MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 506


4 dicembre 1945

   [Precede il capitolo 350 dell'opera L'EVANGELO]
 

   Santa Martina.
   Sono le ore 20. Vengo invasa da una letizia soprannaturale talmente viva che ha già sapore d'estasi. Non so da che provenga perché non ne ho nessun motivo. Sono stanca, piena di dolori, sbalordita perché ho dovuto parlare molto e sentire anche cose tutt'altro che letificanti: rovine di spiriti… Figurarsi se ne ho sofferto. Eppure viene questa gioia così viva… così viva.
   Poi ecco apparirmi un luogo in muratura: grosse muraglie oscure, umide mi pare, sono color caffè molto chiaro o mota molto scura. Il luogo è come una rotonda dalla quale partono corridoi. Dico corridoi perché non si vede il cielo, c'è un soffitto alto e scuro come le muraglie a larghe pietre squadrate come erano al Tullianum1.
   Proprio al centro della rotonda mi appare una creatura. Una poco più che fanciulla. Avrà un 12 anni al massimo, ed è anche meno sviluppata, nel corpo, di S. Agnese, dalla quale differisce anche perché è, oltre che più piccola, bruna di capelli e dalla epidermide pure di un bianco brunetto. Ha due larghi e dolcissimi occhi neri, un poco tristi, come stanchi, quasi avessero molto sofferto, o appartenessero a chi ha molto sofferto. Ed ha un mite sorriso, dolcissimo, e anche esso un po' triste. Ha una veste tutta bianca, di lino, molto sciolta, senza cintura, le maniche fino al gomito, e ne escono due ben torniti avambracci terminanti in due mani piccole, brunette, incrociate sul petto. La figura è luminosa ma non troppo. Non è una fulgida figura di beata. È una mite apparizione, eppure è luminosa, di una luce di stella dentro ad un leggero velo di nebbia. Ma mi attira perché è una luce di una soavità pura che dà pace e letizia. Il contrasto con le muraglie oscure è vivissimo. Mi guarda e sorride.
   Dietro alle sue spalle, corrono via degli uomini in corte vesti gial­lo bigie. Quattro vanno verso nord, verso una luce appena visibile e lontana come se l'alto corridoio finisse in un luogo aperto, gli altri vanno verso sud in una tenebra più fitta, tanto che non comprendo esattamente quanti sono. Comprendo invece che la fanciulla è una martire, perché ha una piccola palma stretta sul petto, fra le brac­cia incrociate, una palma bianca, oso dire spiritualizzata, così come lo è il lino della tunica che è più immateriale e splendido del lino an­che più bello.
   Ma non so chi sia e le chiedo: "Chi sei?". Mi risponde: "Martina. E questo è il luogo dove molto ho sofferto. Uno dei luoghi. Perché ho sofferto molto. Tanti martirii prima della spada. E quelli che fuggono sono coloro che mi hanno martirizzata. Chi va verso la luce sono coloro che ho salvato col mio dolore e battezzato col mio sangue. Gli altri quelli che non si sono voluti convertire a Gesù. Ma ora io sono felice. Non è più il dolore. Per venire alla gloria occorre tutto soffrire. Ricòrdati: sono Martina… e vengo chiamata anche particolarmente nelle invocazioni della Chiesa. Oh! che Gesù è buono! E per poco dolore dà tanta gioia e tanto potere! Addio. Ti sono amica. Tu non ti ricordi di me. Eppure mi hai conosciuta e amata quando eri fanciulla della mia età. Io, però, ti ho sempre amata, insieme ad Agnese. La luce del Paradiso splenda sempre in te e ti aiuti a portare alla Luce tante anime. Addio. Tieni. Ti aspergo dei miei balsami".
   E agita la palma verso di me, poi rinchiude sul petto le braccia e mi svanisce con un canto soave, immateriale, non ripetibile, e tutto sfolgora del tetro luogo mentre essa se ne va lasciando solo per ricordo di lei un gran profumo inqualificabile.
   Prendo il Messale: 4 righe su S. Martina2 al 30 gennaio. Guardo un vecchio libro di preghiere. Non è neppure nominata. Cerco nella memoria… nulla. Buio storico completo. Mi resta però la sua amicizia, il suo sguardo, il suo sorriso, il profumo dei suoi balsami. E la letizia di prima dura e mi porta in su, molto in su…
 

   [Seguono, in data 5 e 6 dicembre 1945, il capitolo 351 e alcune parti (brani da 1 a 4 e da 10 a 17) del capitolo 352 dell'opera L'EVANGELO]
           


   Tullianum, "visto" il 29 febbraio 1944.
           
   2 S. Martina, che si commemora il 30 gennaio, è una martire di Roma di cui si hanno scarse e insicure notizie, anche se le fu dedicata una chiesa edificata tra le rovine del Foro romano. Per S. Agnese, menzionata sopra, rimandiamo alle "visioni" del 13 e 20 gennaio 1944.