MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 581



DLXXXI. A Betania nella casa di Lazzaro.

   18 marzo 1947.

   581.1Devono avere sostato a metà della via fra Gerico e Betania perché, quando arrivano alle prime case di Betania, l’ultima rugiada evapora sulle foglie e gli steli dei prati, e il sole sale ancora la volta del cielo.
   Gli agricoltori della zona gettano i loro arnesi e accorrono intorno a Gesù, che passa benedicendo uomini e piante, come gli agricoltori chiedono con insistenza. E delle donne e dei fanciulli accorrono con le prime mandorle, ancor avvolte nella lieve felpa verde-argento del mallo, e con gli ultimi fiori delle piante da frutto più tardive al fiorire. Osservo però che qui, nella zona di Gerusalemme, forse per l’altitudine, forse per i venti che vengono dalle cime più alte della Giudea, o non so per quale altra ragione, forse anche per diversità di piante, molti sono gli alberi da frutto che ancor fioriscono in gradazioni bianco rosate, sospese come nuvole leggere sul verde dei prati. Palpitano sotto agli alti tronchi le foglie tenere delle viti, come grandi farfalle di un prezioso smeraldo, tenute legate da un filo ai ruvidi tralci.

   581.2Mentre Gesù sosta alla fonte, che è dove la campagna si tramuta già in cittadina, e riceve là gli omaggi di quasi tutta Betania, accorrono Lazzaro con le sorelle e si prostrano davanti al loro Signore. Benché sia poco più di due giorni che Maria ha lasciato il suo Maestro, sembra siano secoli che non lo vede, tanto non si stanca di baciargli i piedi polverosi nei sandali.
   «Vieni, Signor mio. La casa ti attende per aver gioia dalla tua presenza», dice Lazzaro mettendosi a lato di Gesù mentre procedono[76] lentamente, per quanto lo consentono la gente che si affolla intorno ed i bambini che si attaccano alle vesti di Gesù e gli camminano davanti, rivolti verso di Lui a capo alzato, di modo che incespicano e fanno incespicare, tanto che Gesù per il primo, e poi Lazzaro e gli apostoli, prendono in braccio i più piccini per poter andare più svelti.
   Al luogo dove una stradella conduce alla casa di Simone Zelote, sono Maria con la cognata, Salome e Susanna. Gesù si ferma per salutare la Madre e poi prosegue sino al grande cancello spalancato, dove sono Massimino, Sara, Marcella e, dietro loro, tutti i numerosi servi della casa, cominciando da quelli di casa per finire ai servi contadini. Tutti in ordine, tutti lieti, irrequieti nella loro gioia, che prorompe in un osanna e in un agitare di copricapi e veli e in un gettar di fiori e fronde di mirto e d’alloro e di rose e gelsomini, che splendono al sole con le loro pompose corolle o si spargono come candide stelle sul bruno del terreno. Un odor di fiori sfogliati e di foglie aromatiche calpestate si alza dal suolo che il sole scalda. Gesù passa su quel tappeto di fragranze.
   Maria di Magdala, che lo segue guardando il suolo, si china, passo per passo, e sembra una spigolatrice che segua colui che lega i covoni, a raccogliere fronde e corolle e anche petali sfogliati, che sono stati premuti dal piede di Gesù.
   Massimino, per poter chiudere il cancello e dare pace agli ospiti, ordina che siano dati ai bambini dei dolci già preparati. Pratico modo di distrarre i fanciulli dal Signore e di poterli mandare via senza suscitare dei cori di pianti. E i servi eseguiscono portando fuori, nella via, cesti colmi di piccole focacce, sulle quali riposa una mandorla bianco-bruna.

