MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 582


24 ottobre 1946

   San Raffaele Arcangelo  

   Si può far violenza al Fuoco quando divampa e a Dio-Amore quando vuole amare? Amare sensibilmente? No. E lo esperimento.
   Oggi si abbatte su me una delle ore di amore divino fra le più violente che io abbia conosciuto. La sento venire… E non è un peso che opprime, nonostante sia un'ondata immensa, ma è forza che attira, che strappa alla Terra e porta su, su, su… La sento venire, sempre più estasiante, e prima di essere smemorata dalla sua dolcezza inesprimibile, memore della mia preghiera e offerta del 15 agosto, supplico: "Non a me! Non a me! A loro. Perché ti amino". La volontà di rinuncia alle mie mistiche gioie, purché essi vedano e comprendano, è sempre in me.
   Ma con una più forte dolcezza nella dolcezza già immisurabile, dall'oceano di Luce e Fuoco che mi sovrasta abbassandosi dai Cieli, viene l'inesprimibile Voce del Dio Uno e Trino, e dice: "No. Inutilmente mi respingi per un sacrificio d'amore. Io voglio te. Io voglio darmi a te. Cerco sollievo a Me stesso. Cerco un cuore che mi ami. Non voglio scienza ma amore. Non voglio discutere ma possedere. Non voglio rimproverare ma amare. Voglio te. Saziami. Consolami. Amami. Mi riverso dove trovo chi mi comprende nel mio desiderio infinito di comunicarmi. Scrivi e poi vieni…".
   E non resta che abbandonarsi… e sentirsi dire: "Tu devi amare anche per loro. Voglio essere saziato da te dell'amore che essi non sanno darmi così come Io lo voglio. E voglio compenetrarti di Me perché tu li giunga ad amare così come Io ho amato i miei carnefici:smisuratamente. Perché quando si ama con perfezione si amano in modo smisurato i più infelici, quelli che sono il nostro dolore. Senza questo nostro amore essi si perderebbero".
    E mi inebrio e ardo come non è lecito descrivere, e amo Dio, e in Dio tutto il Creato, cogli abitanti del Cielo, coi viventi sulla Terra, coi penanti nel Purgatorio, tutti, tutti e… oh! – essi non lo crederebbero anche se io lo dicessi loro! – e amo essi come una madre può amare dei figli malati e che se non curati con sommo amore possono perire e soffrono perché sono malati, anche se non credono di esserlo e di soffrire.
   Signore, non così violento, se ti devo servire!… Tu sai la mia totale debolezza!… Ma quando torno ad essere la povera creatura, con una dolcezza pacifica a ricordo dell'uragano d'amore che mi ha presa, sento che Dio non ha accolto la mia preghiera, e il cuore ha resistito solo per suo volere, ma ora palpita stanco come un uccello che è salito troppo in alto e ha cantato troppo forte… Ma se il mio Signore si è consolato, se la mia nullità ha potuto servire al Tutto, viva l'amore e soave il patimento del cuore stanco… Morire anche per violenza d'amore! Che conta vivere e che morire? Conta soltanto fare contento Iddio.
 

   [Segue, in data 20 ottobre 1946, il capitolo 36 del LIBRO DI AZARIA. Con date dal 14 al 22 ottobre 1946 sono i capitoli da 513 a 516 dell'opera L'EVANGELO]