MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

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QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 49


5 luglio 1943

   Dice Gesù:
   «La mia Chiesa è simile ad un grande giardino che circonda il palazzo di un grande re.
   Il re, per motivi suoi, non esce dal palazzo e perciò, dopo avere seminato i fiori e le piante più belle, ha delegato un giardiniere a tutelare la sua Chiesa. Il giardiniere, a sua volta, ha molti aiutanti che lo coadiuvano.
   Nel giardino vi sono fiori e piante di tutte le specie. Dal re furono sparpagliate sulle aiuole, per renderle fertili, tutte le sostanze fertilizzanti, e una volta fiorivano solo fiori e piante utili e belle. Nel centro del giardino è una fontana dalle sette bocche, che manda i suoi canali per ogni dove e alimenta e ristora piante e fiori.
   Ma il Maligno, nell’assenza del re, è entrato ed ha sparso a sua volta semi nocivi. Di modo che il giardino ora presenta un aspetto disordinato, per non dire desolante. Erbacce malsane, spinose, venefiche, si sono distese dove prima erano bordure, aiuole, cespugli bellissimi, e li hanno soffocati o resi grami perché hanno succhiato gli umori della terra e impedito al sole di scendere sulle pianticelle.
   Il giardiniere e i suoi aiutanti si affannano a rimondare, ad estirpare, a raddrizzare pianticelle piegate sotto il peso di altre malsane. Ma se lavorano di qua, il Maligno lavora di là, e così il giardino presenta sempre il suo aspetto desolato. Serpi, rospi, lumache approfittano del disordine per annidarsi, per rodere, per sbavare. Qua e là qualche pianta robusta resiste a tutto e fiorisce alta nel cielo, qualche aiuola anche, specie se di gigli e rose. Ma le belle bordure delle margheritine e delle violette sono quasi completamente cancellate.
   Quando il re verrà, non conoscerà più il suo bel giardino divenuto selvaggio e con ira strapperà le erbacce, schiaccerà gli animali lubrici, coglierà i fiori rimasti e li porterà nel suo palazzo, cancellando per sempre il giardino.
   Ora, attenta alla spiegazione.
   Il re è Gesù Cristo. Il giardino è la sua Chiesa militante. Il giardiniere è il mio Pietro, e i suoi aiutanti sono i sacerdoti. I fiori e le piante, i consacrati fedeli, i battezzati. Le sostanzefer­tilizzanti, le virtù e soprattutto il Sangue mio, sparso tutto per fecondare il mondo e rendere fertile la terra alla semente di vita eterna. La fontana sono i sette sacramenti. I semi nocivi sono i vizi, le passioni, i peccati seminati da Satana in odio a Me.
   Il disordine è dato dal fatto che le piante buone non hanno reagito e si sono lasciate soffocare da quelle malvagie che annullano il beneficio del mio Sangue, dei miei Sacramenti, del Sole della grazia.
   Il Sommo Giardiniere e i suoi pochi, veri aiutanti, non riescono a mettere ordine per la mala volontà delle piante buone, per la loro pigrizia spirituale, e per la mala volontà e pigrizia di molti falsi giardinieri che non si affaticano nel santo lavoro di coltivare, aiutare, raddrizzare le anime.
   I serpi, i rospi e le lumache sono le tentazioni. Se tutti i giardinieri fossero solerti e se tutte le piante fossero vigilanti, essi verrebbero schiacciati. Invece le anime non chiamano in soccorso la chiesa quando comprendono che la tentazione è più forte di loro, e gli ecclesiastici non accorrono, non tutti, quando una delle povere anime, che Io ho pagate col mio Dolore e affrancate in anticipo col mio Sangue, chiede soccorso.
   Le piante buone che resistono sono i veri sacerdoti: dal mio Vicario, Giardiniere sommo e sommo albero che alza fino al cielo la sua cima intrepida e retta, ai semplici sacerdoti che sono rimasti “sale della terra”[120]