   581.3E mentre i piccoli si affollano là, altri servi respingono gli adulti, fra i quali è ancora Zaccheo e i quattro dell’episodio di Gerico[77], ossia Gioele, Giuda, Eliel e Elcana, con altri che non so chi siano, perché, anche a protezione della polvere, che un vento piuttosto vibrato solleva dalla via, e del sole già forte, stanno tutti velati.
   Ma Gesù, già molto avanti, si volge e dice: «Attendete! Devo dire qualcosa a qualcuno». E si dirige ai fratelli di Giovanna e li prende in disparte dicendo: «Vi prego di andare da Giovanna e di dirle che venga a Me con quante donne sono con lei e con Annalia, la discepola di Ofel. Venga. Domani. Perché al tramonto di domani inizia il sabato ed Io voglio farlo con gli amici di Betania. In pace».
   «Lo diremo, Signore. E Giovanna verrà».
   Gesù li congeda e passa a Gioele: «Dirai a Giuseppe e Nicodemo che sono venuto e che il dì dopo il sabato entrerò in città».
   «Oh! Bada, Signore!», dice con affanno lo scriba che è buono.
   «Va’. E sii forte. Non deve tremare uno che segue la giustizia e crede nella mia verità. Ma gioire deve, perché è venuto il compimento della Promessa antica».
   «Ah! io fuggirò da Gerusalemme, Signore. Io sono un uomo di debole costituzione, lo vedi, e lo sai, e di questo sono schernito. Non potrei veder dei… delle…».
   «Il tuo angelo ti guiderà. Va’ in pace».
   «Ti… Ti vedrò ancora, Signore?».
   «Certo che mi vedrai ancora. Ma, sinché non mi rivedrai, pensa che il tuo amore mi ha dato tanta gioia nelle ore del dolore».
   Gioele gli prende la mano, che Gesù gli aveva posato sulla spalla, e se la preme sulle labbra; attraverso il velo sottile del copricapo baci e lacrime scendono sulla mano di Gesù.
   Poi si allontana, e Gesù va da Zaccheo: «Dove sono i tuoi?».
   «Sono rimasti alla fonte, Signore. Io ho detto a loro di rimanere là».
   «Raggiungili e vai con essi a Betfage, dove sono i miei discepoli più antichi e fedeli. Di’ a Isacco, loro capo, che si spargano per la città ad avvisare tutti i gruppi dei discepoli che la mattina dopo il sabato, verso l’ora di terza, Io, passando da Betfage, entrerò in Gerusalemme salendo solennemente al Tempio. Dirai a Isacco che è avviso per i soli discepoli. Egli comprenderà ciò che voglio dire».
   «Lo comprendo io pure, Maestro. Tu vuoi sorprendere i giudei perché non possano fare ostacolo alla tua entrata».
   «Così. Eseguisci. Ricorda che è incarico di fiducia quello che ti do. Mi servo di te e non di Lazzaro».
   «E questo mi dice come la tua bontà per me è senza misura. Io ti ringrazio, Signore». Bacia la mano al Maestro e se ne va.

   581.4Gesù fa per ritornare presso i suoi ospiti. Ma dal cancello dove gli ultimi stanno uscendo, sospinti fuori dai servi, un giovane si stacca e corre a gettarsi ai piedi di Gesù gridando: «Una benedizione, Maestro! Mi riconosci?», dice alzando il volto libero da ogni velo.
   «Sì. Sei Giuseppe detto Barnaba, il discepolo di Gamaliele che mi venne incontro presso Giscala[78]».
   «E che ti vengo dietro da molti giorni. Ero a Silo, venendo da Giscala, dove ero andato col rabbi in questi tempi che Tu eri assente e dove ero rimasto studiando i rotoli sino alla luna di nisam. Ero a Silo quando Tu parlasti e ti sono venuto dietro a Lebona e a Sichem, e ti ho atteso a Gerico perché avevo saputo che Tu…». Si arresta all’improvviso, come accorgendosi di dire ciò che doveva tacere.
   Gesù ha un sorriso mite e dice: «La verità sgorga impetuosa dalle labbra veritiere e molte volte supera le dighe che la prudenza mette davanti alle bocche. Ma Io finirò il tuo pensiero… “perché avevi saputo da Giuda di Keriot, rimasto a Sichem, che Io andavo a Gerico per riunirmi ai discepoli e dar loro i miei ordini”. E tu sei andato là ad attendermi senza preoccuparti di essere visto, di perdere tempo e di mancare al fianco del tuo maestro Gamaliele».
   «Egli non mi rimprovererà quando saprà che ho tardato per seguirti. Gli porterò in dono le tue parole…».
   «Oh! Rabbi Gamaliele non ha bisogno di parole. È il rabbi sapiente di Israele!».
   «Sì. Nessun altro rabbi può insegnargli nulla di ciò che è antico, nulla, perché tutto egli sa dell’antico. Ma Tu sì. Perché Tu hai parole nuove, piene della fresca vita di ciò che è nuovo. È come una linfa di primavera la tua parola. È rabbi Gamaliele che dice questo, aggiungendo che le sapienze ormai coperte dalla polvere dei secoli, e perciò disseccate e opache, tornano vive e luminose quando la tua parola le spiega. Oh! io gli porterò le tue parole!».
   «E il mio saluto. Digli che apra il suo cuore, il suo intelletto, la sua vista, il suo udito; e la sua più che due volte decenne domanda avrà risposta. Va’. Dio sia con te».
   Il giovane si curva di nuovo a baciare i piedi al Maestro e se ne va.

