MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MINORE

A A A

QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 591


28 gennaio 1947

   Appunti in margine1.
   
   In merito ai dettati 24-29-30 agosto e 2 settembre 1944. Nel Preevangelo.
   Dice Gesù:
   «Date le ostinate repliche di alcuni a questi luminosi punti del mio insegnamento – che vi dovrebbero aprire tanti orizzonti e aiutare le vostre anime, e quelle da voi amministrate, a tendere a questo gaudio che è il ricordo, la conoscenza, la ri-conoscenza di ciò che è Dio, e godere un poco di Cielo in Terra, e avere da questo un grande aiuto a progredire in perfezione – trattiamo l'argomento come avessimo di fronte fanciulli ostinati ai quali non bisogna stancarsi di insegnare e con argomenti che non possano essere respinti.
   Cosa è l'uomo? Il Catechismo dice: "È una creatura ragionevole composta di anima e di corpo".
   Cosa è l'anima? Il Catechismo dice: "È la parte più nobile dell'uomo perché è sostanza spirituale dotata di intelletto e volontà, capace di conoscere Dio e di possederlo eternamente".
     Chi ha creato l'uomo? Il Catechismo dice: "Lo ha creato Dio".
     Perché lo ha creato? Il Catechismo dice: "Perché l'uomo lo conosca, lo ami e lo serva in questa vita e lo goda nell'altra per sempre".
   Come lo ha creato? La Genesi, c. II v. 7, dice: "E il Signore formò l'uomo dal fango della terra e gli ispirò il soffio della vita e l'uomo divenne creatura vivente". E nel I della Genesi, v. 27, è detto: "Dio creò l'uomo a sua immagine". Il Catechismo conferma: "L'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio".
   E come? Nel volto forse? Nella forma del corpo? Dio non ha corpo né volto. Io per divenire uomo ho dovuto assumere la vostra forma perché non ne avevo una mia propria corporea. Dio è perfettissimo Spirito, semplice, eterno, senza principio né fine. Il Catechismo insegna perciò che: "L'uomo si dice che fu creato ad immagine e somiglianza di Dio, perché l'anima umana è spirituale e ragionevole, libera nel suo operare, capace di conoscere e amare Dio e di goderlo eternamente, perfezioni che rispecchiano nell'uomo un raggio dell'infinita grandezza del Signore".
   Un raggio dell'infinita grandezza del Signore. Grande verità, essendoché solamente Noi Uni e Trini ci conosciamo e di Noi godiamo con pienezza di gaudio generandoci per questo gaudioso amore che è conoscenza della nostra perfettissima Perfezione. E Noi abbiamo voluto che voi ci aveste ad esemplare per creare in voi la creatura divinizzata che è l'uomo figlio di Dio. Per questo abbiamo messo in voi l'Amore che è la nostra Essenza e vi abbiamo proposto l'Amore come termine della Perfezione per giungere ad essere voi con Noi senza più fine, così come voi foste in Noi prima che fosse il Creato, quando vi contemplavamo, prima che foste usciti dal nulla, per essere, secondo il nostro volere, la creatura in cui si rispecchia Dio che l'ha divinamente concepita per sua gloria. Ora in Dio non può esser nulla che non sia di Dio. Perciò l'uomo è di Dio che può, a piena giustizia, dirlo Padre, e che deve, con doverosa giustizia, volerlo raggiungere e possedere dopo essersi sforzato ad amarlo e conoscerlo.
   Beati quelli che sanno salire al sommo della beatitudine che è l'unione con Dio, ossia il conoscimento di Dio, ossia la fusione con l'Amore, la contemplazione della Trinità che è Uno, del Fuoco che non consuma ma ricrea e supercrea facendo della creatura umana ciò che fu pensato dall'Amore: un dio figlio di Dio. In verità il Padre ha messo il sigillo della propria paternità nel suo figlio: la capacità di conoscere e amare Dio, e in questa vita e nell'altra.
   Dunque Dio creò l'uomo composto di due sostanze, una detta corpo, inizialmente creata col fango e susseguentemente procreata con la carne e col sangue dell'uomo, e di una detta anima, la quale, creata volta per volta da Dio, e per una sola volta e per una sola carne, scende ad unirsi alla carne che si forma in un seno. Senza l'anima l'uomo sarebbe una creatura animale guidata dall'istinto e dalle doti naturali. Senza il corpo l'uomo sarebbe una creatura spirituale con doti soprannaturali d'intelligenza, volontà e grazia come gli angeli.
