MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 272



CCLXXII. Rincarnazione e vita eterna nel dialogo con uno scriba.

   6 settembre 1945.

   272.1 Quando Gesù mette piede sulla riva destra del Giordano, a un buon miglio, forse più, dalla penisoletta di Tarichea, là dove non vi è che campagna bella verde — perché il terreno, ora asciutto, ma umido nel profondo, mantiene vive le piante anche più esili — trova molta gente ad attenderlo.
   Gli vengono incontro i cugini con Simone Zelote: «Maestro, le barche ci hanno indicato… Forse anche Mannaen è stato un indice…».
   «Maestro», si scusa Mannaen, «io sono partito di notte per non essere visto e non ho parlato con nessuno. Credilo. Mi hanno chiesto in molti dove eri. Ma io a tutti ho detto solo: “È partito”. Ma credo che il male lo abbia fatto un pescatore dicendo che ti aveva dato la barca…».
   «Quell’imbecille di mio cognato!», tuona Pietro. «E glielo avevo detto di non parlare! E gli avevo detto che andavamo a Betsaida! E gli avevo detto che se parlava gli strappavo la barba! E lo farò! Oh, se lo farò! E ora? Addio pace, isolamento, riposo!».
   «Buono, buono, Simone. Noi abbiamo già avuto le nostre giornate di pace. E, del resto, parte dello scopo che perseguivo l’ho avuto: ammaestrarvi, consolarvi e calmarvi per impedire offese e urti fra voi e i farisei di Cafarnao. Ora andiamo da questi che ci attendono. A premiare la loro fede e il loro amore. Anche questo amore, non è cosa che solleva? Noi soffriamo di quello che è odio. Qui è amore. Perciò è godimento».
   Pietro si calma come un vento che cade di colpo. E Gesù va verso la folla dei malati, che lo attendono con il desiderio inciso sul volto, e li guarisce uno dopo l’altro, benevolo, paziente anche verso uno scriba che gli presenta il figlioletto ammalato.

   272.2 È questo scriba che gli dice: «Lo vedi? Tu fuggi. Ma inutile è farlo. Odio e amore sono sagaci nel trovare. Qui l’amore ti ha trovato come è detto[73] nel Cantico. Ormai per troppi Tu sei come lo Sposo dei Cantici. E si viene a Te come la Sulamite va allo sposo, sfidando le guardie di ronda e le quadrighe di Aminadab».
   «Perché dici questo? Perché?».
   «Perché è vero. Venire è pericolo perché sei odiato. Non lo sai che ti posteggia Roma e ti odia il Tempio?».
   «Perché mi tenti, uomo? Tu metti l’insidia nelle tue parole per portare al Tempio e a Roma le mie risposte. Non con insidia Io ho curato tuo figlio…».
   Lo scriba, sotto al dolce rimprovero, china il capo confuso e confessa: «Vedo che realmente Tu vedi i cuori degli uomini. Perdona. Io vedo che realmente Tu sei santo. Perdona. Ero venuto, sì, fermentando in me il lievito che altri vi aveva messo…».
   «E che aveva trovato in te il calore adatto per fermentare».
   «Sì. È vero… Ma ora ne parto senza lievito. Ossia con un lievito nuovo».
   «Lo so. E non ho rancore. Molti sono in colpa per propria volontà, molti per volontà altrui. Diversa sarà la misura con cui saranno giudicati dal giusto Iddio. Tu, scriba, sii giusto e non corrompere in avvenire come fosti corrotto. Quando le pressioni del mondo ti premeranno, guarda la grazia vivente che è tuo figlio, salvato da morte, e sii riconoscente a Dio».
   «A Te».
   «A Dio. A Lui ogni gloria e lode. Io sono il suo Messia e sono il primo a lodarlo e a glorificarlo. Il primo ad ubbidirlo. Perché l’uomo non si avvilisce onorando e servendo Dio in verità, ma si degrada servendo il peccato».
   «Bene dici. Sempre così parli? Per tutti?».
   «Per tutti. Parlassi ad Anna o a Gamaliele, o parlassi al mendico lebbroso su una carraia, le parole sono le stesse perché la Verità è una».
   «Parla, allora, perché tutti siamo qui, mendichi di una tua parola o di una tua grazia».
   «Parlerò. Acciò non si dica che ho preconcetti verso chi è onesto nelle sue convinzioni».
   «Sono morte quelle che avevo. Ma è vero. Ero onesto in esse. Credevo servire Dio combattendo Te».
   «Sei sincero. E per questo meriti di comprendere Dio che non è mai menzogna. Ma le tue convinzioni non sono ancora morte. Io te lo dico. Sono come gramigne bruciate. Alla superficie sembrano morte e in verità hanno avuto un duro assalto che le ha sfinite. Ma le radici sono vive. Ma il terreno le nutre. Ma le rugiade le invitano a gettare nuovi rizomi, e questi nuove foglie. Bisogna sorvegliare perché ciò non avvenga, o sarai di nuovo invaso dalle gramigne.

