MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 691


'Su l'Apocalisse di S. Giovanni Apostolo. Settembre-ottobre 1950. I Quaderno' (Parte II)

                        L'Apocalisse 

   Cap. II

   L'Apocalisse è un libro di rivelazione, sì. Anzi esso conclude la grande Rivelazione. Ma è anche un libro profetico.
   Rivelazione e profezia vengono ambe da Dio. Perché solo Dio li ispira. Solo Dio li può ispirare perché solo Egli sa la Verità essendo la Verità, e conosce gli eventi futuri perché è l'Eterno, l'Onnisciente, l'Onnipotente.
   La profezia è come una proiezione di fatti futuri, visti da Dio solo, e illuminati a coloro che vivono nelle nebbie del loro temporaneo presente. Per far capire ai grandi analfabeti della religione — e sono tanti, tanti anche fra coloro che limitano l'esser cattolici al ricevere i Sacramenti, all'ubbidire al precetto festivo, al prender parte alle processioni, all'andare, sì, anche questo, alle prediche, ma che non sanno rispondere, se vengono interrogati, a tante cose, al significato di certe parole, e una è la parola "profezia e profeti" e l'altra è quella di "apostolo", e altre ancora, e confondono quanto è cosa buona, cosa di luce, con cosa non buona, non fatta di luce, perché non sanno — per far capire a questi analfabeti della religione cosa è la rivelazione e cosa è la profezia, così come altrove, a spiegare l'Unità e Trinità di Dio, si è portato il paragone delle tre facce di un poliedro, altrettanto ora si porti il paragone, e forse capiranno, di una proiezione su fatti reali, ma avvenuti in un altro luogo e in un tempo antecedente, o di una proiezione di fatti che certo verranno, ma ancora non sono, e una sola Mente li sa, una sola Pupilla li vede, una sola Parola li può illustrare.
   L'uomo, nei secoli, ha fatto molte invenzioni e scoperte, alcune buone, alcune cattive, altre che avrebbero potuto esser buone, perché potevano esser mezzo di formazione, di istruzione, e anche di elevazione, e che invece si sono fatte non buone perché hanno servito ad eccitare i bassi appetiti della parte inferiore, a corrompere l'intelletto, a ledere l'anima per conseguenza. Una di queste cose, che avrebbero potuto esser buone e che si son fatte non buone, avendo servito ad illustrare il vizio, il delitto, il peccato, è la cine­matografia; un'altra, la stampa. Ma a rendere la nostra idea serve la prima. La cinematografia, coi suoi film, può illustrare fatti e perso­ne del passato. Più o meno storicamente bene, perché l'uomo rara­mente fa bene ciò che fa, e più raramente ancora fa secondo la veri­tà delle cose. Ma, ad ogni modo, a mezzo di questa invenzione, è pos­sibile mostrare ai viventi persone, avvenimenti, usi e costumi di se­coli e anche di millenni passati. Il film scorre e l'uomo vede.
   Dio prende un uomo – profeta o ispirato da Lui, certo da Lui eletto a quello scopo – e agli occhi o alle orecchie spirituali dello stesso illumina o dice eventi passati di cui si è, o per scorrere di secoli o per alterazione involontaria facile a sorgere nella rivelazione verbale, o per alterazione volontaria causata da scismi religiosi, da eresie, da indagine scientifica disgiunta da sapienza religiosa, alterata la verità. Oppure illumina e rivela fatti futuri che nel suo eterno Presente solo Egli conosce. Ed essi vedono, ed essi sentono, come se un film sonoro venisse girato per loro. E Dio li incarica di manifestare quanto Egli rivela loro, di farsi sua mano e sua bocca per scrivere o per dire quanto Dio si è compiaciuto di rivelare.
   Questo paragone — anche Gesù si serviva di paragoni per far capire le sue lezioni ai suoi seguaci — farà capire a molti cosa è la profezia e che sono i profeti, cosa è l'ispirato o il veggente e come, quando essi non dicano cose inammissibili con la Fede e la Grande Rivelazione, occorra credere ad essi, che manifestano quanto è bene sapere per procedere su sentieri sicuri.
   A taluni le profezie sembrano cose non solo incomprensibili perché troppo oscure, ma cose sorpassate, parlando di fatti ormai già avvenuti da secoli. Sì. Molte cose dette in esse sono accadute e non si ripeteranno. Ma molte si ripeteranno, come già si sono ripetute ogni qualvolta l'umanità ritorna nella condizione per cui la profezia fu data. Così, mentre non si ripeterà l'incarnazione del Verbo e la fondazione della Chiesa, essendo che la Chiesa, fondata da Gesù suo Pontefice e Capo eterno, non può perire per sua divina promessa e quindi non può esservi necessità di fondarne una nuova, altrettanto è vero che si ripeteranno, come già si ripeterono, le punizioni permesse da Dio in conseguenza dell'abominio entrato nel luogo sacro e delle ingiustizie umane. E per molte altre cose così sarà.
   L'umanità, avendo cicli alterni di giustizia e di ingiustizia, di fede reale e di fede soltanto esteriore — "la lettera e non lo spirito della fede" — o addirittura di non fede per i cinque decimi della popolazione mondiale, ha pure cicli alterni di castighi e di perdoni, già patiti e ottenuti, senza che ciò la faccia più buona. E le profezie, per esser date da chi vide "il Tempo" senza limiti nel tempo, in molti punti servono ad esser luce e guida, voce di verità, consiglio di misericordia per ogni tempo.
   L'Apocalisse, profezia dell'Apostolo della Luce e della Carità, illumina, e lo fa per la Carità, i tempi, ogni tempo, sino al tempo ultimo. Diciannove secoli sono passati da quando Giovanni ebbe la rivelazione detta "l'Apocalisse", il cui tempo di compimento, solo misurandolo rispetto all'eternità, poteva dirsi "vicino". Ma se il tempo d'attesa, misurato al tempo terrestre, è stato ed è lungo, per quanto si riferisce allo stato delle sette chiese è attuale ora come lo era allora.
   Giovanni, vedendo le sette chiese di allora, le sette luci più o meno luminose di allora, non solo quelle ha viste, ma le altre chiese che si sarebbero formate nei secoli, così come ha antevisto ciò che è accaduto e ciò che dovrà accadere, e in Terra, e in Cielo, e negli inferi.
   Ha visto. Le luci di santità. Le ombre di ingiustizia. Il crescere della spiritualità. Il crescere dell'umanità, anzi della materialità. Il fiammeggiare della carità e della sapienza nutrita da essa, fiammeggiare elevantesi al Cielo. E il fumare nebbioso della scienza priva di sapienza, strisciante a terra, quando l'uomo tenta di spiegare se stesso e tante altre cose del creato col suo solo sapere. Il fumare nauseabondo delle lussurie dell'io, di tutte le lussurie. Il fumare colpevole degli egoismi e delle ferocie. Fumo, fumo, nulla più che fumo, e fumo nocivo, che striscia a terra, che si insinua, che sporca, che avvelena, che uccide. Uccide le cose più "buone" nel senso che Dio dà a questa parola, e che noi diremmo: le cose più "belle". Le tre e le quattro virtù, i rapporti sociali, le coscienze, gli intelletti, la pace familiare… Tutte cose che il fumo, che è dove non è fiammeggiare di carità, uccide, avvelena, sporca e penetra. Il formarsi del mondo nuovo: del mondo di Gesù, del suo Regno. E il formarsi di un mondo nuovo nel nuovo: del mondo dell'anticristo, del regno suo.
   I trionfi del cristianesimo. Le sconfitte del cristianesimo. La mirabile unità dell'Ovile di Cristo. La separazione ribelle di parti del Gregge. Tutto ha visto Giovanni. E gli pareva immediato il compiersi di tutto, tanto era vivo il suo vedere. Ma no! Secoli e secoli dovevano passare prima che tutto fosse compiuto del visto dal veggente di Patmos. Ma tutto si compirà come è detto, come in parte, e in tempi diversi, s'è già compiuto, pur senza toccare la compiutezza delle cose non buone anteviste da Giovanni.
   Cosa umana, cosa difficilmente perfetta, e ancor più difficilmente non ripetuta. L'appartenenza al Popolo di Dio non ha impedito agli ebrei di ricadere più volte negli stessi peccati. L'esempio di Adamo, dei castighi divini, i cui mezzi furono il diluvio, la dispersione dei popoli dopo la superbia di Babele, la distruzione di Sodoma e Gomorra, l'oppressione d'Egitto, non impedirono al popolo di peccare. La misericordia di Dio che li liberò dall'oppressione del Faraone e volle dar loro una patria e una legge elette, non indusse gli uomini a non peccare per riconoscenza a Dio. E peccarono durante lo stesso viaggio verso la Terra Promessa, mentre Dio li copriva, da vero Padre, dei suoi doni.
   L'uomo è sempre l'uomo. Nell'antica e nella nuova religione entrambe divine. Appartenga all'antica o alla nuova chiesa. "Voi mi cercate non solo perché avete veduto che Io faccio miracoli, ma anche perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati". Sempre così l'umanità. Viene attirata dalle cose esterne e prodigiose, da quello che forma cosa nuova, o godimento anche materiale, da speranze e promesse umane che si pensa poter raggiungere, più che dalle cose interne, soprannaturali, certe, non meno, anzi molto più prodigiose, molto più gaudiose, molto più sicure, e soprattutto molto più durature, perché eterne.
   Giuda è il prototipo perfetto di quanti vengono sedotti dai prodigi materiali e dalle speranze di onori umani, atti a saziare la cupidigia intellettuale o degli occhi. Prototipo perfetto e inconvertibile.
 Però anche gli altri apostoli e discepoli non furono vergini da questa debolezza umana, in loro non completa, e della quale sempre più si spogliarono sino ad esserne così staccati da saper tutto sopportare di quanto è umiliazione e persecuzione, sino a sapersi spogliare della stessa vita per ottenere la Vita eterna. E confermati nella Fede, nella Speranza e nella Carità, confermati nella Grazia e nella Sapienza, e nella Pietà, Forza, santo Timor di Dio, in tutti i doni del Paraclito, divennero altrettanti "maestri" e "fondatori" non di una nuova dottrina e di nuove chiese, perché una è la dottrina e una la Chiesa perfette, ma "della dottrina e della Chiesa" tra nuove genti e in nuove regioni.
