MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 420



CDXX. Guarigione di un indemoniato completo. La vocazione della donna all'amore.­

   29 settembre 1944.

   420.1Ancora Gesù e i suoi sono per le campagne. Qui la falciatura dei grani è già compiuta e i campi mostrano le stoppie arse. Gesù costeggia un sentiero ombroso e parla con degli uomini che si sono uniti al gruppo degli apostoli.
   «Sì», dice uno. «Niente lo guarisce. Più che folle è. E, sai, è il terrore di tutti, specie delle donne, perché le rincorre con lazzi osceni. E guai se le prendesse!».
   «Non si sa mai dove è», dice un altro. «Sui monti, nei boschi, nei solchi dei prati… sbuca improvviso come una serpe… Le donne ne hanno gran paura. Una, giovinetta, che tornava dal fiume, vedendosi avvinghiata dal forsennato, ne è morta in pochi giorni per gran febbre».
   «L’altro giorno mio cognato era andato nel luogo ove si è preparato per sé e i suoi il sepolcro, perché gli è morto il padre della moglie, per preparare tutto alla sepoltura. Ma è dovuto fuggire perché dentro vi era l’ossesso, nudo e urlante come sempre, e che lo minacciava a colpi di pietra… L’ha inseguito fin quasi al paese e poi è tornato al sepolcro, e il morto lo dovetti far seppellire nel mio sepolcro».
   «E quella volta che si è ricordato che Tobia e Daniele lo hanno a forza preso e legato e ricondotto a casa? Li ha aspettati mezzo sepolto fra le canne e il fango del fiume e, quando loro montarono in barca per la pesca o il traghetto, non so bene, con la sua forza di demone ha alzato la navicella e l’ha capovolta. Furon vivi per miracolo, ma quanto vi era nella barca si perse, e la stessa ne uscì con la chiglia rotta e i remi fracassati».

   420.2«Ma non lo faceste vedere ai sacerdoti?», interroga Giuda d’Alfeo[127].
   «Sì. Legato come un carico di merce fu portato fino a Gerusalemme… Un viaggio! un viaggio!… Ti dico, io c’ero, che non ho più bisogno di scendere all’inferno per sapere che avviene là e che si dice. Ma non giovò nulla…».
   «Come prima?».
   «Peggio!».
   «Eppure… il sacerdote!…», esclama Bartolomeo.
   «Ma che vuoi!… Bisognerebbe che…».
   «Che? Continua…». Silenzio. «Parla, dunque. Non temere. Non ti accuserò».
   «Ecco… dicevo… ma non voglio peccare… dicevo… che… sì… il sacerdote potrebbe riuscire se… se…».
   «Se fosse santo, vuoi dire, e non osi dirlo. Io ti dico: evita di
   giudicare. Ma è vero quanto dici. È dolorosamente vero!…», dice Pietro.
   Gesù tace e sospira. Un breve silenzio impacciato.
   Poi uno osa di nuovo. «Se lo incontriamo, Tu lo guarisci? Liberi queste contrade?».
   «Tu speri che Io lo possa? Perché?».
   «Perché Tu sei santo».
   «Santo è Dio».
   «E Tu che ne sei Figlio».
   «Come lo puoi sapere?».
   «Eh! la voce corre, e poi siamo del fiume e sappiamo che hai fatto, or è tre lune. Chi ferma una piena se non è Figlio di Dio?».
   «E Mosè? e Giosuè?».
   «Operavano in nome di Dio e per la sua gloria. E potevano perché erano santi. Tu sei da più di loro».
   «Lo farai, Maestro?».
   «Lo farò, se lo incontreremo».

