MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 6


Quarta domenica di Quaresima


31 marzo 1946

   Introito: Isaia 66, 10-11; Salmo 122 (121), 1.
   Orazione: Fa', te ne preghiamo o Signore, che, giustamente afflitti a causa delle nostre azioni, possiamo respirare per la consolazione della tua grazia.
   Epistola: Galati 4, 22-31.
   Graduale: Salmo 122 (121), 1.7.
   Tratto: Salmo 125 (124), 1-2.
   Vangelo: Giovanni 6, 1-15.
   Offertorio: Salmo 135 (134), 3.6.
   Segreta: Riguarda placato, te ne preghiamo Signore, il presente sacrifizio, affinché giovi alla nostra devozione e salute.
   Comunione: Salmo 122 (121), 3-4.
   Dopocomunione: Dàcci, te ne preghiamo o Dio misericordioso, di trattare con sincero rispetto i tuoi santi misteri, dei quali siamo continuamente ripieni, e di riceverli con animo fedele.
  

   Dice Azaria:
   «Perché, di che si deve rallegrare Gerusalemme? Forseché della sua lunga vita? Non già. Ma di essere vitale per la sua unione con il Cristo che la nutre coi suoi doni e la ingemma coi suoi santi. Se di natura soprannaturale non fosse, non avrebbe questi doni e questi santi, e perirebbe come tutto quanto è nato per opera d'uomo, tutto quanto dura un tempo relativo e poi, per lotte di nemici, si indebolisce e muore.
   Ma la Gerusalemme terrena non è divisa dalla Gerusalemme celeste, e i cittadini di quella celeste sono con la Gerusalemme terrestre per confortarla, aiutarla, difenderla dal livore del Male che contro lei si lancia per abbatterla, senza riuscirvi peraltro.
   Ma non sono solo gli aiuti celesti quelli che le mantengono vita. Il Ss. Signore Gesù ha promesso che nulla prevarrà su di Essa. Basterebbe questa promessa a difenderla. Perché le promesse di Dio sono sempre attive. Ma Dio, pur bastando da Sé stesso a compiere qualunque prodigio, non spoglia i suoi figli del diritto di cooperare agli interessi del Padre, del diritto di contribuire alla prosperità della Casa del Padre.
   E la Chiesa è la grande dimora del Padre, di Dio, sulla Terra. Non è più il vasto Tempio sul monte di Gerusalemme, vasto, ma un nulla rispetto alla Terra, un super nulla rispetto al Creato. Non è più ciò la Casa attuale del Padre. Essa ha allargato i suoi padiglioni dall'uno all'altro Polo, ad oriente e ad occidente; ed essi ormai sono sparsi su tutta la Terra, e dovunque è, con amore o con odio, conosciuto il nome di Dio e di Gesù Salvatore. E dovunque è un altare a santificare i continenti, a riunirli nel segno santo. E dovunque si celebra un Sacrificio non di arieti o di agnelli, ma delle Carni Ss. dell'Agnello divino, immolato per lavare col suo Sangue gli stipiti e i limitari della Terra, luogo di esilio, e farne già un piccolo Cielo, perché gli uomini esuli siano meno esuli dal luogo eterno per cui Dio li aveva creati, e possano avere aiuto e sprone dalle gioie che gustano ai piedi di un altare, alla Mensa del Pane soprasostanziale. Così si è dilatata la dimora del Padre! La Gerusalemme terrestre ha allargato le sue mura, sparso i suoi eserciti pacifici e i suoi maestri perché dovunque fosse noto il Nome che è sopra di ogni altro e davanti al cui suono si curvano in ginocchio i figli di Dio, quale che sia la loro razza, lingua, latitudine e costume.
   Orbene, non sono dunque anche questi cittadini di una così vasta città, quelli che coi loro sacrifici e le loro orazioni cooperano col Padre per il trionfo della stessa contro l'Inferno e i suoi seguaci? Sono anche questi cittadini.