   Sono passati 20 secoli, apostoli nuovi si sono succeduti ai primi apostoli, nuove chiese ad altre chiese, in sempre nuove plaghe della Terra. Il lavoro apostolico non ha interruzioni né soste, anche se, per colpa degli uomini, pur procedendo, regredisce in vastità di dominio, e non solo in questo. Continuazione di lavoro, propagazione del Vangelo, dilatazione del Corpo Mistico: verità innegabili, conseguenze logiche, dato che Gesù alimenta la sua Chiesa, la guida, la sprona, e Gesù è eterno, è potente, è santo. La sua Santità scende e circola in tutto il Corpo, la sua Potenza dà forze misteriose ai suoi servi, la sua Eternità impedisce che la Chiesa muoia.
   Ma, per colpa e mal volere d'uomini, mentre procede e si estende da 20 secoli su nuove terre, si arresta, regredisce, muore, anzi, in altre. Peccato di questi soli tempi? No. Di tutti i tempi. Più o meno totalmente e profondamente, mentre vi furono deviazioni, arresti, separazioni, e anche "morte" nei tralci che costituiscono tutta la mistica Vite. Furono di varia natura, e più passarono i secoli e più grave fu la deviazione e la defezione di tralci della Vite. Ora è il tempo della Negazione.
   Ma Giovanni tutte queste cose le vide. Le antevide. Le vide nelle sette chiese di allora. Le antevide nelle chiese d'ora, delle quali le sette chiese di allora erano non solo verità ma figura. E antevide anche l'attuale orrore: quello della Negazione in troppi luoghi e in troppi spiriti. E antevide l'estremo orrore: il tempo dell'Anticristo.
   Tutto vide, attraverso alla prima visione. La conseguenza ultima è frutto della prima conseguenza. Per cicli di età si ripete, sempre più crescendo più è cresciuta la Chiesa. Anche questo è dolorosamente logico che sia. Perché il Cristo è tanto più odiato e avversato dall'Anticristo quanto più il suo affermarsi e trionfare nei santi cresce. Il Corpo mistico vince le sue battaglie? E l'Anticristo aumenta la sua potenza e ne sferra di più atroci. Perché se Cristo vuole trionfare, come è giusto che sia, l'Anticristo anche vuol trionfare, e la sua violenza cresce più il Cristo trionfa, per vincerlo e abbatterlo. Oh! non potrà! Cristo è il Vincitore. Ma lo spera e lo tenta. E non potendo avere la sua vittoria collettiva su tutto il Popolo di Dio, si prende le sue vittorie individuali o nazionali, traviando intelletti e possedendo spiriti, strappando Popoli alla Chiesa.
   Le sette chiese. Da poco erano fondate, e fondate da quelli che erano stati mandati a fondarle direttamente da Dio: "Andate ad ammaestrare tutte le genti"; dopo che, come da divina promessa, avevano ricevuto lo Spirito Santo che "avrebbe ricordato loro ogni cosa e insegnato ogni vero" in maniera da esser compreso, ossia rendendoli capaci di intendere le cose più alte, perché: "rivestiti di potenza dall'alto" fossero capaci di essere i fondatori di una cosa così alta come il Regno di Dio tra gli uomini. E ciononostante già l'imperfezione, e anche più dell'imperfezione, s'era formata in molte di esse, perché l'Avversario o Anticristo era già spiritualmente in atto, e lavorava già per corrompere e distruggere le fortezze spirituali del Regno di Dio. Creare discordie fra le membra, insinuare sottili eresie, suscitare stolte superbie, consigliare i vili compromessi tra coscienza e legge della carne, e le restrizioni mentali, odiose a Dio il cui linguaggio è "sì, sì; no, no" e tale vuole che sia il linguaggio dei suoi figli e fedeli; raffreddare la carità, aumentare l'amore all'esistenza terrena e alle ricchezze e onori materiali.
   Ecco i lavori dell'Avversario, instancabile nel lavorare per tentare di vincere Dio e distruggere quanto Egli ha creato, approfittando di tutto quanto lo può aiutare, fornito dagli uomini stessi, per imperfezione propria o per reazione provocata da azioni ingiuste delle membra più forti verso le membra più deboli.
   Quanto è giusto dire va detto. Il mancare alla giustizia e alla carità, che simili a miele celeste attirano le anime alla mistica arnia e ve le tiene fedeli, provoca reazioni delle membra colpite, dolore, scandalo, e anche sfiducia e separazione.
   La Chiesa è stata fondata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe sempre essere stata. La Chiesa è alimentata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe dare a tutte le sue membra, anche e soprattutto alle minime e deboli per alimentarle e tenerle vive. La Chiesa ha avuto il comando di insegnare la carità. Ma guai se l'insegnamento si limita alla lettera invece di essere praticato nel suo spirito!
  Vivere nella carità per fare vivere gli agnelli in essa. Questo è il dovere dei pastori. Ché se gli agnelli vedono che la carità è pretesa dai pastori — e guai all'agnello che non dà reverenziale amore spinto sino alla rinuncia del libero giudizio e della libera azione nelle cose buone, che Dio stesso lascia all'uomo (anzi Egli lascia ogni libertà, limitandosi a dire ciò che è buono o non buono) — mentre essa carità è negata dai pastori agli agnelli, che avviene? Che per un cuore che non si apre alle infinite necessità delle anime – parlo dei cuori pastorali – le anime si volgono altrove, vanno a bussare ad altre porte, e talora sono porte che si aprono ai bisogni materiali, e danno pane, vesti, medicine, consigli, aiuti per trovare un lavoro, per non esser cacciati di casa dal ricco duro di cuore, ma anche che levano religione e giustizia dai cuori. Perché così avviene. E per un pane, una veste, un tetto, un aiuto a ristabilire la giustizia verso un perseguitato, un'anima, o più anime, lasciano l'ovile, il pascolo, la via di Dio, e vanno ad altri pascoli e su altre vie, materiali i primi, anticristiane le seconde.
   Nel secolare sviluppo della mistica Vite si sono prodotte separazioni anche di tralci principali. Molte le cause di ciò, e non tutte venute da spontanea ribellione delle membra, ma anche da ribellione provocata da un rigorismo senza carità, e da un rigorismo senza giustizia, che impone agli altri di portare i pesi che essi non portano. Per questo, Israele conobbe guerre intestine e scismi. Per questo, il popolo minuto seguì il Cristo. Per questo, ancor oggi delle membra si separano o, quanto meno, restano perplesse, o cadono in scandalo.
   Osserviamo le sette chiese di allora, quali le vide Giovanni, e quali le sentì giudicare dal Giudice eterno. Vedremo in esse già in azione quanto poi, e in forma sempre più vasta, fu ed è in azione nelle chiese o religioni di nome "cristiane" ma non cristiane cattoliche. Le chiese separate.
 Si sono date una costituzione umana, conservando, della vera Chiesa, solo quello che a loro piaceva conservare per dirsi "cristiane". Ma esser cristiani non vuol dire soltanto pregare il Cristo; predicarlo, in qual che sia maniera, non vuol dire essere ancor più rigoristi, in certe cose, dei cattolici veri. Pregare Dio, predicare Dio, esser rigidi nel servizio formalistico di Dio, lo facevano anche i sacerdoti, gli scribi, i farisei del tempo di Gesù tra gli uomini. Eppure ciò non li fece, salvo rare eccezioni, "cristiani"; ma anzi li fece "anticristiani".
   Essere cristiani vuol dire far parte del Corpo mistico appartenendo alla Chiesa di Roma come cattolici, appartenendo al Cristo col vivere veramente come Egli ha insegnato e comandato di vivere. Altrimenti non si è cristiani di fatto, neppure se si è cattolici per aver ricevuto il Battesimo secondo il rito della Chiesa di Roma e gli altri sacramenti. Anche se non si è caduti e rimasti in colpa grave, anche se non si è giunti a rinnegare la Fede, a far parte di sètte condannate dalla Chiesa, o di appartenere a partiti politici, pure condannati perché giustamente condannabili, non si è cattolici veri, cristiani di fatto quando non si vive la vita cristiana, quando non si onora Dio con culto interno vivo, sempre, anche nell'intimità della casa, presente sempre anche nel lavoro intellettuale o manuale che si deve esplicare, attivo sempre anche nei rapporti sociali che si devono continuamente avere con tutto il nostro prossimo, più o meno congiunto a noi da legami di sangue o da rapporti sociali.
   Non si è cattolici veri e cristiani di fatto, quando si pratica solo un culto esterno e formale per essere lodati, o solo un culto interno per non essere derisi come bigotti o averne magari un danno materiale. Non si è cattolici veri, cristiani di fatto, quando non si cerca di praticare il più perfettamente possibile le virtù, sino all'eroismo, se occorre; quando non si esercita quanto è detto "completamento della Legge: la carità", di cui sono altrettanti rami le opere di misericordia; quando non si cerca di levarsi l'abito vizioso che è causa al peccare; quando si pecca contro lo Spirito Santo, dubitando della Misericordia divina che perdona a chi si pente, presumendo di potersi salvare da sé, schernendo o negando le luminose verità della Fede, non soltanto quelle prime e principali, ma tutto quanto è contenuto nel Credo e definito dai dogmi antichi e recenti, nutrendo invidia verso i giusti, rimanendo ostinatamente peccatori e impenitenti; quando si lede il prossimo nella vita o anche solo nella salute corporale, o nell'onore; quando si calpesta l'ordine della natura compiendo atti abominevoli che gli stessi animali non compiono con piena colpa perché non hanno la ragione e la coscienza, opprimendo i poveri, praticando usura di illecito guadagno, sfruttando oltre misura colui che lavora e negandogli una giusta mercede.
   Quando si vive così, si meritano i giudizi severi di Gesù agli scribi, farisei e mercanti del Tempio. Come sarebbe opportuno che molto frequentemente nel Vangelo — che dovrebbe essere il libro letto quotidianamente da ogni cristiano, frase per frase, meditando su quelle verità che danno la Vita — fossero letti, riletti, meditati i punti in cui Gesù dice dove è verità di vita religiosa e dove è apparenza o menzogna di vita religiosa! Ed esaminare se stessi. Paragonarsi al fariseo e al pubblicano, al fariseo e alla peccatrice, al levita e al samaritano buono, sui ricchi che gettavano il supero delle loro ricchezze nel gazofilacio, e sulla vedova che vi gettava "quanto aveva per vivere", e vedere a quale categoria si appartiene. E se si vede di appartenere alla categoria che ha solo culto esterno, ravvedersi, divenire veri discepoli del Maestro, veri figli di Dio e fratelli al Cristo, ossia cristiani di nome e più di fatto.
   Perché altrimenti si avrà il nome di cristiani, ma non si sarà tralci che Egli alimenta. Si sarà tralci staccati, che, se anche non sono seccati del tutto perché una naturale tendenza al Bene li fa agire da giusti, sono però rami che si sono ripiantati da sé, superbamente; che hanno fatto una pianta a parte che dà lambrusca e non uva buona. Per tornar tale devono essere nuovamente innestati alla vera Vite, all'unica vera Vite che permette ai tralci di portare frutti copiosi e santi.
