MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 686


11 settembre 1949

   "Per poter amare tutto il prossimo, vedimi in ognuno".
   "È molto difficile poter vedere Te in alcuni! Tu che sei carità vera, fedele, costante, Tu che sei verità, Tu che sei giustizia, misericordia, pazienza, temperanza, tutte, tutte le virtù!".
   "È vero. Troppo prossimo, anche esteriormente cristiano, è l'opposto, in tutto o in parte, di ciò che Io sono. Ma tu sfòrzati a vedere Me in ognuno. Un atto di fede che possa provocarti un atto d'amore per quelli che, in verità, non meritano il tuo amore. Ama Me nella loro anima. L'anima viene da Dio, quindi ancora da Me. L'anima, almeno per un momento, fu tempio dello Spirito di Dio, quindi sa ancora di Me. La mala volontà della creatura, lo sprezzo del primo comandamento, e indi degli altri del Decalogo, il vizio preferito alle virtù, il peccato, anzi i peccati, hanno logorato, cancellato anche, bruttato e offuscato sempre, annullato talora il segno divino negli spiriti umani. Ma quel segno può risorgere sempre. Perché solo l'impenitenza finale lo cancella totalmente e inesorabilmente. Allora in eterno Gesù non è più in quello spirito".
   "Ma come fare a credere che Tu sei nelle persone, in certe persone, quando si vedono queste compiere azioni che Tu condanni, che Tu, Santità perfettissima come Gesù, Santità infinita come Verbo, mai avresti commesso quando eri il Verbo incarnato, abitante fra noi?", chiedo io.
   Mi risponde:
   «Sai pur credere che Io sono sotto le apparenze di un poco di farina ridotta a sottile ostia, con tutto il mio Corpo, il mio Sangue, la mia Anima e la mia Divinità! E allora ugualmente credimi celato sotto l'imperfetta materia di molti.
   In alcuni sono come in sepolcro… M'hanno dentro morto, in attesa di risorgere ad un loro moto di pentimento e d'amore.
   In altri sono nascosto, proprio come il Ss. Sacramento che è nei templi ma non lo si vede, celato come è dietro il velo, l'oro e la pietra del tabernacolo, dentro al metallo della pisside a sua volta velata. Ma vi sono, pronto ad apparire e a donarmi solo che la creatura, fedele e sacerdote insieme, inizi il rito della comunione col suo Gesù, amandolo con lo spostare tutti gli ostacoli materiali che nascondono Me e mi separano dall'uomo impedendomi di fondermi a lui e vivere in lui, in luogo di lui, perché il vivere di lui sia santo.
   Altri mi hanno come un sole in stagione instabile. Le loro nubi, le nubi della loro incostanza, fanno sì che talora brillo in loro e talora sembra che il sole non ci sia più. Generalmente, questi incostanti sono quelli che non sono né mistici, né contemplatori, né adoratori formatisi tali attraverso anni e anni di fedele volere, di costante ascesa, sempre più rapida più il dolore, tutto il dolore che è retaggio dei veri amatori e imitatori miei, li ha oppressi…
   I paradossi della vita mistica: più il dolore schiaccia e più l'anima ascende, vola, si innalza, si unisce a Me che le tendo le braccia dall'Abisso raggiante del Paradiso!
   Questi… sono i "sentimentalisti" della religione, coloro che dopo una predica, una cerimonia religiosa, un ritiro, una lettura, vorrebbero emulare Paolo nell'evangelizzare le genti, Giovanni il vergine nella castità, Lorenzo nel martirio, Gerolamo nella penitenza, ma passata l'emozione ricadono nel "godimento della vita". Vogliono far diventare incendio la fiammolina che arde in loro… e nella fiammata passeggera, sforzata, distruggono anche la fiammolina…
   Vogliono essere atleti, primi in tutte le manifestazioni religiose, fare, trascinare, essere insegna, faro, voce; e premono, sforzano tanto da divenire agli altri pauroso velario che mi mostra quale non sono; luce ingannevole perché illumina Me e la religione in modo irreale che sgomenta le povere anime, le più numerose, timorose tanto; catena che strozza l'amica religione, sostegno degli spiriti, e ne fa una Nemesi armata di flagelli e castighi.
