MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 484


21 luglio 1945

   [Precedono i brani da 1 a 4 del capitolo 225 dell'opera L'EVANGELO]
   

   …e sono le 11, e il mio cuore ha un nuovo dolore. Le confesso che, per quanto da giorni avessi la percezione di questo nuovo dolore, oggi ho pianto. Le lacrime mi cadevano mentre mangiavo senza fare storie, perché non mi piace fare delle storie che ad altri non interessano.
   Mio zio1. Mi scrive attraverso un suo amico l'ultimo saluto… E anche questo parente è morto. Mi era sempre stato nel cuore, così malato, bisognoso di tutto, e per prima cosa di affetto, di chi gli carezzasse le sue grandi ferite per levargli quell'acredine che le sue troppe e troppo dolorose sventure gli avevano messo nel cuore. E ci riuscivo così bene! Ho sofferto anche per lui in questi mesi di impossibilità a comunicare con quelli del nord. E la sua lettera del giugno mi aveva fatta contenta. Avevo subito pensato a fargli un regalino… e poi ho sentito che era l'ultimo… Lo ha ricevuto… e sarà l'unico fiore affettivo sul suo guanciale funebre.
   Le lacrime mi cadono dagli occhi… Signore!… e non dico di più. Tu sai. Con questo nodo di muto dolore sul cuore mi butto giù, per dare ristoro al mio corpo che non vuol morire mentre ne ho tanta voglia, e penso a Suor M. Gabriella2. Sento che lei ha voglia di uno zuccherino… Non si persuade che c'è più fiele che miele nel calice di Gesù.
   E siccome sento prossimo l'arrivo di due sue suore per questuare in suo nome una parola, dico a Gesù: "Non c'è niente per lei? Perché non mi chieda ogni poco se c'è nulla". Una risposta secca come una schioppettata: "No". Resto annichilita sotto quel "no" secco che esclude ogni replica… e mi giro dal­l'altra parte, e piango per mio zio mentre Marta sonnecchia. E alle 16 ecco le suore: "C'è nulla da dire alla Superiora?". Legga: da dare…
   Avrei dovuto dirle grazie per Cancogni. Ma sono schiacciata da troppe cose e dico io pure: "No". Penso come ci resterà male. E che ci posso fare? Le scriverò una letterina di convenienza appena potrò. Ma il "no" di Gesù è stato così reciso che credo che per un bel po' Suor G. non avrà niente. E me ne spiace, perché ho pietà delle anime che non sanno fare da sé… senza dolcezze… serbandosele tutte per l'eternità. È un pensiero di superbia? Mi esamino e mi pare di no. È solo verità.
   Perché, Padre, mi si rende sempre più leggero il velo che avvolge anime e cose? Io non lo vorrei… In pochi mesi è la quarta volta che dico: "Io sento che costui o costei è morto" ed è poi vero. Il mio dottore3, la Soldarelli, Annalina, mio zio… Penso a loro e li sento vivi, e poi, un giorno, dico: "Inutile più aspettare o scrivere a lui o a lei. È morto". E lo sono in realtà. Vede: per Suor Giovannina sentivo che non era via da Roma, che non era morta, che non era paralizzata, inebetita o altro, e sapevo il nome vero da dare a questo silenzio. Di questi, che pure potevo, dovevo credere vivi, ho sentito che erano morti. Non è per nulla una cosa piacevole…
 

   … Gesù mi riprende per il Vangelo.
 

   [Seguono i brani da 5 a 11 del capitolo 225 e, in data 22 luglio 1945, il capitolo 226 dell'opera L'EVANGELO]
           


   Mio zio è Aristide Fioravanzi, fratello della mamma, del quale parla diffusamente nell'Autobiografia. Di lui e della sua morte tornerà a scrivere il 29 agosto 1945.
            [
   2 Suor M. Gabriella, da non confondere con l'omonima trappista di Grottaferrata (nota al 16 luglio 1945), è l'amica e confidente di cui parla spesso, presentata in nota al 10 gennaio 1945.
           
   3 Il mio dottore è Lamberto Lapi, della cui morte dette notizia il 29 novembre 1944; la Soldarelli è Paolina Dini vedova Soldarelli, deceduta il 16 gennaio 1945. Dell'uno e dell'altra si parla anche nell'Autobiografia.