MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 475



CDLXXV. Un sospetto di Pietro e digressione sugli ebrei. La pietà di Abele di Betlemme per i propri nemici.

   17 agosto 1946.

   475.1«Alzatevi e andiamo», ordina Gesù ai suoi che dormono pesantemente su dei fieni, più falaschi che fieni, accatastati su un campo prossimo ad un fiumiciattolo che attende le piogge d’autunno per nutrire il suo alveo di acque.
   Gli apostoli ubbidiscono senza parlare, ancor mezzo assonnati. Raccolgono le sacche, si mettono i mantelli che avevano usato per coperte nella notte e si incamminano con Gesù.
   «Andiamo per il Carmelo?», chiede Giacomo d’Alfeo.
   «No. Per Sefori. E poi prenderemo la via per Mageddo. Il tempo basta appena…», risponde Gesù.
   «Sì. E le notti si fanno troppo umide e fredde per dormire nei campi, quando per qualche motivo non ci accoglie una casa», osserva Matteo.
   «Gli uomini! Ma come sono facili a dimenticare!… Signore? Ma sarà sempre così?», domanda Andrea.
   «Sempre».
   «E allora! Se così è con Te, quando faremo noi, appena voltate le spalle, sarà cancellato tutto», dice sconfortato Tommaso.

   475.2«Io dico però che qui c’è qualcuno che fa dimenticare. Perché gli uomini, sì, dimenticano con facilità. Però non sempre dimenticano. Io vedo che fra noi, fra noi uomini, ci si ricorda delle cose avute e date. Per Te, invece… No, sono sempre quei tali che lavorano a cancellare il ricordo di Te», dice Pietro.
   «Non fare giudizi senza una base sicura», dice Gesù.
   «Maestro, è che la base ce l’ho!».
   «Ce l’hai? Cosa hai scoperto?», chiede l’Iscariota molto interessato, e con lui anche altri chiedono uguale. Ma l’interesse di Giuda è il più vivo, direi affannoso.
   Pietro, che guardava Gesù, si volta e guarda l’Iscariota… uno sguardo attento, svegliato, sospettoso, e tace, guardandolo, per qualche momento. Poi dice: «Oh! niente… e tutto, se non ti dispiace saperlo. Tanto da, se fossi uno che ha voglia di usare tutti i mezzi per riuscire, tanto da correre a denunciare molte cose a chi ci governa, e sono sicuro che qualcuno passerebbe dei guai. Ma io preferisco non riuscire, anziché avere degli aiuti da quella parte. Nelle cose di Dio non metto che l’aiuto di Dio, e mi sembrerebbe di portare profanazione nelle cose di Dio a mettere loro a… loro per… aiuto a schiacciare i rettili. Sono rettili anche loro… e… non mi fiderei… Capaci di schiacciare i denunciati e i denunciatori insieme… Così… faccio da me. Ecco!».
   «Ma non ti accorgi di fare offesa al Maestro?».
   «Io? Perché?».
   «Perché Lui li avvicina».
   «Lui è Lui, e se li avvicina non lo fa per averne utile ma per portarli a Dio. Lui è capace di farlo… e lo fa. Ma non corre dietro a loro… Vedi che… devono essere loro a venire a Lui per sentire “il filosofo”, come dicono. Ma ora non ne hanno più tanta voglia, mi pare. E io non piango».
   «Parevi contento anche tu per Pasqua!».
   «Pareva. L’uomo è stolto molte volte. Ora non pare più, e non è più. E ho ragione».
   «Come creatura che non mescola l’utile umano alle cose spirituali hai ragione, Simone. Ma come apostolo che si rallegra che altri si allontanino dalla Luce, no. Non hai ragione. Se pensassi che ogni anima conquistata alla Luce è una gloria per il tuo Maestro, non parleresti così», dice Gesù.
   Giuda Iscariota guarda Pietro con un sorriso sarcastico. E Pietro lo vede… ma si domina e non dice niente.
   Gesù anche vede e dice, accennando a Pietro, ma come parlasse a tutti: «Sappiate però che è più scusabile un eccesso di scrupolo religioso, a fine buono, che non un incurante passare sopra tutto pur di raggiungere un fine umano. Ve l’ho detto più volte: è la volontà buona o non buona quella che dà peso al­l’azione. E in questo caso è volontà buona, anche se imperfetta nella forma, opporsi a portare l’umano nel sovrumano e ciò che uno reputa immondo presso Dio. Non è giusta la sua intransigenza perché Io sono venuto per tutti. Ma è molto vicino alla perfezione il suo giudizio che nelle cose di Dio si deve ricorrere solo al suo aiuto soprannaturale, senza mendicare aiuti umani, interessati o utilitari». E con questa sentenza equanime Gesù pone fine alla discussione.

