MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 573


12 luglio 1946

   Venerdì 

   (Quando1 il P. Generale aveva ordinato di non portarmi più la S. Comunione. Per poco ne muoio. Fu allora che Gesù mi mandò P. Luigi…).
   Piango perché è venerdì, giorno di S. Comunione, e io ne sono privata… Lo spasimo, sempre acuto, si fa tremendo. Tutto lo spirito mio geme ferito e la carne soffre come di essere colpito a morte… E nel piangere penso: ai crudeli come ai buoni fra i miei Confratelli2; penso che i buoni soffrono con me e per la mia stessa causa. E offro la mia sofferenza per sollevare la loro e per strappare a Gesù un "sì", definitivo, circa i manoscritti. Perché la sua divina intransigenza questa volta non piega a nessuna preghiera.
   Viene il mio Signore e mi consola dicendo:
   «Eccomi, piccolo Giovanni. Non ci lasciano essere una cosa sola: Io in te, tu ciborio che contieni Me, per la gioia di entrambi. Piccolo, piccolo Giovanni, amiamoci e l'amore sia fusione. Vieni. Sul mio petto, piccolo Giovanni, come l'altro Giovanni3, e l'amor mio entri in te a darti ciò che ti è stato negato…»
   L'unione dà confidenza. Beata, chiedo la grazia che i P. Berti, Migliorini e altri vogliono.
   Gesù si fa severo, con lo sguardo insostenibile dei momenti in cui è più Giustizia che Misericordia… Lo guardo con timore anche se so che quello sguardo non è per la povera Maria. Si muove lento per la stanza, si curva sui quaderni manoscritti ritornati da Roma per le correzioni al Preevangelo. Ripete delle frasi staccate che sono in esso. Le riconosco. Si volge, mi dice: «Tu le comprendi, non è vero?»
   «Sì, mio Signore. Vuoi che io le scriva?»
   «No. Sono già scritte. Ripeterle sarebbe provocare la loro ragione, sempre quella: "Così tu parli ai sacerdoti?". La frase detta a Me infinite volte dai sacerdoti d'Israele, perché chi manca fa la voce grossa per far tacere chi ha ragione e dice: "Tu manchi", per non dire: "Ho mancato". E anche quando le parole vengono dalla Sapienza, e lo si sa che vengono di là, si dice: "Tu sei che hai parlato" per colpire la creatura. Perciò non riscriverle. Sono già scritte qui, perché le leggano. E sono scritte altrove, dove mano d'uomo non può giungere a distruggere e occhio d'uomo non può rifiutarsi di leggere. Per questo ti dico che in verità un giorno essi le leggeranno. Ma questi quaderni e gli altri che sono ancora a Roma devono tornare in questa casa, sotto la tua tutela. La dilazione ottenuta non cambia il decreto. Fosse il mio stesso Vicario che con viscere di vero Cristo prendesse l'Opera e te sotto la sua protezione – e grazia e benedizione scenderebbero dalla Divinità sul suo capo – i manoscritti devono tornare qui in casa del mio portavoce.
   Il segno della mia riprovazione per quanto è stato fatto contro il tuo spirito deve rimanere a monito di quelli che hanno fatto e di quelli che saranno i loro successori. Dal tuo spirito non si cancellerà mai più la tremenda tortura che ti hanno data, non sulla Terra e non nel Cielo: qui marchio di spasimo, là segno di gloria, grande tribolazione che diviene elezione, come è detto4 nell'Apocalisse di Giovanni. Il segno resti ad essi come in te. Perché posso perdonare tutto quanto si fa allo "strumento", dato che ho pietà dei "morti" simili a quelli della chiesa di Sardi, e do loro il tempo di raffermare ciò che non è ancora morto e far rivivere ciò che è spento, ossia la capacità di intendere Dio attraverso te, mia voce. Ma non posso passare senza segno di castigo quanto si fa allo spirito tuo, e più ancora a Me, negandoci di unirci nel Sacramento, di nutrirti dei Sacramenti che Io ho istituito per tutte le anime in grazia di Dio o bisognose di tornare alla Grazia. E negarlo conoscendo le tue condizioni e quelle di questa città.
   Io ho pagato col mio Sangue tutte le anime. Io ho pagato, in anticipo. Io ho dato Me stesso perché voi mi abbiate. Chi può negare Me ai miei figli diletti? Non posso perdonare tutto perché, se è vero che sono Colui che perdona, metto a condizione della misura del perdono la misura dell'amore5 che ha il colpevole. Qui non si è avuto amore né verso Dio, per il quale è gioia il comunicarsi, né verso te, anima a cui è vita il ricevermi. E se perdono il dolore dato al portavoce, castigo per il dolore dato alla tua anima di cristiana. Fàllo pur sapere a chi va detto.»
   E Gesù si allontana dopo avermi benedetta.
   Questo alle 9,30… Alle 11 la posta mi porta due lettere, anzi tre: una di P. M., in contrasto con quella di P. Berti dello stesso giorno, una da Venezia da Suor Saviane, la terza da P. Pennoni che mi dice la sua intenzione di rivolgersi al S. Padre per avere protezione. Non commento nulla. Faccio soltanto notare che Gesù ha già prospettato questa possibilità confermando però che anche in questo caso i manoscritti devono tornare a me.
 

   [Del 13 luglio 1946 è il capitolo 456 dell'opera L'EVANGELO]
           


   Quando… L'annotazione tra parentesi è inserita con scrittura minuta accanto alla data. Per P. Luigi rimandiamo al 19 marzo 1946, in nota.
           
   2 Confratelli, cioè i frati dell'Ordine dei Servi di Maria, cui la scrittrice apparteneva come Terziaria.
           
   3 come l'altro Giovanni, il cui gesto confidenziale è attestato in Giovanni 13, 25.
           
   4 è detto in Apocalisse 7, 13-17. La citazione che segue è da Apocalisse 3, 1.
           
   5 la misura dell'amore, come in Luca 7, 47.