MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 165


3 novembre 1943

   Dice Gesù:
   «Ho taciuto ieri per lasciarti modo non di riposare, ma di ubbidire. Il Padre ti ha detto di scrivere le tue impressioni e il modo come mi senti. Le tue forze e il tuo tempo essendo limitati, se fai una cosa non puoi fare l’altra. E allora ti ho lasciata quieta per darti modo di ubbidire. Il Padre non te ne ha dato un comando, ha soltanto espresso un desiderio. Ma per i veri ubbidienti anche un desiderio diviene comando.
   L’ubbidienza ha più valore della parola, anche se è parola scritta sotto mia dettatura. Perché la parola la udite e scrivete, ma non è vostra; la ripetete, ma non è vostra. L’ubbidienza invece è vostra. È il caso di dire:[522] “Lasciatela fare, perché i poveri li avete sempre e Me non sempre mi avete”. I poveri, a cui dare la parola, li avete sempre. L’occasione di spargere prezioso aroma di santa ubbidienza, sfidando i commenti degli altri, non sempre l’avete.
   E sappiate che l’ubbidienza è stata la virtù del Verbo, destinato ad esser Uomo e a divenire il Redentore. L’amore, la potenza, la perfezione, la sapienza sono comuni alle Tre Nostre Persone. Ma l’ubbidienza è mia, esclusivamente mia. Ho ubbidito nell’incarnarmi, nel farmi povero, nello stare sottomesso agli uomini, nel compiere la mia missione di evangelizzatore, nel morire.
   Perciò quando ubbidite, sia agli uomini nelle relative ubbidienze, sia a Dio nelle grandi ubbidienze che implicano rinunce e sacrifici di sangue e accettazioni di morte, talora morte atroce, siete simili a Me che fui ubbidiente fino alla morte,[523] che fui l’Ubbidiente per eccellenza, l’Ubbidientissimo divino.
   Seconda a Me nell’ubbidienza fu la dolce Madre che ubbidì sempre, e col suo amoroso sorriso, ai voleri dell’Altissimo.
   Terzo fu il casto mio padre della Terra, che nella sua forza virile fece dei ricami di ubbidienza, piegò anzi la sua forza virile e il suo senno di giusto come filo di seta per inchinarli ai voleri di Dio.
   Perciò chi ubbidisce, ubbidisce ai tre più ubbidienti del mondo e li avrà amici qui e oltre, nel Cielo.»
   E ora mi sforzo a descrivere le fasi e i modi per cui viene a me e da me è scritta la parola della cara “Voce”.
   Delle volte, quando è notte, nel mio dormiveglia - più veglia che sonno, perché sento contemporaneamente quanto avviene in stanza o in strada - sento la Voce dirmi più e più volte una frase, quasi per invitarmi a sedermi e scrivere. Se ho forze fisiche sufficienti mi siedo e, lottando con la sonnolenza e i dolori, mi metto a scrivere.
   Allora[524] alla frase o alle poche frasi iniziali si susseguono, come un filo che si dipana, le altre, e cessa la sofferenza provocata dal contrasto dell’anima tesa in ascolto, e che vorrebbe essere servita dal corpo, e del corpo fiaccato che ricusa di servire l’anima uscendo dal riposo per scrivere.
   Delle volte, invece, è così prepotente la “Voce” - la quale, insieme al suono, mi deve comunicare delle volte una forza speciale che dura per quanto dura il bisogno di essa - che devo sedermi subito e scrivere subito, o, se è giorno, smettere qualunque cosa io faccia per scrivere.
   Molte volte avverto l’avvicinarsi del momento di ammaestramento, e perciò di vicinanza col Maestro, da una specie di scossa, di penetrazione, di infusione, non so come spiegarmi per essere esatta. Insomma è qualcosa che entra in me e mi dà una gioia luminosa. Insisto sul “luminosa” perché è proprio come se da posto ombroso io passassi nel tepore e nella letizia del sole.
   Ma questo non avviene sempre. Sono questi i momenti più alti, come lo sono quelli in cui alle parole si unisce la vista mentale di ciò che Egli descrive (come quando mi mostrò[525] Maria nella sua gloria nel Paradiso). Generalmente è una vicinanza, molto vicina. Ma sempre vicinanza.
   Le lezioni poi sono così.