   475.3Hanno superato a piedi asciutti un altro letto fluviale arso dall’estate e raggiunto la via maestra che va da Sicaminon verso la Samaria, credo, se ben mi ricordo il luogo visto altra volta. La via è molto frequentata nell’imminenza della festa ed ha già preso l’aspetto caratteristico delle strade palestinesi nelle epoche di pellegrinaggi obbligatori al Tempio. Viandanti, asini, carri con persone sopra, con tende, suppellettili per le soste fra tappa e tappa e nella stessa Gerusalemme, sempre sopraffollata nelle solennità, tanto da consigliare di accamparsi sui colli che la cingono, sol che la stagione lo conceda. In questa, poi, dei Tabernacoli, è ancor più sensibile questa emigrazione di intere famiglie, non perché siano più numerosi i pellegrini che non per Pasqua e Pentecoste, ma perché, dovendo obbligatoriamente vivere sotto le capanne per qualche giorno, hanno le suppellettili che nelle altre solennità tutti cercano di non trascinarsi dietro. È veramente l’esodo di un popolo che si riversa da tutte le vie verso la capitale, come il sangue da ogni vena affluisce al cuore.

   475.4Per capire anche ora l’ostinata religione d’Israele, così tenace, così compatta — per cui i correligionari si aiutano fra loro in qualunque posto si trovino spinti dalla sorte e, qual che si sia la nazione dove sono nati, non è questa cosa ostacolo perché altro ebreo di altra nazione si senta sempre fratello e compatriota del correligionario che incontra — bisogna tenere presente che essi, dispersi, perseguitati, scherniti, apparentemente senza una vera patria, non si sentono nulla di tutto ciò. Hanno la loro Patria, quella che il loro Jeové ha loro dato; hanno la loro capitale, Gerusalemme, e là, da ogni parte del mondo, converge il meglio dei loro esseri: lo spirito, il cuore. Hanno peccato? Dio li ha puniti? Le profezie si sono avverate? Sì, è vero. Ma resta quella, luminosa, causa per loro di luminosa speranza, della ricostruzione del regno d’Israele… di questo Messia che deve venire… E in un dolore che trema di aver demeritato da Dio, e in un perpetuo interrogativo: «Ma era Gesù di Nazaret il vero Messia?», essi cercano di ricostituirsi a Nazione per averlo, questo Messia, essi cercano di conservare questa tenace fede alla loro religione per meritare perdono da Dio e vedere compiersi la promessa.
   Io sono una povera donna, non so di problemi politici, non mi sono mai interessata degli ebrei attuali e dei loro guai, qualche volta anche ho riso di loro che aspettano ancora Chi è venuto e hanno crocifisso, il loro pianto mi è parso coccodrillesco alquanto, le loro azioni non mi sono sembrate né mi sembrano tali da meritare ciò che sperano da Dio, non il Cristo che ormai verrà solo all’Ultimo Giorno, ma neppure la ricostruzione della razza ebrea, dispersa, in Nazione indipendente. Ma però, ora che vedo, spiritualmente, i padri degli ebrei attuali, comprendo il loro dramma secolare e la loro tenacia, la fonte di questa loro tenacia. È ancora il Popolo di Dio che per volere di Dio converge verso la Terra promessa ai Padri, ai Patriarchi, il popolo che da centinaia di secoli compie il rito mosaico, pensando a Gerusalemme, al suo Tempio splendente sul Moria. Impediti ad andarvi? Sì. Ma ci va lo spirito.
   Le baionette, i cannoni, le carceri servono contro l’uomo, non contro lo spirito. Israele non può perire perché è rimasto nella sua religione. Teorica, farisaica, rituale e priva di ciò che è vita vera di una religione: la corresponsione dello spirito al rito materiale? Tutto quello che volete. Ma intorno allo sbriciolato corpo che fu Nazione, ed ora è infiniti frammenti sparsi su tutta la Terra, stanno a tenerlo raccolto le fasce di idee, riti, precetti secolari, venuti da profeti e rabbi e, come faro visibile da tutte le parti del mondo, splende un luogo, Gerusalemme, e il suo nome è come un grido a raccolta, è come un vessillo sventolato a richiamo, a memento, a promessa. No. Non può essere questo popolo messo a tacere da nessuna forza umana. Una forza più grande dell’umana è in lui.
   Tutto questo si capisce quando si osserva questo popolo andare per vie impervie, in stagioni disagiose, incurante di tutto ciò che è pena, ilare della gioia di andare alla Città Santa. Tutto ciò si capisce vedendoli andare ricchi con poveri, fanciulli con vecchi, dalla Palestina o dalla Diaspora, verso il loro cuore: Gerusalemme. Tutto ciò si capisce sentendoli cantare i loro canti… E, lo confesso, e io vorrei che noi, i cristiani e cattolici, fossimo come loro, avessimo per il cuore del cattolicesimo, Roma, la Chiesa, e per chi vive in esso, il Pietro attuale, il sentimento di questi che vedo andare, andare, andare; vorrei avessimo ciò che essi hanno, più la nostra Fede perfetta perché cristiana.
   Mi diranno: «Sono pieni di difetti». E noi? Ne siamo senza? Senza, noi fortificati dalla Grazia e dai Sacramenti? Noi che dovremmo essere «perfetti come lo è il Padre che è nei Cieli»?