   Dio, al capolavoro del creato, rappresentato dall'uomo, in cui sono unite le due creature, animale e spirituale, per fare una sola unità, cosa aveva donato oltre all'esistenza? Doni gratuiti che i teologi dividono in naturali, preternaturali, soprannaturali.
   Naturali: il corpo sano e bello con i 5 sensi perfetti e l'anima ragionevole dotata di intelligenza, volontà e libertà.
   Preternaturali: l'integrità, ossia la perfetta soggezione del senso, libero da fomiti di ogni genere, alla ragione; l'immortalità del corpo che non avrebbe conosciuto l'orrore della morte; l'immunità da ogni dolore; e la scienza proporzionata al suo stato di creatura eletta, e perciògrande scienza che il perfetto intelletto assimilava senza fatica.
   Soprannaturali: la visione beatifica di Dio, la Grazia che fa dell'uomo un figlio di Dio, e il destino di godere eternamente di Dio.
   Dunque l'uomo, e per l'origine e per i doni ricevuti, poteva veramente chiamarsi "figlio di Dio" e conoscerlo come un figlio conosce il proprio padre.
   Cosa è la Grazia? Dice il Catechismo: "La Grazia è un dono soprannaturale, che illumina la mente, muove e conforta la volontà affinché l'uomo operi il bene e si astenga dal male". Ma essa è soprattutto amore. Amore di Dio alla sua creatura prediletta che è l'uomo, amore che eleva la creatura alla natura del Creatore deificandola, onde giusta è la parola2 della Sapienza: "Voi siete dèi e figli dell'Altissimo". È inoltre mezzo di salute, da quando l'uomo ha bisogno di mezzi di salute essendo rimasto debole per le conseguenze del peccato. Attiva oltre ogni dire, quando non trova impedimento o inerzia in voi al lavoro che essa vuole compiere in voi, essa santifica la creatura e le azioni della creatura, e ha tre rami minori, dal suo tronco sublime, det­ti della grazia attualesufficienteefficace. Ma è un'unica Grazia: principio trasformatore, qualità divina inerente all'a­ni­ma, simile a luce il cui splendore, avvolgendo e penetrando le anime, ne cancella le macchie della colpa e comunica loro una radiosa bellezza.
   Così la Chiesa docente nelle conclusioni del Concilio di Trento. Ed Io, Maestro dei maestri, contemplando la Grazia per ciò che è, nell'eterno "è" di Dio, dico che la Grazia è principio trasformatore della creatura in figlio di Dio, qualità perciò divina simile alla Luce dalla quale proviene, il cui splendore avvolgendo e penetrando le anime, sia che sia dono dato (come ad Adamo) o dono reso (come per i cristiani cattolici reintegrati in Grazia per i meriti del mio Sacrificio e del Sacramento da Me istituito), comunica loro non soltanto una radiosa bellezza, ma la capacità di vedere e conoscere Iddio, così come il Primo Uomo lo conosceva vedendolo e comprendendolo col suo spirito pieno di innocenza e Grazia.
   La Grazia è dunque restituzione dell'uomo alla capacità di amare e conoscere Iddio. La Grazia è dunque lume a vedere ciò che è Immensa Tenebra al pensiero dell'uomo ma Infinita Luce per lo spirito in grazia, è dunque voce, e sapientissima voce, è vista, luminosissima vista per contemplare Iddio, è dono dato ad aiutare il desiderio dell'anima di conoscere Dio, è mezzo a ricordare l'Origine così come Essa desidera essere ricordata, è strumento alla deificazione della creatura. E tanto più la creatura, per volontà propria e per giustizia raggiunta per volontà d'amore, cresce nella Grazia, altrettanto crescerà in lei ciò che è unione col Divino e crescerà in lei sapienza, che è uno dei divini attributi, e con la sapienza la capacità di comprendere, conoscere, amare la Verità e le verità. Perché la Grazia è lo Spirito di Dio che entra nell'uomo con tutti i suoi doni, trasformando, elevando, santificando le potenze e le azioni dell'uomo. E fra queste, prima e principale, l'amore. Azione per la quale siete stati creati.