   581.5I servi possono chiudere definitivamente il cancello, e Gesù può riunirsi ai suoi amici.
   «Mi sono permesso di invitare qui, per domani, le discepo­le», dice Gesù mettendosi al fianco di Lazzaro sulle cui spalle posa il braccio.
   «Hai fatto bene, Signore. La mia casa è la tua, lo sai. Tua Madre ha preferito abitare nella casa di Simone. Ed io ho rispettato il suo desiderio. Ma spero che Tu starai sotto il mio tetto».
   «Sì. Per quanto… è tuo tetto anche l’altra casa. Una delle prime tue generosità per Me e per i miei amici. Quante me ne hai usate, amico mio!».
   «E spero potertene ancora usare per molto tempo. Per quanto questa parola sia errata, Maestro sapiente. Io non uso generosità a Te. Io le ricevo da Te. Sono io il debitore. E se davanti ai tesori che Tu mi hai dato io depongo un picciolo per Te, che è mai il mio misero dono rispetto ai tuoi tesori? “Date e vi sarà dato”, Tu hai detto[79]. “Misura scossa e premuta vi sarà versata in seno, e voi avrete il centuplo di quanto avete dato”, Tu dici. Io ho avuto il centuplo del centuplo sin da quando ancor nulla ti avevo dato. Oh! ricordo il nostro primo incontro! Tu, Signore e Dio che sono indegni di accostare i serafini, sei venuto a me, solo e afflitto… chiuso qui, nelle mie tristezze, all’uomo che era Lazzaro, sfuggito da tutti, se eccettuo Giuseppe e Nicodemo e il mio fedele amico Simone, che dalla sua tomba di vivo non cessava di amarmi… Non hai voluto che io avessi turbata la gioia di vederti dagli spruzzi corrosivi dello sprezzo del mondo… Il nostro primo incontro! Potrei dirti tutte le tue parole di allora… Che ti avevo dato, allora, se mai ti avevo visto, per avere da Te, subito, il cento di cento?».
   «Le tue orazioni all’Altissimo nostro Padre. Nostro, Lazzaro. Mio. Tuo. Mio come Verbo e come Uomo. Tuo come uomo. Quando tu pregavi con tanta fede, non mi davi già tutto te stesso? Tu dunque vedi che Io ti ho dato il centuplo, come è giusto, di ciò che tu mi davi».
   «La tua bontà è infinita, Maestro e Signore. Tu dài premio in anticipo, e con divina generosità, a coloro che il tuo pensiero conosce per tuoi servi prima ancora che essi sappiano di esser tali».
   «I miei amici, non servi. Perché in verità coloro che fanno la volontà del Padre mio e seguono la Verità che Egli ha mandato sono miei amici, non già miei servi. Più ancora, sono fratelli miei, essendo che Io faccio per primo la volontà del Padre. Chi dunque fa ciò che Io faccio è mio amico, perché solo l’amico fa spontaneamente ciò che fa il suo amico».
   «Così sia sempre fra Te e me, Signore.

   581.6Quando vai in città?».
   «La mattina dopo il sabato».
   «Io pure verrò».
   «No. Tu non verrai con Me. Ti dirò. Ho altre cose da chiederti…».
   «Ai tuoi ordini, Maestro. Anche io ho da parlarti…».
   «Parleremo».
   «Preferisci che il sabato lo si faccia fra noi, o posso invitare i comuni amici?».
   «Ti pregherei di no. Ho vivo desiderio di passare queste ore nell’amicizia prudente e pacifica di voi soli. Senza costrizioni di pensiero o di forme. Nella dolce libertà di chi è fra amici tanto cari da sentirsi fra essi come fosse nella sua casa».
   «Come vuoi, Signore. Anzi… Io desideravo questo. Ma mi pareva egoismo verso i miei amici. Tutti inferiori in amicizia a Te, Amico solo, ma sempre cari. Ma se così Tu vuoi… Forse sei stanco, Signore. O pensieroso…». Lazzaro interroga più con lo sguardo che con le parole il suo Amico e Maestro, che non gli risponde altro che con la luce dei suoi occhi un poco mesti, un poco assorti, e col parco sorriso della bocca.
   Sono rimasti soli presso la vasca che canta col suo zampillo… Gli altri, tutti, sono entrati in casa e si sentono voci e rumor di stoviglie…
   Maria di Magdala due o tre volte sporge la sua testa bionda fuor dalla porta velata da una tenda pesante, che ondeggia lievemente al vento che cresce mentre il cielo si copre di nubi scapigliate, sempre più cupe.

