MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 472


14 aprile 1945

   Dice il Divino Spirito:
   «Ti ho ferito l'intelletto con la frase1: "Nell'intima unione con la Sapienza sta l'immortalità" (Sapienza, cap. 8 v. 17°). Ora ti spiego questo vero.
   L'anima paragoniamola ad una creatura qualunque. La Sapienza ad un re potente. La creatura, finché non è che suddita di quel re, o anche soltanto un essere che quel re vede andando in viaggio per la Terra, non è che una creatura qualunque. Oggi paga del suo piccolo benessere, domani tremante per paura del prepotere, domani l'altro indaffarata per cose di poco valore, il giorno che segue piangente perché lesa nei suoi beni. Il re è sempre quello: ricco, potente, sicuro. Ma la povera creatura non è mai sicura. Ma se quel re, dall'alto del suo cocchio, cala il suo occhio sulla creatura e, vedendola amabile nella sua povertà, ne sente amore e dice: "La voglio prendere con me, istruirla perché non sfiguri al mio fianco, e poi, fatta dotta dell'arte del regno, voglio farla mia sposa" e così fa, quell'anima non acquista per questa elezione le doti di potenza e di ricchezza e di sicurezza del suo sposo-re?
   Quando la Sapienza dice ad un'anima: "Vieni. Sii mia" e la istruisce nei suoi veri, e la elegge a sua consorte dandosi con amplessi continui d'amore, svelandosi, nei sublimi talami, in tutta la sua perfezione, aprendo tutti i suoi forzieri e dicendo: "Prendi delle mie gemme. Sono per ornare te", porgendo di sua mano il calice del vino vitale che dà integrità e eterna vita dicendo: "Bevi alla mia coppa per essere preservata da corruzione e da morte", allora l'anima passa dalla sudditanza all'unione e, se è fedele alla sua elezione, acquista l'immortalità2. La vera immortalità, non quella relativa data dagli uomini agli uomini.
   Quanti, che ai loro tempi si credettero e furono detti "immortali", sono ora degli "sconosciuti" morti anche nel ricordo! La maggior parte degli uomini ignora persino che vissero, e fra quelli che li conoscono di nome chi sa esattamente le loro opere? Una minoranza esigua. La vera immortalità è quella nota a Dio e ai suoi beati, è quella che sarà proclamata nel giorno del Giudizio finale agli occhi della moltitudine risorta. È quella che si conquista nell'unione con la Sapienza. Con Me. Perché chi con Me convive e mi ama, chi si orna delle mie gemme, chi beve delle mie acque cammina nelle vie della santità e conquista l'immortalità conquistando il Regno di Dio.
   Io non ti lascio. Se il riposo del Figlio di Dio è fra i cuori che lo amano, la mia gioia è tenermi presso coloro che mi amano. L'Amore che d'amor si pasce, che nel suo amore si sente sommergere perché in troppo pochi può riversare le onde del suo bene, si espande, pieno e costante come un grande fiume perenne, sulle anime a Lui fedeli, le abbraccia colle sue onde dolcissime, le solleva, le trasporta, le porta nel grande mare della conoscenza di Dio sino al golfo della beatitudine: al seno del Padre Eterno.
   Sta' buona, sta' in pace. Il fiore sull'onde non fa resistenza. Naviga nell'azzurro di cui si disseta, brillando ai raggi del sole per l'acqua che lo decora, e va sino all'aperto mare. Va' ugualmente tu. Ti benedico.»
           


   frase che è in Sapienza 8, 17, come la stessa scrittrice annota nel testo.
           
   2 acquista l'immortalità, pur essendo l'anima immortale fin dall'origine. Allo stesso modo è detta "morte" la sua dannazione, che è la separazione definitiva da Dio-Vita, come viene spiegato nel "dettato" del 31 ottobre 1943.