   Amare è conoscere. Non si ama che chi si conosce. Tanto più si ama quanto più si conosce. Nessuno potrebbe sostenere di amare un parente sconosciuto, o un uomo abitante agli antipodi, così come ama il parente che ha presso o l'amico di casa. Il suo amore per questo non andrà più oltre di un astratto sentimento di fratellanza o di parentela, che non dà gioia se dura, e non pena se cessa. Mentre la perdita di un parente ben conosciuto o di un amico è vero dolore. E avvenuta che sia, si cerca conservare di lui ogni ricordo per sentire men viva la perdita o, se è solo lontananza, in tutte le maniere si cerca renderla meno assoluta per sentire meno grave la lontananza. I fanciulli divenuti orfani nell'infanzia, osservateli con quale ansia cercano ricostruirsi un'ideale figura dello scomparso genitore coi ricordi lasciati da lui o raccolti sui labbri dei parenti e amici.
   La creatura ha bisogno di amare, e per sentirsi meno sola e per amare deve ricordare. Il ricordo è come una catena che unisce all'amato, lanciata nelle distanze. Non se ne vede l'estremità, ma i movimenti che si sentono venire attraverso l'amorosa catena del ricordo reciproco dicono che si è amati come si ama.
   Per questo Dio diede ai primi uomini la conoscenza di Sé. Perché essi fossero perfettamente felici nel periodo della Grazia e della Gioia, e avessero poscia un ricordo che li unisse ancora al Padre, nascosto dietro le caligini del peccato, alzate come un muro fra i decaduti e la Perfezione, ma non definitivamente perduto poiché l'amore durava. Adamo ed Eva conobbero Dio, ne ebbero la spirituale visione beatifica e ne compresero l'Essenza perché i loro spiriti, dico spiriti, in Grazia potevano affissarne l'incorporea e suprema Bellezza e intenderne la Sapienza nella voce di Dio "nel fresco della sera"3.
   Oh! dolci colloqui, rapimenti di creature deificate con Dio loro Autore, nella pace del terrestre paradiso, divini ammaestramenti appresi senza fatica da due intelletti senza tare di imperfezioni fisiche o di imperfezioni morali, accettati senza quelle cocciutaggini che rendono a voi difficili ad accettare le divine lezioni, perché voi non sapete più amare come gli Innocenti, o poveri uomini mutilati di troppe cose sante e empìti di troppe altre inutili e dannose, poveri uomini che potreste tornare perfetti se possedeste un perfetto amore!
   O lezioni di Dio, sapienza che rifluiva dalla Sorgente paterna nei figli benedetti, ricevuta come un dono, amata come una festa, amore reciproco che era parola, che era domanda precorsa dalla risposta, che era fiducia, che era sorriso, che era pace! Pagina di un gaudio per sempre distrutto, pagina scritta nei libri della vita e ai primordi della vita e poi bruttata, e non più proseguita, dall'impronta incancellabile della Colpa, chi ti può leggere ai viventi in esilio perché comprendano ciò che hanno perduto e siano umili? Umili guardando di quanto sono decaduti, considerando quanto Dio è buono nel dare ancor tanto di amore e sapienza, nonostante che la serpentina testa della superbia non doma sia sempre pronta a drizzarsi in loro per discutere con Dio che si rivela, consiglia o comanda a scopo buono.
   Adamo ed Eva avevano dunque il dono della Grazia che è amore, luce, sapienza, conoscenza di Dio, e questo dono, essendo essi uomini privati e pubblici insieme, essendo i progenitori di tutta la famiglia umana, sarebbe stato da essi trasmesso insieme agli altri doni ai loro discendenti e non ci sarebbe stato bisogno per essi di faticare per ricordare Dio, per risalire faticosamente dalle tenebre verso la Luce, lottando col peso del Male, con la controcorrente delle tentazioni, con le caligini dell'ignoranza, con tutta la miseria venuta dal decadimento dalla Grazia. Non ci sarebbe stata necessità di ricordo perché non ci sarebbe stato da ricordare il Bene perduto, ma soltanto ci sarebbe stato gaudioso godere dell'Amato.