 Questo, sia per i singoli tralci individuali, che per quelli formanti una vite a parte: le chiese separate. Le quali, per esser separate e per essersi date una costituzione lor propria, ideata dal loro fondatore – un uomo, e non l'Uomo-Dio – non possono avere quella totalità di vita spirituale che soltanto l'appartenere al Corpo mistico mantiene, e che preserva da distacchi sempre più grandi, non solo dal Corpo in se stesso, ma dalla Verità e Luce che fanno sicura la via che dalla Chiesa terrena conduce a quella celeste.
   E che il non appartenere al Corpo mistico produca decadimento anche dalla giustizia, lo si vede più chiaramente che mai oggi. La separazione si approfondisce. Perché alcune chiese separate non solo si limitano al non dare ossequio e ubbidienza al Supremo Pastore; non solo si permettono di alzare le loro proteste quando il Pontefice parla per lume divino definendo nuove verità; non solo, pur dicendo di voler servire Cristo, strappano a Lui, o tentano strappare delle creature che gli appartengono, che sono del suo Ovile, e che essi, i separati, tentano portare al loro, ad altri pascoli dove non tutto, e specie la parte principale, è buono; ma, e ciò è mostruoso, si pongono a celebrare la Bestia, l'Anticristo, e ad approvare le sue ideologie.
   Ma anche ciò è detto: "E tutta la terra seguiva meravigliata la be­stia". Benché si veda come essa, per obbedienza al dragone che dà ad essa ogni potere, "faccia guerra ai santi e li vinca (materialmente)". Guerra ai santi, ossia a quanti ado­rano il vero Dio e gli rimangono fedeli, amando con tutto se stessi il Figlio dell'Uomo e della Donna, e amando la Donna che fu Taberna­colo a Dio e sua Laude sempiterna, Immagine e Somiglianza perfet­ta di Dio. Non quale noi siamo da quando la funesta eredità d'Ada­mo ha deturpato e indebolito in noi la divina somiglianza. Non qua­le erano Adamo ed Eva anche avanti la colpa, due innocenti, due fi­gli di Dio, coi quali il Creatore aveva colloqui la cui vera forma è un mistero, ma che non per ciò sono da mettere in dubbio, due predestinati a vivere della e nella beatitudine della visione di Dio in eterno. No. Maria, modellata dalla Mano divina perché fosse "forma al Dio in­carnato" che era la perfettissima Immagine del Padre: "Chi vede Me vede anche il Padre mio"; Maria, con la quale Dio Uno e Trino ebbe sempre colloqui quali si hanno con una vera Figlia, Sposa e Madre; Maria, che fu costantemente, con tutte le sue facoltà, fisa al suo Signore; fu ed è purissimo Specchio in cui appa­re l'Immagine di Dio, suprema Bellezza e Perfezione, onde chi con­templa Maria vede quanto costituisce l'indescrivibile Bellezza che immerge negli abissi della beatitudine gli eterni cittadini del Cielo.
   Maria: la creatura, sorella nostra per nascita umana. Maria: la creatura divinizzata di cui possiamo essere spirituali sorelle minori, sol che lo si voglia essere. Maria: il capolavoro di Dio Creatore degli uomini. Maria: il segno, la misura, la forma sensibile di quanto è stato destinato, da sempre, da Dio agli uomini che vivono da figli di Dio.
   L'uomo, imperfetto nel credere alla risurrezione della carne e alla compartecipazione della carne risorta al gaudio dello spirito beato; l'uomo che, per essere incapace di credere a questa verità, o quanto meno che è in dubbio su essa, che ancor non si fa persuaso per la Risurrezione di Gesù Cristo perché dice: "Egli era Dio e perciò…"; davanti alla verità stabilita dell'Assunzione di Maria in corpo ed anima al Cielo, non può più dubitare. La sua mente ha un mezzo che potentemente lo porta a credere alla risurrezione della carne e alla compartecipazione di essa al gaudio eterno dello spirito.
   Gesù è Colui che ci rivela il Padre Dio. Maria è Colei che ci rivela la beata sorte dei figli di Dio. Gesù è Colui che ci ha insegnato da Maestro come vivere da figli di Dio. Maria è Colei che ci ha praticamente mostrato come si vive per essere figli di Dio. E gli uomini che hanno difficoltà a seguire il Vangelo, e dicono: "Lui lo poteva anche fare perché era Dio, qualche suo eletto lo può fare perché Dio-Gesù dà ad esso speciali doni", vedendo la vita, il modo di vivere di Maria da quando aprì gli occhi alla luce — ché in Lei, piena di grazia, non ci fu mai quello stato di nescienza comune a tutti i nati, detti perciò irresponsabili dei loro atti avanti l'uso di ragione — possono persuadersi che il vivere da figli di Dio è possibile a tutti i nati di donna, anzi a tutti i creati da Dio, solo che essi vogliano vivere da creature divinizzate.
   Né si opponga a questa asserzione l'obbiezione: "Maria era immune dalla Colpa e dai fomiti". Anche Eva lo era. Anzi era Innocente in un mondo innocente, regina in un mondo a lei sottomesso, unica creatura superiore, col suo uomo, dotata di intelletto, di grazia, di scienza, padrona dell'universo sensibile, guidata dalla Voce di Dio. Eppure alla prima tentazione cedette, mentre innumerevoli anime, sebbene macchiate dalla Colpa, e molte creature, sebbene aventi in sé i fomiti — quella terribile "legge della carne" che fece gemere Paolo, Agostino e molti altri che ora sono santi e sante in Cielo — non cedettero.
   Maria, come Gesù, non peccò mai, in nessun modo, in nessuna cosa, neppure con la logica, naturale, giusta reazione di una madre che si vede torturare ed uccidere il Figlio, né verso la carità né verso nessun'altra virtù. Non volle peccare. E non peccò. Dio ha certo operato in maniera misteriosa in Lei, onde neppur la più piccola imperfezione — che dico: l'ombra, il germe di un'imperfezione — alterasse la purezza e la santità perfetta della Tutta Bella. Ma è anche certo che Maria assecondò con tutte le sue facoltà e volontà la Volontà che Dio aveva per Lei.
   Dio non ha fatto di Maria una schiava che non può che ubbidire al padrone che la comanda. Ma una Regina, la sua Regina, alla quale si manda per ambasciatore un arcangelo perché le dica il disegno di Dio. Disegno che si compie solo quando Maria spontaneamente dice: "Si faccia secondo la tua parola".
   Lo stesso arcangelo aveva manifestato un'altra maternità prodigiosa, perché fuor dalle leggi naturali, data l'età degli sposi e la sterilità della futura madre, al sacerdote Zaccaria. Ma questi, pur essendo sacerdote, e nella pienezza delle sue funzioni sacerdotali davanti al Santo dei Santi, dubitò della potenza e misericordia di Dio e della verità delle parole angeliche, e ne fu punito.
   Ecco la differenza tra giustizia e perfezione di giustizia. In Maria vi è fede e ubbidienza assoluta benché smisuratamente più grande fosse il prodigio. In Zaccaria no. Perché questo? Perché Maria era, sì, la Donna, perché della Donna aveva bisogno la Parola del Padre per prendere umana Carne; ma era la Donna fattasi così spoglia di umanità naturale, e così ricca di natura soprannaturale, da non avere più alcuno di quei lacci e di quegli ostacoli per cui vengono impedite o appesantite le facoltà della creatura a seguire il volere di Dio, il Quale può, su un terreno, in un io spoglio di quanto è inciampo alle azioni divine, compiere le opere più grandi della sua Onnipotenza.
   "La Terra seguirà la bestia e metterà a morte i santi che non adorano la bestia della Terra". La prima delle manifestazioni dell'Anticristo. Che è "della terra" perché nega Dio, nega tutto ciò che è da Dio perché cade in idolatria per ciò che non è Dio ma anzi è contro Dio, e sopprime la legge divina e la sostituisce con la sua che non è neppur più legge morale naturale, e tenta persino cancellarne il ricordo nelle creature, e conculca e uccide chi non vuol divenire malvagio, miscredente, antidio.
   La bestia che divora gli agnelli per strappare a Dio quanto più può dei suoi figli. Eppure ecco che questo tempo vede l'orrore di ministri di chiese separate, che pur si vogliono chiamare "cristiane", dare ossequio di adesione alle parole e ai voleri della bestia della Terra, a questa mostruosità che combatte il Cristo, dare venerazione a quest'idolo ideologico, corrompente e spietato, senza esserne costretti come coloro che sono sudditi là dove esso regna, e senza riflettere che, ove regnasse ovunque, anche essi verrebbero prima o poi divorati, torturati, privati delle libertà più sacre dell'individuo libero, fin della libertà di pensiero. Ma da 20 secoli ecco che il Cristo le ha indicate queste deviazioni e le cause di esse.
   Qui vi è operosità e pazienza, ma "si è abbandonata la primiera carità" e perciò è divenuta più debole o è morta del tutto la vita in Dio, perché ove non è carità non è Dio, né vita di Dio nella persona, né vita della persona in Dio. Là vi è invece amore alle ricchezze della vita, ossia alla salute e alla vita, mentre coloro che vogliono servire Gesù Cristo devono non avere amore alla vita materiale, devono non temere e non sfuggire le persecuzioni, ma consumarle, ove occorra, sino alla morte, perché così fece il Cristo e perché chi perde la vita per servirlo lo possiederà in maniera speciale in Cielo.
   In altri luoghi vi è chi è debole verso i colpevoli di eresia, o di dottrina e vita imperfette. E ciò per non crearsi dei nemici. No. Quando nel giardino della Chiesa militante si vedono sorgere piante malvagie, o malate, o di mal'esempio alle altre, occorre mondarle delle parti malate, innestarle e, se respingono l'innesto che le farebbe buone, saperle anche recidere alla base. Meglio una pianta di meno che dei tossici per tutte! Meglio esser perseguitati, meglio rimanere senza amici, al permettere che i nemici o i servi inutili guastino altre anime e che Dio si allontani perché vede che un suo pastore preferisce l'amicizia con dei capretti alla sua santissima.
   Altrove vi è chi crede di più ai falsi profeti, voci impure che satana eccita a parlare e che la legge della Chiesa condanna, ed è condanna per tutti coloro che, essendo cattolici, le ascoltano, queste voci sataniche parlanti col mezzo delle tavole parlanti o degli spiritisti, voci parlanti per ingannare, sedurre, traviare, staccare dalla Chiesa.
