MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 482



CDLXXXII. In cammino con un pastore samaritano la cui fede viene premiata.

   28 agosto 1946.

   482.1Non so dire in che luogo della Samaria ci si trova. Certamente nel bel mezzo dei monti samaritani, per quanto questi non siano i più alti. Perché i più alti sono più a sud, con le loro cime ben erte contro il cielo che si è rasserenato.
   Gli apostoli camminano più che possono intorno a Gesù. Ma il sentiero, una scorciatoia, non permette che ciò avvenga sovente, e il gruppo si forma e si scioglie continuamente.
   Molti pastori sono con le loro mandre sui monti, e ad essi si rivolgono gli apostoli per domandare se il sentiero è sempre quello che conduce alla via carovaniera che dal mare va a Pella. Per quanto siano dei samaritani, rispondono sempre senza sgarberie alle domande.

   482.2E uno, anzi, ad un intreccio di stradine che vanno in tutti i sensi per poi biforcarsi ancora in altri nodi, dice: «Fra poco io scendo a valle. Riposate alquanto e faremo la via insieme. Se vi smarriste in questi monti… non sarebbe buona cosa…». Abbassa la voce e aggiunge: «I ladroni!…», si guarda intorno come temesse di averli vicini e minacciosi. Poi, rassicurato, dice ancora: «Dalle falde del Garizim e dell’Ebal essi scendono e si spargono in questi tempi di pellegrinaggi. E trovano sempre da fare, nonostante che i romani rinforzino la guardia sulle vie… perché c’è sempre gente che evita le vie battute, per fare più presto o per altri motivi».
   «Avete molti malandrini, eh?», dice con un sorrisetto significativo Filippo.
   «Credi che siano samaritani, tu, galileo?», dice subito risentito il pastore.
   Interviene l’Iscariota il quale, essendo stato lui il promotore di quella deviazione di itinerario, si sente in dovere di eliminare ogni incidente increscioso. «No, no! Ma è perché, sapendovi ospitali, chi fa del male altrove viene a rifugiarsi qui. È come se… se foste tutto un luogo di asilo. I malfattori sanno bene che nessuno, né galileo né giudeo, li inseguirebbe qui, e se ne approfittano. E anche la natura li serve. Questi monti…».
   «Ah! credevo che pensaste… Ma i monti, sì, servono molto. I due più alti, poi… Sì… ma… quanti ce ne conduce l’Adomin e la gola d’Efraim! Di tutte le razze, eh! eh! e… i soldati di Roma sono furbi… A snidarli non vanno. Già solo le serpi e le aquile possono conoscere e penetrare nelle loro tane. E si raccontano cose tremende. Ma sedete. Vi do del latte… Samaritano sì, ma so anche io il Pentateuco! E con chi non offende non offendo. Voi… non offendete, eppure siete galilei e giudei.

   482.3Ma si dice che vi è sorto un profeta che insegna ad amarci. Se non pensassi che secondo gli scribi e farisei d’Israele noi siamo maledetti, così dicono, direi che i grandi profeti che ci hanno amati, benché samaritani, sono tornati in Lui, come dicono alcuni, per rivivere. Ma io non ci credo… Ecco il latte… Però mi piacerebbe incontrare questo profeta. Dicono che l’altro profeta, quello che s’era rifugiato ai nostri confini e che noi non abbiamo tradito — quelli che ci insultano dovrebbero ricordarlo — lo abbia detto che questo profeta sorto in Israele è più grande di Elia. Lo ha chiamato l’Agnello di Dio, il Cristo. E dei samaritani di Sichem gli hanno parlato, e dicono grandi cose di Lui, e molti si sono messi sulle vie grandi perché si pensa che passi. Anzi — è la prima volta che avviene — anche dei giudei, dei farisei e dottori ci hanno interrogati in ogni città, dicendo che se lo vediamo si corra avanti a dire che giunge, perché gli vogliono fare gran festa».
   Gli apostoli si guardano sottecchi, ma prudentemente non parlano. Giuda, con i suoi brillanti occhi neri, pieni di una luce di trionfo, sembra dire: «Avete sentito? Persuasi adesso che ho ragione?».
   Il pastore continua a parlare: «Voi certo lo conoscete. Da dove venite?».
   «Dall’alta Galilea», risponde presto Giuda.
   «Ah! siete… No. Tu non sei galileo».
   «Siamo di tutti i luoghi. Siamo andati in pellegrinaggio alle tombe dei dottori».
   «Ah! Siete discepoli forse… Ma quest’uomo non è egli stesso un rabbi?», dice indicando Gesù.
   «Siamo discepoli. Bene hai detto. Sì, è un rabbi quest’uomo. Ma tu sai che da rabbi a rabbi c’è differenza…».
   «So. Certo che costui è giovane e avrà ancora da imparare dai grandi dottori del Tempio vostro», e una palese punta di disprezzo è nell’aggettivo possessivo.
   Ma Giuda, sempre così pronto a ribattere, è di una remissività meravigliosa. Gli altri non parlano, Gesù è come assorto, e perciò la frecciata non suscita repliche. Giuda, anzi, dice sorridendo: «È molto giovane infatti. Ma è il più sapiente fra noi»,