   Come le mistiche acque che Ezechiele vide sgorgare da sotto la porta del Tempio, e che all'inizio sono alte quanto dal suolo ad una caviglia, e poi crescono fino ad arrivare ai ginocchi, e poi tanto sono alte che sommergerebbero una statura d'uomo, così sono i meriti dei santi sulla Terra. All'inizio della Chiesa erano pochi, perché pochi erano i cittadini della Chiesa militante e poco potevano spingersi a fecondare le aride sabbie e le amare paludi. Ma poi, nei secoli e secoli, e per martiri, e per vergini, e per confessori, noti ed ignoti sulla Terra, ma tutti noti a noi dei Cieli, le acque sono cresciute. Si sono riversate nell'alveo iniziale, nato sul Golgota, dall'acqua gemuta da un Cuore squarciato oltre la morte, e hanno aumentato la Ss. onda con le loro onde di meriti. E il piccolo torrente si è fatto gran fiume, sempre più grande, capace di spingersi e penetrare, con la massa imponente delle sue acque, anche nei deserti più lontani, nelle più pestifere paludi, e purificarle, e fare fertili le sabbie, permettendo il sorgere di alberi fruttiferi, che non conoscono perdita di foglie o sterilità di frutti, alberi buoni, atti a nutrire, a guarire, a legittimare i figli bastardi, dando loro il Nome benedetto che viene dal Fondatore della Chiesa: "cristiani di Roma, sede del Papato fondato da Gesù Ss. sulla sua Pietra".
   Ecco, o figli benedetti della Gerusalemme terrena, di che avete a rallegrarvi con Essa che vi è Madre e con Dio che vi è Padre! Di essere coloro che con la loro fedeltà ed eroismo contribuiscono a mantenere potente il fiume della sua espansione bonificatrice e a farlo attivo. Onde l'invito dell'introito non è solo parola, ma è parola di verità, ma è già premio, e promessa di un premio più grande.
   L'Eterno vede le vostre opere ed i vostri cuori. Numera gli affetti e sentimenti santi. Vi vede ansiosi del materno trionfo, tristi del disamore e della misconoscenza colpevole dei figli che, dopo essere stati della Casa, escono dalla Casa paterna, o della ignoranza dolorosa, ma non colpevole come la misconoscenza, di quelli che ancora ignorano il Dio vero, e vi fa dire: "Voi che amate la Chiesa, rallegratevi con Lei, godete con letizia, voi che foste in tristezza, esultate e saziatevi alle fonti della sua consolazione, perché voi, che per Essa avete amore attivo, avete diritto a succhiare al suo seno mentre già qui, in Cielo, è pronto, nella Gerusalemme celeste, il vostro posto al banchetto dell'Agnello, al banchetto dei trionfatori eterni, che vi siete meritato per il vostro lavoro spirituale e materiale a pro della Madre Chiesa che è la Sposa del Verbo".
   E se ciò è per tutti i fedeli che versano il contributo delle loro opere sante nel fiume della Comunione dei santi, con speciale misura sarà per voi, dilette "voci", che alle opere comuni aggiungete il martirio di essere "voci". Il multiforme martirio della vigilanza soprasensibile per essere sempre pronti ad intendere, distinguere e combattere. Intendere le voci che vi vengono dall'Oltre Terra. Distinguerle per non confondere il mendace e così seduttore parlare di Satana, dal più reciso ma veritiero parlare delle voci buone. Combattere la superbia che potrebbe insinuarsi dietro alla umiltà che dice: "Dio parla alla sua serva". Insinuarsi serpentina come Lucifero dal quale è nata per zufolare in sordina "... perché io ho meritato questo".
   Oh! che martirio di vigilanza continua, di ubbidienza continua, di sforzo continuo, dovete mai fare, care "voci" che Dio ha beneficato e crocifisso in questa missione! E martirio di contraddizioni dolorose da parte degli uomini ciechi e superbi che non vogliono vedere Dio ed ammettere che Dio possa compiere questo miracolo d'amore. E martirio di derisioni, di curiosità, di immeritati castighi. E martirio di vedere l'inerzia delle anime che non si scuotono neppure davanti a queste parole che vengono da Dio. E martirio di non potere andare dai veri "poveri", dai veri "affamati", dai veri "ignoranti", dicendo: "Ecco, non siate più poveri, affamati, ignoranti. Qui c'è tesoro, c'è cibo, c'è sapienza. Viene da Dio. Egli ve la dà per i vostri dolori, per i vostri dubbi, per le vostre solitudini. Perché vi ama. Perché ha pietà di tutti gli uomini. Perché è Padre. Prendete e santificatevi col dono di Dio".