   Solo gli spiriti di luce sono veritieri e sono guide buone. Ma essi non vengono mai, dico mai, per imposizione umana, né abbisognano di speciali apparati per manifestarsi. Dio li manda quando vuolea chi vuole. E sono gli unici che dicano la verità. Gli altri, in tutte le loro manifestazioni, sono menzogna. Perché sono manifestazioni di satanismo, e satana non è che Menzogna. Quanto viene da queste voci, anche se, apparentemente, sembra parlino parole buone, è sempre sottilmente inquinato di errore. Parlano per staccare dalla Chiesa dicendo che non è necessaria per comunicare con Dio. Parlano per insinuare teorie false sulla rincarnazione, su un sistema di evoluzione delle anime, per successive vite, che è assolutamente falso. Parlano suggerendo soluzioni scientifiche alle più luminose manifestazioni dell'Onnipotenza divina, che tutto creò dal nulla.
   Povera scienza che vuol essere solo "scienza", e respinge la Sapienza! La scienza può confermare la Sapienza, ma non può abolirla. Ove l'abolisce spegne un oceano di luce confortevole per le anime e per gli intelletti umani.
   Guai a chi spegne questa luce! Simile al gesto d'un folle tiranno che, per odio o per delirio, mini e polverizzi una città o un tempio, è questo di costoro che, per amore eccessivo alla scienza, quasi un culto ad essa — mentre è la Sapienza che va amata, ascoltata e creduta perché viene dal "Padre delle Luci nel quale non c'è variazione né ombra di mutamento", il quale è Spirito di Verità e di Amore e vuole che noi si sia nutriti di verità per amare sempre più perfettamente, e vuole che si veda per meglio conoscere, meglio servire, meglio amare — polverizzano l'edificio della semplice e candida Fede, o quanto meno molte parti di esso. Le principali.
   Ma scardinate che siano le fondamenta e i muri maestri, si può reggere più un edificio? No. E quando per l'umana sete di apparire dotti e moderni, progrediti secondo i tempi, si levano alle basi dell'edificio della fede le pietre angolari, dichiarate non più consone al momento attuale, puerili, inammissibili, favole che non possono più essere accettate, che avviene? Che molto crolla, facendo vittime, molto resta rovinato e deturpato, molto, che era luminosamente bello, si fa foscamente e fumosamente ornato di povere luci umane che, coi loro fumi, offuscano i lumi celesti e creano interrogativi nelle anime sbalordite, interrogativi che la scienza non soddisfa e che la Sapienza non riesce più a distruggere, e creano vuoti che nulla riesce a colmare. Un mondo di pura fede crolla. E le macie dei loro sillogismi, deduzioni e ricerche non colmano il vuoto che si è prodotto.
   Impugnare la verità conosciuta è un peccato contro lo Spirito Santo. Ed è detto che "lo Spirito Santo educatore fugge la finzione, si tien lungi dai pensieri insensati e si ritira al sopravvenire dell'iniquità". E quale iniquità più grande di quella di dedurre che Dio, l'Onnipotente, ha dovuto attendere spontanee evoluzioni per creare il suo capolavoro che è l'uomo? Quale pensiero più insensato di quello di colui che pensa che Dio sia stato impotente a creare direttamente l'opera più bella della sua creazione?
   La verità di tutto è nel Libro. Perché è parola scritta per ispirazione della Sapienza, ossia di Dio. Ogni altra cosa è finzione, è immaginazione, è deduzione umana. Uno solo non sbaglia mai: Dio. L'uomo, anche il più santo, o il più dotto in cultura umana, può sempre errare quando parla o agisce da "uomo", ossia quando non è mosso dallo Spirito Santo, quando non è illuminato dalla Luce-Gesù, quando toglie lo sguardo dal Padre-Dio non vedendolo più in tutte le sue opere.
   Anche la scienza può esser buona e utile. Dio ha dato l'intelletto all'uomo con fine buono e perché lo usi. Ma il 90% degli uomini non lo usano sempre a fine buono. E gli scienziati, in numero anche superiore al 90%, non lo usano a fine buono.
   Perché ciò? Perché per seguire ed inseguire vie e chimere umane perdono di vista Dio e la sua Legge. Sì, anche se in apparenza lo ser­vono, e gli dànno culto esteriore, e anche, sì, un relativo culto interiore, e sono convinti di onorarlo, in verità non lo vedono più lumi­nosamente, né vedono luminosamente gli eterni precetti d'amore. Non vivono più la vita di Dio, che è vita d'amore. Se vivessero que­sta vita, se vedessero luminosamente Dio e la sua Legge, come po­trebbero usare il loro intelletto per distruggere con le loro scientifi­che deduzioni la semplice fede dei "piccoli" e con le loro scientifi­che scoperte l'esistenza di tante vite umane, di intere città, e mina­re persino tutto il globo terracqueo col turbare l'equilibrio, l'ordine degli elementi, delle leggi cosmiche, messo da Dio, e che da millenni fa sì che la Terra viva e produca vite vegetali e animali senza uscire dalla sua orbita, senza spostarsi dal suo asse, evitando così catacli­smi apocalittici?
   Ma più grande delitto è distruggere la semplice fede dei "piccoli", è distruggere nelle masse la persuasione che Dio è quel Padre amoroso che ha cura persino degli uccelli e dei fiori del campo, e ascolta ed esaudisce le richieste che i figli suoi gli fanno con preghiera piena di fede.
 Come può più l'uomo credere semplicemente se, in nome della scienza e col suffragio di incerte prove scientifiche, voi scardinate le fondamenta della Rivelazione contenuta nel Libro? Come può più l'uomo credere che Dio è potente, è amoroso, è Padre che ha cura dei suoi figli se, in grazia delle vostre scoperte, l'uomo è percosso da castighi — no, non castighi, perché da tutte le leggi umane è castigato il malvagio, mentre i vostri mezzi di distruzione colpiscono un numero smisurato di non malvagi — se l'uomo è torturato sino ad impazzirne o morirne di terrore o di ferite, ridotto a non avere più neppure la tana che Dio concede agli animali anche feroci, il cibo e le vesti concessi agli uccelli e ai fiori del campo?
   Il delitto più grande! Distruggere la fede e la fiducia. La fede nelle verità della Rivelazione. La fiducia nella bontà e onnipotenza divina. La prima distruzione fa crollare tutto un mondo di cose credute e che erano incentivo potente a vivere da figli di Dio, cancella tutto un poema luminoso che celebra le bontà infinite del Signore. La seconda fa sì che l'uomo, sconfortato dalle esperienze vissute, dica: "A che vale pregare, sacrificarsi, vivere da giusti, se poi si è ugualmente percossi così?". È il dubbio che sorge! È il conseguente rilassamento della fede, dei costumi! È la preghiera abbandonata! È la disperazione, talora! Ecco i frutti della scienza disgiunta dalla Sapienza.
   I frutti del maledetto albero della scienza, non reso buono dall'innesto della Sapienza. Volete tutto conoscere, tutto investigare, tutto spiegare. Ma l'intelletto dell'uomo, e specie dell'uomo decaduto, intelletto leso per la Colpa d'origine, intelletto leso per la concupiscenza mentale, non può tutto conoscere. Anche Adamo, pur essendo stato fatto "re" di tutto il creato, aveva ricevuto un divieto: "Non mangiare del frutto dell'albero della scienza del bene e del male, perché quel giorno che ne mangerai morrai". Non ubbidì, volle tutto conoscere, e morì prima nella Grazia, poi nella carne. Anche ora troppi, avendo di fronte i due alberi — quello che dà la Vita, ossia Gesù-Redentore-Salvatore-Parola che dà la Vita eterna, e l'albero della scienza che dà frutti generalmente di morte — tendono la mano a questo e non a quello, gustano di questo e non di quello, e si dànno la morte, e dànno la morte.
   Tutta colpevole la scienza? No. Come nessun uomo è totalmente malvagio e perennemente malvagio, così la scienza non è sempre e tutta malvagia e colpevole. Vi sono scienziati che usano il loro sapere ad opere di bene. Altri che, pervenuti a scoperte di mezzi omicidi, le distruggono, preferendo rinunciare alla gloria umana, che a loro verrebbe per tale scoperta, pur di risparmiare nuovi flagelli all'umanità. Altri ai quali, perché sono veramente cristiani, lo studio scientifico aumenta la religione, aumenta le virtù soprannaturali e morali.
   Costoro sono benedetti da Dio e benefattori dell'Umanità. E andrebbero imitati da tutti gli altri. Invece no. Ascoltati, presi per suffragio delle loro deduzioni, sono gli altri scienziati, quelli che tutto scrutano e spiegano umanamente, vedendo tutto col loro occhio umano, materiale, che guarda in basso, guarda la Terra e i suoi segreti, come fanno gli animali e peggio di essi. Perché in verità si direbbe che gli animali, molti di essi, sappiano lodare le cose, almeno le cose belle del Creato, le cose buone, grati al sole che li scalda, all'acqua che li disseta, ai frutti della Terra che li sfamano, all'uomo che li ama, molto meglio degli uomini.
   L'uomo, creatura ragionevole, dotata di spirito e di vita soprannaturale, dovrebbe saper guardare in alto, al Cielo, a Dio. Purificare la sua pupilla e il suo sapere attraverso la contemplazione delle opere divine, attraverso alla fede che Egli le ha fatte, vedere il segno incancellabile che esse tutte portano impresso e che le testifica fatte da Dio.
   Religione e fede, religione e carità, rendono attivamente buono l'investigare umano. Privo di queste forze spirituali, o avendo queste forze in misura non perfetta, l'investigare umano cade in errore, e trae altri in errore, e in indebolimento o morte della fede.
   Per apparire attualiconsoni ai tempi, che in verità non sono certo tempi da elogiarsi, non respingete le luci, tutte le luci che vi vengono direttamente dalla Rivelazione, dalla Sapienza, e indirettamente dall'investigare sapiente di scienziati cristiani che si sono innalzati a Dio per poter penetrare anche nei misteri del mondo, ma penetrarvi con spirito buono onde conoscerne la verità, verità che conferma l'opera di Dio e a Lui ne dà lode. Non prendete invece, per apparire attuali e consoni ai tempi, quelle "profondità di satana", come sono dette nell'Apocalisse c.II v.24, o quanto meno "del mondo", le quali non sono conformi alla Rivelazione, per spiegare quanto è, ed è unicamente per onnipotenza e opera divina.
