MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 522


7 gennaio 1946

   Per Suor Teresa Cherubina.
   Dice Gesù:
   «In un luogo era nata una pianta di fiori. Pensi ognuno il fiore che più gli piace, e che sia bello e prezioso. Ma il luogo dove era nato non era confacente a questo fiore. Si sa che ad alcuni occorre vivo sole, ad altri penombra, ad alcuni terreno magro, ad altri terreno grasso, certi vogliono la roccia per abbrancarvi le radici, altri guai se un sasso turba il loro vivere. Questo fiore, dunque, era cresciuto in un terreno non a lui propizio, e solo per bontà del Signore aveva potuto vivere fino a quel giorno e anche prosperare e fiorire. Il buon Padre, sapendolo in terreno inadatto, aveva fatto piovere su di lui speciali rugiade, aveva fatto crescere lì presso un arbusto a larghe foglie per temperare la violenza del sole, aveva fatto sì che un poco di erbetta fosse nata intorno al cespo per proteggere le radici dal troppo calore, e proteggere – sacrificandosi essa, l'umile erba – il fiore così bello.
   Un giorno il divino Coltivatore passò di lì e vide. E vedendo disse: "Questo fiore è proprio bello. Ma più bello sarebbe se fosse nutrito da altro terreno. Non bisogna essere imprudenti dicendo: 'È vissuto fino ad ora qui e vivrà ancora'. No, non bisogna farlo. È tentare il Cielo. Or dunque lo svellerò di qui e lo porterò in luogo acconcio. Voglio che sia sempre più bello per delizia di Dio". E chinatosi, presi i suoi arnesi, si dette a scavare la pianta con cura amorosa per non farla soffrire.
   Ma un poco di dolore la pianticina lo sentiva e gemeva: "Ahi! Ahi! Mi fai male! Mi farai morire! Io non voglio morire!".
   "No, cara pianta del Signore, no, non morirai, ma liberata da questa terra arida e sassosa che ti mortifica le radici vivrai più forte. Vedi come questi sassi mescolati alla terra, più sassi che terra, impediscono che le tue radici sprofondino a cercare sempre più buon nutrimento alle corolle? Non sai che un fiore è tanto più bello, là in alto, sugli steli, quanto qui giù, umilmente, le radici sprofondano nel buio e nel silenzio? Qui è il lavoro, là è la gloria. Ma non può esserci gloria se non c'è lavoro. Lasciami dunque fare".
   "Ah! che dolore! Tu mi levi di qui dove sono acclimatata, dove tutti mi conoscono: l'uccellino che fa il nido nell'arbusto, la lucertolina che si scalda al mio piede, e una farfalla bianca che come la lucertola mi viene a raccontare tutti i giorni ciò che avviene qua intorno e anche più lontano. Io soffrirò, io languirò in luoghi sconosciuti".
   "Ma no, mio dolce fiore! Non vieni in un deserto. Vieni dove non uno ma mille uccelli volano cantando, dove sono aiuole e aiuole. Lascia perdere le farfalle leggere e le striscianti lucertole. Che ti possono dire di realmente utile? Vieni, vieni con Me. Nel mio giardino sono uccelli gli angeli del Signore e insegnano le parole sante. E vi passeggio Io e la Madre mia".
 La pianticina non sapeva più che dire. Ma testarda resisteva con una superstite radichetta che aveva insinuata nella fessura di una roccia. Le mani del Signore sanguinavano nel tentare di allargare la roccia per liberare la radice. Perché il Signore non si rifiuta mai di soffrire per le sue creature, per farle soffrire il meno possibile quando impone ad esse operazioni di grazia atte a dare futura eterna gloria. Ma il fiore diceva: "Mi costa troppo questo. Non me la sento di mettere a nudo anche questa radice. È mia, infine! Nessuno la deve vedere. È la più bella di tutte!".
   "Ma vedi, amor mio? È una presuntuosa radice che è proprio quella che nuoce alla pianta. Si è scelta la sua via che non è la via giusta. È la radice più forte, ma anche la più dannosa. O cedi, o Io la spezzerò. E allora soffrirai per davvero. Perché anche l'infinito Amore deve essere giusto per il tuo bene. E cedere al tuo orgoglio sarebbe essere ingiusto con te che ho creato per il mio giardino".
   La pianticina? Dura, non cedeva. E Gesù? Tac! Prese le cesoie e recise la radice superba e ostinata e portò la pianta, lacrimante di dolore per il taglio e per il capriccio domato, nella sua aiuola.
   Questa è la parabola, figlia e sposa. Sei capace di meditarla e applicarne il frutto? Ti aiuto perché sono il Maestro. Ascolta.
   Le mie spose sono le piante da fiore. L'aiuola del mio giardino è la Madre Priora, o la Badessa, o la Superiora del Monastero, o Convento, o Comunità che sia. Le piante sono nate come piante da fiore per Me. Il loro volere le fa mie. Ma qualche volta conservano delle umanità dannose. E soprattutto "l'umanità delle umanità: l'orgoglietto". Io questo non lo voglio.
   Perché volere fare da sé? Perché, se ha nome "Madre", non c'è l'assoluta confidenza, nelle figlie, per lei? L'umiltà e l'umiliazione deve proprio esercitarsi in questi frangenti. È cosa che dispiace a dirla? Benissimo! Ciò serve ad agire in maniera che un'altra volta non ci sia bisogno di un richiamo né da Dio né dalla propria coscienza né da chicchessia, e sia evitata la sofferenza di dovere esternare il proprio animo turbato, o confidare il richiamo ricevuto, alla "Mamma" del Monastero, a quella che fa la parte di Maria Ss. nella vostra "casetta di Nazaret". Io e Giuseppe non tacevamo nulla a Maria…
   Hai capito, mia piccola angioletta? Se no, non diventi un grande cherubino! E Io ti voglio "cherubino". Mi hai dato tutte le radici che ti tenevano unita al tuo io, al tuo passato. Ma resta — oh! non in te sola! bensì in tutte le anime, meno le già fortemente rinnovate in Me — la radichetta dell'orgoglio. Quella che fa dire, anzi, quella che succhia dalla roccia il veleno di questi pensieri: "Voglio fare da me. Non voglio che questo richiamo si sappia". Noh! Strappa, strappa! Fatti piantare nell'aiuola che è il cuore della Madre Priora. E diventerai un bellissimo cespo di fiori che porterò in Paradiso, dopo essermi compiaciuto sulla Terra dei suoi profumi.
   La mia pace sia con te.»
 

   Gesù, nel darmi questa direzione del 7-1, dice sorridendo: «Finisce che il Maestro delle Novizie e il Direttore straordinario di questo Monastero divento Io!… Ma voglio molto bene a loro1. Anche se scopro le… radici nascoste e chiuse nelle rocce tetragone della loro umanità. E voglio molto bene a Suor Teresa Maria. La voglio aiutare a portare la sua carica e a tenere accesa una luce che illumini anche i punti più segreti. Ciò per il bene di tutte.»
           


   loro sono le suore già destinatarie dei "dettati" del 24 dicembre 1945. La presente annotazione è scritta su un foglietto attaccato alla pagina autografa del quaderno.