MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 359


12 luglio 1944

   Il mio risveglio (dal sopore) è stato caratterizzato questa mat­tina alle 7 da una grande dolcezza.
   Erano otto ore e mezza che ero sprofondata in quello stato e tornando alla sensibilità e all’intelligenza mi sono subito detta: “Ah! questa mattina niente sole. Non c’è la Comunione con Padre Migliorini. Non c’è niente…”, e sentivo salire il pianto della mia miseria.
   Mi sono messa a pregare quieta quieta, mentre Marta continuava a dormire. Avevo cominciato da poco ed ero coricata sul lato sinistro, quando dietro le spalle ho udito l’appena percepibile rumore del passo ben noto della Mamma e poi le sue manine sulla fronte e sul capo. Mi accarezzava. Mi sono messa supina per non voltarle le spalle e sono stata raccolta e beata sotto le sue lievi e morbide carezze.
   Ho osato di più. Dato che dalla fronte la materna mano scendeva a carezzarmi le guance, io girando un poco la testa l’ho baciata sulla palma, così liscia da parere di seta, tepida come il cavo di un nido e profumata di un indefinibile odore fra la violetta e la mandorla amara, l’odore che hanno certi fiori molto fioriti in cui sono fragranze di mille sfumature che divengono una sola fragranza.
   La Mamma mi ha lasciata fare ed io, proprio come in un nido, mi sono raccolta col volto nel cavo della piccola mano e, non contenta ancora, ho osato prenderla con la mia destra e baciarla anche sul dorso e sulle dita sottili e passarmela ancora sul volto per sentirne la carezza. La Mamma sorrideva e lasciava fare. Che dolcezza!
   E poi mi ha incitata a terminare le mie preghiere e Lei è stata lì vicino carezzandomi ancora. E poi se ne è andata lasciandomi per ricordo il suo profumo fresco e gentile che non ha un sicuro indice nei profumi della Terra.
   Così la mia tristezza si è mutata in pace. Non ha parlato, però. Per ora nessuno parla.
   Noti, Padre, che dato che pregavo S. Teresa del Bambino Gesù, quando ho udito il fruscio e la prima carezza della manina affusolata ho pensato fosse lei che mi assicurava di udire le mie preghiere. Con la coda dell’occhio vedevo anche un lembo di stoffa piuttosto marrone scura sul polso bianco e sottile, e ciò mi faceva pensare ancor più a S. Teresina. Ma poi non ho avuto più dubbi. Era la Mamma nostra. Però vestita di scuro come è nella vita domestica. Proprio la Mamma che viene a dare il buongiorno alla sua figlia malata.
   Più tardi, mentre penso alla gioia mattutina, dice Maria:
   «Ero proprio io nella mia veste di Regina del Carmelo. Tu preghi me per tale mia qualifica e preghi la mia figlia Teresa del B. G. e, dato che preghi, offri e soffri per il sacerdozio e per i peccatori, entri colle tue intenzioni nelle intenzioni carmelitane, anche se non appartieni a quest’Ordine. E alla mia piccola Maria io ho voluto portare il mio bacio di pace, dirle che è sotto la protezione delle mie carezze, che sei amata anche dalle sante del Carmelo e di non temere. Amami sempre in ogni mia qualifica. Mi sono tutte care ugualmente perché tutte venute da amore. E io ti amerò in ogni tua necessità. Sai cosa è l’amore della Mamma? È sovente miracolo di grazia; è sempre con­for­to e benedizione. Abbi fede.»