   420.3Proseguono. Il caldo che aumenta li porta a lasciare la via ed a cercare ristoro in un intrico d’alberi che sono lungo il fiume, che non è più turbato come quando era in piena. Ma, sebbene ancor ricco d’acque, le ha quiete e azzurre, tutte scintillanti sotto al sole.
   Il sentiero si allarga e mostra nel fondo un biancore di case. Deve essere un paese che si avvicina. Ai margini di esso vi sono delle costruzioni piccole, bianchissime e senza altre aperture che una in una parete. Parte sono aperte. Le più, chiuse ermeticamente. Intorno non c’è nessuno. Sono sparse su un terreno brullo e incolto, pare abbandonato. Solo erbacce e pietroni.
   «Va’ via! va’ via! Indietro o ti uccido!».
   «Ecco l’ossesso che ci ha visti! Io me ne vado».
   «Io pure».
   «Ed io vi seguo».
   «Non temete. Rimanete e vedete».
   Gesù è così sicuro che i… coraggiosi ubbidiscono, ponendosi però dietro a Gesù. Anche i discepoli restano indietro. Gesù va avanti solo e solenne, come nulla vedesse e udisse.
   «Va’ via!». L’urlo della voce è lacerante. Ha del ringhio e dell’ululato. Pare impossibile possa uscire da gola umana. «Va’ via! Indietro! Ti uccido! Perché mi perseguiti? Non ti voglio vedere!». L’ossesso balza, completamente nudo, bruno, con barba e capelli lunghi e scomposti. Le ciocche nere e ispide, piene di foglie secche e polvere, gli ricadono sugli occhi torvi, iniettati di sangue, roteanti nelle orbite, fin sulla bocca aperta nell’urlo e in folli risate che paiono un incubo, sulla bocca che spuma e sanguina, perché il forsennato se la percuote con una selce aguzza e dice: «Perché non ti posso uccidere? Chi mi lega la forza? Tu? Tu?».

   420.4Gesù lo guarda e procede.
   Il pazzo si rotola al suolo, si morde, spuma più ancora, si colpisce con la sua selce, riscatta in piedi, punta l’indice verso Gesù che fissa stravolto e dice: «Udite! Udite! Costui che viene è…».
   «Taci, demonio dell’uomo! Te lo comando».
   «No! No! No! Non taccio, no, non taccio. Che vi è fra noi e Te? Perché non ci dài bene? Non ti è bastato averci confinati nel regno d’inferno? Non ti basta venire, esser venuto per strapparci l’uomo? Perché ci respingi là in fondo? Lasciaci abitare nelle nostre prede! Tu, grande e potente, passa e conquista, se puoi. Ma lascia che noi si goda e si nuoccia. Per questo siamo. Oh! mal… No! Non lo posso dire! Non te lo far dire! Non te lo far dire! Non posso maledire Te! Ti odio! Ti perseguito! Ti aspetto per torturarti! Odio Te e Colui da cui procedi e odio Quello che è il vostro Spirito. L’Amore lo odio, io che Odio sono! Ti voglio maledire! Ti voglio uccidere! Ma non posso. Non posso! Non posso ancora! Ma ti aspetto, o Cristo, ti aspetto. Morto ti vedrò! O ora di gioia! No! Non gioia! Morto Tu? No. Non morto. Ed io vinto! Vinto! Sempre vinto!… Ah!!!…». Il parossismo è al colmo.
   Gesù prosegue verso l’ossesso, tenendolo sotto il raggio dei suoi occhi magnetici. È tutto solo, ora, Gesù. Apostoli e popolani sono rimasti indietro. Questi, dietro agli apostoli. E gli apostoli scosti un trenta metri almeno da Gesù.
   Degli abitanti del paese, che pare molto popolato e, mi pare anche, ricco, sono usciti, attratti dalle grida, e guardano la scena, pronti anche loro a fuggire come l’altro gruppo. Così la scena è in questo modo: al centro l’ossesso e Gesù, a pochi metri ormai l’uno dall’altro; dietro Gesù, a sinistra, apostoli e popolani; a destra, dietro l’ossesso, i cittadini.