   482.4e per mettere fine alla conversazione, che potrebbe farsi pericolosa, dice: «Hai ancora molto da stare qui? Perché vorremmo essere giù, a notte».
   «No. Vengo. Raduno le pecore e vengo».
   «Va bene. Noi si va avanti, intanto…», e si alza con gli altri prendendo subito il sentiero.
   E, quando un boschetto folto si frappone fra lui e il pastore, ride, ride, dicendo: «Ma come è facile prendere in giro la gente! E vi siete persuasi adesso che io non mentivo e non ero stolto?».
   «No. Non mentivi… ma hai mentito ora».
   «Mentito? No. Come lo puoi dire, Filippo? Ho saputo dire la verità senza che si muti in danno. Non veniamo forse dall’alta Galilea? Non siamo forse di tutti i luoghi? Non siamo forse un giorno andati a prendere sassate per venerare le tombe dei dottori? E non ci siamo passati vicini anche nell’ultimo viaggio verso Giscala? Ho negato forse che Gesù è un rabbi? Ho forse detto che non è sapiente più di tutti noi?… Nel dire questo io pensavo, e ridevo nel cuore, che nel dire “noi” offendevo i rabbi, tutti inferiori al Maestro, benché credano di non esserlo, e prendevo in giro il pastore… Ah! Ah! Ah! Le cose bisogna saperle dire… e si dice tutto senza peccare e senza danneggiare».
   Giuda d’Alfeo fa una smorfia di disgusto e dice: «Per me è sempre mentire».
   «Eh! già! L’ho fatto io! Ma hai sentito, eh? Hanno messo giù le prevenzioni, i ribrezzi, la boria, per dire a dei samaritani di segnalare il passaggio del Maestro per fargli festa ai confini! Ah! Ah! Che festa!».
   «La festa! Anche essi hanno saputo parlare e pensare, parlando con menzogna, ad una verità… Giuda di Keriot ha ragione», dice Tommaso.
   Gesù si volta e dice: «Sì. Il loro: un inganno. E odioso. Ma anche il dire una cosa per l’altra a buon fine è sempre riprovevole. Credi tu che il Signore abbia bisogno di questo per proteggere il suo Messia? Non mentire più, neppure a buon fine. L’ani­mo si abitua ad immaginare la menzogna e le labbra a proferirla. No, Giuda. Evita l’insincerità».
   «Lo farò, Maestro.