   E premono e sforzano sino a spossarsi e giacere, poi, esauriti, incapaci di lottare con Satana che attende quell'esaurimento per assalire e prostrare; quando, pur per reazione umana — paragonabile a quella che avviene a certe macchine troppo sforzate — non si distruggono, non precipitano in carnalità bestiali per aver voluto troppo rapidamente divenire angeli senza essere vocati a tal vocazione, e soprattutto per avere voluto divenire tali da loro, accatastando zit zit, fimbrie e telefin1, ma dimenticando che la via per salire dove si diviene angeli è nel Vangelo vissuto.
   Lunga via!! E il Vangelo insegna: carità e rinuncia, carità e sacrificio. Carità, ho detto. Non elemosina. Né a Dio, né al prossimo.
   Sai quando l'uomo fa elemosina a Dio? Quando gli dà le pratiche esteriori nelle ore delle pratiche, e poi, nelle altre, è del mondo. Sai invece quando l'uomo dà carità a Dio? Quando, riducendo allo stretto necessario pratiche e preghiere vocali, opera ed òra con tutto se stesso, senza interruzione, come Io operai e orai. E uguale è per il prossimo. Lo ama veramente quando gli dà il cuore e non l'obolo, l'aiuto e non l'obolo.
   E sai quando veramente l'uomo rinuncia e compie sacrificio? Non solo quando rinuncia alla vivanda di carne perché è giorno d'astinenza, ma quando soprattutto rinuncia all'appetito della sua carne. E si sacrifica quando rinuncia al suo io per servire la carità e la giustizia verso Dio e prossimo.
   Ma tu vedimi in tutti, per poter avvicinare anche i demoni-uomo, i lebbrosi-uomo, i delinquenti-uomo. Io te ne premierò venendo a te per consolarmi del loro disgustoso vivere più repellente di un sepolcro pieno di marciume, più triste di una chiesa abbandonata, più pauroso di una tana di ladroni.
   E là dove sono come in un sepolcro, chiamami alla risurrezione col tuo amore serafico.
   E là dove sono nascosto in un ciborio che viene dimenticato, richiama il dimentico ad onorare l'Ospite nascosto, e fàllo col tuo amore intrepido.
   E là dove, divino Sole, non posso raggiare perché le nebbie dell'umanità son tali da nascondermi sovente, disperdi col tuo amore di fortezza queste nebbie nemiche.
   Amore, Maria! Amore. Tu ne hai tanto: tutto quello che ti ho dato e che tu non hai disperso, ma anzi al quale hai unito il tuo, già tanto, come il tralcio si avviticchia al ceppo della vite. Dònalo al prossimo tuo. Più darai, più avrai. Ma il tuo amore sia forte, vergine di debolezza, rude anche, come cesoia che taglia i viticci di vuote sentimentalità, purificatore come incendio. La fiamma muta la materia in luce. La fiamma eleva, con l'elevarsi proprio, ciò che è in basso verso l'alto. La fiamma dà voce e calore anche alle cose senza voce e senza calore.
   In verità, fra gli uomini molti sono più muti delle pietre e più gelidi di un metallo esposto alle brine della notte. Amali perché amino. Amali perché non mi amano. Che Io trovi in te sola l'amore che dovrebbe essere in questi che non amano o amano male e saltuariamente. Sii un abisso di fuoco e un mare d'amore, dove sprofondano le creature che mi sono dolore, ed Io non le veda più, ma te veda, e attraverso te loro, ma fatti sopportabili perché avvolti nel tuo fuoco, ricoperti dalle onde del tuo amore.
   Le cose gettate nel fuoco si purificano e quelle gettate in mare si lavano e si salano. Col tuo amore al prossimo, pensando che in esso Io sono (tutto è nel Cristo), purificali, lavali, salali, perché più non siano sozzi e inutili come cose senza sapore.»
           


   zit zitfimbrie e telefin, come i fili degli zizit nel "dettato" del 28 gennaio 1947, potrebbero essere ornamenti delle vesti del tipo dei "filattèri" e delle "frange" di cui si parla in Matteo 23, 5.