MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VIII CAPITOLO 527



DXXVII. Ignoranze e tentazioni nella natura umana del Cristo.

   8 novembre 1946.

   527.1Sono già sulle pendici dell’Uliveto e le tre coppie di apostoli lasciate a Gerico, a Tecua e a Betania sono di nuovo riunite al Maestro. Ma Giuda di Keriot è sempre assente e sottovoce gli apostoli ne parlano…
   Gesù è di una tristezza infinita. Gli apostoli, che lo notano, dicono fra loro: «È certo per Lazzaro. È proprio un uomo finito… E le sorelle fanno tanta pena… Il Maestro non si può neppure fermare in quella casa, con tanto astio che lo perseguita. Sarebbe stato un conforto per il malato e le sorelle, e anche per il Maestro».
   «Io non so capire perché non lo guarisce!», esclama Tommaso.
   «Sarebbe anche giusto. Un amico… Tanto aiuto che dà… Un giusto…», mormora Bartolomeo.
   «Ah! per giusto è proprio un giusto. In questi giorni io credo che tu te ne sia reso persuaso…», dice lo Zelote a Bartolomeo.
   «Sì, è vero. Ed è vero anche ciò che tu sottintendi. Non ero molto persuaso della sua giustizia… Con quella loro dimestichezza con i gentili, con l’educazione avuta dal padre che era molto, molto… dirò condiscendente a nuove forme di vita disformi dalle nostre…».
   «La madre era un angelo», dice reciso Simone Zelote.
   «Forse per questo essi sono dei giusti… Sorvoliamo sul passato di Maria. Ormai si è redenta…», dice Filippo.
   «Sì. Ma tutto questo mi faceva sospettoso. Ora sono proprio persuaso, e stupisco che il Maestro…».

   527.2«Mio fratello sa valutare i valori delle creature. Ne abbiamo sofferto noi pure per molto tempo, di una naturale, umana gelosia, vedendo esauditi più gli estranei che noi di famiglia. Ma adesso abbiamo capito che l’errore era nel nostro pensiero e la giustizia nel suo. Noi giudicavamo il suo modo di fare come indifferenza, e anche come svalutazione, incomprensione del nostro valore. Ora si è compreso. Egli preferisce attirarsi i deformi e gli informi. Egli… seduce, con i suoi mezzi infiniti, le anime più meschine, più lontane, più in pericolo. Vi ricordate la parabola[71] della pecorella smarrita? La verità, la chiave del suo modo di agire è in quella parabola. Quando Egli vede le sue pecore fedeli seguirlo o stare dove e come Egli vuole, il suo spirito riposa. Ma del suo riposo si serve per correre dietro alle smarrite. Lo sa che noi lo amiamo, che Lazzaro e le sorelle lo amano, che le discepole e i pastori lo amano, e perciò non perde il suo tempo con noi, in speciali prove d’amore. Ci ama sempre, noi. Ci ha sempre nel cuore. Noi stessi ci entriamo e non ci vogliamo uscire. Ma gli altri… i peccatori, gli smarriti!… Deve correre dietro ad essi, deve attirarli con l’amore e col miracolo, con la potenza sua. E lo fa. Lazzaro, Maria e Marta continueranno ad amarlo, anche senza miracolo…», dice Giacomo d’Al­feo.
   «Questo è vero. Però… Cosa avrà voluto dire col suo ultimo saluto? Avete sentito: “L’amore del Signore per voi si manifesterà in proporzione del vostro amore. E ricordatevi che l’amore ha due ali per essere perfetto, due ali tanto più smisurate quanto più è perfetto: la fede e la speranza”», dice Andrea.
   «Già! Che avrà voluto dire?», domandano in diversi.

