MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME X CAPITOLO 636



DCXXXVI. La Pasqua supplementare.

   23 aprile 1947.

   636.1L’ordine di Gesù è stato eseguito alla lettera, questa volta, e Betania rigurgita di discepoli. Ne sono pieni i prati, i sentieri, i frutteti, gli uliveti di Lazzaro e, non bastando questi a contenere tanta gente che non vuole danneggiare i beni dell’amico di Gesù, molti sono sparsi anche fra gli uliveti che da Betania conducono a Gerusalemme per le vie dell’Uliveto. Più vicini alla casa i discepoli di vecchia data, più lontani altri e altri. Visi poco noti o ignoti affatto. Ma chi può ormai più riconoscere tanti volti e nominarli? Io credo che siano centinaia. Ogni tanto, nel rimuginio, un volto o un nome mi ricordano visi visti fra i beneficati e convertiti da Gesù, magari all’ultima ora. Ma è superiore alle mie capacità ricordare tanti di quei volti e di quei nomi, riconoscerli tutti. Sarebbe come pretendere che io avessi riconosciuto chi era fra la folla che si pigiava lungo le vie di Gerusalemme la domenica delle Palme o nel doloroso Venerdì, o copriva il Calvario di un tappeto di volti per lo più contratti dall’odio.
   Dalla casa di Simone escono ed entrano gli apostoli, circolando fra la gente a tenerla quieta o a rispondere alle sue domande. Anche Lazzaro e Massimino li aiutano. Dalle porte finestre del piano superiore della casa di Simone si vedono apparire e sparire tutti i volti delle discepole: chiome grigie, chiome brune, fra le quali splendono le teste bionde di Maria di Lazzaro e Aurea. Ogni tanto una viene fuori, a guardare, e poi si ritira. Ci sono tutte, proprio tutte, giovani e vecchie, anche quelle che non sono mai venute, come Sara di Afec.
   Sulla terrazza giuocano i bambini raccolti da Sara, i nipoti di Anna di Meron, Maria e Mattia, il fanciullo Scialem, che era deforme e che era nipote di Nahum e che ora è felice e sano, e altri ancora. Uno stormo di uccellini felici, sorvegliati da Marziam e da altri discepoli giovinetti come il pastorello di Enon e Jaia di Pella. Vedo ora fra i fanciulli anche il bambino di Sidone che era cieco. Si capisce che suo padre lo ha condotto con sé.

   636.2Il sole inizia il tramonto in un sereno splendidissimo.
   Pietro si consulta con Lazzaro e con i compagni. «Io dico che sarà bene congedare la gente. Che dite? Anche per oggi non verrà. E molti di questi devono questa sera consumare la piccola Pasqua», dice Pietro.
   «Sì. È bene congedarli. Forse il Signore avrà giudicato bene non venire oggi. A Gerusalemme si sono riuniti tutti quelli del Tempio. Non so come è giunta a loro la voce che Egli veniva e…», dice Lazzaro.
   «E se così è? Che gli possono più fare?», dice con veemenza il Taddeo.
   «Tu dimentichi che essi sono essi. E in queste mie parole è detto tutto. Se anche a Lui nulla possono fare di male, molto male possono fare a costoro, venuti per adorarlo. E il Signore non vuol nuocere ai suoi fedeli. E poi! Credi tu che essi, acciecati dal loro peccato e dal loro pensiero, sempre quello, immutabile, non abbiano, fra il grande contrasto di idee che è nel loro capo, anche quella che il Signore sia risorto, ossia non sia mai morto e sia uscito di là come uno che si sveglia da solo o con la complicità di molti? Voi non sapete che boscaglia selvaggia di pensieri, che groviglio, che tempesta di supposizioni è in loro. Se la sono data per non confessare la verità. Veramente si può dire che i complici di ieri sono divisi, oggi, per la stessa causa che prima li teneva uniti. E qualcuno resta sedotto dalle loro idee. Vedete? Alcuni non sono più fra i discepoli…», dice Lazzaro.
   «E lasciali andare! Ne sono venuti altri di migliori. Certo, fra quelli che se ne sono andati sono da cercarsi coloro che hanno detto al Sinedrio che il Signore sarà qui al quattordicesimo del secondo mese. E dopo la delazione non hanno più cuore di venire. Via! Via! Basta di traditori!», dice Bartolomeo.
   «Ne avremo sempre, amico! L’uomo!… Troppo cedevole alle impressioni e pressioni. Ma non dobbiamo temere. Il Signore ha detto che non dobbiamo temere», dice lo Zelote.
   «E non temiamo. Pochi giorni fa avevamo paura ancora. Vi ricordate? Io, per la mia parte, pensavo con timore al ritorno qui. Ora mi sembra di non aver più quel timore. Ma non mi fido troppo di me, e voi pure non fidatevi troppo del vostro Cefa. Perché ho già mostrato una volta di esser argilla che sfarina, anziché compatto granito.

