MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 490


17 agosto 1945

   [Precede il capitolo 255 dell'opera L'EVANGELO]

   Ricevo una villana lettera di mio cugino che, per non potersi giustificare e sentendosi punto dalla verità detta da me, mi morde. Ne soffro non tanto per l'offesa quanto perché riscontro una volta di più in lui il vecchio Giuseppe1 quale lo conosco da 25 anni. Né Satana né Dio lo hanno mutato. Questo giudizio, se egli lo leggesse, lo farebbe cadere in smanie. Perché egli è convinto di essere la perfezione… E non sa, quel disgraziato, che il mio giudizio è stato l'ultimo a cadere! Anche dopo le severe parole del Signore per loro a stigmatizzazione del loro modo di agire, io ho continuato a volere loro un affetto doloroso ma sempre un vero affetto. Uno ad uno sono caduti i rami di questa pianta affettiva, sotto il metodico colpo di accetta del loro modo di agire subdolo e strano, egoista e cattivo a mio riguardo, ed ora la pianta è morta, anche essa come quelle pietrificate2 di cui parlava Gesù.
   Ho sofferto? Sì. Ho anche pianto. Ma ho deciso di non rispondere per le rime. Non dica che è per virtù che faccio così. È semplicemente perché ho raggiunto quel punto di nausea e di stanchezza che impedisce ogni stimolo di appetito o di movimento. Nelle mie particolari condizioni è disturbo? Molto. Per il mio povero fisico già torturato, e più ancora per la parte superiore che non si sconvolge, sarebbe esagerazione, ma si intorbida per l'urto della malvagità. Ma ripeto come ho già detto: se anche quest'affezione muore, tanto meglio.
   Ormai vivo solo per l'amore soprannaturale; e parentele, amicizie, o semplicemente prossimo che viene come un'onda a battere contro il mio letto, non lo amo che per la sua anima, e non ho che l'ansia di dare aiuto a queste anime. Tutto il resto: visi, atti, abiti, agiatezze, miserie materiali, mi si annullano. Vedo, sento le anime. Solo le anime. Ed è sofferenza anche questa. Per questo le dicevo questa mattina: "Ho detto a Gesù che se sono ostacolo alle anime di bere alla tua fonte, levi l'ostacolo col levarmi la vita". Ma sì! Sarebbe tanto bello andarsene e lasciare aperte le cisterne3 che Gesù ha dato per tutti e che stagnano lì, senza che gli assetati ne bevano.
   Come sento la sete delle anime! Perché ve ne sono tante di morte, ma anche tante, tante, tante che hanno sete… E Gesù me lo fa capire. E non sono soltanto anime di persone che sanno del portavoce e dell'opera dettata. Ma anche anime chiuse in esseri che nulla sanno di questo e che pure vanno cercando, cariche dei loro dolori, la parola che sarebbe il loro Cireneo…4
           


   Giuseppe è Giuseppe Belfanti, già incontrato nello scritto dello scorso 29 luglio e il cui nome, insieme con quello di sua figlia Paola, ricorre nei quaderni del 1943 e ancora più spesso in quelli del 1944.
           
   2 pietrificate sono certe foreste della valle del Nilo di cui parla Gesù, traendone lo spunto per una parabola, nel capitolo 248 dell'opera maggiore.
           
   3 cisterne, secondo l'immagine incontrata nel "dettato" del 21 giugno 1943 e richiamata nei "dettati" dell'11 maggio e del 18 dicembre 1944. Si ripresenterà nel "dettato" del 18 dicembre 1945.
           
   4 Cireneo, cioè colui che aiuta a portare la croce, come in Matteo 27, 32Marco 15, 21Luca 23, 26.