   475.5Ho fatto una digressione. Ma, seguendo la marcia degli apostoli confusi con le altre turbe d’Israele, il pensiero lavora…
   E lavora finché ad un incrocio di via un gruppo di discepoli non vede il Maestro e gli si affolla intorno. Fra essi è Abele di Betlemme, che si getta subito ai piedi di Gesù dicendo: «Maestro, ho tanto pregato l’Altissimo perché mi facesse incontrare con Te. E non lo speravo più. Ma Egli mi ha esaudito. Ora Tu esaudisci il tuo discepolo».
   «Che vuoi, Abele? Vieni là, al limitare del campo. Qui vi è troppa gente e diamo noia».
   Vanno in massa dove Gesù indica, e là Abele dice ciò che vuole. «Maestro, Tu mi hai salvato[83] da morte e da calunnia e hai fatto di me un tuo discepolo. Dunque Tu mi ami molto?».
   «Lo puoi chiedere?».
   «Lo chiedo per essere certo che Tu esaudisci la mia preghiera. Quando Tu mi hai salvato, hai castigato i miei nemici con orribile castigo. Tu lo hai dato, giusto è certo. Ma, oh! Signore! è molto orribile! Io ho cercato quei tre. Ogni volta che venivo da mia madre li cercavo. Sui monti, nelle caverne presso la mia città. E non li trovavo mai».
   «Perché li cercavi?».
   «Per parlare loro di Te, Signore. Perché, credendo in Te, ti invocassero e ottenessero perdono e guarigione. Solo nell’estate li ho trovati, e non insieme. Uno, quello che mi odiava per causa di mia madre, si è separato dagli altri che sono andati più su, verso i monti più alti di Jiftael. Loro mi hanno detto dove egli è… E di loro mi hanno dato la traccia dei pastori di Betlemme, quelli che ti hanno ospitato quella sera. I pastori coi loro greggi girano tanto e sanno tante cose. Loro sapevano che nel monte della Bella Sorgente erano i due lebbrosi che cercavo. Sono andato. Oh!…». L’orrore si dipinge sul viso del giovane uomo, quasi ancor giovinetto.
   «Continua».
   «Essi mi hanno riconosciuto. Io non potevo riconoscere in quei due mostri i miei concittadini… Mi hanno chiamato… e mi hanno pregato, come fossi un dio… Il servo più di tutti mi ha fatto pietà. Per il suo puro pentimento. Non vuole che il tuo perdono, Signore… Aser vuole anche la guarigione. Ha una vecchia madre, Signore, una vecchia madre che muore di dolore in città…».
   «E l’altro? Perché si è diviso?».
   «Perché è un demonio. Principale colpevole, adultero già quando divenne omicida, eccitatore di Aser, corruttore del servo di Gioele, che è un poco stolto e facilmente dominabile, continua ad essere un demonio. Dalla sua bocca odio e bestemmie, dal suo cuore odio e crudeltà. Ho visto anche lui… Volevo farlo buono. Rovinò su me come un avvoltoio e solo nella fuga, in me rapida e resistente perché giovane e sano, ebbi salvezza. Ma non dispero di salvarlo. Tornerò… Una, due, tante volte con soccorsi, con amore. Mi farò amare. Egli crede che io vada a schernire la sua rovina. Io vado per riedificarla. Se può giungere ad amarmi, mi ascolterà; se mi ascolterà, finirà per credere in Te. Questo voglio. Gli altri, oh!, fu facile perché da loro hanno meditato e compreso. E il servo è divenuto il semplice maestro dell’altro, perché nel servo è tanta fede, tanto desiderio di perdono.