   272.3 Israele è duro a morire!».
   «Deve dunque morire Israele? È pianta malvagia?».
   «Deve morire per risorgere».
   «Una rincarnazione spirituale?».
   «Una evoluzione spirituale. Non ci sono rincarnazioni in nessun genere».
   «C’è chi vi crede».
   «Sono in errore».
   «L’ellenismo ha messo anche in noi queste credenze. E i dotti se ne pascono e gloriano come di un cibo nobilissimo».
   «Contraddizione assurda in quelli che gridano l’anatema per la trascuranza di uno dei seicentotredici precetti minori».
   «È vero. Ma… così è. Piace imitare ciò che pur si odia».
   «Allora imitate Me, posto che mi odiate. E meglio per voi sarà».
   Lo scriba deve sorridere argutamente, per forza, per questa uscita di Gesù. La gente sta a bocca aperta ad ascoltare, e i lontani si fanno ripetere dai vicini le parole dei due.
   «Ma Tu, in confidenza, che credi della rincarnazione?».
   «Che è errore. L’ho detto».
   «Vi è chi sostiene che i vivi si generano dai morti e i morti dai vivi, perché ciò che è non si distrugge».
   «Ciò che eterno è non si distrugge, infatti. Ma dimmi. Secondo te, il Creatore ha limiti a Se stesso?».
   «No, Maestro. Pensarlo sarebbe menomazione».
   «Tu lo hai detto. E può allora pensarsi che Egli permetta che uno spirito rincarni perché più che tanti spiriti non ce ne possono essere?».
   «Non si dovrebbe pensare. Eppure vi è chi lo pensa».
   «E, ciò che è peggio, lo pensa in Israele. Questo pensiero di una immortalità dello spirito — che è già grande, anche se è unito all’errore di una valutazione ingiusta di come avvenga questa immortalità, in un pagano — dovrebbe essere perfetto in un israelita. Invece, in chi lo ammette nei termini della tesi pagana, diviene pensiero ridotto, abbassato, colpevole. Non gloria del pensiero, che mostra di essere degno di ammirazione per aver rasentato da solo la Verità e che perciò testimonia della natura composita dell’uomo, come lo è nel pagano, per questa sua intuizione di una perenne vita della cosa misteriosa che ha nome anima e che ci distingue dai bruti. Ma menomazione del pensiero che, conoscendo la divina Sapienza e il Dio vero, materialista diventa anche in cosa così altamente spirituale.

   272.4 Lo spirito non trasmigra che dal Creatore all’essere e dall’essere al Creatore, al quale si presenta dopo la vita per avere giudizio di vita o di morte. Questa è verità. E là dove è mandato, là resta. In eterno».
   «Non ammetti il Purgatorio[74]?».
   «Sì. Perché lo chiedi?».
   «Perché dici “dove è mandato resta”. Il Purgatorio è temporaneo».
   «Appunto lo assorbo nel mio pensiero alla Vita eterna. Il Purgatorio è già “vita”. Tramortita, legata, ma vitale sempre. Finita la temporanea sosta nel Purgatorio, lo spirito conquista la perfetta Vita, la raggiunge più senza limiti e legami. Due saranno le cose che resteranno: il Cielo, l’Abisso; il Paradiso, l’Inferno. Due le categorie: i beati, i dannati. Ma da quei tre regni, che ora sono[75], nessuno spirito tornerà mai a vestire carne. E ciò fino alla risurrezione finale, che chiuderà per sempre l’incarnazione degli spiriti nelle carni, dell’immortale nel mortale».
   «Dell’eterno no?».
   «Eterno è Dio. L’eternità è non avere un principio e una fine. E ciò è Dio. L’immortalità è continuare a vivere da quando si è iniziato a vivere. E ciò è per lo spirito dell’uomo. Ecco la differenza».
   «Tu dici “vita eterna”».
   «Sì. Da quando uno è creato alla vita, può, per lo spirito, per la grazia e per la volontà, conseguire la vita eterna. Non l’eternità. Vita presuppone inizio. Non si dice “vita di Dio”, perché Dio non ha avuto principio».
   «E Tu?».
   «Io vivrò perché anche carne sono, e allo spirito divino ho unito l’anima del Cristo in carne d’uomo».
   «Dio è detto[76] “il Vivente”».
   «Infatti non conosce morte. Egli è Vita. L’inesauribile Vita.
   Non vita di Dio. Ma Vita. Solo questo. Sono sfumature, o scriba. Ma è nelle sfumature che si ammanta Sapienza e Verità».

   272.5 «Parli così ai gentili?».
   «Non così. Non capirebbero. Mostro loro il Sole. Ma così come lo mostrerei ad un bambino fino allora cieco e stolto, e miracolosamente tornato a vista e intelligenza. Così: come astro. Senza addentrarmi a spiegarne la composizione. Ma voi di Israele non siete né ciechi né stolti. Da secoli il dito di Dio vi ha aperto gli occhi e snebbiato la mente…».
   «È vero, Maestro. Eppure siamo ciechi e stolti».
   «Vi siete fatti tali. E non volete il miracolo di chi vi ama».
   «Maestro…».
   «È verità, scriba».
   Costui china la testa e tace. Gesù lo lascia andando oltre e, nel passare, carezza Marziam e il figlioletto dello scriba che si sono messi a giocare con dei sassolini multicolori.
   Più che una predicazione, la sua è una conversazione con questo o quel gruppo. Ma è una continua predicazione, perché risolve ogni dubbio, chiarisce ogni pensiero, riassume o dilata cose già dette o concetti ritenuti in parte da qualcuno. E le ore passano così…

[73] è detto, specialmente in: Cantico dei cantici 3, 1-4 (in 7,1 figura il nome di Sulamite dato alla sposa).
[74] il Purgatorio, sconosciuto in quel tempo come vocabolo, era però conosciuto come concetto, adombrato in: 2 Maccabei 12, 45 (volgata: 12, 45-46). Pertanto l’espressione Purgatorio, ogni volta che è riferita alla cultura giudaica e non alla dottrina cristiana, deve intendersi come la traduzione di quel concetto nel linguaggio moderno dell’opera valtortiana. Di “purificazione” dell’anima come “preparazione a gaudio” parla ancora Gesù in 524.9.
[75] quei tre regni, che ora sono, riflettono la triplice attesa nel limbo, di cui abbiamo trattato in nota a 223.7.
[76] è detto, per esempio in: Geremia 10, 10.