   420.5­­Gesù, dopo il comando di tacere, non ha più parlato. Fissa solo l’ossesso. Ma ora Gesù si arresta e alza le braccia, le tende verso l’indemoniato, sta per parlare. Gli urli divengono veramente infernali. L’ossesso si contorce, fa salti a destra, a manca, in alto. Pare voglia o fuggire o avventarsi, ma non può. È inchiodato lì e, tolto il suo divincolio, non gli è concesso altro moto. Quando Gesù tende le braccia, a mani tese come chi giura, il folle urla più forte e, dopo aver tanto imprecato e riso e bestemmiato, si pone a piangere e a supplicare. «Nell’inferno, no! No, nell’inferno! Non mi ci mandare! È orrida la mia vita anche qui, in questa carcere d’uomo, ché io voglio scorrere il mondo e sbranarti i tuoi creati. Ma là, là, là!… No! No! No! Lasciami fuori!…».
   «Esci da costui. Te lo comando».
   «No!».
   «Esci».
   «No!».
   «Esci!».
   «No».
   «Nel nome del Dio vero, esci!».
   «Oh! Perché mi vinci? Ma non esco, no. Tu sei il Cristo, Figlio di Dio, ma io sono…».
   «Chi sei?».
   «Io sono Belzebù. Belzebù sono, il Padrone del mondo, e non mi piego. Ti sfido, o Cristo!».
   L’ossesso si immobilizza di colpo, rigido, quasi ieratico, e fissa Gesù con occhi fosforescenti, muovendo appena le labbra su parole non intelligibili e facendo, con le mani portate verso le spalle, i gomiti flessi, dei lievi movimenti.
   Gesù pure si è fermato. A braccia, ora, conserte sul petto, lo fissa. Anche Gesù muove appena le labbra. Ma non odo parola.

   420.6I presenti sono in attesa e in contrasto fra loro: «Non ci riesce!», «Sì, ora il Cristo riesce», «No. Vince l’altro», «È ben forte», «Sì», «No».
   Gesù disserra le braccia. Il suo volto è un bagliore di imperio, la sua voce un tuono. «Esci. Per l’ultima volta. Esci, o Satana! Io son che comando!».
   «Aaaaah!» (è un urlo lunghissimo di strazio infinito. Non l’ha così chi viene lentamente trapassato da una spada). E poi l’urlo si concreta in parole: «Esco, sì. Mi hai vinto. Ma mi vendicherò. Tu scacci me, ma un demone l’hai al fianco e in quello entrerò per possederlo, investendolo di ogni mio potere. E non ci sarà comando tuo che lo strapperà a me. In ogni tempo, in ogni luogo io mi genero figli. Io, l’autore del Male. E come Dio da Se stesso si è generato, io, ecco, da me stesso mi genero. Mi concepisco nel cuore dell’uomo, e costui mi partorisce, partorisce un nuovo Satana che è se stesso, ed io giubilo, giubilo d’aver tanta prole! Tu e gli uomini sempre troverete queste mie creature che sono altrettanti me. Vado, o Cristo, a prendere possesso del mio nuovo regno, come Tu vuoi, e ti lascio questo straccio di uomo malmenato da me. Per lui che ti lascio, elemosina di Satana a Te, Dio, mi prendo mille e diecimila ora, e li troverai quando sarai Tu un lurido sbrendolo di carne data in ludibrio ai cani, e ne prenderò, nei secoli e nei secoli, diecimila e centomila, per farne il mio strumento e il tuo tormento. Credi di vincere alzando il tuo Segno? I miei lo abbatteranno e io vincerò… Ah! no che non ti vinco! Ma ti torturo in Te e nei tuoi!…».
   Si ode un fragore come di un fulmine. Ma non c’è guizzo di luce né brontolio di tuono. Solo uno schianto secco e lacerante, e mentre l’ossesso cade come morto al suolo e vi resta, un grosso tronco presso i discepoli cade a terra, come se a circa un metro dal suolo fosse stato segato da una sega fulminea nell’operare. Il gruppo apostolico fa appena in tempo a scansarsi. I popolani, poi, fuggono del tutto.

   420.7­Ma Gesù, che si è curvato sul prostrato e lo ha preso per mano, si volge, stando così curvo e con la mano del liberato nella sua, e dice: «Venite. Non temete!». Timorosa la gente si accosta. «È guarito. Portate una veste». Uno parte di corsa.
   L’uomo si rinviene piano piano. Apre gli occhi e incontra lo sguardo di Gesù. Si pone a sedere. Con la mano libera si asciuga sudore, sangue e bava, si getta indietro i capelli, si osserva. Si vede nudo davanti a tanta gente e si vergogna. Si rannicchia su se stesso e chiede: «Che è stato? Chi sei? Perché sono qui? Nudo?».
   «Nulla, amico. Ora ti porteranno vesti e tornerai a casa tua».
   «Da dove vengo? E Tu da dove vieni?». Parla con voce stanca e bianca di malato.
   «Io vengo dal mar di Galilea».
   «E come mi conosci? Perché mi soccorri? Come ti chiami?».
   Giungono degli uomini con una veste che porgono al miracolato. E giunge una povera vecchia piangente, che si stringe il guarito al cuore.
   «Figlio mio!».
   «Mamma! Perché mi hai lasciato per tanto tempo?».
   La vecchia piange più forte e lo bacia e carezza. Forse direbbe altre parole, ma Gesù la domina coi suoi occhi e gliene ispira altre, più pietose: «Sei stato tanto malato, figlio mio! Loda Dio che ti ha guarito e il suo Messia che ha operato nel nome di Dio».
   «Questo? Come si chiama?».
   «Gesù di Galilea. Ma il suo nome è Bontà. Baciagli le mani, figlio, digli che ti perdoni per quanto hai fatto o detto… certo hai parlato nella tua…».
   «Sì, ha parlato nella sua febbre», dice Gesù per fermare le parole imprudenti. «Ma non era lui che parlava ed Io non ho severità con lui. Sia buono, ora. Sia continente». Gesù calca sulla parola. L’uomo abbassa il capo, confuso.