   527.3Un silenzio. Poi Tommaso, con un grande sospiro, conclude un suo discorso interiore: «…Però non sempre la sua pazienza buona ottiene redenzioni. Anche io ho sofferto talora per la predilezione che mostra a Giuda di Keriot…».
   «Predilezione? Non mi pare. Lo rimprovera come ogni altro di noi…», dice Andrea.
   «Per giustizia, sì. Ma considera quanto più rigore meriterebbe quell’uomo…».
   «Questo è vero».
   «Ebbene, io ne ho sofferto delle volte. Ma ora capisco che lo fa certo perché… è il più informe fra noi».
   «Il più sciagurato, devi dire, Tommaso! Il più sciagurato. Voi credete che quella tristezza (e accenna a Gesù che se ne va avanti solo, assorto nella sua pena) sia data dalla malattia di Lazzaro e dalle lacrime delle sorelle. Io dico che viene dall’assenza di Giuda. Egli sperava di essere raggiunto per via da lui mentre andava a Betabara. Sperava almeno di ritrovarlo a Gerico, Tecua o a Betania al ritorno. Adesso non spera più. Ha la certezza del malfare di Giuda. Io l’ho sempre osservato… e ho visto che il suo viso ha preso quell’aspetto di assoluta derelizione quando tu, Bartolmai, hai detto: “Giuda non è venuto”», dice il Taddeo.

   527.4«Ma Egli sa le cose avanti che siano, ne sono certo!», esclama Giovanni.
   «Molte. Non tutte. Io penso che il Padre suo gliene tenga occulte alcune per pietà», dice lo Zelote.
   Gli undici si dividono in due partiti, chi accetta una versione e chi l’altra, e ognuno porta le sue ragioni a sostegno della propria.
   Giovanni esclama: «Oh! io non voglio ascoltare né l’uno, né l’altro, neppure me stesso! Siamo tutti poveri uomini e non possiamo vedere giusto. Vado da Gesù e glielo domando».
   «No. Potrebbe pensare ad altro e con questa domanda ricordare Giuda e soffrire di più», dice Andrea.
   «Ma no. Non gli dirò certo che parlavamo di Giuda. Dirò così… senza riferimenti».
   «Vai, vai! Gli servirà a distrarsi. Non vedete come è af­flit­to?», dice Pietro spingendo Giovanni.
   «Vado. Chi viene con me?».
   «Va’, va’ da solo. Con te parla senza ritegno. E poi ci dici…».

   527.5Giovanni va.
   «Maestro!».
   «Giovanni! Che vuoi?», e Gesù, con una luce di sorriso sul volto, cinge con un braccio il suo prediletto tenendolo vicino a Sé nel camminare.
   «Si parlava fra noi e si era incerti su una cosa. Questa: se Tu sai tutto il futuro, o se ti è in parte nascosto. Chi diceva una cosa e chi l’altra».
   «E tu che dicevi?».
   «Dicevo che era meglio di tutto chiederlo a Te».
   «E così sei venuto. Hai fatto bene. Questo almeno serve a Me e a te a godere un momento di amore… È tanto raro, ormai, poter avere un poco di pace!…».
   «È vero! Come erano belli i primi tempi!…».
   «Sì. Per l’uomo che siamo noi, erano più belli. Ma per lo spirito che è in noi sono migliori questi. Perché ora è più conosciuta la Parola di Dio e perché soffriamo di più. Più si soffre e più si redime, Giovanni… Per questo, pur ricordando i tempi sereni, dobbiamo amare maggiormente questi che ci dànno dolore, e col dolore ci dànno anime.