   Poi Adamo ed Eva peccarono, e Dio li cacciò dal suo cospetto e li escluse dalla sua amicizia e dall'Eden "ponendo Cherubini sulle soglie di esso" dice4 la Genesi, e condannando l'Umanità al lavoro, al dolore, all'ignoranza, alla morte, per la parte materiale, alla privazione della Grazia, della conoscenza di Dio e del Paradiso celeste per la parte spirituale. Il Catechismo dice: "Adamo ed Eva perdettero la Grazia di Dio e il diritto che avevano al Cielo, furono cacciati dal paradiso terrestre, sottoposti a molte miserie nell'anima e nel corpo e condannati a morire" e "i loro discendenti per eredità di colpa subirono i danni della privazione della grazia, la perdita del paradiso, l'ignoranza, l'inclinazione al male, tutte le miserie della vita e infine la morte", di modo che "se Dio non avesse usato misericordia, gli uomini non avrebbero più potuto salvarsi".
   Quale fu la misericordia usata da Dio al genere umano? Risponde ancora la Genesi con le sue pagine e il Catechismo con le sue risposte: "La misericordia di promettere subito ad Adamo il Redentore divino o Messia, e di mandarlo a suo tempo per liberare gli uomini dalla schiavitù del demonio e del peccato, reintegrandoli nello stato di figli di Dio con la restituzione dello stato di Grazia" per i miei meriti e la Passione mia.
   Or dunque ditemi: se nel momento stesso della condanna, Dio Padre già la tempera nel suo rigore con la speranza di un redentore, con la promessa di un perdono, non sta questo a dimostrare che Egli stesso, sempre Misericordia anche nella Giustizia perché eterna e perfetta Carità, volle che nell'anima dell'uomo avvolto nelle tenebre e nel dolore rimanessero delle scintille di luce – ricordi – che impedissero la disperazione, l'abbattimento, l'abbandono, il languore di chi non ha più un fine e trascina senza vigore di speranze i suoi giorni? Sì, in verità, che così fu.
   E riepilogando il detto fin qui, tratto dalla Genesi – libro scritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, e perciò avente Dio per autore, come definisce il Concilio Vaticano – e dal Catechismo nel testo prescritto da quel mio vero Vicario e Pastore che ora è meco in Cielo dopo avermi amato con perfezione e perciò ricordato con perfezione sulla Terra – verità che nessuno può respingere a meno di dichiararsi eretico – si può concludere che l'uomo innocente e in grazia aveva il dono di grazia di conoscere Dio, amarlo e goderlo eternamente, e che l'uomo decaduto ebbe il dono di misericordia di una promessa, e di un ricordo perciò del Divino, che lo aiutasse a ben operare per potere, in un futuro certo, godere, dopo il dolore del castigo, la vista e il possesso di Dio.
   Ed ora, dopo aver trattato in generale l'argomento, scendiamo a trattarlo nei punti che non potete, o meglio non volete, accettare, nei dettati5 del Preevangelo dei giorni 24 - 29 - 30 agosto 1944 e 2 settembre 1944 (Infanzia di M. Ss.).
   Ho dettato il 2 settembre 1944: "Sono questi dei misteri che sono troppo alti perché li possiate comprendere in pieno". Soprattutto i dotti non li possono comprendere. I semplici di cuore, che solo l'Amore e la Sapienza istruiscono, li comprendono meglio perché non li discutono. Per essi, parola soprannaturale che comunichi pace è parola certa e l'accolgono con umiltà e riconoscenza. Ma lo ripeto: vi sono misteri che non si possono comprendere se si sviscerano in base ad un metodo analitico umano. O avere una fede grande e un'accesa carità, e allora divengono sufficientemente chiari, o non comprenderli. Ma vi consiglio di accettare almeno le luci che vi dono per fare meno incompleta la vostra scienza. Ricordate sempre che anche l'uomo più dotto è sempre troppo piccolo e finito rispetto all'Infinito e alla Sapienza dell'Infinito. E vi consiglio anche a non alterare le mie parole, né a svisarne il significato per potere giungere a dar pena al portavoce. Non è carità addolorare i fratelli e accusare gli innocenti.
   Voi volete sapere come si è potuto dire che le anime preesistono. Dove avete trovato quella parola che Io non ho detta? Nel fondo del vostro pensiero, non nelle mie pagine. Le anime non preesistono. Non sono oggetti ammassati in depositi per essere presi al momento buono. Dio non ha bisogno di scorte per avere pronte le sostanze.