   420.8Ma ciò che Gesù risparmia non lo risparmiano i ricchi cittadini, che ormai si sono accostati. Fra essi ci sono gli ineffabili farisei. «Ti è andata bene! Buono per te che hai incontrato costui, padrone dei demoni».
   «Indemoniato io?». L’uomo è terrorizzato.
   La vecchia scatta: «Maledetti! Senza pietà e rispetto! Vipere esose e crudeli! E tu anche, inutile ministro della sinagoga. Padrone dei demoni il Santo?».
   «E chi vuoi che possa su essi, se non il loro re e padre?».
   «Oh! sacrileghi! Bestemmiatori! Siate m…».
   «Silenzio, donna. Sii felice col figlio tuo. Non imprecare. Io non ne ho pena o affronto. Andate in pace tutti. Ai buoni la mia benedizione. Andiamo, amici».
   «Posso seguirti?». È il guarito che parla.
   «No. Resta. Sii testimonianza di Me e gioia di tua madre. Va’».
   E, fra grida di applauso e mormorii di scherno, Gesù traversa parte della cittadina e poi rientra nelle ombre degli alberi lungo il fiume.

   420.9­Gli apostoli gli si serrano intorno.
   Pietro chiede: «Perché, Maestro, lo spirito immondo fece tanta resistenza?».
   «Perché era uno spirito completo».
   «Che vuole dire questa parola?».
   «Uditemi. Vi è chi si dà a Satana aprendo una porta ad un vizio capitale. Vi è chi si dà due volte, chi tre, chi sette. Quando uno aprì lo spirito ai sette vizi, allora entra in lui uno spirito completo. Entra Satana, il principe nero».
   «Quell’uomo, giovane ancora, come poteva esser preso da Satana?».
   «Oh! amici! Sapete per quale sentiero viene Satana? Tre sono le vie generalmente battute, ed una non manca mai. Tre: il senso, il denaro, la superbia della mente. Il senso è quello che non manca mai. Staffetta delle altre concupiscenze, passa seminando il suo veleno e tutto fiorisce di fiorita satanica. Per questo Io vi dico: “Siate padroni della vostra carne”. Sia questa padronanza l’inizio d’ogni altra, così come questa schiavitù è inizio d’ogni altra. Lo schiavo della lussuria diviene ladro e barattiere, crudele, omicida, pur di servire la sua padrona. La stessa sete di potere ha parentela con la carne. Non vi pare? Così è. Meditate e vedrete se erro. Per la carne Satana entrò nell’uomo e, felice se lo può fare, per la carne vi rientra. Lui, uno e settemplice, col proliferare delle sue legioni di demoni minori».
   «Maria di Magdala Tu dicesti[128] che aveva sette demoni, Tu lo dicesti, e certo erano demoni di lussuria. Eppure la liberasti con molta facilità».
   «Sì, Giuda. È vero».
   «E allora?».
   «E allora, tu dici, la mia teoria cade. No, amico. La donna voleva, ormai, esser libera dal suo possesso. Voleva. La volontà è tutto».