   475.6Vieni, Signore! Io ho promesso loro di condurti a loro quando ti avessi incontrato».
   «Abele, il loro delitto era grande, molti delitti in uno. Poco è il tempo che hanno espiato…».
   «Grande è stato il tormento e il pentimento loro. Vieni».
   «Abele, essi ti volevano morto».
   «Non importa, Signore. Io voglio per loro la vita».
   «Quale vita?».
   «Quella che Tu dài, quella dello spirito, il perdono, la redenzione».
   «Abele, erano i tuoi Caini e ti hanno odiato come più non si può. Ti volevano levare tutto: vita, onore e madre…».
   «Sono stati i miei benefattori, perché per essi ho avuto Te. Io li amo per questo loro dono e ti chiedo che siano dove io sono, al tuo seguito. Voglio la loro salvezza come la mia, più della mia, perché più grande è il loro peccato».
   «Cosa offriresti a Dio in cambio della loro salvezza, se ti chiedesse un’offerta?».
   Abele pensa un momento… poi dice sicuro: «Anche me stesso. La mia vita. Perderei un pugno di fango per possedere il Cielo. Una perdita felice. Un acquisto grande, infinito: Dio, il Cielo. E due peccatori salvati: i primogeniti del gregge che spero condurti e offrirti, o Signore».
   Gesù fa un atto che non fa mai così in pubblico. Si china, perché è molto più alto di Abele, e prendendogli il capo fra le mani lo bacia sulla bocca dicendo: «Così sia», almeno credo che così voglia dire il suo «Maranata». E aggiunge: «Per i tuoi sentimenti ti sia fatto secondo che chiedono le tue parole. Vieni con Me. Mi condurrai. Giovanni, vieni con Me. E voi andate avanti. Per la via di Mageddo ad Engannim. Là mi attenderete, se ancora non mi avrete incontrato».
   «E predicheremo Te e la tua dottrina», dice l’Iscariota.
   «No. Mi attenderete. Semplicemente. Tenendo condotta di giusti e umili pellegrini e nulla più. Essendo fra voi come fratelli. E passerete, nell’andare, dai contadini di Giocana, dando loro ciò che avete e dicendo che il Maestro, se potrà, passerà da Jezrael all’aurora di due giorni da oggi. Andate. La pace sia con voi».

[83] mi hai salvato, in 248.5/11. Allo stesso episodio rimandano gli accenni che leggeremo in 476.6/7.