MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 400


14 settembre 1944

   Santa Croce

   Dice Gesù:
   «Vieni, suor Maria della Croce. Un tempo eri solo: Maria della Croce594. Ti ricordi quel tempo? Mi amavi. Ti ho amata perché mi amavi con tutte le tue forze di allora.
   Sei sempre stata assoluta nelle tue cose. Non hai mai misurato pro e contro, e quanto e come, e se e ma, quando ti gettavi in un’impresa o in un affetto. Quando sei venuta a Me, vi sei venuta tutta, con tutte le tue capacità di amare e soffrire per Me. Con anche più delle tue capacità di soffrire. E la forza che ti mancava te l’ho data Io perché mi piaceva la tua impulsività generosa, la tua spensierata e santa prodigalità di sacrificio. Se anche fossi morta allora, saresti stata giustificata, perché ubbidivi al co­mando595: “Amare Dio con tutto se stesso, col corpo, l’anima, la mente e il cuore”.
   Ti pareva, allora, che non fosse possibile amare di più. E, poi che amavi il tuo Gesù, specie nella sua veste di Redentore, hai voluto chiamarti Maria della Croce. La Croce! Il tuo amore. Ti pareva, allora, che non fosse possibile amare di più. Ma, piccola sposa, tu vedi che l’amore per Dio, essendo una cosa di Dio, condivide con Dio l’illimitatezza. Si può amare sempre di più e non raggiungere ugualmente mai il limite. Perché l’amore sempre più cresce quanto più si compie e perfeziona.
   Una cosa compiuta nel mondo, un’opera compiuta degli uomini non è più soggetta ad aumento. È completa e tale resta. Ritoccarla, aggiungervi parti, vorrebbe dire guastarla. Ma l’Amore non è cosa umana. È sovrumana. Avete la capacità di amare Dio perché siete da Dio. E allora ecco che la Carità può passare da perfezione a perfezione maggiore man mano che lo spirito si perfeziona.
   Dice596 l’Ecclesiastico: “Il timore di Dio è il principio del suo amore, e a lui deve essere unito il principio della fede”.
   Il timore di Dio è il primo grado dell’amore. Chi teme già rispetta, riconoscendo che colui al quale va il suo timore è un suo superiore, un padrone, o per lo meno un capo. I figli non perfettamente buoni temono il genitore. I dipendenti non perfettamente buoni temono il padrone. Gli animali non perfettamente buoni temono il domatore.
   Il credente, che si ferma al primo giro della scala mistica che sale a Dio, teme Dio il cui volto vede balenare lassù, lontano lontano, e che, visto così da lontano, pare severo perché non se ne afferrano che le linee principali ma sfugge il sorriso, sfugge lo sguardo, sfugge la voce. Molti restano paralizzati dalla maestà di Dio e dimenticano la paternità di Dio. Una paternità così buona che giunse ad immolare il suo Primogenito per salvare gli altri suoi figli. Costoro non fanno il male perché temono Dio. Perciò saranno premiati della vita eterna.
   Ma però non avranno quel premio che già opera, mentre ancor la giornata terrena dura, in coloro che non si limitano a temere Dio ma, superando il timore, prendono il secondo giro della mistica scala e passano al desiderio di conoscere più da vicino Dio, certi che, se lo potranno conoscere meglio, lo ameranno… E infatti ecco che più salgono e più percepiscono ciò che è Dio. Il desiderio si muta in affetto. L’affetto, che Dio premia con carezze d’invito soave, si muta in amore. E l’amore… Oh, l’amore! L’amore non sale più la scala gradino per gradino. L’amore mette le ali e vola…
   Hai mai visto, diletta, un piccolo uccello ai suoi primi voli? Inizia gli stessi da tegolo a comignolo, o da ramo basso a più alto. Poi osa di più. Dal comignolo conquista il culmine della casa vicina, più alta, o la cima dell’albero più prossimo. E lassù cinguetta di gioia. C’è tanto sole, tanto calore, tanto azzurro, e il mondo pieno di insidie, di monelli e di felini è già lontano! Ma poi l’uccellino dice: “Troppo vicino ancora è ciò che può limitare la libertà”. E guarda. E vede che sulla torre o sul campanile, o là, in cima a quell’alberone che si drizza in vetta al poggio, vi è ancor più sole, più libertà e azzurro. E via con un trillo… Ma il sole è ancora più su, e l’uccellino, ormai sicuro di sé, si lancia. E su, e su, e su… Come è felice! Non sente più peso. L’aria lo porta, il raggio pare lo attiri. Ogni attimo cresce in lui forza. Va e canta. Vola e giubila, padrone dell’aria.
   Anche lo spirito, che ha messo ali d’amore, fa così. Viene il momento in cui non si sente nel suo elemento che quando ama veementemente, tuffato in oceani celesti, rapito da vortici di passione divina… I poveri uomini si arrovellano con strumenti – che inizialmente creano per scopo scientifico e che poi, quando l’aspide demonico li morde più atrocemente, usano a scopo delittuoso – a salire sempre più alto nella stratosfera. Ma il loro salire ha e avrà pur sempre un limite. Quello dell’amore, no. Non ha limite. Sale, sale, sale… e Dio aumenta, aumenta, aumenta le forze di colui che sale infondendosi sempre più nella creatura, che perciò sempre più si indìa, e più sale e più ama, e più ama e più sale… Compie il suo amore e la sua ascesa quando, come allodola fulminata d’ebbrezza di volo, muore al mondo, ossia cade, con un ultimo palpito dell’anima imprigionata nella carne, sul cuore di Dio e conquista il suo Amore e la sua eterna Libertà.
   Tu, Maria della Croce un tempo, per tuo desiderio, sei ora suor Maria della Croce per mio volere. Ti ho dato, come a sposa sposata, il mio feudo. Te lo sei meritato per la tua costante ascesa.
   Guarda, dalla vetta su cui ti posi, guarda e confronta il tuo timore di credente (il timore di Dio è l’amore dei credenti) col tuo amore di sposa. E guarda le fasi del suo crescere… Può aumentare ancora? Sì. L’amore dei santi è una vertigine d’amore. Ed Io a tale amore chiamo tutti. Chiamo te, diletta.
   Ti parlo dalla mia Croce. Ma non mi limito a parlarti fra la porpora del mio Sangue. Ti attiro a Me per vestirti della stessa. Vieni. E, fra un mondo che si odia, si sia noi ad amarci. Tu asciugando le mie ferite coi tuoi baci, Io asciugando le tue lacrime col mio amore. Vieni e riposa sulla mia pace.»

[594] Maria della Croce, come nell’Autobiografia, parte terza, nel capitolo intitolato “Il 1919” (e in altri punti, come si può ricavare dall’indice analitico alla fine del­l’Autobiografia).
[595] comando, tramandato in Deuteronomio 6, 5.
[596] Dice, in Ecclesiastico 25, 16 secondo la volgata. Il versetto risulta espunto dal corrispondente libro del Siracide della neo-volgata.