   Siete gli apostoli incarcerati, o "portavoce", che non potete far nota agli uomini la parola santa. Il tesoro che avete fra le braccia vi porta al Cielo. Ma per voi stessi. Quando, dopo avere goduto l'estasi del riceverlo - fino ad averne compartecipe la carne, tanto è violento l'uragano dolcissimo e fiammeggiante che si è abbattuto su voi, per spogliarvi di tutto ciò che è umanità e farvi comprendere che l'umanità è miseria fugace, mentre solo valore ha ciò che è eterno e spirituale, e così, consci, rapirvi sempre più in alto, nelle sfere caritative e contemplative - quando, dopo avere goduto l'estasi, abbassate lo sguardo dal Fuoco, dalla Sapienza, dalla Potenza alla povera umanità che brancola misera, ignorante, assiderata, per le vie della Terra e degli Errori - e sapete ciò che la salverebbe, questa umanità, e le darebbe sapienza, ricchezza, vita, calore, e non potete dare il tesoro in cui molti troverebbero la Via, la Verità, la Vita, invano, invano cercati altrove - allora subite il martirio della carità verso Dio, non conosciuto e amato, e verso il prossimo che vedete morire senza pace e che vi è impossibile soccorrere, incarcerati come siete da una categoria di uomini che la carità mi impone di non classificare, e [subìte?] l'indifferenza ignara od ostile dell'altra più vasta categoria: quella stessa dei bisognosi della Parola e della Conoscenza, che stendono le mani a tutti i "pomi di Sodoma" del lorodeserto e si trovano il nulla nelle mani. Perché quei pomi, come quelli del deserto di Giudea, sono vuoti sotto la bugiarda apparenza. Ma non stendono le mani agli alberi della Vita che crescono in mezzo alla piazza della Città Celeste e sui lati del fiume d'acqua viva che scaturisce dal trono di Dio e dell'Agnello, come lo vide l'angelo Giovanni, apostolo del Signore, e che portano i dodici frutti, e dànno, mese per mese, questi frutti eterni ai beati cittadini della Città della Santità e della Gioia sublime.
   E allora piangete come il Cristo e con Cristo, dicendo le parole sue sulla città ostile: "Oh! se anche voi conosceste quello che giova alla vostra pace! Ma è celato agli occhi vostri dalla crosta dei vostri peccati e voi non ve la volete levare, questa crosta che vi fa ciechi, e guardare la Luce!".
   Ma consolatevi, o voci. Voi potete rallegrarvi. Perché a voi è detto: "Andrete nella casa del Signore". Sì. Vi andrete se persevererete nelle virtù come vi viene insegnato. Allora per "le vostre azioni" purificate e divenute, da umane: sante, potrete "respirare per la consolazione della Sua Grazia" ed essere beati perché la Sua Grazia è beatitudine.
   Ed ora leggiamo S. Paolo.
   Anche l'eterno Abramo ha due specie di figli. Quelli della schiava e quelli della libera.
   Chi è l'eterno Abramo? Molti potrebbero dirti questo o quello. Io ti dico di dare qui il nome di Abramo eterno all'Eterno, Padre di una moltitudine straordinaria e duratura, di progenie in progenie, fino alla fine dei secoli. L'eterno Abramo si è congiunto all'Umanità,metaforicamente parlando, per generare figli che del Padre hanno l'immagine e somiglianza soprannaturale e della madre avrebbero dovuto avere la somiglianza naturale, perfetta come il Padre e Creatore dell'Umanità aveva data ai primi semi dell'Umanità.
   Nella prolificazione usuale delle razze, sia umane che animali, si vede che i caratteri somatici familiari si fanno più marcati quando due stretti parenti si uniscono generando figli che fissano, dirò così, fortemente le caratteristiche dei genitori, fra loro consanguinei.
   Or dunque che sempre aumentabile perfezione di somiglianza divina sarebbe venuta nei figli nati dal Padre Creatore e dall'Umanità da Lui creata! Meravigliosa somiglianza! Ma per averla doveva l'Umanità conservare intatta la sua somiglianza del Padre. Invece la forma perfetta fu deturpata da Lucifero, e nell'esterno e nel profondo, e la somiglianza non crebbe, non si perfezionò, ma anzi ebbe lacune, regressi, ebbe aspetti diversi nei figli di Dio e dell'Umanità, di modo che dal seno che generò l'angelico Abele, in cui era palese la somiglianza divina, già era uscito il satanico Caino, nel quale era palese la prostituzione dell'Umanità al Seduttore. E sempre, sempre così, nei secoli. Anche dopo che l'innesto di Cristo fu sulla pianta imbastardita dell'Umanità.
   Or dunque l'eterno Abramo ebbe due figli: uno dalla schiava e uno dalla libera. I due rami dell'Umanità. E il figlio della schiava - attenta bene - nacque secondo la carne, mentre quello della libera nacque in virtù della promessa, ossia secondo lo spirito.