  Nel dettato del 24 agosto 1944 Io dico al piccolo Giovanni: "Tu hai visto la generazione continua delle anime da Dio". Avevo usato quel vocabolo per dare a voi tutti più che mai viva la sensazione che l'uomo è figlio di Dio poiché è il padre colui che genera, e anche per farvi intendere la bellezza della parte che in voi è somigliante a Dio. Non vi è nulla in Dio che non sia Dio. Le vostre anime dunque, venendo da Dio, sono soprannaturalmente divinizzate per l'Origine e per la Grazia, che nei credenti nel Dio vero e nel Cristo Redentore viene infusa col S. Battesimo e conservata con la fuga dal peccato.
   Se Io già illuminavo il fine mostrando il principio che è la vita celeste di possesso di Dio, se lo facevo mentre mostravo il principio – la creazione dell'anima per opera di Dio, per incarnarsi in una carne e santificarsi nella esistenza per essere vincitrice in Cielo – mi si doveva capire, ché stolti non siete, ma dotti siete, e a questa vostra scienza ci tenete. Comprendete, dunque, con buona volontà, il pensiero del vostro Signore, che è chiaro e comprensibile a tutti coloro che hanno volontà d'intenderlo. E che? Sareste voi come quelli che mi accusavano, al mio tempo mortale, e ancor mi accusano, perché Io dico6 esser preferibile far violenza a se stessi col cavarsi l'occhio che pecca, o la mano, o il piede, anziché conservarli peccando? Non comprendete dunque la metafora? Non sapete trasportare allo spirituale un paragone materiale? Ebbene, se siete così limitati, provvedo facendo sostituire il vocabolo "generazione" con l'altro di "creazione" (p. 13 Preevangelo).
   Avevo dato al portavoce la visione7 della creazione delle anime. Leggete la visione descritta dal portavoce (fascicolo s. t. p. 63, 25-5-44). Una visione che, come dico più oltre (31-5-44, fascicolo X Y pag. 794-796) era data in tal modo per rendere l'operazione creativa, immateriale, visibile alla veggente. Descrivendo tale visione il portavoce usa il vocabolo "creare" (riga 30ª p. 63 fascicolo s.t.) così come dice, con verità e semplicità, che "non vede, essendo in Paradiso – conclusione della veggente esattamente giusta – quando la macchia di origine sporca le anime". Nel Paradiso, infatti, ciò non può accadere. Da questo vedete come è nella verità il portavoce. E ancora lo stesso dichiara che "non vede gli spiriti che, cessato il loro tempo sulla Terra, si separano dalla carne e tornano per essere giudicati". Maria dice che "comprende come sono giudicati dai mutamenti dell'espressione di Gesù" (riga 74ª della stessa pagina).
   Tornare all'Origine, presentarsi al Giudice G., non vuol dire andare in un dato luogo né esattamente andare ai piedi dell'e­ter­no trono. Sono, queste, formule usate per aiutare il vostro pensie­-ro. L'anima che lascia la carne che animava si trova im­­media­tamente di fronte alla Divinità che la giudica, senza necessità di salire e presentarsi alle soglie del beato Regno. È catechismo che Dio è in Cielo, in Terra e in ogni luogo. E perciò l'incontro avviene dovunque. La Divinità empie di Sé il Creato. È quindi presente in ogni luogo del Creato. Io sono che giudico. Ma Io inscindibile dal Padre e dallo Spirito Santo, onnipresenti in ogni luogo.
   Il giudizio è rapido come rapida è stata la creazione: meno di un millesimo della vostra più piccola unità di tempo. Ma come nell'atomo dell'attimo creativo l'anima ha tempo di intravvedere la Ss. Origine che la crea e di seco portarne il ricordo perché sia istintiva religione e guida nella ricerca della fede, della speranza, della carità che, se voi ben osservate, sono, nebulosamente, come germi informi, anche nelle religioni più imperfette — la fede in una divinità, la speranza in un premio dato da questa divinità, l'amore a questa divinità — altrettanto nell'atomo dell'attimo del giudizio particolare lo spirito ha tempo di comprendere ciò che non ha voluto comprendere nella vita terrena, e ha odiato come nemico o schernito o negato come fola vana, o anche servito con tiepidezze che esigono riparazione, e di seco portare, nel luogo espiativo o nell'eterna dannazione, il ricordo, a suscitare fiamme d'amore per l'eterna Bellezza, o tortura di castigo col rovello del Bene perduto che la coscienza intelligente rimprovererà di aver voluto liberamente perdere. Perché lo ricorderanno, e terribile, senza poterlo contemplare, insieme ai loro peccati.