   Altrove ancora vi è tiepidezza nel servizio di Dio e orgoglio di sé. La concupiscenza triplice trionfa là dove dovrebbero essere regine le virtù, e fa poveri e senza luce quelli che sono tiepidi e orgogliosi. Poveri di quanto è necessario per essere giusti e di quanto è necessario avere per fare dei propri sudditi dei giusti. Chi è tiepido non può scaldare chi è freddo. E chi è senza luce non la può comunicare. E chi è avaro dei doni grandi che Dio gli ha dato, non può fare ricchi i suoi agnelli. Tiene per sé il pascolo, permette solo che il suo gregge si pasca dell'indispensabile per non perire del tutto, senza pensare che nel gregge vi sono dei deboli che hanno bisogno di esser nutriti in misura più grande, grandissima talora, per non morire.
   Non basta essere individualmente santi, non peccare per se stessi, per essere pastori buoni. Occorre santificare, occorre vegliare perché altri non pecchino, e se si sa che qualche agnello ha peccato e si è ferito mortalmente nello spirito, non attendere che venga a chiedere guarigione, ma andare a lui, curarlo, guarirlo. Anche se respinge, tornare una, due, dieci, cento volte, non solo in veste di predicatore che richiama al dovere con parole di rimprovero, ma con altri mezzi: da amico, da medico, da padre. E se si sa che uno sta sviandosi, non lasciare andare le cose così, ma intervenire, con pazienza e dolcezza, per ricondurlo sulla via buona.
   L'apostolato del sacerdote non si limita alla Messa quotidiana, alla Confessione, alla spiegazione evangelica e dottrinale in chiesa. Vi è molto più da fare fuori della chiesa. Avvicinare i propri sudditi, portare la parola di Dio e della morale là dove in chiesa non si va o si va poco e male, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, in chiesa non va, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, manca ai suoi doveri di padre, di madre, di sposo, di figlio, di cittadino, di persona morale.
   In quante famiglie vi sono dolori, situazioni penose, peccati! Quanto campo d'apostolato in questi primi nuclei della società umana, in queste piccole chiese in cui, sacerdoti senza ordinazioni, ma con un compito ben specifico, anzi con due compiti ben specifici — continuare la creazione col procreare, collaborando perciò con Dio che crea l'anima per ogni individuo procreato dall'uomo e dalla donna, e generare nuovi figli adottivi a Dio — due si amano e vivono uniti. O almeno lo dovrebbero fare. Ma talvolta non lo fanno. Vengono reciprocamente meno ai loro doveri di marito e di moglie, e vengono meno ai loro doveri verso i figli, trascurando di fare di essi dei veri cristiani, lasciandoli andare dove non possono divenire migliori, dando loro esempi non buoni, non curando la loro formazione religiosa, lasciando che cattivi compagni e membri di partiti antidio li avvicinino e traviino.
   Le terre di missione non sono soltanto nell'Africa, nelle Americhe, nell'Asia e in diversi arcipelaghi. Anche l'Europa, anche l'Italia, sono terra di missione, per chi ha spirito missionario e vista soprannaturale. Ogni paese, dai minimi alle grandi città, ogni zona parrocchiale, ogni casa, può essere zona di missione, luogo ove estirpare la zizzania per seminarvi il buon grano, luogo di bonifica spirituale, luogo di ricostruzione in Cristo. Ricostruzione del Regno di Dio nella famiglia e nei singoli suoi componenti.
   "Voi siete il sale della Terra e la luce del mondo". Il Maestro, Sapienza infinita, ha empito del suo sale i suoi eletti, ed ha dato ad essi la facoltà di trasmettere questo sale, che deve salare, ai loro successori. Il Maestro, vera Luce del mondo, ha empito della sua Luce i suoi eletti, ed ha dato ad essi ordine di illuminare ogni uomo e di trasmettere questo potere ai loro successori. Egli, poi, da Pontefice eterno, continua ad infondere sale e luce nel Corpo mistico perché mai in esso vengano meno, anche se tiepidezze di membra potrebbero produrre carestia di sale e di luce.
   La Chiesa è "Madre". Quale la madre che mentre è in gestazione non si nutre e vive in maniera da dar vita a creature sane? Anche la Chiesa, nei singoli pastori, più o meno alti di grado, deve fornire ai suoi figli i sali che mantengono integra e forte la vita spirituale.
   La Chiesa è la "Sposa di Cristo", e Cristo è Sole, è Oriente, è Stella del mattino, è Luce infinita. Lo Sposo dona alla Sposa le sue ricchezze e proprietà, gliele comunica perché Essa le comunichi a tutti i suoi membri, e specie a quelli destinati ad illuminare; perciò i suoi pastori più o meno alti di grado devono esser "luce" per illuminare gli agnelli.
   Ma la luce presuppone la fiamma. La fiamma, l'ardore. Un incendio fiammeggia quando arde e consuma. Anche l'apostolo fiammeggia, e quindi illumina e scalda, e accende anche, se arde e si consuma. Ma se, per paura di consumarsi, per paura d'esser preso di mira dai nemici della Luce, per paura di faticare troppo, resta tiepido, diventa insipido — e le cose insipide vengono respinte — diventa pigro, non dà più luce, si spegne come astro che ha finito di splendere nei cieli, non splende più nel suo cielo, in quello spirituale.
   Che se poi alla perdita della luce che viene da incendio di carità, se a questa perdita, che è causata da orgoglio di sé, si unisce l'egoismo — e l'egoismo è il contrario dell'altruismo che è linfa del cristiano: "il comandamento mio è questo: che vi amiate scambievolmente come Io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di quello di colui che dà la vita per i suoi amici"; "Se diciamo di aver comunione con Dio e camminiamo nelle tenebre siamo bugiardi e non pratichiamo la verità. Se invece camminiamo nella luce, come Dio sta nella luce, siamo in comunione scambievole… Chi osserva la parola di Dio, in lui è perfetta la carità di Dio…"; "Se uno dice: 'Io amo Dio' e non ama il fratello, è bugiardo, perché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" — se accade questo, allora il pastore è un morto.
   Il cristianesimo è carità. Carità dei potenti verso i piccoli, dei piccoli verso i potenti, carità dei superiori verso gli inferiori, sempre carità. Se non c'è carità il cristianesimo si spegne e gli succedono l'egoismo e la tiepidezza, il sale diviene insipido, la lucerna non splende ma fuma, o viene messa sotto al moggio perché non sia disturbata. E le anime, le povere anime degli agnelli, restano abbandonate, non trovano calore, luce, sapore, si indeboliscono, si smarriscono. Povere anime che hanno tanto bisogno di aiuto più sono deboli!
   Queste manchevolezze, vive e forti nelle chiese non più alimentate dalle Acque vive che sgorgano da sotto i fianchi dell'altare del vero Tempio, non sono assenti anche nella Chiesa vera. Santo è il suo Corpo, santissimo il suo Capo e la sua Anima. Non tutte sante ne sono le membra, perché l'appartenenza più o meno intrinseca col Corpo non muta la natura umana dell'uomo. È l'uomo che deve costantemente lavorare a rigenerarsi, a ricrearsi, a supercrearsi per raggiungere la perfezione ed avere somiglianza quanto più si può perfetta col Cristo, Capo della Chiesa, con lo Spirito Santo, Anima della Chiesa. Somiglianza col Cristo mediante una vita di "alter Christus". Somiglianza con lo Spirito Santo mediante la carità, santità, purezza, fortezza, pietà e ogni altro attributo proprio del Santificatore.
   Più le membra si sforzano di esser sante, e più la Chiesa trionfa. Perché la santità delle membra, parlo delle più elette, si riversa sulle membra inferiori, le eleva, le accende, le rende strumento di santificazione e di conversione verso membra già quasi morte o morte affatto.
   L'apostolato sacerdotale, se è quale Gesù lo volle e lo vuole, suscita la grande forza dell'apostolato laico. Grande forza perché penetra con più facilità per ogni dove. Nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle diverse categorie di professionisti, può avvicinare dei pervertiti da capi partito o da perversioni psicofisiche; smantellare i castelli di menzogne; distruggere i falsi miraggi suscitati dai servi dell'anticristo, in atto ora come mai sinora nella storia del mondo; neutralizzare, con la carità di fatti e non di parole, con la verità delle azioni e non con le false parole delle più false ideologie, il veleno sparso nascostamente dall'astuto serpente di ora, che per ora ancora si limita ad esser "serpente", in attesa di assumere il suo ultimo aspetto di Anticristo trionfante per il suo breve e orrendo trionfo.
   Ma se si rilassa lo spirito nelle membra superiori, se l'apostolato laico non è coadiuvato da quello sacerdotale in misura piena, è inevitabile che succeda quanto successe in Israele, quando, Tempio e Sinagoga essendo decaduti dalla giustizia, anche le classi elette, umanamente, poterono esser cagione di scandalo, di oppressione, di rovina per il popolo.
   Era scritto che il Cristo dovesse morire per opera dei Sacerdoti, Scribi e Farisei. Ma Dio, nel dare le anime a quei sacerdoti, scribi e farisei che avrebbero avversato il suo Verbo sino a farlo morire sulla croce, non aveva creato anime speciali di deicidi, di crudeli, di ingiusti, di avidi di potere, di menzogneri. No. Aveva creato per loro anime in tutto uguali a quelle di tutti gli uomini. Uguali per creazione, divenute poi uguali per lesione del Peccato originale; come uguale era la Legge e la Rivelazione per tutto Israele; come uguale era la libertà di volere che avevano i sommi e i minimi.
   Ma troppo si era illanguidita la giustizia in troppi del Tempio e delle Sinagoghe, e il sacro Tempio era divenuto "spelonca di ladri" (Matteo-Marco-Luca) ed ipocriti erano divenuti i discendenti degli Assidei. I degenerati discendenti degli Assidei. Perché questi erano stati uomini di alta e vera morale, di totale fedeltà alla Legge e dottrina di Mosè, di nobili sentimenti d'amor patrio, per cui seppero combattere e morire per salvare la nazione dai sopraffattori e dai corruttori. Invece unicamente rigoristi all'esterno — mentre dentro, e nell'ombra, erano "sepolcri imbiancati pieni di putredine", e benché si professassero "i separati" dai più, non erano separati dal peccato — erano i farisei. E con loro lo erano gli scribi che avevano deformato e resa impossibile nella sua pratica la Legge, tanto l'avevano gravata di tradizioni messe da loro. Essendo accaduto tutto questo, le loro anime poterono divenire deicide, e la loro libertà, quella libertà che Dio aveva loro data, la usarono per uccidere il Figlio di Dio.
   Uccidere il Figlio di Dio! Calunniarlo! Presentarlo per ciò che non era!
   Ma è solo peccato di allora? No. Anche ora c'è quel peccato. E se non direttamente si alza la mano a schiaffeggiare, a torturare, ad uccidere il Cristo, ancora la si alza su Lui, presente nei suoi servi. Perché è ancora Gesù che soffre in coloro che sono perseguitati. Quale che sia la persecuzione che viene loro data.
