MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 436


25 novembre 1944

   Ci sarebbe proprio da scrivere! Ieri, dalle sei antimeridiane alle 19, non ho avuto un solo, dico un solo minuto di libertà. Marta dovendo andare a Lucca, venne la Sig. Lucarini, alle 9 via questa e fu sostituita da Alba Sorbi, via Alba venne Enzo Lucarini. Tornò Marta alle 15 e andò via Enzo. Marta preparava ancora la minestra, perché ero digiuna, che venne la sig.na Pellini. Poi si aggiunse il sig. Lucarini, poi suo figlio e sua moglie; indi, in gruppo, il Dott. Winspaer, la moglie, la figlia Rosanna, la nipote Alba. Così nella stanza erano dieci persone!…
   Alle 19, finalmente, andarono via tutti ed io potei lavarmi. E non dico altro. E questo dico per mostrare se potrei scrivere. E perché si capisca in che stato sono a sera con tanta giostra di persone…
   Ah! ho dimenticato! Dopo le 19, avevo appena finito di lavarmi, ecco la sorella della padrona di casa con la nipotina, le quali si sentivano in dovere di tenermi compagnia mentre Marta preparava la sua cena. Che ne dice?…
   Quattordici ore di schiavitù e fatica, e dopo sono senza fiato, senza polso, e precipito come una pietra nel fondo di un sopore dal quale torno verso le 3 antimeridiane fra spasimi atroci. C'è ancora qualcuno che giudica che devo portare maggiore pazienza? Gesù non è certo questo "qualcuno"! Si rammarica di tanta attesa per il nostro lavoro. Ma dice, lo diceva poco fa: "Questo servirà per molti". In che senso, o in quanti sensi vuol dire, non so.
   Ho avuto1 da Lui una promessa. Gli dicevo: "Gesù, come mi piacerebbe vedere la cerimonia della tua maggiore età!". E Lui: "Te la darò per prima cosa appena potremo esser 'noi' senza che si turbi il mistero. E la metterai dopo la scena della Madre mia, mia Maestra e Maestra di Giuda e Giacomo, che ti ho data recentemente (29-10). La metterai fra questa e la Disputa al Tempio".
   Ha taciuto un poco, sorridendo e accarezzandomi, poi si è fatto serio, severo, e ha detto:
   «Ti darò… se vedrò che non si agisce male verso il mio dono e verso il mio strumento. Male da parte di chi ti è più vicino. Non è possibile esigere rispetto da tutti verso i dettati e il "portavoce". Rispetto e carità. Ma da quelli almeno che per esserti a contatto devono, se sono retti, comprendere quanto di soprannaturale è in questa cosa e come tale, verso essa, agire, sì.
   Tu sei un nulla. Ma Io ti ho chiamata a questa missione. Ti ho formata per questo, vegliando sulla tua formazione anche mentale. Io ti ho dato facoltà non comune di composizione, perché ne avevo bisogno per fare di te l'illustratrice delle scene evangeliche o mistiche nelle quali Io avrei parlato o agito da Me o nei miei servi. Io ti ho crocifissa nel cuore affettivo e nella carne per questo. Perché tu fossi libera da ogni schiavitù d'affetti e padrona di tanto tempo orario come nessun che è sano ne può avere. Ti ho soppresso anche i bisogni fisici del nutrimento, del sonno, del riposo, riducendoli ad un minimo insignificante, per questo. Ti ho, in un corpo tormentato e logorato da cinque gravi e penose malattie maggiori e da un'altra decina di minori, aumentato l'energia per portarti a poter fare quello che uno sano e ben nutrito non potrebbe fare, per questo.
   E vorrei che questo fosse capito come un segno sicuro. Ma questa generazione arida e perversa non capisce nulla. Attenti, però, che il Signore non dia un segno di punizione! Lo posso, se voglio. E ti farei felice, piccolo Giovanni, mio piccolo amore. Ti posso prendere con Me e lasciare costoro, senza rispetto e senza fede, o con larve di fede e di rispetto, ad arrabbattarsi sulle briciole di quanto avevo in animo di dare. Briciole rispetto alla massa del lavoro che avrei da dare.
   Tu sei un nulla. Ma nel tuo "nulla" Io sono entrato e ho detto: "Vedi, parla, scrivi". Il nulla è divenuto il mio strumento. E ciò che è mio è sempre consacrato e va trattato come cosa consacrata.
   Odi la parabola.
   Da un orafo sono diversi calici d'argento, lavorati a sbalzo taluni, e con arte e intarsi d'oro e anche gemme, altri unicamente belli per il metallo e la forma liscia e svasata come calice di giglio su stelo sottile.
   Vengono dei compratori e guardano. Molti, ricchi signori, comprano dei calici per la loro sontuosa dimora. Prendono i più belli, tutto intarsi, sbalzi e gemme. E se li portano via. Per ultimo, un umile prete acquista, con l'obolo dei suoi parrocchiani, un calice di solo argento. Il più semplice, umile come lo è quel prete e come lo è la chiesa che egli regge. Umile come ne permette l'acquisto la poca somma delle offerte, ammucchiate soldo a soldo.
   Il povero prete porta via il suo tesoro. È felice di pensare che Gesù scenderà col suo Sangue e il suo Corpo, con la sua Anima e Divinità, in quel nuovo calice, più degno di Lui, Santissimo, che non nell'altro, ormai ridotto da decenni d'uso in proprio cattivo stato. E non vede l'ora che sia la mattina di domenica per poterlo usare, porre sulla pietra sacra, su esso pronunciare le sante parole: "Questo è il Calice del mio Sangue…". Oh! come quel calice è santo agli occhi suoi e di quelli che credono dal momento che in esso la fede vede il Sangue di Gesù Cristo, Salvatore, Verbo di Dio, Figlio dell'eterno Padre! Splende non per il lucente e nuovo argento ma per tutta la Luce che in sé rinchiude!
 Ora dimmi: se un ladro notturno penetrasse tanto nelle ricche dimore dove furono portati i magnifici c  alici, come in questa chiesa dove in un povero armadio riposa questo semplice calice in attesa d'esser usato all'aurora per la Messa quotidiana, quale sarebbe furto più grande? Quello dei ricchi calici? No. Questo. Perché non è più furto: è sacrilegio. Io, scendendo in esso calice, l'ho nobilitato a nobiltà che esula e supera ogni altra nobiltà di prezzo, lavoro, materia, bellezza. Sacro è perché Io l'ho scelto, e sacro deve considerarsi, e usarlo come di cosa sacra si deve. Con rispetto.
   Chi ha orecchie da intendere oda.
   Ora basta. Il piccolo Giovanni è già sfinito. Più contento perché ha avuto qualcosa… Sei una grande mendicante! Ma ancor più sfinito. Giù. In pace.
   Impara a salutare come ti ho insegnato (3-11). Non lo fai che raramente e sempre dimentichi di intestare così le tue lettere. Ricòrdalo.
   La mia pace sia con te.»
 

   Ha ragione. Me lo dimentico benché mi piaccia tanto. Sono una smemorata!
   Mi spiace molto sentire Gesù scontento. È scontento di qualche cosa che avviene nel nostro cerchio più stretto. Ne sono sicura.
   Come ho fretta di "vedere" questa nuova scena della sua vita fanciulla! Il mio Gesù!… Per farmi scrivere questo mi ha fatto muovere avanti giorno perché dopo non c'è più libertà. Ora sono le 8 e comincia l'andare e venire…
           


   Ho avuto… fino a …Tempio, cioè l'intero capoverso, è anche il brano che introduce il capitolo 39, scritto il 19 dicembre, dell'opera maggiore.