   636.3Ebbene, congediamo costoro. A te, Lazzaro».
   «No, Simon Pietro. A te. Tu sei il capo…», dice Lazzaro benevolmente passando un braccio intorno alle spalle di Pietro e spingendolo così verso la scala e, su per questa, sino al terrazzo che circonda la casa di Simone.
   Pietro fa il gesto di parlare, e la gente che è prossima tace, quella più lontana accorre. Pietro attende che i più siano lì intorno, poi dice: «Uomini di ogni parte d’Israele, ascoltate. Io vi esorto a tornare in città. Il sole ha iniziato la sua discesa. Andate, dunque. Se Egli verrà, noi ve lo faremo sapere a qualunque costo. Dio sia con voi».
   Si ritira, entrando in una stanza ariosa dove sono, intorno alla Vergine, tutte le discepole più fedeli e anche le altre donne che amavano il Signore come Maestro pur senza averlo mai seguito nei suoi pellegrinaggi. E Pietro va a sedersi in un angolino, guardando Maria che gli sorride.
   La gente, fuori, si separa lentamente in due parti. Quella di coloro che restano, quella di coloro che tornano in città. Voci di adulti che chiamano i fanciulli, vocette di bambini che rispondono. Poi il brusio cala di tono.
   «E ora», dice Pietro, «andremo anche noi…».
   «Padre, ma il Signore ha detto che ci sarebbe stato!…».
   «Eh! lo so! Ma, come vedi, non è venuto. Ed è il giorno prescritto…».

   636.4«Sì, e mio fratello ha già preparato per voi ogni cosa, ed ecco qui Marco di Giona che viene per condurvi ed aprirvi il cancello. Ma vengo anche io. Tutti veniamo. Lazzaro ha provveduto per tutti», dice Maria di Magdala.
   «E dove consumeremo la cena per tanta gente?».
   «Sarà cenacolo il Getsemani stesso. Dentro la casa, la stanza per quelli che Gesù ha detto. Fuori, presso la casa, le tavole degli altri. Così ha voluto».
   «Chi? Lazzaro?».
   «Il Signore».
   «Il Signore? Ma quando è venuto?».
   «È venuto… Che ti importa il giorno? È venuto e ha parlato con Lazzaro».

   636.5«Io credo che Egli venga, anzi, sia venuto da ognun di noi, anche se ognun di noi non lo dice, serbando quella gioia come la sua perla più cara, che teme persino di mostrare temendo perda la sua luce più bella. I segreti del Re!», dice Bartolomeo e guarda il gruppo delle discepole vergini, che si imporpora nei volti come se il raggio del tramonto le colpisse. Ma è fiamma spirituale di gioia intensa quella che le accende.
   Maria, la Vergine delle vergini, bianca nella veste di lino, un giglio vestito di candore, china il capo sorridendo senza parlare. Come assomiglia in questo momento alla Verginella dell’Annunciazione!
   «Certo… Soli non ci lascia, anche se visibilmente non appare. Io dico che è Lui che mette nel mio povero cuore e nell’ancor più povera mente certi pensieri…», confessa Matteo.
   Gli altri non parlano… Si guardano mentre si mettono i mantelli studiandosi a vicenda. Ma la stessa cura con la quale alcuni si coprono il più possibile il volto, a tener celata l’onda di gioia spirituale che riaffiora pensando ai divini incontri segreti, li denuncia per i più favoriti.
   «E ditelo!», dicono gli altri. «Non ne siamo gelosi! Non siamo indiscreti a voler sapere. Ma ci conforterà lo sperare che non saremo per sempre privati della sua vista! Ricordatevi le parole[120] di Raffaele a Tobia: “Certo è bene tener nascosto il segreto del re, ma però è onorifico rivelare e pubblicare le opere di Dio”. Ha ragione l’angelo di Dio! Tenetevi il segreto delle pa­role che Egli vi ha date, ma rivelate il suo continuo amore per noi».
   Giacomo di Alfeo guarda Maria, come per ricevere da Lei un lume, e visto, dal suo sorriso, che annuisce, dice: «È vero. Ho visto il Signore». Non di più. Ed è l’unico che lo dice. Gli altri due che si sono ben coperti, ossia Giovanni e Pietro, non dicono parola.

