MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 226


5 gennaio 1944

   Dice Gesù:
   «Quello che hai visto è il beato transito della Madre mia. Sei tanto sfinita e torturata che il mio amore sente il bisogno di versare su te la dolcezza delle visioni. E, per te che devi morire, quale più confortevole di questa?
   La morte delle vittime non è sempre placida come la sera di Maria. Vi sono fra voi quelle che restano sulla croce sino all’ultimo respiro. Ma fosse anche per la durata di quest’ultimo, l’estasi vi accompagna, oltre il dolore, alla pace del cielo. Il dolore è ormai esaurito quando viene la vostra sera, e dai Cieli fluisce su voi la pace, che non vi attende ma vi corre incontro per ricoprirvi del suo balsamo dopo tanto martirio.
   Non temete, voi che vi offrite. Non ci fui che Io, Espiatore per tutto il mondo, che non conobbi conforto nel mio morire. E per aver conosciuto quell’amarezza ho pietà, e ai miei piccoli cristi apro le porte del Cielo per investirli di luce, di gaudio, nei momenti estremi. Non morite, no, voi che avete scelto la croce. Lasciate il dolore per entrare nella gioia. E dato che la gioia del figlio di Dio è possedere Dio, tal gioia vi è data con anticipo sulla morte in una conoscenza di Dio che i vostri occhi vedono prima di chiudersi all’orrore della Terra.
   Abbiate fede in Me. La morte dei miei discepoli è di invidia agli angeli.
   Ti fu già detto[11] dalla Madre mia come al termine dei suoi terreni giorni l’amore aumentasse in Lei come piena che straripa e come incendio che tocca il suo colmo.
   Il vivere di Maria era sempre stato vivere nel Signore. Le vicende e le occupazioni della vita non erano ostacolo alla sua unione con Dio. Vivere, per Lei, era stato orare, orare era stato contemplare. Le sue ore di preghiera erano abissi di adorazione, di carità, perle di inestimabile bellezza nel gran tesoro dei suoi giorni. Ciò che per gli altri è consunzione nell’ardore, per Lei era aumento di vita, e riposare per Lei era non dormire, ma raccogliersi in Dio, nel silenzio delle notti, e amarlo, amarlo con lo spirito rapito mentre la carne abbandonata dall’anima giaceva in attesa del ritorno dello spirito letificato e rinvigorito dall’abbraccio col suo Dio. Ai fiori è nutrimento la rugiada. A Maria era nutrimento la rugiada dell’amore. Se ne cibava come di divina manna.
   Venuta la sua ultima sera, come un giglio stanco che a notte si curva sotto le stelle e chiude il suo occhio di candore, Maria si raccolse sul suo giaciglio e chiuse gli occhi al mondo per raccogliersi in un’ultima contemplazione terrena del suo Dio.
   Curvo sul suo riposo, l’angelo di Maria attendeva trepido che l’urgere dell’estasi separasse per sempre quello spirito dalla Terra, mentre dai Cieli scendeva il dolce comando di Dio: “Vieni, o tutta Bella”, e quella luce angelica splendeva più forte nel suo giubilo santo chiamando dal Cielo altre coorti di luci per l’osanna alla Vincitrice che ascendeva al suo trionfo.
   Curvo sul suo riposo, l’angelo-Giovanni vegliava lui pure la Madre che lo lasciava solo. E quando la vide spenta, vegliò ancora, perché inviolata da sguardi profani rimanesse anche oltre la morte l’Inviolata di Dio che dormiva così placida e bella. Giovanni, al quale la verginità aveva dato dono di sentire i desideri di Maria come l’amore aveva dato modo di comprendere Me come nessun altro mai, non permise manomissione della Benedetta, la cui morte era stata come il trascolorare di un fiore in un candore ancor più puro come è quello di un giglio che s’apre in un’alba d’aprile. Alla sua alba del Cielo.
   La vostra leggenda dice che nell’arca di Maria, riaperta per Tommaso, v’erano unicamente dei fiori. Il sepolcro di Maria non inghiottì la salma. Non vi era la salma di Maria. Maria non è morta. Ella è stata ricongiunta col suo corpo allo spirito che l’aveva preceduta. Invertendo le leggi abituali per cui l’estasi finisce quando lo spirito torna nel corpo, fu il corpo di Maria che ritornò allo spirito dopo una sosta sul letto funerario.
   Tutto è possibile a Dio. Io sono uscito dal sepolcro senza altri aiuti che il mio potere. Maria venne a Me senza conoscere il sepolcro col suo orrore di putredine. È uno dei più fulgidi miracoli di Dio.
   Voi non avete reliquie del corpo e della tomba di Maria perché Maria non ebbe tomba. Il suo Corpo è assunto al Cielo. Là vi aspetta pregando il suo Figlio per voi.»
   Le ho detto come da ieri sera ho visto il sonno della Vergine. Tutta bianca, composta, serena. Le mani congiunte sul petto, la gamba destra leggermente flessa al ginocchio. L’ho vista reclinarsi su quella specie di letto e chiudere gli occhi come uno che si addormenti in una grande pace.
   Dire la grazia dell’atto e dell’aspetto è impossibile. È cosa che riposa e commuove.

[11] detto il 18 dicembre 1943.