MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 487


29 luglio 1945

   [Precedono i capitoli 235 e 237 dell'opera L'EVANGELO]
 

   Dice Gesù:
   «E questo è per Marta piccina1, che non deve lamentarsi di non avere mai una parola, che deve essere sicura di essere molto amata attivamente dal suo Signore, il quale ha pensato a proteggerla da quando l'ha messa sotto la tenda dove Egli ha il suo riposo. Ti amava da prima, perché amare è il suo respiro. Ma quando ti credesti sola ti ho amata per tutta una famiglia, dandoti pace presso Maria. Non ti lamentare se per te non ci sono parole. Le hai tutte vivendo presso Maria. Le lettere si scrivono ai lontani, non a quelli che abitano con noi. E tu sei dove Io abito. Sii buona. Infondi la tua attività di Marta della spiritualità di Maria che ha scelto la parte migliore, e per averla scelta col dolore e con l'amore completo e volontario ha avuto da Me la parte super-migliore. Tu sei sul cuore di Maria e Maria è sul mio Cuore. Non ti affannare perciò di troppe cose, fra le quali quella di chiederti se Io penso a te. Ripòsati sui cuori di quelli che ti amano e abbi fede. Dio non abbandona coloro che sperano in Lui ed esercitano la carità. Abbi la mia pace.»
   E quest'altro invece me lo dico io, a me stessa, ricordando…
   Due anni fa, come oggi, giungevano i parenti di Calabria2, ai quali ho dato assistenza e affetto di parente e per i quali ho ingaggiato la più grande battaglia. Ma io non sono nelle condizioni di Marta di Lazzaro. Io non sono certa di avere in pugno la mia vittoria, nonostante tutte le proteste di fede ecc. ecc. che mi vengono scritte. Quello di cui sono certa è che io ho avuto molta sofferenza, e ce l'ho, e ce l'avrò, per questa ragione che due anni fa aveva inizio. Gesù dice: "Merita perdere un'amicizia per salvare un'anima". E va bene. Io credo proprio che sia questo il mio caso. E confesso anche che ne ho un dispiacere molto relativo. Penso che meno lacci avrò e più sarò libera di volare a Gesù. Parlo di lacci di affetti umani. E questi sento che sono tanto sfibrati da un logorio di meschinità e miserabilità umane, che non ne sussiste che una fibra già intaccata che un nulla può rompere. Così il mio amore verso i parenti si spoglia di tutto quanto è carne e sangue, ossia ancora godimento egoistico, e diviene aureo e doloroso amore di spirito che non abbandonerà questi spiriti per amore di Gesù. E questa è l'essenza che due anni di conoscenza intima hanno spremuto dal frutto di questa vicinanza…
 

   [Seguono, con date dal 30 luglio al 9 agosto 1945, i capitoli da 238 a 248 dell'opera L'EVANGELO]
           


   Marta piccina è Marta Diciotti, il cui nome ricorre spesso nei "Quaderni". Presentata nel primo volume, in nota al 3 giugno 1943, l'abbiamo già menzionata, nel presente volume, in nota agli scritti del 29-30 marzo e del 1° aprile 1945. Qui è chiamata "piccina" in relazione a Marta di Betania, consolata da Gesù nei capitoli 235 e 237 dell'opera maggiore, scritti in quello stesso giorno 29 luglio, festa di Santa Marta. Le allusioni, che seguono, alla "parte migliore" scelta da Maria e agli affanni di Marta derivano dall'episodio evangelico riportato in Luca 10, 38-42.
           
   2 giungevano i parenti di Calabria, come abbiamo esposto nell'ampia nota, messa in calce allo scritto del 24 aprile 1944, sullo sfollamento a causa della guerra. Seguono espressioni che riguardano la "grande battaglia" della scrittrice per ottenere la conversione del cugino Giuseppe Belfanti, dedito a pratiche spiritiche, e la "vittoria" che Gesù, nel capitolo 235 dell'opera maggiore, assicura a Marta di Lazzaro per la conversione della sorella Maria.