MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 684


5 settembre 1949

   Sera

   Sono così accasciata di tanta guerra e così stanca e sfinita per dover sempre lottare contro i nemici dell'opera — sfinita anche fisicamente — che mi pare di non esser più buona di pregare, più generosa, più niente di buono. E lo dico a Gesù.
   Egli mi risponde: "Sei forse uscita dalla via di immolazione che hai preso da tanti lustri? Sei forse pentita di aver chiesto la croce, il sacrificio, il dolore, per amor di Dio e del prossimo? Ti ripugna for­se la tua condizione di inferma sempre più inferma perché lo vole­sti? Non credi più alla potenza del dolore per amore, forse? Non vuoi più offrire forse il quotidiano tuo olocausto? Si è forse raffred­dato, per sfiducia in Me, il tuo amore in Me? Vorresti forse mutare la tua sorte, guarire, godere, vivere come vivono il 98% delle crea­ture umane? Non te la senti forse più di riparare continuamente, col tuo continuo amore fedele a Me e alla mia Chiesa, a tutte le col­pe che le anime, e specie quelle sacerdotali e consacrate, compio­no? Lo sconforto della constatazione della marea crescente di colpe contro il voto, il sacerdozio, la religione, ti suggerisce forse che è inutile ogni cosa ed è meglio non soffrire più? Rispondi!".
   "No, Signore. Nulla di questo. Voglio soffrire, ora che la sofferenza è totale e totalmente conosciuta, come quando ti chiesi di accettarmi ostia non sapendo a che punto possa salire il dolore. Voglio amarti e soffrire per darti anime e farti contento".
   "E allora? Credi che siano le preghiere meccaniche, come suono di strumento caricato, quelle che hanno valore per Me? Lascia perdere le cose che sono orpello e non oro, le folene1 che non sono fiamma, gli incendi di paglia: cenere che il vento sperde. E vivi nel tuo rogo che ti arde e che arde davanti al mio trono e mi copre, col suo fiammeggiare armonioso, le brutture e le bestemmie. Che cerca di coprirlo. Perché Io sono Dio e vedo… Ma se vedendo ho dolore, il tuo amore mi consola. Sta' in pace, in pace. È l'amore quello che conta. E tu hai l'amore per Me, per Noi del Cielo. Ami con tutta te stessa, con tutte le tue forze e volontà. Quindi ami in misura perfetta e ci fai felici. Val più il tuo dire: 'Ti offro le mie sofferenze di oggi per le intenzioni a Te più care' che mille preghiere fatte con le labbra avendo nel cuore l'egoismo".
           


   le folene sono i bioccoletti di cenere volanti nell'aria, secondo la definizione ripresa da un vocabolario antico. Oggi sono dette fanfaluche.