   Credi che l'allegoria sia stata solo per quel tempo? No. È realtà che si perpetua. Tuttora nei figli del Creatore, dell'eterno Abramo - perché figli del Creatore sono tutti gli uomini, essendo Egli il Datore della vita - vi sono i due grandi rami. Quello dei nati dallo spirito e quello dei nati dalla carne.
   E questi ultimi sono nemici ai primi e nemici di Dio e delle due Gerusalemmi, perché non della Religione santa e del Regno santo sono, ma dell'Arabia, ossia del popolo pagano, e più ancora: satanico, che adora Satana, la carne, il mondo, le concupiscenze in luogo di Dio, che segue le male dottrine in luogo della Religione di Dio, che si perverte e scende, scende, scende sempre più in basso, e dal suo basso esala fetori e lancia strali ai figli dello spirito, per traviarli, ferirli, torturarli, per nuocere, nuocere, dare dolore, dare morte, spogliare il Padre dei suoi figli più cari...
   Oh! profanazione che penetri per ogni dove, e come strumento di guerra - e guerra è, satanica guerra alla quale degli uomini si prestano a far da strumento e milizia - sgretoli, abbatti, sommergi, spegni!.... Ma chi spegni? Quelli che hanno lasciato posti vuoti nel loro spirito, nel loro intelletto, coloro che credono di essere completi perché sono stipati di formule, di preconcetti, di superbie, e non sanno che ciò è fumo ed ènuvola che cedono subito ad un turbine che li disperde, occupando quei posti, lasciati vuoti dalle disperse formule, preconcetti, superbie, razionalismi, egoismi, settarismi e così via, dalle dottrine umane insomma, con formule, assiomi, superbie, dottrine ancor più letali: con cose sataniche. Perché è Satana che lavora dove vi sono posti vuoti di Dio.
   Pregate per questi figli della novella Agar: dell'Umanità schiava di Satana.
   E per voi, per voi, figli della libera, nati dallo spirito, perseguitati per questo, ma non vinti in eterno, perché ogni persecuzione cade ai piedi delle barriere di Dio - ed esse barriere sono il possesso assoluto da parte di Dio del vostro cuore, che riconosce Dio per suo solo Signore e Lui solo serve, e le soglie dell'Al di là - io dico: non temete.
   Non temete! L'uomo e Satana potranno ferire la carne. Ma voi lo sapete! Essa è transitoria. Lo spirito dei liberi è tetragono ai veleni e agli strali satanici e umani. Solo se vi voleste, di vostra libera volontà, fare schiavi, potrebbero nuocervi. Non mai finché siete i "liberi" di Dio.
   È Dio stesso che ve li allontana i nemici, ne circoscrive le opere malvage. Dio: il Padre vostro. Dio che, come dice la Scrittura, da eterno Abramo, caccia lungi dai suoi padiglioni i figli dell'Umanità, schiava di tutto ciò che non è Dio e che andrà errando, di punizione in punizione, per deserti sempre più aridi perché, peggiore di Agar, sotto il castigo meritato non si converte, ma imbestia sempre più, e non piange, pentendosi, ma bestemmia allontanandosi sempre più dai pozzi dell'acqua di Vita.
   Siete figli della libera. Ricordatevelo, o cristiani. Siete sommamente "figli della libera", ricordatevelo voi, o "voci" che Gesù Ss. ha affrancato anche dalla schiavitù della relatività e materialità umane, dandovi vista e udito soprannaturali per farvi conoscere le verità più segrete, le dottrine più perfette, e vedere il Signore, conoscerlo come di più non lo può la creatura sulla Terra, e trasalire della gioia che sarà vostra - e nostra già è - della gioia che sarà vostra quando, cessato il Tempo per voi, sarete ammessi alla beata Eternità.
   Grida, grida tu pure, tu che da ieri sera sei fuori di te per la gioia che ti viene dal Cielo, grida: "Mi sono rallegrato per ciò che mi è stato detto!". E come gioiosamente te l'ho detto, piccolo Giovanni del mio Signore! Piccolo, piccolo Giovanni che il mio Signore ha cinto di monti a custodirti, e ti ha fatta colma di pace e di abbondanza! Loda il tuo Signore! Lodiamolo insieme perché "è buono"; cantiamo inni al suo Nome perché è "soave". Benediciamolo perché tutto quello "che ha voluto fare lo ha fatto, in Cielo, in Terra" e nel cuore dei suoi figli fedeli. Benediciamo il Signore!»
   "A Dio le grazie!".
   «Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo!».