   482.5Ma tacciamo adesso. Il pastore sta raggiungendoci di corsa».
   Infatti, spingendosi avanti le pecore che, sentendo prossimo l’ovile, si danno a correre della loro corsa ballonzolante, belando, urtandosi fra di esse, passando per forza fra gli apostoli e quasi travolgendoli, sopraggiunge il pastore seguito dal pastorello e dal cane, e non si ferma che quando riesce con l’aiuto del fanciullo e del cane a raffrenare le pecore, a riunirle perché non si spargano o scendano a valle da sole.
   «Sono le bestie più stolide che siano sulla terra. Ma sono tanto utili!», dice asciugandosi il sudore e sospira: «Eh! se ci fosse ancora Ruben! Ma con questo fanciullo soltanto!…». Scuote il capo scendendo dietro alle sue pecore che il cane e il fanciullo, in testa al gregge, tengono raccolte. E monologa: «Se sapessi trovarlo quel profeta, samaritano come sono, gli parlerei…».
   «E che gli diresti?», chiede Gesù.
   «Direi: “Avevo una moglie buona come un’acqua di monte ad un assetato, e l’Altissimo me l’ha presa. Avevo una figlia buona come la madre, me la vide un romano e la volle in moglie portandola lontano. Avevo il maschio primogenito e mi era tutto… scivolò sul monte, un giorno che pioveva, e si è rotta la spina ed è immobile e ora sta anche male, perché dentro si è ammalato, e i medici dicono che morirà. Io non ti chiedo perché l’Eterno mi ha punito. Ma ti prego di guarirmi il figlio”».
   «E credi che potrebbe guarirtelo?».
   «Sì, certo che lo credo! Ma non lo vedrò mai…».
   «Perché ne sei certo? Egli non è samaritano».
   «È un giusto. È il Figlio di Dio, si dice».
   «Voi, nei padri, avete offeso Dio».
   «È vero. Ma è detto anche che Dio perdonerà alla Colpa dell’uomo mandando il Redentore. Nel Pentateuco, vicino alla condanna ad Adamo ed Eva, si legge questa promessa[99]. E il Libro la porta ancora e ancora. Se perdona quella colpa, può non avere misericordia di me, che non ho colpa di esser nato samaritano? Io credo che, se il Messia sapesse il mio dolore, ne avrebbe pietà».
   Gesù sorride ma non dice niente. Anche gli apostoli hanno un sorriso d’intesa, che però il pastore non nota.

   482.6«Quel fanciullo allora non è tuo figlio?», domanda poi Gesù.
   «No. È figlio di una vedova che ne ha otto di maschi e fa la fame. Io l’ho preso per aiuto… e per figlio… per non essere solo dopo… quando Ruben sarà nel sepolcro…», e sospira.
   «Ma se tuo figlio guarisse, che faresti di questo?».
   «Lo terrei. È buono e ne ho pietà…», abbassa la voce dicendo: «Egli non sa… Ma suo padre è morto nelle galere».
   «Che aveva fatto per meritarlo?».
   «Nulla di volontario. Ma il suo carro travolse un soldato ubbriaco e fu accusato di averlo voluto fare…».
   «Come sapete che è morto?».
   «Oh! non si sopravvive molto al remo! Ma notizia certa ci è giunta per via di un mercante di Samaria, che lo vide levare dai ceppi morto e gettare a mare oltre le Colonne».
   «E proprio lo terresti con te?».
   «Pronto a giurarlo. Lui infelice, io infelice. E non sono solo. Altri hanno preso i figli della vedova ed ella è rimasta con le tre fanciulle. Sempre troppe. Ma meglio essere in quattro che in dodici… Ma non occorre che io giuri!… Ruben morirà…».

   482.7Già si vede la via, ed è molto battuta da pellegrini che si affrettano ai luoghi di sosta. La sera è prossima.
   «Hai dove dormire?», chiede il pastore.
   «No, in verità».
   «Ti direi: “vieni”, ma la casa è piccola per tutti. Però lo stabbio è grande».
   «Dio ti compensi come mi avessi ospitato. Ma proseguo ancora finché non tramonterà la luna».
   «Come vuoi. Ma non temi di smarrirti? E di fare incontri brutti?».
   «Per i ladroni mi protegge la mia povertà e quella dei compagni miei. Per la via mi affido all’angelo dei pellegrini».
   «Devo andare avanti al gregge. Il fanciullo non sa ancora… E la via è piena di carri…», e corre avanti per guidare in salvo le pecore.
   «Maestro, ora viene il brutto. C’è da percorrere un pezzo di strada fra la gente…», sussurrano gli apostoli.
   Eccoli sulla via, dietro alle pecorelle che procedono in fila, strette fra il monte e il vincastro del pastore e la vigilanza del cane. Il fanciullo è adesso vicino a Gesù che lo accarezza.
   Giungono ad un bivio. Il pastore ha fermato il gregge dicendo: «Ecco. Questa è la via per Te. E questa è la mia. Ma, se vieni verso il paese, ne trovi una terza più breve per giungere al paese vicino. Guarda: vedi quel sicomoro gigante? Vai fin là e poi torci a destra. Vedrai una piazzetta con una fontana e, dopo questa, una casa, nera di fumo. È il fabbro. Oltre la sua casa c’è la via. Non puoi sbagliare. Addio».
   «Addio. Fosti buono e Dio ti consolerà».
   Il pastore va per la sua via, Gesù per la sua. Intorno al primo le pecore, intorno al secondo gli apostoli. Due pastori in mezzo al loro gregge…

