MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 619


27 luglio 1947

   Ore 11,30 (ascoltando la S. Messa radiotrasmessa da S. Maria degli Angeli – Roma)

   Dice Gesù non appena la S. Messa ha inizio:
   «Una lezione, una grande lezione, Maria mia.
   Ecco! Vedi… (mi appare la vetta del Calvario, giallo e brullo, la croce altolevata colla Vittima, ai lati Maria Ss. e Giovanni. Giù in basso Gerusalemme nel sole. Sul Calvario la folla imprecante…). Considera, anima mia dilettissima, che non mi sazio di ammaestrare perché voglio che tu mi conosca tutto e in tutto, per quanto è concesso a creatura ancor della Terra. Voglio tu venga a Me dotta di Me. Perché ti voglio nella conoscenza di Dio prima che la morte ti porti nel Regno della Intelligenza e Conoscenza.
   Considera, anima mia. Chi è stato il Sacerdote del Calvario? Si dice: "Gesù fu Sacerdote e Vittima". È vero. Io solo potevo essere Sacerdote di Me, con la mia volontà di offerta, per compiere la Volontà del Padre mio. Nessuna forza umana avrebbe potuto sacrificare Me-Dio, se Io-Dio non avessi voluto il sacrificio.
   Ma oltre questo spirituale Sacerdote in realtà invisibile al mondo – perché là avevo sembianze di colpevole prigioniero, non di Sacerdote libero – oltre questa mistica, incorporea qualità di Sacerdote di Me stesso, che solo mia Madre e pochi altri spiriti compresero, vi era lareale personalità dei sacerdoti sacrificatori dell'Agnello.
   E chi erano? Forse Giovanni? Forse uno dei discepoli fedeli? Forse uno dei pochi giusti d'Israele? No. Erano miei immolatori, ossia sacerdoti del rito perpetuo che aveva inizio, del rito santo che è latreutico, eucaristico, propiziatorio, impetratorio, gli ebrei peccatori, i falsi sacerdoti, i farisei avidi, i sadducei ed erodiani pieni d'odio e di triplice concupiscenza, ribelli a Dio, all'Amore e all'amore di prossimo. Erano miei immolatori i romani, dal Preside ai legionari. Ossia offrivano l'Innocente divino e lo immolavano i peccatori del mio Popolo e i Gentili.
   E perché? Non era ciò sconveniente? Non lo era. Era senza simbolo il fatto? No, aveva il suo simbolo.
   Io ero venuto per i grandi infermi, per coloro che erano ebeti, ciechi, sordi, lebbrosi di spirito. E chi va alla fonte di salute, la cerca, ne apre lo sgorgo e vi si immerge? Forse i sani? No, i malati.
 Io ero venuto per ebrei e gentili, entrambi malati. Ed essi, malati, simbolo del mio Popolo universale, che avrebbe avuto Vita e Salute innestandosi in Me, bevendo l'acqua di Vita eterna che da Me sgorgava, cibandosi di Me, Pane di Vita eterna; ed essi, con l'ottusa ubbidienza del suddito romano alle leggi di Roma, e con il rabbioso accanimento del Tempio e della Sinagoga, consumavano il rito. Servivano Dio credendo di servire i propri interessi o quelli dell'Imperatore. E poiché più gradita a Dio era l'ubbidienza del milite agli ordini di Roma, ossia l'altruismo a pro del bene della Patria, che non l'ubbidienza degli israeliti al loro egoismo, ecco che la Luce penetrò sotto la duplice corazza delle loriche e della religione pagana e, fondendo il granito dei cuori pagani, ne fece terreno di Dio. Mentre non penetrò sotto le vesti leggere dei sacerdoti e farisei, perché oltre le vesti era l'infondibile corazza dell'odio e dell'egoismo. Ma sacerdoti furono ebrei e gentili.
   E così ora… e occorre pregare per essi. Per i gentili di ora. Per i sacerdoti di ora. Perché i gentili d'ora abbiano la sorte felice dei gentili d'allora. E perché i sacerdoti di ora non abbiano quella dei sacerdoti d'allora. E ambi mi offrano, sì, ma con frutto per il loro spirito. Così come vuole il mio amore.
   Anima mia, dicendo "sacerdoti" non parlo solo di coloro che hanno ricevuto il carattere sacro del Sacerdote, ma parlo di tutti i cattolici. Dei cattolici nei quali il Sacerdozio è la porzione eletta, almeno di nome e per il carattere ricevuto col Sacramento dell'Ordine Sacro, e i fedeli: la milizia agli ordini dei duci del mio Popolo che sono appunto i Sacerdoti, dal mio Vicario all'ultimo sacerdote sperduto in terra di missione, ignoto, povero, solo, perseguitato, soprattutto ignoto, dimenticato dal mondo, ma non da Me che mi curvo a empire di Me la sua solitudine, a ristorare le sue forze, a rivestirlo già della veste dei servi-re dell'Amore Re.
   La S. Messa è finita, Maria. Guardami ancora sulla mia Croce, e guarda Maria, mia e tua Madre, e Giovanni tuo fratello. Noi ti amiamo. E vogliamo te, come cero ardente, su questo vero altare che è il Golgota.
   Ma, cero che ardi e ti consumi, non stare solo lì, dove sei, ardente ai piedi della Croce; vieni, sali, ad accenderti ancor più, e a rinfrescarti insieme, a medicare le vampe dell'odio del mondo che non capisce e non ama te, così come non capì e amò Me, qui al mio aperto petto. Vieni, ardi, bevi. Amami soprattutto, sempre più. Tu e Io. Noi soli. Io tutto per te. Io solo tutto per te. Vieni…»
   
   Gesù parlava dall'alto della croce. Ma era un luminoso Volto di Cristo già trasfigurato in gloria quello che terminava il discorso, a medicarmi il dolore iniziale della visione del suo Viso martoriato e del dolore di Maria e Giovanni. E quando fui beata del suo abbraccio, terminò:
   «Aggiungerai questo. Questa lezione insegna una volta di più che la Potenza di Dio sa usare ai suoi fini di bene anche le persone e cose meno meritevoli, e che la Sapienza di Dio può, di persone e cose meschine, talora più che meschine, fare suoi strumenti per raggiungere un fine di grazia, sia che in loro sia tendenza al Bene, come negli Apostoli, o spirito nemico del Bene vero, come in Saulo di Tarso; ma basta, per questi ultimi, che al tocco della Grazia risponda arrendevolezza di cuore. E una volta ancora si alza il mio monito: Non chiedete mai "perché" a Dio di certi suoi atti (come fare sacerdoti del sacrificio del Figlio di Dio peccatori e gentili) e non giudicate, secondo le apparenze, gli strumenti di Dio, perché il più piccolo fra gli uomini può essere elevato a "più grande" fra i servi di Dio, se Io lo voglio e lui aderisce, con umiltà, al mio volere.»