MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNETTI CAPITOLO 696


[giugno-luglio 1944]

   Ubbidisco ad un ordine superiore e torno a scrivere quello che ieri avevo distrutto per tema che andasse in altre mani che non siano le sue. 
   Nel foglio distrutto, e che portava la data del 30 giugno, era detto così: 
   Da qualche tempo e sempre più chiaramente vedo con una vista spirituale il "vero" aspetto di chi avvicino. Non di tutti: di quelli che Dio vuole che io veda. 
   Così G. B. mi appare con aspetto di demonio. Mentre se guardo sua moglie vedo come un solo pezzo di carne: buona ma semplicemente carne priva d'anima, o meglio con un'anima avvolta in un letargo quasi mortale, qui, guardando lui, vedo affiorare da sopra la sua fisionomia un altro aspetto. Si alterano tutti i tratti del volto. Diviene una maschera rossa, gonfia, ripugnante. Un misto di lussuria e ferocia, un volto da demonio insomma, in cui predomina lussuria prepotenza e superbia. 
   Dato che un affetto di sangue mi lega a lui, pensi se ne soffro. E come, dato che è anche in me affetto soprannaturale, come soffro comprendendo che è perduto. Mi ripugna. Devo torcere lo sguardo. Devo fare sforzo per esser secolui come con gli altri. 
   Questa sensazione, benché meno netta perché allora era ripugnanza solamente spirituale, l'avevo anche tempo fa, quando ancora eravamo in semplice unione epistolare, e più viva quando fu mio ospite. Ma ora è anche sensoria perché i cinque sensi ne provano urto. 
   Non so se mi spiego bene. 
   Come mi costa non dirgli il nome che gli leggo in fronte sulla maschera sensuale che diviene il suo volto! Come ho dovuto faticare per trattenere quel nome lunedì 3 c.m. quando ero così fuori di me! 
   Paola invece la vedo come anima che anela a metamorfosi sempre più angeliche. E gliela raccomando tanto. Sarebbe un vero delitto che l'eresia che gli è vicina avesse a spezzare le sue giovani ali così vogliose di irrobustirsi per il Cielo. 
   Marta... è la vera Marta. Nell'occupazione e nella generosità... sale, sale, sale anche lei e passa dalle cure umane, suo unico scopo sino a pochi anni [or] sono, alle cure soprannaturali. Soffre per vincersi. Ma vuole vincersi e ha fatto, in poco, tanto cammino. Gliela raccomando anch'essa. 
   Ultimo, e Dio mi perdoni ma non è mia colpa se vedo anche lui, è il Sacerdote di qui: buon uomo. Non più di buon uomo. Troppo poco per quella sua missione. Né più né meno, anzi forse un poco meno del mio padrone di casa. 
   Non è un dono questo: è un nuovo tormento...
   Poi vi è Lei. Ma come vedo Lei se lo troverà descritto al 24 giugno e lo troverà col nome esatto nel dettato di Maria che segue la visione dell'Assunzione. 


   [G.B. è Giuseppe Belfanti. Gli accenni al "sacerdote di qui" e al "padrone di casa" fanno datare lo scritto, che è senza data, nell'anno dello sfollamento: 1944. Dello stesso anno sono gli scritti del 24 giugno e del dettato di Maria (dell'8 luglio) entrambi né I quaderni del 1944 cui si fa riferimento alla fine]