   482.8Sono ormai divisi, nascosti da un gruppo di case che si insinuano fra la via maestra, seguita dal pastore, e questa stradetta che penetra in un povero sobborgo del paese, il più povero, credo… silenzioso, solitario… La povera gente è già nelle case, e le porte socchiuse mostrano i fuochi nelle cucine… La sera scende con le caligini del crepuscolo.
   «Ci fermeremo appena fuor del paese», dice Giuda. «Vedo là delle case nei campi».
   «No. Meglio proseguire».
   I pareri sono diversi. È raggiunta la fontana. Vi accorrono a lavarsi e ad empire le fiaschette. Ecco il fabbro. Sta chiudendo la sua nera officina. Ecco la via che va verso i campi… Vi si addentrano.
   Ma un grido viene da lontano, dal paese. «Rabbi! Rabbi! Mio figlio! Cittadini! Venite! Dove è il Pellegrino?».
   «Ma cercano noi, Signore! Che hai fatto?».
   «Correte. Se raggiungiamo quel bosco nessuno ci vede più».
   Corrono attraverso ad un prato coperto dell’ultimo fieno segato, raggiungono un poggetto, vi si inerpicano, spariscono inseguiti dalle voci, che sono numerose ora, e dalle persone che si spargono fuor dal paese, chiamando più che guardando, perché ormai le penombre annullano molte cose. Si fermano ai piedi del poggetto.
   «Era il Rabbi che andò a Sichem[100], vi dico. Non poteva essere che Lui. E mi ha guarito Ruben. E io non l’ho riconosciuto. Rabbi! Rabbi! Rabbi! Lascia che ti veneri! Dimmi dove ti celi!».
   L’eco solo risponde e pare che dica: «Abbi! Abbi! Abbi!», e muti l’ultima parola in «cieli».
   «Ma non può essere lontano», dice il fabbro. «Mi è passato davanti poco prima che tu accorressi…».
   «Eppure non c’è. Lo vedi. La via è nuda di gente. Egli doveva fare questa».
   «Non sarà nel bosco?».
   «No. Aveva fretta…». Poi cerca aiuto nel suo cane, lo eccita: «Cerca! Cerca!», e per un momento sembra che il cane possa svelare il nascondiglio, perché si dirige al bosco dopo avere annusato il prato. Ma poi la bestia si ferma interdetta, una zampa alzata, il muso in aria… poi, illuso da non so che cosa, parte abbaiando in direzione tutt’opposta e la gente dietro, a corsa…

   482.9«Oh! sia lodato il Signore!», esclamano gli apostoli tirando un sospiro di sollievo, e non possono trattenersi dal dire al Maestro: «Ma che hai fatto, Signore?», e quasi lo sgridano di averlo fatto. «Lo sai che è bene che Tu non sia segnalato, e Tu…».
   «E non dovevo premiare una fede? E non è bene che mi credano sulla via che da Dotain va a Pella? Non volete forse che non comprendano più niente?».
   «È vero. Hai ragione! Ma se la bestia ti scopriva?».
   «Oh! Simone! E tu pensi che chi impone la sua volontà, anche a distanza, ai morbi e agli elementi, e scaccia i demoni, non possa imporla ad un animale? Ora cerchiamo di raggiungere la via oltre la curva che fa. Non ci vediamo più. Andiamo».
   E quasi a tentoni procedono nel boschetto del colle, sinché tornano sulla via, piccola, bianca nella luna che sorge, lontana dal paese che il colle nasconde del tutto…

[99] promessa, che è in Genesi 3, 15 e che, preannunciando la salvezza, sarà detta “protovangelo” dalla Chiesa. Nella promessa del Redentore (evidenziata qui) è implicata quella della Madre sua (come si evidenzia in: 74.7 - 207.10 - 420.11 - 511.3 - 525.8 - 596.19).
[100] andò a Sichem, e a Sicar che forse ne era il sobborgo, in 142.4, 143-146 e 193.3/5.