   581.7Lazzaro alza il capo a scrutare il cielo. «Forse avremo temporale», dice. E aggiunge: «Servirà ad aprire le gemme ribelli che stentano molto quest’anno… Forse sono stati i rigori tardivi che hanno ritardato i germogli. Anche i miei mandorli hanno sofferto, e molto frutto si è perso. Mi diceva Giuseppe che un suo orto fuor della Giudiziaria sembra affatto sterile quest’anno. Gli alberi vi trattengono le gemme, come per un sortilegio gettato su esse[80]. Tanto che è incerto se lasciarle o venderle come legna. Nulla. Non un fiore. Come erano a tebet, così ora. Capolini di gemme duri, serrati, che non gonfiano mai. Vero è che il vento di settentrione picchia forte in quel luogo, e molto se ne ebbe nell’inverno. Anche il mio orto oltre il Cedron fu danneggiato nei suoi frutti. Ma è così strano il fenomeno dell’orto di Giuseppe che molti vanno a vedere quel luogo che non vuole ridestarsi a primavera».
   Gesù sorride…
   «Sorridi? Perché?».
   «Per la puerilità di quegli eterni bambini che sono gli uomini. Tutto ciò che ha apparenza di strano li affascina… Ma il frutteto fiorirà. Al giusto tempo».
   «È già passato il giusto tempo, Signore. Quando mai a luna di nisam più e più alberi, raccolti in un luogo, non mostrano di aver fiorito? Quando deve attendere a farlo quel luogo perché sia giusto il momento?».
   «Quando sarà da dare gloria a Dio col loro fiorire».
   «Ah! ho capito! Tu andrai là, a benedire quel luogo, per amor di Giuseppe, ed esso fiorirà dando nuova gloria a Dio e al suo Messia con un nuovo miracolo! È così! Tu vai là. Se vedo Giuseppe glielo posso dire?».
   «Se credi doverlo dire… Sì. Io andrò là…».
   «In che giorno, Signore? Vorrei esserci io pure».
   «Anche tu sei un eterno bambino?».
   Gesù sorride più vivamente, crollando il capo con bonomia davanti alla curiosità dell’amico che esclama: «Oh! sono lieto di averti rallegrato, Signore. Rivedo il tuo viso luminoso di un sorriso che da tempo non vedevo più! Allora… vengo?».
   «No, Lazzaro. Per Parasceve tu mi sarai necessario qui».
   «Oh! ma per Parasceve solo della Pasqua ci si occupa! Tu… Maestro, perché vuoi far cosa che ti sarà rimproverata? Va’ in altro giorno là dentro…».
   «Sarò costretto ad andare proprio in Parasceve là dentro. Ma non sarò solo Io a fare cose che non sono preparazione alla Pasqua antica. Anche i più rigorosi d’Israele, un Elchia, un Doras, Simone, Sadoc, Ismaele e perfino Caifa ed Anna faranno cose del tutto nuove…».
   «Impazza dunque Israele?!».
   «Lo hai detto».
   «Ma Tu… Oh! ecco che piove. Entriamo in casa, Maestro… Io… sono pensieroso… Non mi spiegherai…».
   «Sì. Prima di lasciarti ti dirò…

   581.8Ecco tua sorella che teme l’acqua per noi e accorre con un panno pesante… Oh! Marta! Sempre previdente e attiva tu. Ma non è molta la pioggia».
   «La mia sorella cara! Anzi, le mie sorelle. Ora sono tutte e due come due tenere fanciulle ignare di ogni malizia, Maria come questa. E quando venne Maria da Gerico, ieri l’altro, proprio una fanciulla pareva, con le trecce giù per la persona, avendo venduto le sue forcine per i sandali di un fanciullo ed essendo insufficienti le sottili forcine di ferro a sorreggere la sua capigliatura. Rise, dicendomi nello scendere dal carro: “Fratello mio, ho conosciuto cosa è dover vendere per comperare e come sono difficili al povero anche le cose più semplici, come tenere a posto i capelli con forcine di venti a una didramma. Me lo ricorderò per essere ancor più misericordiosa ai miseri in avvenire”. Come l’hai cambiata, Signore!».
   Quella di cui stanno parlando, mentre mettono piede nella casa, è già lì pronta con anfore e catini per servire il suo Signore. Non cede a nessuno l’onore di servirlo, e non è paga sinché non ha dato tutti i ristori alle membra e alle viscere del suo Maestro, e lo vede andare con sandali freschi verso la stanza che gli è destinata e dove lo attende sua Madre con una fresca veste di lino, ancor fragrante di sole…

[76] procedono, mancante sul manoscritto, è aggiunto da MV su una copia dattiloscritta; consentono, invece di consente, è correzione nostra.
[77] dell’episodio di Gerico, ossia è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta. (Si tratta delle persone presentate in 580.1.)
[78] mi venne incontro presso Giscala, in 471.3.
[79] hai detto, in 171.4 (ultime righe).
[80] esse dovrebbe intendersi le piante (non le gemme ) per poter capire la frase che segue.