   527.6Ma rispondo alla tua domanda. Ascolta. Io non ignoro, come Dio. E non ignoro, come Uomo. Conosco il futuro degli avvenimenti, perché sono col Padre da prima del tempo e vedo oltre il tempo. Come Uomo esente da imperfezioni e limitazioni congiunte alla Colpa e alle colpe, ho il dono dell’introspezione dei cuori. Esso dono non è limitato al Cristo. Ma è in diversa misura di tutti quelli che, avendo raggiunto la santità, sono talmente uniti a Dio da potersi dire che non per sé operano, ma con la Perfezione che è in loro. Perciò posso risponderti che non ignoro come Dio il futuro dei secoli, e non ignoro come Uomo giusto lo stato dei cuori».
   Giovanni riflette e tace.
   Gesù lo lascia stare qualche momento. E poi dice: «Ad esempio, ora Io vedo in te questo pensiero: “Ma allora il mio Maestro sa esattamente lo stato di Giuda di Keriot!”».
   «Oh! Maestro!».
   «Sì. Lo so. Lo so e proseguo ad essere il suo Maestro, e vorrei che voi proseguiste ad essere i suoi fratelli».
   «Maestro santo!… Ma proprio sempre conosci tutto? Vedi, talora noi ci diciamo che ciò non è, perché Tu vai in luoghi dove trovi nemici. Prima di andarvi lo sai di trovarceli, e ci vai per combatterli col tuo amore, per vincerli all’amore, oppure… non lo sai e vedi i nemici soltanto quando li hai di fronte e ne leggi il cuore? Una volta Tu mi hai detto — eri tanto triste anche allora, e sempre per la stessa causa — che eri come uno che non vede…».
   «Ho provato anche questo martirio dell’uomo: il dover procedere senza vedere, affidandosi totalmente alla Provvidenza.

   527.7Io devo conoscere tutto dell’uomo. Meno la colpa consumata. E ciò non per barriera messa dal Padre mio alla carne, al mondo e al demonio, ma dalla mia volontà di uomo. Io sono come voi. Ma so volere più di voi. Perciò subisco le tentazioni, ma non cedo alle tentazioni. E in questo sta, come per voi, il mio merito».
   «Tentazioni Tu!… Mi pare quasi impossibile…».
   «Perché tu ne soffri poche. Sei puro e pensi che, essendolo Io più di te, non debba conoscere la tentazione. Infatti quella carnale è così debole rispetto alla mia castità, che non è giammai sensibile all’ io. È come se un petalo percuotesse un granito senza fessure. Scorre via… Se ne è stancato persino il demonio di avventarmi contro questo dardo. Ma, o Giovanni, non pensi quante altre tentazioni sono intorno a Me?».
   «A Te? Tu non sei avido di ricchezze, non di onori… Quali dunque?…».
   «E non pensi che ho una vita, degli affetti, e dei doveri anche, verso mia Madre, e che queste cose mi tentano a sfuggire il pericolo? Esso, il Serpente, lo chiama “pericolo”. Ma il suo vero nome è “Sacrificio”. E non pensi che ho dei sentimenti Io pure? L’ io morale non è assente in Me, e soffre delle offese, degli scherni, delle doppiezze. Oh! mio Giovanni! Non ti chiedi che schifo sia per Me la menzogna e il menzognero? Sai quante volte il demonio mi tenta a reagire a queste cose, che mi danno dolore, uscendo dalla mansuetudine, divenendo duro, intransigente? E infine, non pensi quante volte soffia il suo bruciante fiato di superbia e dice: “Gloriati di questo o quello. Sei grande. Il mondo ti ammira. Gli elementi ti servono!”. La tentazione di compiacersi di essere santo! La più sottile! Quanti perdono la santità già acquistata per questa superbia! Con che Satana ha corrotto Adamo? Con la tentazione al senso, al pensiero e allo spirito. E Io non sono l’Uomo che deve ricreare l’uomo? Da Me la nuova Umanità. Ed ecco che Satana cerca le stesse vie per distruggere, e per sempre, la razza dei figli di Dio.

   527.8Ora va’ dai compagni e ripeti le mie parole. E non pensare se Io so o non so ciò che fa Giuda. Pensa che ti amo. Non è sufficiente questo pensiero ad occupare un cuore?».
   Lo bacia e lo congeda. E rimasto solo di nuovo, alza gli occhi al cielo che si vede fra il fogliame degli ulivi e geme: «Padre mio! Fa’ che almeno, sino all’ultima ora, Io possa tenere occulto il Delitto. Ad impedire che questi miei diletti si sporchino di sangue. Pietà di loro, Padre mio! Sono deboli troppo per non reagire all’offesa! Che essi non abbiano odio in cuore nell’ora della Carità perfetta!», e si asciuga delle lacrime che solo Dio vede…

[71] parabola, narrata in 233.1/4.