaudio personale – ma non le basta perché ha capito cosa è l'Amore, e amore vuole dare, ossia vuole esser per tutti, non per sé sola, piena di gaudio – Io riprendo la mia evangelizzazione. Dopo 40 giorni di silenzio. E ciò sfati anche il pensiero latente in qualche cervello che il silenzio sia venuto per mancanza di suggestione.
 Presenti, assenti, lontani, vicini, nulla siete, o mortali, per lei. Io solo sono. Io solo. Fosse nel mondo sola superstite della razza d'Adamo, sarebbe mio "portavoce" se volessi, per i libri eterni. L'uomo è larva senza potere e voce in questo ministero. Dio solo è. Autore e Volontà del fatto.
   Foste capaci di capire e di credere! Meditate e miglioratevi. Andate. E siatemi grati di avervi avuto misericordia e di riprendere l'elargizione del dono.»
   

   Una lievissima, dolce, ilare voce. Sì. L'udirla solo empie di letizia. La voce dello Spirito Santo. La più immateriale, la più gaudiosa. Luce e delizia, pace e gioia entrano nel cuore con essa, e fluiscono per tutto l'essere. Oh! placido bacio di questa Voce dell'Amore!…
   Mi dice – poiché al suo chiamarmi io rispondo: "Eccomi" e chiedo: "Perché hai tanto taciuto? Perché così raramente parli?" – mi dice:
   «No, che non taccio né parlo raramente. Io sempre ti parlo. Mai non taccio. Parlo per tutti. Parlo a te sola. Parlo sulle labbra del Verbo e uso la lingua di Maria, mia Sposa Ss., per dirti le mie lezioni. Parlo con le visioni e le armonie che ti mando dai Cieli. Parlo coi conforti e i baci di pace con cui ti sollevo il cuore ad altezze non umane. Parlo coprendo aspetti e voci del mondo col mio esserti Amore. Non vi è attimo in cui verso te Io non provveda. Tu credi che gli Altri vengano. No. Sono Io che agli Altri ti porto. Io: l'Amore. Coi sette doni ti fortifico e ti purifico, ti faccio pia e capace di vedere, umile e dotta di non umana scienza, ti guido e consiglio, ti apro l'intelletto e vi istillo la Sapienza: la regina il cui regno è il Cielo.
   Vieni. Entra. Tuffati nell'Amore. Devi essere arsa per esser capace di ricevere. Devi esser tersa per far trasparire la Luce. Fu mondato1 da un serafino il labbro al Profeta. Alle anime "portavoce" l'Amore compie la purificazione.
   Ti benedico per farti capace di esser sempre più "forte". Forte contro tutte le insidie che l'Insidiatore avventa per ledere gli strumenti di Dio e profanarli sporcandoli.
 Sii pura e accesa come una stella. Va' in pace.»

   [Seguono, dell'opera L'EVANGELO, il capitolo 39 (escluso il primo brano) in data 19-20 dicembre e il capitolo 40 in data 21 dicembre]
           


   mondato, in Isaia 6, 6-7.