   Qualche volta, come stamane per il brano che le unisco su foglietto staccato,[526] nulla giustifica e provoca quella data istruzione. Per esempio, questa mattina io ero lontana le mille miglia da quel pensiero. Non pregavo, ero anzi intenta ad una occupazione tutta materiale connessa a speciali bisogni miei di malata. Dico questo per dirle quanto ero lontana da pensare a cose mistiche. La “Voce” principiò a parlare senza tenere conto di nulla. Poi attese, dopo avermi dato, dirò così, la prima battuta, che avessi finito quell’occupazione. Poi mi spinse a scrivere, e mi fece capire di prendere un mezzo foglietto, che sarebbe bastato. Io avevo in mano un foglio intero, ma me lo fece posare. Come vede, infatti, è bastato.
   La prima frase, detta mentre non potevo scrivere, era: “L’ubbidienza ha più valore della parola. L’ubbidienza è stata la virtù del Verbo”. Dopo, su quel tema iniziale, Gesù, quando potevo ormai scrivere, dettò, così come le ho scritte nel foglietto, le sue parole.
   Altre volte invece inizia la lezione spontaneamente, facendomi aprire a caso il libro che vuole Lui e nel quale mi presenta subito la frase, sulla quale svolge poi l’ammaestramento più o meno lungo. Delle volte si serve di un libro qualsiasi, di un giornale magari, dal quale Egli trae insegnamento.
   Ci sono poi i giorni in cui non parla, e allora sono così infelice che mi pare di essere un bimbo che non ha più presso la mamma e la cerca da tutte le parti e la chiama. Anche io lo chiamo e lo invito aprendo qua e là la Bibbia. Ci sono dei giorni che sta inesorabilmente zitto ed io ho una gran voglia di piangere. Ce ne sono altri che, dopo avermi fatto passeggiare su e giù senza darmi ascolto, si arrende, e allora sento quella tale sensazione detta in principio, per cui mi accorgo che la grazia viene.
   Noti che, mentre prima ero capace di fare meditazioni per conto mio - povere meditazioni se confrontate a quelle che ricevo ora - adesso io sono assolutamente incapace di fare da me. Ho un bel concentrarmi in un punto. Non ci ricavo nulla e il Maestro generalmente non mi spiega mai il punto che vorrei spiegato in quel momento. Spiega ciò che vuole e nella maniera più lontana da come lo avrei spiegato io e da come di solito è spiegato.
   Ugualmente non sono più capace di interessarmi di libri di lettura. Io, lettrice accanita, lascio ora stagnare i libri senza aprirli. Se li apro, dopo poche righe mi stanco e li chiudo. E non mi stanco per leggere. Mi stanco perché mi sono cibo insipido o disgustoso.
   E così le conversazioni abituali. Sono una vera fatica. Vorrei stare sola e zitta, perché le chiacchiere mi disturbano molto e mi paiono più insulse che mai. Devo compiere prodigi di carità per sopportare il mio prossimo che si studia di farmi compagnia e col suo stare lì mi vieta la Compagnia a me cara, l’unica che desidero e che l’anima sopporta: quella di Gesù o di persona che, come è lei, non è ignara del mio segreto.
   Ma chi sono queste persone? Lei,[527] Marta, Paola e suo padre. Quest’ultimo capisce per uno e per 99 non capisce, e perciò... Ne restano tre. Ma Marta è sempre in moto e alla sera è così stanca che piomba nel sonno. Perciò lei e Paola. Vicino a voi, e specie a lei, riposo e godo. Ma gli altri mi sono fatica e pena.
   Riguardo al libro del Ricciotti, fin dal primo momento che l’ho sfogliato non mi è piaciuto. Ben tradotto come Cantico. Ma le ragioni dell’autore... sono proprio di quelle che non posso più assimilare. Inoltre, con l’insistenza di un ritornello, la Voce mi sussurra: “Non ti occupare di quel lavoro. Non voglio”. Non dice altro. Ma, vedendo che insiste, mi decido a dirle che non leggerò più là di quanto ho letto e, le confesso, non ne provo dolore perché, le ripeto, mi sembra di masticare della paglia.
   Ecco fatto. Ecco ubbidito.

[522] dire, come in Matteo 26, 10-11; Marco 14, 6-7; Giovanni 12, 7-8.
[523] fino alla morte, come dice san Paolo in Filippesi 2, 8.
[524] Allora… Accanto a questo capoverso la scrittrice inserisce 3-11, quasi per annotare di essere passata al giorno dopo.
[525] mi mostrò, nella “visione” descritta il 12 settembre.
[526] foglietto staccato, che si trova inserito nel quaderno autografo e sulle cui due facciate è scritto il “dettato” del 3 novembre.
[527] Lei è Padre Migliorini (note in calce al 22 aprile, al 13 agosto e al 4-5 ottobre); Marta è Marta Diciotti (nota in calce al 3 giugno); Paola e suo padre sono i Belfanti menzionati negli scritti dei due giorni precedenti.