   420.10­«Perché, Maestro, noi vediamo che molte donne sono prese dal demonio e, lo si può dire, da questo demonio?».
   «Vedi, Matteo. La donna non è uguale all’uomo nella sua formazione e nelle reazioni alla colpa d’origine. L’uomo ha altre mète al suo desiderio, più o meno buono. La donna ha una mèta: l’amore. L’uomo ha un’altra formazione. La donna ha questa, sensibile, ancor più perfetta perché destinata al generare. Tu sai che ogni perfezione genera aumento di sensibilità. Un udito perfetto ode ciò che sfugge ad altro orecchio meno perfetto e ne gode. E così l’occhio, e così il palato e l’olfatto. La donna doveva esser la dolcezza di Dio sulla Terra, doveva essere l’amore, l’incarnazione di questo fuoco che muove Colui che è, la manifestazione, la testimonianza di questo amore. Dio l’aveva perciò dotata di uno spirito sovreminentemente sensibile perché, madre un giorno, sapesse e potesse, ai suoi nati, aprire gli occhi del cuore all’amore verso Dio e i loro simili, così come l’uomo avrebbe aperto gli occhi della mente ai suoi nati all’intelligere e all’operare. Rifletti il comando di Dio a Se stesso: “Facciamo ad Adamo una compagna”. Dio-Bontà non poteva che voler fare una buona compagna ad Adamo. Chi è buono ama. La compagna di Adamo doveva perciò essere capace di amare per finire di rendere beato il giorno di Adamo nel Giardino felice. Doveva esser tanto capace di amare da essere seconda, collaboratrice e surrogatrice di Dio nell’amare l’uomo, sua creatura, di modo che, anche nelle ore che la Divinità non si palesava al suo creato con la sua voce d’amore, l’uomo non si sentisse infelice per mancanza d’amore. Satana sapeva di questa perfezione. Tante cose sa Satana. È lui che parla sulle labbra dei pitoni, dicendo menzogne commiste a verità. E queste verità, che esso odia perché egli è Menzogna, le dice solo — tenete a mente, o voi tutti e voi futuri — per sedurvi con la chimera che non sia la Tenebra che parla ma la Luce. Satana, astuto, tortuoso e crudele, si è insinuato in questa perfezione e lì ha morso, e lì ha lasciato il suo veleno. La perfezione della donna nell’amare è divenuta così strumento a Satana per dominare donna e uomo e propagare il male…».

   420.11­«Ma le nostre madri, allora?».
   «Giovanni, temi di loro? Non tutte le donne sono strumento a Satana. Perfette nel sentimento, sono sempre eccessive nell’azione: angeli se vogliono esser di Dio, demoni se vogliono esser di Satana. Le donne sante, e la tua madre fra queste, vogliono esser di Dio e angeli sono».
   «Non ti sembra ingiusta la punizione alla donna, Maestro? Anche l’uomo peccò».
   «E il premio, allora? È detto che per la Donna tornerà nel mondo il Bene e sarà vinto Satana».
   «Non giudicate mai le opere di Dio. Questo per prima cosa. Ma pensate che, come per la donna entrò il Male, per la Donna è giusto entri il Bene nel mondo. Vi è da annullare una pagina scritta da Satana. E lo farà il pianto di una Donna. E, poi che Satana urlerà in eterno le sue voci, ecco che una voce di Donna canterà per coprire quelle voci».
   «Quando?».
   «In verità vi dico che la sua voce è già scesa dai Cieli, dove in eterno cantava il suo alleluia».
   «Sarà più grande di Giuditta?».
   «Più grande di ogni donna».
   «Che farà? Che farà mai?».
   «Capovolgerà Eva col suo triplice peccato. Ubbidienza assoluta. Purezza assoluta. Umiltà assoluta. Su questo si drizzerà, regina e vittoriosa…».
   «Ma non è tua Madre, Gesù, Colei che è la più grande per averti generato?».
   «Grande è colui che fa la volontà di Dio. E Maria per questo è grande. Ogni altro merito viene da Dio. Ma questo è tutto suo, e ne sia benedetta».
   E tutto finisce.
   

   420.12­Dice Gesù:
   «Hai visto un “possesso” di Satana. Molte risposte sono nelle mie parole. Non tanto per te, ma per altri. Gioveranno? No. A coloro che più ne hanno bisogno non gioveranno. Riposa con la mia pace».

[127] interroga Giuda d’Alfeo e i successivi esclama Bartolomeo e dice Pietro sono delle aggiunte di MV su una copia dattiloscritta.
[128] dicesti, come dirà in 503.2.