   Saulo di Tarso personalmente non uccideva i cristiani, ma "approvava il loro assassinio" e "desolava la Chiesa entrando nelle case e portando via uomini e donne che faceva mettere in prigione". Era un anticristo in atto lui stesso, lui che poi sarà l'Apostolo e Vaso d'elezione, lui che poi combatterà così bene contro l'anticristo, subito sorto nelle diverse regioni dove erano sorte le chiese di Gesù.
   Ma mentre "spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore", munito di lettere per le sinagoghe di Damasco onde poter condurre prigionieri a Gerusalemme quanti avesse trovato di quella fede", andava a Damasco, che gli avvenne? L'incontro col Cristo presso Damasco. E che gli disse il Cristo? Forse gli chiese: "Perché perseguiti i miei servi?" No. Gli disse: "Perché mi perseguiti?".
 Gesù era il perseguitato. È Gesù che soffre la persecuzione nei suoi servi. Perché Gesù è in essi. Continua in essi la sua Passione. E chi perseguita il servo di Dio, il figlio adottivo di Dio e fratello di Gesù, ancora colpisce la Parola del Padre, il Figlio Unigenito del Padre, Gesù che è, come Dio, nel Padre e nei veri cristiani.
   Peccato solo di ora? No. Di sempre. E non sempre quelli che perseguitano i servi di Dio e i fratelli più diletti del Cristo sono gli anticristiani dai molti nomi. No. Molte volte la persecuzione viene da quelli che dovrebbero essere di aiuto a questi. Viene da chi, per orgoglio, non vuole che altri, "i minimi", si elevino dove essi non sono stati elevati. Viene da chi, per esser tiepido, non può capire come altri siano fiamma fusa con Fiamma: spirito d'uomo fatto fiamma dalla carità di e per Cristo, fatto una sol cosa con lo Spirito di Cristo, un sol fuoco. Viene da chi non ricorda bene, e comprende meno bene ancora, uno degli inni più belli che abbia il Vangelo: "Sia gloria a Te, Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli". Viene da chi "per riguardi personali o per fame di donativi" si fa cieco e manca alla giustizia.
   Errori congiunti alla debolezza dell'uomo, che resta "uomo" anche se ha assunto vesti sacre. Errori che hanno mandato servi di Dio nei roghi e nelle carceri, e che tuttora mettono catene — che anche se non sono materiali certo sono sempre catene — alla doppia libertà dell'individuo eletto servo dal suo Signore: alla libertà dell'uomo che, qualora non faccia cose punibili ai sensi della legge contro lo Stato e contro i suoi simili, è sacra, e alla libertà speciale del servo di Dio di servire Dio come Egli al suo servo lo chiede.
   Prima, molto prima di Gesù, la voce dei Profeti aveva predetto che i popoli che non conoscevano il Signore sarebbero divenuti "suo popolo" al posto di quello che non lo volle riconoscere. Gesù, molti secoli dopo, ammonisce i suoi che "i Gentili avrebbero superato in giustizia molti di loro". E aveva dato l'esempio nel modo da trattare i Gentili e i peccatori per portarli alla Via, Verità e Vita.
   Eppure gli stessi Apostoli, direttamente ammaestrati dalla parola e dall'esempio del Maestro, per il sempre rinascente orgoglio d'essere "ebrei", hanno ostacolo a trattare coi Gentili. L'esempio di Pietro col centurione Cornelio mostri a tutti come l'orgoglio possa rallentare la conquista delle anime o permettere che delle anime non vengano alla Vita. È dovuto intervenire Iddio con un miracolo per persuadere l'Apostolo che "Dio non fa distinzione di persone, ma in qualunque nazione gli è accetto chi lo teme e pratica la giustizia".
   Gesù, e prima di Lui i Profeti, avevano chiaramente istruito sulla sorte del Cristo. Eppure, venuta la sera del Giovedì, per quanto fortificati dalla purificazione e dalla Eucaristia date loro dal Pontefice eterno, ecco che la debolezza dell'uomo, che non viene annullata dalla consacrazione, li fa fuggire pavidi e vergognosi, li fa rinnegare; ed è proprio Pietro, il successore di Gesù nel governo della Chiesa, colui che lo rinnega. E poscia, benché investito dallo Spirito Santo una e una volta, non fu senza incomprensione verso i fratelli nell'esercizio sacerdotale, e debole al punto di avere due modi di vivere per paura di incontrare biasimo o inimicizie.
   L'uomo è l'uomo. "Come fanciullini di fresco nati" che bramano al latte spirituale sincero per crescere e divenire "stirpe eletta, regale sacerdozio, nazione santa, popolo di Dio", così Pietro da uomo si fece santo, eroicamente santo, sempre più santo, divenendo veramente "un altro Cristo" con un lavoro assiduo. Ma prima fu "l'uomo". Come Paolo fu "l'uomo" in cui la legge della carne lottava contro quella dello spirito. L'uomo che dopo esser stato rapito al terzo cielo conobbe ancora lo schiaffo dell'angelo di Satana, lo stimolo della carne. Come "uomo" furono tanti altri servi di Dio, martiri del loro io, beati per aver vinto l'io ed essersi rigenerati in Cristo.
   "Quante volte dovrò perdonare?" chiese un giorno Pietro a Gesù. E Gesù rispose: "Settanta volte sette", ossia un numero illimitato di volte. Perché Gesù sapeva che l'uomo, anche se rigenerato dalla Grazia, anche se nutrito dall'Eucarestia, anche se confermato nella Grazia dalla Confermazione, anche se elevato dal Sacerdozio, sempre sarebbe stato "l'uomo", l'uomo bisognoso di compatimento e perdono, perché facile all'errare.
   E presto, nel seno della Chiesa, per orgoglio o per tiepidezza, sorsero separazioni ed eresie. Ecco gli gnostici, i nicolaiti, i simoniti, i bileamiti. E più tardi gli antipapi, l'epoca trista della Corte pontificia in Avignone, e quella ancor più trista del nepotismo e di quanto ad esso fu congiunto. Astro perpetuo, come ogni astro, anche la Chiesa ha le sue fasi. Fiamma che non si spegne, come ogni fiamma ha alternative di divampamento e di affievolimento.
   Ma poiché il suo Capo, Gesù, e la sua Anima, lo Spirito Santo, sono eterni e perfettissimi, ed eterno ed infinito è il loro potere e volere, così Essa può avere momentanee fasi di discesa e di affievolimento. Ma non può cadere del tutto, né del tutto spegnersi. Anzi, dopo una di queste fasi, come persona scossa da un assopimento o persona rinvigorita da una medicina potente, Essa torna desta e vigorosa nel suo servizio e nella sua mirabile missione universale. Ed è da dirsi che proprio in ciò che è penoso vedersi in Essa – momentanei rilassamenti o persecuzione di nemici – è la causa di una sua novella fase ascendente.
   Coloro che hanno facile l'orgoglio, o facile il fare critiche e il giudicare tutti, meno se stessi, diranno, dopo queste parole: "Ma Essa è cosa soprannaturale! Quindi non può scemare nella sua perfezione". Così diranno i primi. Ed i secondi diranno: "Se fosse come vogliono dire che sia, sarebbe perfetta in tutte le sue membra. Invece…" e citeranno casi e casi più o meno veramente biasimevoli, dico veramenteperché talvolta una cosa può avere apparenza non buona e in sostanza non essere malvagia.
   E sbaglieranno entrambi. Perché la Chiesa è, sì, una società o congregazione di membra elette, rigenerate alla Grazia dal Battesimo, confermate e perfezionate nelle virtù e nei doni dalla Cresima, nutrite dall'Eucarestia, mondate dall'assoluzione conseguente alla Penitenza, sovvenute nella loro nuova missione di sposi e di procreatori dal Matrimonio, o nell'altra di pastori d'anime dall'Ordine sacro. Ed inoltre la Chiesa, come Corpo mistico, è santa nel suo Capo, nella sua Anima, nella sua Legge, nella sua dottrina e in molti suoi membri. Questo sì. Né le membra inferiori sono da disprezzarsi, perché molte volte "le membra che sembrano più deboli sono quelle più necessarie", perché con la loro vita umile, santa, nascosta, vissuta e offerta per tutta la società dei cristiani, contribuiscono ad aumentare i tesori spirituali di tutto il mistico Corpo, e anche perché "Dio ha disposto il Corpo in maniera da dare maggior onore alle membra che non ne avevano". Ossia sovente Egli trae i santificatori, coloro che trascinano con l'azione e l'esempio anime innumerevoli a Dio, da quelli che sono "i minimi" nel mistico Corpo, senza gradi né ordinazioni, ma ricchi in giustizia perché identificatisi al Cristo in ogni loro azione. Sì, la Chiesa, come società dei fedeli, veramente tali, dal Ss. suo Capo, è santa, e mai la santità, che dal Capo scende e circola per tutte le sue membra, verrà totalmente meno. Ma non tutte sante sono le membra, ché l'uomo è l'uomo anche se è cattolico, e uomo resta anche se appartiene alla Chiesa in una qualunque delle sue parti.
   Quando molte membra divengono più "uomo razionale" che "uomo divinizzato", allora la Chiesa conosce un periodo di discesa, dal quale poi risorge perché Essa stessa comprende che occorre sorgere per poter far fronte ai nemici esterni ed interni. Gli aperti nemici già al servizio dell'Avversario e dell'Anticristo, e i nemici sottili che sgretolano l'edificio della fede, e conseguentemente raffreddano la carità, per voler dare una versione nuova ai misteri e prodigi di Dio col mezzo di quelle "profondità di satana e di spirito del mondo" di cui già si è parlato.
   Non dicano, coloro che hanno facile l'orgoglio: "La Chiesa non può conoscere ciò, perché sempre sarà santa".
   È detto, e da parola divina parlante ai Profeti, e dalla divina incarnata Parola del Padre parlante ai suoi eletti, che "grandi abominazioni quale la gelosia, e orribili abominazioni quale l'adorazione a idoli umani (e la scienza priva di sapienza ne è uno) e perversione con l'adorazione a ciò che non è da venerarsi" verranno nel Tempio, e che "dopo che sarà ucciso il Cristo e non sarà più suo il popolo che lo rinnegherà, la città e il santuario saranno distrutti da un popolo che verrà, il cui scopo sarà la devastazione, e finita essa verrà la desolazione decretata… e verranno meno le ostie e i sacrifici, e nel tempio sarà l'abominazione della desolazione, che durerà sino alla fine"; e ancora, a conferma diretta, da parte della Parola, alle parole dei suoi annunciatori, i profeti: "Quando vedrete l'abominio della desolazione nel luogo santo,… allora la tribolazione sarà grande, quale non fu dal principio dei secoli… e dopo la tribolazione… vedranno il Figlio dell'Uomo". E la carità che si raffredderà in troppi cuori sarà uno dei segni precursori della fine.