   636.6Escono tutti e a gruppi, davanti gli undici, poi Lazzaro con le sorelle e le discepole intorno a Maria, ultimi i pastori e molti dei settantadue discepoli. Si incamminano verso Gerusalemme dalla strada alta che conduce all’Uliveto. I bambini rimasti corrono avanti e indietro felici.
   Marco insegna una stradicciuola che evita il campo dei Galilei e le zone più battute e conduce direttamente alla cinta novella dell’orto degli Ulivi. Apre, li fa passare, chiude. Molti discepoli bisbigliano fra loro e qualcuno va a interrogare gli apostoli, specie Giovanni. Ma essi fanno cenno di attendere, ché non è l’ora di fare ciò che essi chiedono, e tutti si mettono quieti.
   Quanta pace nel vasto uliveto, ancor baciato dall’estremo sole nelle parti più alte, già in ombra nelle parti più basse! Un lene fruscio di vento fra le fronde verd’argento e un lieto cantare di uccelli che salutano il giorno che muore.

   636.7Ecco la casetta del custode. Sulla terrazza, che le fa da tetto, Lazzaro ha fatto alzare un padiglione di tende, e la terrazza si è mutata in un aereo cenacolo per coloro fra i discepoli che non hanno potuto un mese prima consumare la Pasqua. Giù, sulla piccola aia ben pulita, altre tavole. Dentro la casa, nella stanza migliore, la tavola delle discepole.
   Vengono portati, alle diverse tavole di quelli che non hanno fatto la Pasqua, gli agnelli arrostiti, le lattughe, gli azzimi e la salsa rossastra, e deposto sulle mense il calice del rito. Su quella delle donne però non c’è il calice di rito, ma tante coppe quante le commensali. Si capisce che le donne erano esonerate da questo lato della cerimonia. Sulle tavole di quelli che hanno già consumato la Pasqua al tempo giusto è l’agnello, ma mancano gli azzimi e le lattughe con la salsa rossastra.
   Lazzaro e Massimino sopraintendono ad ogni cosa. E Lazzaro si curva su Pietro per dirgli qualcosa, che fa agitare violentemente il capo all’apostolo in una denegazione ostinata.
   «Eppure… tocca a te», dice Filippo che è al suo fianco.
   Ma Pietro indica Giacomo d’Alfeo: «A questo tocca».

   636.8Intanto che discutono così, ecco il Signore apparire all’inizio della piccola aia e salutare: «La pace a voi».
   Tutti si alzano in piedi e il rumore avverte le donne di ciò che avviene. Stanno per uscire, ma Gesù entra in casa salutando esse pure.
   Maria dice: «Figlio mio!», e lo venera più profondamente di tutti, insegnando con quel gesto che, per quanto Gesù possa essere amico, amico e congiunto tanto da esser persino figlio, è sempre Dio, e da Dio va venerato. Venerato sempre, con lo spirito adorante, anche se il suo amore per noi è così pieno da spingerlo a concedersi in tutta confidenza, da Fratello e Sposo nostro.
   «La pace a te, Madre. Sedete, mangiate. Io salgo là sopra dove Marziam attende il suo premio».
   Torna ad uscire per salire la scaletta e chiama forte: «Simon Pietro e Giacomo d’Alfeo. Venite».
   I due nominati salgono dietro di Lui e Gesù si siede alla tavola di centro dove è Marziam, dicendo ai due apostoli: «Voi farete ciò che vi dirò», e al capo della tavola, che è Mattia: «Inizia il banchetto pasquale».
   Gesù ha Marziam, questa sera, al suo lato, al posto dove era Giovanni l’altra volta. Pietro e Giacomo sono dietro le spalle del Signore in attesa dei suoi ordini.

