MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 500


4 ottobre 1945

   [Precede il capitolo 295 dell'opera L'EVANGELO]
 

   E come l'anno passato1, Gesù mi mostra in questa ricorrenza una "vecchierella che non sfugge Gesù"…
   Sa, lei, che dolore è questo per me? Solo lei, solo lei, la mia mamma, non ha accolto Gesù… È sempre quel dolore, sa? Un dolore più forte di quello della morte stessa. Il dolore che sento sempre quando vedo un'anima che respinge, che si distacca dal Signore. Ma che per mia mamma si accentua maggiormente, perché, per l'amore che ho per lei, avrei voluto la sua completa unione col mio Gesù… Lacrime, perciò, anche quest'anno… E non chiedo, come lo scorso anno: "Perché lei non ti ha voluto?". Gesù mi ha già risposto lo scorso anno… E piango.
   Però, non so da quale profondità di Cielo, non so da chi detta, da chi mostrata — e appunto perché così immateriale da essere molto più incorporea delle "voci" abituali, da essere solo "pensiero che si illumina e che dà pace", penso sia l'Angelo mio custode che me la porta — viene questa parola: "Sono affidati in buone mani i tuoi genitori. Tuo padre ha reclinato il capo sul grembo dell'Apostolo al quale è stato conferito ogni potere assolutorio2 e del quale tu conosci la schietta e affettuosa bontà popolana. È venuto a prenderlo Pietro, tuo padre, perché Pietro ben poteva comprendere la giustizia di tuo padre. San Giuseppe, San Pietro… E tremi per lui? No! Tua madre, è venuto il Serafico a raccoglierne l'anima fra le palme ferite. Francesco, l'amato di Gesù, quello al quale nulla si nega in Cielo e dal Cielo. In fondo tua madre aveva venerazione di lui ed egli è venuto. Non ricordi che si dice che egli salva i suoi devoti?…".
   È vero. La speranza si accende più viva… Ed io da chi sarò raccolta? Io che sto così male e che sono rósa dal tormento di Satana come da un tarlo? Non mi dà tregua. Non potendomi prendere altrimenti, mi prende così: con l'insinuazione che sono io quella che scrivo, e non è Gesù che fa vedere e detta. Sa che, se potesse persuadermi di questo, io mi ripiegherei nella desolazione e nel terrore di aver peccato e avrei paura della morte e del Giudizio. Oh! se mi tortura! Mi sbalordisce tanto con la sua voce continua che io, non appena Gesù chiude visione e parola, perdo ogni facoltà di godere di quanto è la mia vita, ossia di questo soprannaturale che mi avvolge e mi fa "portavoce".
   A voi che leggete paiono tanto belli questi episodi? Una volta li sentivo anche io tali. Ora, tolto il lato artistico, non sento altro in essi. Inutilmente cerco e ricerco le frasi che, mentre erano dette, mi portavano tanto in alto, alla beatitudine. Inutilmente penso e ripenso ad atteggiamenti la cui dolcezza mi aveva tanto colpita mentre li vedevo… Tutto spento, tutto è cenere. Il Paradiso – perché questo è paradiso – ha perso i suoi fulgori, o meglio: si apre finché dura il mio giornaliero servizio di portavoce, inondandomi di tutta la sua luce, canto, dolcezza, gioia; e poi, finito il lavoro, ecco serrarsi ermeticamente, ed io sono avvolta e sommersa di nebbie e oscurità, senz'altre voci che quelle del Dubbio e della Negazione che stuzzica e schernisce. Non è una grande pena questa? Eppure io non voglio disperare né dire: "Smetto perché è opera mia". No, non lo è! Io, specie ora, sfinita e sopraffatta da tante cose, ignorante di tante altre, non potrei fare questo; io, nello stato che sono di debolezza fisica e di mestizia morale, non potrei che avere nausea a questo, e non scriverei nulla. Materialmente impossibilitata a pensare, moralmente nauseata di pensare…
   Apro a caso la radio e la fermo su radio Firenze delle 17,30. Cosa che non faccio mai perché cerco musica e non parole, e a quell'ora Firenze trasmette solo "parole". Sento che l'annunciatrice dice: "Tra poco trasmetteremo la funzione dalla basilica di Assisi che terminerà con la benedizione data dall'eminentissimo Cardinale Canali con la reliquia della benedizione scritta da S. Francesco". Ascolto: è la pace che viene. È il mio S. Francesco, il primo confortatore3 di Còmpito, che mi viene a dare pace…
           


   l'anno passato, il 27 settembre 1944; ricorrenza, quella dell'anniversario della morte della mamma, deceduta il 4 ottobre 1943, festa di San Francesco.
           
   2 conferito ogni potere assolutorio in Matteo 16, 13-19. Il padre della scrittrice si chiamava Giuseppe ed era morto il giorno successivo a quello della festa di San Pietro, il 30 giugno 1935.
           
   3 confortatore, nella "visione" del 1° maggio 1944.