   È detto. E verrà. Aprite gli occhi spirituali, per leggere le predizioni del Cielo! Se li aprirete, leggerete la verità, e vedrete quali sono i veri segni della fine, e come essa sia già in atto.
   Per Colui che è eterno, un secolo è men di un minuto. Quindi non è detto che sia domani. Ma se ancor lungo sarà il cammino perché tutto sia compiuto, le cose che già avvengono vi dicono che già si è iniziato il processo finale.
   Le grandi abominazioni: la gelosia dove dovrebbe essere solo carità fraterna, l'eccesso di amore alla scienza umana dove dovrebbe essere solo amore fedele alla Sapienza fonte della Rivelazione, compromessi tra ciò che dà utile terreno e ciò che dà utile soprannaturale per avere l'utile immediato, il Cristo ucciso in troppe anime, troppo suo popolo divenuto rinnegatore del suo Salvatore. Queste le cose preparatorie.
   Poi "il popolo che verrà", con lo scopo di devastare. Un altro profeta disse: "Quando il popolo del settentrione… Un gran tumulto dalle terre del settentrione… Ecco venire dal settentrione…".
 L'una e l'altra predizione sono tanto chiare che basta alzar gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
   E che devasterà? Oh! non solo gli edifici ed i paesi. Ma soprattutto la fede, la morale, le anime. E non tutte le anime devastate saranno anime comuni. E i sacrifici e le ostie verran meno non potendosi più aver libertà di culto, e temendo, in molti, d'esser presi per questo. Già, pur non essendo ancora in atto la devastazione e la persecuzione, molti rinnegano la via già scelta, perché l'abominio si spande come perfida gramigna, e la carità si raffredda mentre sorgono i falsi profeti di cui parla il Cristo nel capo 24 di Matteo e Paolo nel c.II della II epistola ai Tessalonicesi.
   Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l'Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo "ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre", come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere Luca c.III v. 10-14).
   In verità, la carità è il legame che tiene unita la comunità cattolica a Dio e ai fratelli. Nella e dalla carità è l'unione e l'alimento delle anime, e la loro santificazione e quella di sempre nuove anime. Se viene a mancare la carità subentra l'amor proprio. E la differenza tra i due amori è questa.
   L'amore vero e santo, comandato e consigliato da Dio, è ricerca di Dio, è riconoscimento della sua onnipotenza visibile in tutte le cose, è elevazione a Dio. E tutto serve a questa elevazione per chi ha in sé la carità, che è pietà attiva per tutte le necessità del prossimo, perché in ogni prossimo la carità ci fa vedere un fratello, e sentiamo Gesù in lui, Gesù che soffre delle sofferenze del povero, del malato, del perseguitato, o che soffre perché un figlio del Padre sta divenendo un figliol prodigo che lascia la casa del Padre in cerca di un falso benessere, soffre perché uno dubita di avere un Padre, e occorre persuaderlo in questo esserci un Padre buonissimo perché egli non cada in desolazione e in peccato.
   L'amor proprio, invece, è ricerca di se stessi, è successivo amore a se stessi, è azione fatta per glorificare se stessi agli occhi del mondo. È quindi concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e orgoglio della vita, e da questa pianta dai tre rami vengono poi la vanagloria, la durezza di cuore, la superbia, la smania delle umane lodi, l'ipocrisia, lo spirito di dominio, la convinzione di sapersi guidare da sé, scrollando via da sé ogni comando o consiglio dell'Amore e di chi parla in nome dell'Amore.
   Si credono liberi e re perché, secondo loro, nessuno è meglio di loro; perché, sempre secondo loro, sono già stabiliti sulle vette del sapere e del potere. Invece sono schiavi come nessuno lo è. E di loro stessi, e del nemico di Dio, e dei servi del nemico di Dio. Schiavi, servi, nudi, ciechi. Schiavi di sé stessi, e servi o schiavi del nemico e dei nemici di Dio. Nudi delle vesti ornate, delle vesti delle nozze con la Sapienza, delle vesti candide per il convito nei Cieli e per seguire osannando l'Agnello. Ciechi, o per lo meno miopi, per essersi guastati la vista spirituale con inutili investigazioni umane.
   Questo divengono per aver rinunciato alla primogenitura, ossia alla più alta figliolanza, quella da Dio, per un povero piatto di lenticchie, cibo terreno. È piatto di lenticchie la sostituzione delle opere sapienziali, soprannaturali, e soprattutto della Grande Rivelazione che va accettata e creduta senza mezze misure. È piatto di lenticchie il sostituire ciò con libri scientifici, che sono, per perfetti che siano, sempre libri scritti da un uomo. Potranno perciò parere più chiari, e certo più comprensibili per chi sa solo leggere la lettera, restare alla superficie di una cosa, per chi non può penetrare oltre per pesantezza propria. Ma non trasformano l'uomo. Non lo portano in alto. I libri ispirati, invece, quei libri di cui l'Autore è Dio, per chi li sa leggere, sono mezzo di trasformazione e unione in Dio e con Dio, e di elevazione.
   Tutto quanto viene da Dio è mezzo di elevazione, di trasformazione e di più intima unione con Dio. Gli stessi miracoli, di specie diversa, miracoli di guarigioni di corpi e di spiriti, specie queste, sono mezzo di trasformazione e unione con Dio. Quanti, increduli o peccatori, poterono esser fatti credenti e redenti per il prodigio di un miracolo!
 Il miracolo non va negato per ossequio al razionalismo. Non il miracolo della Creazione, non quello di una guarigione d'anima o di carne. La materia fu tratta dal nulla e ordinata al suo singolo fine da Dio. Un'anima morta o malata di malattia spirituale inguaribile, fu guarita da Dio, con questo o quel mezzo, ma sempre da Dio. Un corpo condannato a morire può da Dio esser guarito. Sempre da Dio, anche se Egli si serve di un'apparizione o di un giusto per con­vertire e guarire uno spirito, o della particolare fiducia in un santo per guarire una carne.
 I razionalisti sappiano vedere. Grande cosa la ragione. Gran­-de co­sa essere creatura razionale. Ma più grande cosa è lo spirito. E più grande è essere creatura spirituale, ossia che sa d'avere lo spirito, e quello mette in primo luogo come re del suo io e come cosa eletta più di tutte le altre. Perché se la ragione aiuta l'uomo a esser uomo e non bruto, lo spirito, quando sia re nell'io, fa dell'uomo il figlio adottivo di Dio, gli dà somiglianza con Lui, gli permette di parteci­pare alla sua Divinità e ai suoi eterni beni. Predomini quindi lo spi­rito sulla ragione e sulla carne o umanità. E non regni il razionali­smo che nega, o vuole spiegare ciò che va creduto per fede e che, nell'essere spiegato, anzi nel tentativo di venire spiegato, viene leso; e lesa, se non morta, viene la fede.
   I razionalisti sappiano vedere. Depongano le lenti opache del razionalismo. Esse non li serviranno. Anzi esse faranno vedere le verità alterate. Proprio come una lente, non adatta all'occhio indebolito, serve a far vedere peggio ancora. Chi pende verso il razionalismo è già un indebolito nella vista spirituale. Quando poi lo elegge, mette lenti inadatte al suo indebolito vedere, e vede malamente del tutto. Sappiano vedere. Vedere bene, e il Bene. Vedere Dio nel suo continuo perfetto operare col mantenere la Creazione che ebbe vita per il suo Volere, col rendere la salute e la vita dove già è certa la morte.
   Come possono, coloro che vogliono spiegare la creazione e la vita come autogenesi e poligenesi, negare che l'Onnipotente possa meno di ciò che poté creare al principio, e non era neppure materia, ma solo caos, e poi erano solo cose limitate e imperfette? È logico, puramente logico e ragionevole, che si possa ammettere il miracolo del caos che da sé si ordina, e genera da sé la cellula, e la cellula si evolve in specie, e questa specie in altre sempre più perfette e numerose, mentre si definisce che Dio non poté fare da Sé tutta la creazione? È logico e ragionevole sostenere l'evoluzione della specie, anzi di una data specie sino alla forma animale più perfetta perché dotata di parola e di ragione, anche solo di queste, quando si vede, da millenni, che ogni creatura animale non ha acquistato ragione e parola pur convivendo con l'uomo?
   Ogni animale, da millenni è quale fu fatto. Ci sarà stato impiccolimento strutturale, ci saranno stati incroci per cui, dalle razze prime create, vennero altre razze ibride. Ma per passare di epoche e di millenni mai si vide che il toro cessasse d'esser tale, e tale il leone, e tale il cane, che pur convive con l'uomo da secoli e secoli. E neppure mai si vide che le scimmie, col passare dei millenni e coi contatti con l'uomo, di cui possono, sì, imitare i gesti ma non possono imparare la favella, divenissero uomini, almeno animali uomini. Sono le stesse creature inferiori che smentiscono, con l'evidenza dei fatti, le elucubrazioni dei cultori della scienza solo razionale. Quali erano, sono. Testimoniano dell'onnipotenza di Dio con la varietà delle specie. Ma non si sono evolute. Quali erano sono rimaste, coi loro istinti, le loro leggi naturali, la loro speciale missione, che non è inutile, mai, anche se in apparenza può parerlo. Dio non fa opere inutili e totalmente nocive. Il veleno stesso del serpente è utile e ha la sua ragione d'essere.
   I razionalisti sappiano vedere. Si levino le lenti del razionalismo scientifico, e vedano alla luce di Dio, col mezzo della Parola divina che parlò per bocca dei patriarchi e profeti del Tempo antico, e dei santi, mistici o contemplatori del Tempo nuovo, ai quali sempre un Unico Spirito rivelò o ricordò cose nascoste e cose passate, alteratesi nella verità, passando di bocca in bocca. Vedano soprattutto col mezzo della Parola incarnata e Luce del mondo: Gesù, il Maestro dei maestri, il quale non ha cambiato una sillaba della Rivelazione contenuta nel Libro, ma, Egli che essendo Onniscienza e Verità tutto sapeva nella interezza della Verità, l'ha anzi confermata e riportata, nel senso talora svisato ad arte dai rabbi d'Israele, alla primiera forma che è l'unica vera.