   636.9E con lo stesso rituale della Cena pasquale si svolge questa: gli inni, le domande, le libazioni. Non so se alle altre tavole sia la stessa cosa. Là dove è Gesù io mi affisso, sol che un suo volere non mi obblighi a vedere altro, e di tutto mi smemoro per contemplare il mio Signore, che ora offre i bocconi migliori del suo agnello — Egli lo ha preso sul piatto ma non ne mangia, come non prende lattughe né salsa, né beve al calice — che ora offre i bocconi migliori a Marziam, che è addirittura beato.
   Gesù ha fatto sul principio un cenno a Pietro di chinarsi e ascoltarlo, e Pietro, dopo averlo ascoltato, ha detto forte: «A questo momento il Signore offerse per noi tutti il calice, essendo Padre e Capo della sua Famiglia».
   Ora fa un nuovo cenno a Pietro, che di nuovo lo ascolta e poi si rialza per dire: «E a questo punto il Signore si cinse per purificarci e insegnarci come fare noi stessi per consumare degnamente il Sacrificio eucaristico».
   La cena procede sinché ad un altro cenno Pietro dice ancora: «In questo momento il Signore, preso il pane e il vino, lo offerse, e pregando li benedisse, e fattene le parti le distribuì a noi dicendo: “Questo è il mio Corpo e questo è il mio Sangue del nuovo Testamento eterno, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati”».

   636.10Gesù si alza in piedi. È maestosissimo. Ordina a Pietro e a Giacomo di prendere un pane e farlo in minuti bocconi e di empire di vino un calice, il più grande che sia sulle tavole. Essi ubbidiscono e tengono davanti a Lui il pane e il vino, e Gesù stende su essi le sue Mani, pregando senza altro atto che lo sguardo rapito…
   «Distribuite la frazione del pane e porgete il calice fraterno. Tutte le volte che così farete, lo farete in memoria di Me».
   I due apostoli ubbidiscono, tutti venerabondi…
   Gesù, mentre avviene la distribuzione delle Specie, scende dalle donne. Penso, ma non vedo perché non entro dove esse sono, che Gesù comunichi sua Madre con le sue stesse Mani. Un pensiero mio. Non so se risponda a verità. Ma non capirei perché se ne sarebbe andato là se non per fare questo.

   636.11Poi torna sulla terrazza. Non si siede più. La cena volge al termine.
   Egli dice: «Tutto è consumato?».
   «Tutto è consumato, Signore».
   «Così feci Io sulla Croce. Alzatevi. Preghiamo».
   Stende le braccia come fosse in croce e intona la preghiera del Padre nostro.
   Non so perché piango. Penso che forse è l’ultima volta che gliela sento dire… E, come nessun pittore o scultore potrà mai darci la vera effigie di Gesù, così nessuno, per santo che sia, potrà dire così virilmente e dolcemente insieme il Pater noster. Ne avrò sempre una grande nostalgia di questi Pater sentiti da Gesù, vero colloquio di anima col Padre amatissimo e adoratissimo dei Cieli, grido di onore, ubbidienza, fede, sommissione, umiltà, misericordia, desiderio, fiducia… tutto!
   «Andate! E la Grazia del Signore sia in voi tutti e la sua pace vi accompagni», licenzia Gesù. E si licenzia in un fulgore di luce che supera di gran lunga il chiarore della luna, ormai piena e alta sull’Orto silente, e quello dei lumi messi sulle tavole.
   Non una voce. Lacrime sui volti, adorazioni nei cuori… e null’altro… La notte veglia e conosce, insieme agli angeli, i palpiti di quei benedetti.

[120] parole, che sono in: Tobia 12, 7.