   Le aiuole, specie di rose e gigli, sono le anime verginali e le anime amanti. Ma le bordure delle margheritine: l’innocenza; e quelle di violette: la penitenza, mostrano un aspetto desolante. L’innocenza nasce e fiorisce, ma presto non è più, perché la malizia, la lussuria, il vizio, l’imprudenza la distruggono. La penitenza è letteralmente prosciugata dalla gramigna della tiepidezza. Solo qualche esemplare resiste. Ed è quell’esemplare che profuma, con odore di purificazione, un largo raggio di giardino dai miasmi del Male.
   Quando Io verrò, nell’ora mia terribile, strapperò, calpesterò, distruggerò erbe maledette e parassiti maledetti, cancellerò il giardino dall’universo, portando con Me, nell’interno della mia reggia, le piante benedette, i benedetti fiori che hanno saputo resistere e fiorire per la mia gioia.
   E guai a coloro che saranno divelti da Me e lanciati nel regno di Mammona, il malvagio seminatore che hanno preferito al Seminatore divino; e guai a coloro che hanno preferito ascoltare la voce delle serpi e dei rospi e il bacio delle lumache alla voce dei miei angeli e al bacio della mia grazia. Meglio per loro sarebbe stato se mai non fossero nati!
   Ma gioia, gioia eterna a coloro che mi sono rimasti servi buoni, fedeli, casti, innamorati. E gioia, ancora più grande, a quelli che hanno voluto essere doppiamente miei seguaci prendendo le vie del Calvario per loro via, per compiere nel loro corpo quanto manca[121] ancora all’eterna passione del Cristo. I loro corpi glorificati splenderanno come soli nella vita eterna perché si saranno nutriti del mio duplice pane: Eucarestia e Dolore, e avranno aumentato del loro sangue il gran lavacro iniziato da Gesù, il capo, e proseguito da essi, le membra, per mondare i fratelli e dare gloria a Dio.»
   Dico più tardi a Gesù: “Non comprendo questo passo[122] del Vangelo” (cap. 2, v. 23-25, S. Giovanni); ed Egli mi spiega così:
   «L’uomo è l’eterno selvaggio e l’eterno bambino. Per essere attratto e sedotto, specie in quello che è buono - poiché la sua natura viziata lo porta facilmente ad accettare il male e difficilmente ad accettare il bene - ha bisogno di una farandola di prodigi. Il prodigio lo scuote e lo esalta. È un urto che lo spinge sui margini del Bene.
   Sui margini, ho detto. Io sapevo che coloro che credevano per i miei miracoli erano sui margini. Essere lì non vuole dire essere nella mia Via. Vuol dire essere spettatori curiosi o interessati, pronti ad allontanarsi quando l’utile cessa e un pericolo si profila, e a diventare accusatori e nemici come prima si erano mostrati ammiratori e amici. L’uomo è ambiguo, finché non è tutto di Dio.
   Io vedo nel fondo dei cuori. Perciò non mi sono fidato degli ammiratori di un’ora, dei credenti dell’attimo. Non sarebbero stati quelli i veri confessori, i testimoni miei. Né Io avevo bisogno di testimoni. Le mie opere testimoniavano per Me e ne testimoniava il Padre, Colui che in eterno è Perfezione e Verità.
   Ecco perché Giovanni dice: che non avevo bisogno che altri testimoniasse per Me. Altri che non fosse il Padre e Me stesso.
   Nell’uomo non alligna la verità, perciò la sua testimonianza non è verace e duratura. Molti furono coloro che credettero, pochi quelli che perseverarono, pochissimi coloro che testimoniarono per tutta la loro vita, e con la morte, che Io sono il Messia, Figlio vero di Dio vero.
   Beatissimi in eterno costoro!»

[120] sale della terra, come in Matteo 5, 13.
[121] quanto manca…, come in Colossesi 1, 24.
[122] passo che è il seguente (nella versione che era in uso ai tempi della scrittrice): Mentre egli era in Gerusalemme, alla festa di Pasqua, molti, vedendo i prodigi che faceva, credettero nel suo nome. Ma Gesù non fidava loro se stesso, perché li conosceva tutti; e non aveva bisogno che altri gli rendesse testimonianza d’alcun uomo, sapendo da sé quello che fosse dell’uomo.