   Voler aggiungere a quanto la Sapienza ha rivelato, la Tradizione ha tramandato, la Parola ha confermato e spiegato, è aggiungere orpello all'oro. Non sono i gettoni della scienza quelli che aprono le porte del Regno dei Cieli. Ma lo sono le auree monete della Fede nelle verità rivelate, le auree monete della Speranza nelle promesse eterne, le auree monete della Carità praticata perché s'è creduto e sperato, quelle che dànno agli spiriti dei giusti e poscia alle carni e agli spiriti dei giusti il loro posto nella Città eterna di Dio.
   Mai sarà abbastanza detto che la scienza è paglia che empie ma non nutre, è fumo che offusca ma non illumina, che, ove sopraffaccia fede e sapienza, è veleno spirituale che uccide, è zizzania che dà frutto di falsi profeti di un verbo nuovo e di nuove teorie che non sono verbo divino né divina dottrina.
   Altrove, dove non è quanto più sopra s'è detto, vi è chi sembra vivo ed è morto. Ossia chi non ha che l'apparenza di ciò che dovrebbe essere, in tutto simile ad una statua bella e ben ornata, ma che è insensibile e non può comunicare ad altri la vita che non possiede. Bocche che parlano perché non possono tacere. Ma che non persuadono, perché manca nella loro parola quella potenza che convince. Non sono convinti essi stessi, e non possono convincere. Strumenti meccanici che parlano anche bene, come eloquenza, ma senz'anima.
  Ci sono sempre stati. Sono quelli dalla vocazione sbagliata. Entusiasti al principio. Poi il loro entusiasmo si spegne lentamente. E non hanno coraggio di ritirarsi. Meglio un pastore di meno a un pastore che pare vivo ed è morto nello spirito, o molto prossimo a morire. Al suo posto potrebbe andare uno vivo, per dare vita. Ma il falso, il più falso dei rispetti umani, li trattiene dal confessare apertamente: "Non sono più capace e mi ritiro".
   Ci sono sempre stati. Giuda di Keriot ne è il prototipo. Meglio era per lui ritirarsi al permanere e giungere al supremo delitto. "Colui che dopo aver messo la mano all'aratro si volge indietro non è atto al Regno di Dio" ha detto il Maestro divino. E chi non è atto è meglio che si ritiri anziché far perire molti, farne mormorare più ancora, recar nocumento al Sacerdozio con lo scandalo dato.
   La folla generalizza, e vede più facilmente il male del bene. Quando si comprende d'esser morti alla missione, ci si ritiri, ma non si permetta che la folla giudichi, generalizzando e nuocendo a tutta la classe. I rami destinati a dar linfa ai frutti, se divengono sterili vanno tagliati, perché non solo sono inutili, ma levano vigore alla pianta sol per ornarsi di pompose e inutili foglie.
   Sempre vi fu, nelle cose create perfette da Dio, una parte che non seppe rimanere tale. La prima defezione vi fu nell'esercito angelico, ed è un mistero impenetrabile come possa essere accaduta in spiriti creati in grazia, che vedevano Iddio, ne conoscevano l'Essenza e gli Attributi, le opere e i disegni futuri. Pure si ribellarono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da spiriti di luce, viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale, divennero spiriti di tenebre, viventi nell'orrore.
   La seconda defezione fu quella dei Progenitori, e anch'essa è cosa inspiegabile. Come poté accadere che due Innocenti, che godevano dei benefici innumerevoli di Dio e, per il loro felice stato di grazia e degli altri doni, erano in grado di conoscere e amare Dio come nessun altro uomo — eccetto il Figlio dell'Uomo e la Madre di Lui, perché pieni d'Innocenza e Grazia — potessero ascoltare, ubbidire il tentatore, e preferirlo, ad ascoltare la voce di Dio che li ammaestrava amorosamente e chiedeva loro una sola ubbidienza? Facile ubbidienza. Perché essi non avevano necessità di cogliere quel frutto per essere sazi di ogni appetito. Avevano tutto. Dio li aveva fatti ricchi di tutto quanto era loro necessario per essere felici, sani di corpo e di spirito. Pure si ribellarono, disubbidirono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da creature viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale divennero infelici nello spirito, nel cuore, nella mente, nelle membra. Affaticate queste per il lavoro, impaurita la mente per le difficoltà del domani immediato e del domani futuro ed eterno, affranto il cuore per l'uccisione di un figlio e la perfidia di un altro, abbattuto lo spirito, ormai avvolto nelle caligini della colpa che impedivano allo stesso di comprendere le amorose guide del Padre Creatore.
   La terza grande, misteriosa, inspiegabile defezione è quella di Giuda di Keriot che spontaneamente volle essere di Cristo, che per tre anni godé del suo amore, si nutrì della sua Parola e che, perché deluso nei suoi sogni concupiscenti, lo vendette per trenta denari, divenendo da apostolo, ossia eletto alla più alta dignità spirituale, il traditore dell'Amico, il deicida e il suicida.
   Queste le defezioni più grandi. Ma sempre ve ne sono, sebbene minori. Perché l'uomo è l'uomo. Perché ciò che è creato mai è eternamente perfetto come lo è il Creatore, eccettuato il Regno celeste dove solo spiriti confermati in grazia, e non più soggetti al peccare, hanno dimora, ed eccettuato il Figlio dell'Uomo e la Madre sua. Il primo perché era il Dio-Uomo, e quindi, come aveva unito alla sua persona d'Uomo la sua Persona di Dio, così aveva unito le sue perfezioni divine alle sue perfezioni umane. La seconda perché ai doni straordinari di cui Dio la colmò dal suo concepimento corrispose con una buona volontà ed una fedeltà raggiungenti una potenza quale nessuno dei santi mai la raggiunse e raggiungerà.
   E che l'uomo sia talora imperfetto non costituisce colpa imperdonabile. Dio è anche Misericordia. Ed è Pazienza. Egli attende il ravvedimento di chi erra, e perdona se esso ravvedimento è sincero. Quindi ogni uomo che cade può rialzarsi ed essere di nuovo giusto. Anzi può divenire più giusto, perché, conscio della sua debolezza, può essere meno orgoglioso di sé e più misericordioso verso i suoi simili nel ministero o nella sorte d'uomini. Dio trae anche dal male il bene, quando l'uomo non si rifiuta ai suoi inviti e consigli e a quelli di altri suoi fratelli più santi di lui. Ma quando vede l'uomo ostinato nelle sue imperfezioni, pago di un quietismo che non gli fa commettere né il bene né il male, di un quietismo che fa di lui uno che pare vivo ma è morto, e col suo esser tale provoca la morte e il languore di molti, allora Dio viene a lui "come un ladro, né essi sapranno in quale ora verrà".
   Disse il Maestro ai suoi: "I vostri fianchi siano cinti ed accese nelle vostre mani le lucerne". Non disse già: "Riposate, dormite, perché ormai voi siete eletti, e siete a posto". Il servo di Dio è un operaio, e Dio vuole che operi ad ogni ora della sua giornata terrena. E tanto più operi, più ha da Dio ricevuto speciali amorosi doni d'elezione. "A chi molto fu dato molto sarà richiesto". E operi sull'esempio dato dal Maestro, esempio di pazienza, misericordia e amore instancabile. Perché come si vorrebbe vedere misurate da Dio le proprie debolezze, con ugual misura si deve misurarle alle altre creature, onde non incorrere nel rigore di Dio per aver con rigore, verso gli altri, misurato. "Con la misura da voi usata per misurare vi sarà rimisurato, e con giunta".
   Altrove ancora vi è poca virtù, praticata in forma eroica, ma fedeltà alla Parola sia per sé stesso, sia col lavorare perché altri gli siano o gli divengano fedeli, e costanza nel confessare il Nome del Signore anche davanti a schernitori o nemici del cattolicesimo. Non di persecutori, ma di oppositori, ma di sviati, ma di ignoranti di esso Nome e di Colui che lo porta. Quanti sono della "sinagoga di satana" o di quella del mondo, perché non sono istruiti nella Verità. Istruiti con pazienza e amore, secondo lo spirito del Vangelo, del suo Autore: Gesù, della sua Custode e Dispensiera: la Chiesa Romana.
   Anime che sono nelle tenebre ma che tendono istintivamente alla Luce. Anime che sono nell'errore di un culto idolatra o separato, ma che tendono istintivamente alla Verità. Anime che per loro propria natura tendono al Bene e appartengono così anche senza saperlo all'anima della Chiesa, e alle quali basta una mano, una parola, un aiuto apostolicamente fraterni, per divenire membra vive del Corpo mistico e adoratori del vero Dio.
   Ora, poiché è certo che chi salva o dà vita anche ad un'anima sola salva la propria e dà ad essa il premio della Vita eterna, perché Dio è infinitamente riconoscente a chi gli dona un figlio, è parimenti certo che Dio perdonerà molte cose a chi si industria di far entrare nelle vie del Signore — le vie che conducono al Cielo — molte anime, tenendo aperta la porta della misericordia, della verità, della sapienza: l'Evangelo; perché tutti quanti vogliano, dietro l'invito del ministro di Dio, entrarvi, trovino facile il farlo.
   Da questa rassegna e confronto tra le sette chiese di allora e lo stato attuale delle diverse religioni e chiese, viene quindi l'ammonimento e l'incitamento a non lasciar morire la carità; a non seguire umane dottrine, troppo simili a quella di Balaam, che sono ragione di scandalo, di avvelenamento e fornicazione spirituale dei piccoli, per quanto è "scandalo", e dei grandi per le altre due cose; a combattere quanti e chiunque abbia commercio o pratichi persone e atti di tenebre, fornicando con le potenze del male e della menzogna, e nutrendosi di cibi mentali sacrificati od offerti agli idoli di una scienza e di una curiosità impure; a scuotere da sé il quietismo e a tornar vivi, per dare la vita; ariparare alla debole virtù lavorando con tutte le forze che si hanno per portare altri alla conoscenza di Dio e dell'Evangelo e, conseguentemente, alla virtù, onde i salvati perorino essi stessi presso il Padre dei Cieli e di tutti gli uomini, per il loro salvatore; ad ardereper ardere, a splendere per illuminare, a staccarsi da quanto è concupiscenza anche solo di ricchezze, di potere, di salute e tranquilla comodità umana, per rivestirsi delle cose soprannaturali ed essere liberi, senza ostacoli nel lavoro apostolico.
 Allora coloro che vollero divenire santi, vincendo tutte le cose contrarie alla santità, riceveranno il "nome nuovo", si nutriranno dell'"albero della vita", della "manna nascosta", saranno rivestiti della "candida veste", coronati della "corona" di gloria celeste, fatti "colonna" del Tempio eterno, e "siederanno sul trono" che è preparato per i vincitori.