MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 344


24 giugno 1944

   La marea monta. Non so più come fare a resistere a tanto male fisico e a tanto male morale. Se cedessero le forze spirituali sarebbe la rovina assoluta e irreparabile.
   Queste ultime, per ora, sono sempre integre. Ma ci resisteranno? Di me non assicuro. Se Dio mi aiuta molto, molto, molto, resisterò. Altrimenti mi piegherò. Potrei anche dopo tornare a rialzarmi. Ma trovo che è sempre pericoloso l’esperimento, perché non sempre si fa a tempo a rialzarsi, e io non vorrei morire in un momento in cui ti amassi meno. Offenderti è amarti meno, o mio Dio. Abbi pietà di me.
   Ne hai tanta, ma dammi anche la “grande pietà”. Tu sai quale è questa “grande pietà” che ti chiedo. Riportami nel mio nido d’amore. Nel mio nido di pace. Nel mio nido di Cielo. Se anche Tu dal Cielo fai scendere paradisiaci profumi, come ieri sera, essi non possono durare qui dove è troppo urto di umanità e di animalità. Che Tu abbia attutito il mio soffrire con gli aromi celesti, io ti ringrazio. Ma non bastano. Non bastano alla tua piccola “voce” per non morire e soprattutto per non morire malamente. Abbi pietà.

   Più tardi

   Gesù mi fa la seguente osservazione:
   «Nel fare l’Ora della Desolata voglio che tu consideri i tre tempi414 del dolore di Maria. Per tua norma nel soffrire e nel conoscere la Giustizia che vi giudicherà del vostro modo di soffrire.
   Il primo tempo è la donna, la madre, quella che urla il suo strazio. Dio concede che nel momento più atroce del dolore la creatura deliri ed abbia parole dure per coloro che sono causa del suo dolore. Maria, la Santa, non può trattenersi da chiamare “belve, sciacalli e iene” gli uomini, da chiamare gli ebrei “suoi patrigni”, da proclamare che Ella deve farsi violenza per sopportarli, e da marchiarli col nome di Caini di Dio e di obbrobrio della razza umana. Maria, la Santa, non può trattenersi da chiamare Gerusalemme “matrigna, assassina, predona, vampiro e avvoltoio”. Sul Calvario non aveva saputo che ululare: “Non ho più figlio!”. Era la donna.
   Nel secondo tempo è la credente che vuole esser fedele alla sua fede anche se i fatti paiono smentire ogni promessa di fede. Il suo cuore di madre e di donna lotta col suo spirito di credente. Trionfa lo spirito perché è realmente nutrito di fede. La donna è superata. Resta la credente.
   Nel terzo tempo la credente, affermata sempre più nella fede, sale, attraverso alla rassegnazione, a riunirsi con Dio dal quale il dolore l’aveva divisa. Oh! il dolore, lo so, è come colpo di fanciullo malvagio sulle morbide ali di una variopinta farfalla. La abbatte al suolo. Pare morta. Ma poi riprende pian piano forza e moto. Prima cammina, poi arrampica, poi tenta di muovere le ali, poi fa il primo timido volo, infine si lancia, riconquista l’azzurro…
   Leggo il tuo pensiero: “Ma se i colpi continuano e ogni volta che la farfalla comincia a volare di nuovo viene abbattuta, finisce col morire per terra”. Umanamente sì. Non può che avvenire questo. Ma per questo Io ci sono. Per raccogliere le vittime della brutalità terrena. Mi basta che esse non diffidino di Me e non mi accusino, odiandomi, d’essere il loro carnefice.
   Date a Dio ciò che è di Dio e all’uomo ciò che è dell’uomo. Date ad ognuno il giudizio giusto. Meditate per bene sui vostri strazi, voi che soffrite, tu che soffri sino a morirne. Vedrai che ogni strazio porta il nome di un uomo. Mai quello di Dio. Oh! che sei ancora creatura e non ti è lecito conoscere i segreti del soprannaturale. Ma quando li conoscerai comprenderai tante cose.
   Maria, nel terzo momento della sua desolazione, non è più la credente: è la Figlia di Dio, è la Santa che parla al Padre, al Re con la solenne sicurezza di chi sa che può parlare perché ha conquistato il diritto d’essere esaudita. Non più oscurità di desolazione umana, non più affanno di credente che vuole e non può raggiungere la pace nel dolore. Ma la gioia del soffrire: una gioia d’anima sotto il pianto della carne che muore per ultimo, ma che si lascia piangere perché – tu l’hai detto415 – arrivati a certi punti, carne e sentimento sono indumenti gettati sull’io spirituale, l’io vero. E la creatura, santificata dal suo eroismo, può giungere a dire: “Per quel ‘sì’ che ho detto, ascoltami!”.
   Dillo anche tu, Maria. Di’: “Ti ho detto tante volte, per questi ascoltami”. E spera. Non mettere un nome alla tua speranza. Le daresti sempre nomi della Terra. Spera in Me. In Me solo, e lasciami fare.»
   Nota mia.
   Ma intanto sono due mesi che sono in una galera, in un mani­comio, in un inferno. E sempre più ci sprofondo. Due mesi! Due mesi che sono stata strappata da quel posto in cui era la mia vita vera. Mi hanno strappato il cuore perché Tu lo sai, Tu lo sai cosa era per me quella casa. E più il tempo passa e più la fe­rita fa male. Anche perché non c’è nessuna medicina per essa.
   Non più una parola illuminata… E io che non credo, non posso credere umanamente che io sento la tua voce. Ne sono troppo indegna.
   Non più una Comunione ben fatta. Io la chiamo ben fatta quando non solo chi la riceve ma anche chi la amministra lo fa con quella riverenza che tale Sacramento merita e che serve a rendere sensibile il mistero. Qui… è preceduta e seguita da chiacchiere che uguali si fanno con chicchessia. Dalla lavandaia alla persona amica che viene a trovarmi, potrebbero dire le stesse parole e fare gli stessi gesti che vedo nelle povere mattine di Comunione. Oh! miseria! Astio, pettegolezzi, interessi…
   Dove sei, attimo solenne delle Comunioni viareggine? Attimo in cui vedevo Te, perché, sì, ora lo dico, perché forse presto muoio o impazzisco, e devo dire questa cosa. Perché quando ricevevo la Comunione dalle mani del Padre Migliorini egli scompariva e mi appariva Gesù comunicante. Quasi sempre. Oppure era a fianco del Padre e ci benediceva. Cosa che mi ha fatta sicura di quale tempra sacerdotale sia il mio Direttore. Veniva anche Padre Giosuè416. Ma era diverso. Sempre un paradiso rispetto ad ora: un paradiso terrestre in cui sentivo Dio ma non lo vedevo. Con Padre Migliorini era il vero Paradiso. E non ce l’ho più.
   Ne ho più bisogno che mai e non ho più nulla di quello che era atmosfera necessaria alla mia anima per poter udire la Parola che è la mia vita. Lo capite, voi che leggete, cosa m’è stato levato? Due mesi di inferno…
   E la solita domanda del 24 maggio: “Ma perché non mi hai fatta morire prima che io fossi levata dalla mia casa?”.

[414] i tre tempi, così come vengono descritti di seguito, si possono ravvisare soprattutto nei capitoli 610-615 dell’opera “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.
[415] tu l’hai detto, il 22 giugno.
[416] Padre Giosuè era P. Giosuè Bagatti, dell’Ordine dei Frati Minori, cappellano nell’Ospedale di Viareggio dal 1939 fino alla morte avvenuta il 21 aprile 1981.