   La creazione dell'anima e il giudizio particolare sono i due atomi di attimi in cui le anime dei figli dell'uomo intellettualmente conoscono Dio per quel tanto che è giusto e sufficiente a dar loro un agente per tendere al loro Bene appena intravveduto, ma rimasto impresso nella sostanza che, essendo intelligente, libera, semplice, spirituale, ha comprensioni pronte, volontà libere, desideri semplici, e movimento o inclinazione o appetito, se più vi piace, a riunirsi con l'amore a Colui donde venne, e a raggiungere il suo fine del quale ha già intuito la bellezza, o a staccarsene con un odio perfetto raggiungendo colui che è il loro dannato re, e avendo nel ricordo "di odio" un tormento, il maggiore fra i tormenti infernali, una disperazione, una maledizione indescrivibili (ricordare dettato 15-1-44).
   Il "siate perfetti come il Padre" che Io ho detto8, non era parola vana né esagerata. L'uomo stava per essere nuovamente elevato allo stato di Grazia. Potevo dunque, a piena ragione, dare questo comando di perfezione. Poiché per la perfezione eravate stati creati. E questo desiderio dei giusti ad una perfezione è un desiderio spirituale veniente direttamente da Dio, che giunge a darvene il comando: "Cammina alla mia presenza e sii perfetto" (Genesi 17 v. 1). E, più ampio sebbene implicito, ve lo ripete nelle leggi del Sinai, e nelle lezioni dei Sapienziali, e nelle parole dei patriarchi, dei profeti, degli ispirati tutti, nei quali Io sono che parla. È infine, come più diretto né più esplicito non può essere, nel mio comando: "Siate perfetti come il Padre vostro". E, come eco della mia eterna Parola, è nelle parole dei miei Santi, da Pietro in poi.
   "Siate perfetti" ho detto. Per liberare lo spirito degli antichi da quell'angoscioso senso di timore che interdiceva loro di poter pen­sare di essere degni di somigliare al Padre loro. Da troppi secoli l'Altissimo era per loro il Dio terribile, e l'amore e la speranza e la fede erano tremebondi davanti l'Immensità severa di Dio. Ma ormai era venuto il tempo della Misericordia, del Perdono, della Pace, dell'Amicizia, dellafigliolanza con Dio. Quindi ecco il comando di illimitata perfezione: "Siate perfetti come il Padre". E col comando l'implicita assicurazione che conforta a osare "perché, sol che lo vo­gliate, potete divenirlo".
   Dio non fa e non dice atto o parola vani. Io non ho perciò dato vano comando, né fatto stimolo vano ai vostri cuori con questo comando. Vi ho ridestato un desiderio affievolitosi, che il Padre mio e vostro aveva messo vivo nello spirito dell'Uomo, e che l'Uomo avrebbe trasmesso con ogni altro dono di Dio ai suoi discendenti: il desiderio di possedere Dio, di goderlo in Cielo dopo una vita passata al suo servizio. Questo desiderio, ridestato vivamente, sarebbe stato vano se non avesse dovuto mutarsi in realtà. Ma le creature possono giungere a questa realtà. È anzi desiderio di Dio che vi giungano. Ed è per questo che Dio lascia nell'anima, anche del più selvaggio, un ricordo di Dio per cui quell'anima, così come può, possa in un futuro più o meno lontano giungere al suo scopo: la conoscenza di Dio, che è beatitudine, per averlo amato e servito come sapeva per poterlo poi possedere.
   Che se poi la maggioranza delle anime vive in modo che sembra smentire la mia asserzione, ciò non è negazione di quanto Io dico, ma dimostrazione di quanto è pervertito l'uomo nei suoi affetti e voleri, per le sue alleanze col Male. In verità molti sono che strozzano col capestro dei vizi e dei peccati la loro anima dopo averla fatta schiava di Satana al quale si sono alleati. La strozzano definitivamente per non sentirla più gridare e piangere ricordando che il Male non è lecito e che vi è un castigo per chi lo compie. Sono, costoro, coloro che da figli di Dio tornano creature-uomo per la perdita della Grazia e da uomo divengono poi demone, ché l'uomo separato dal Bene è vilucchio che si abbarbica, per reggersi, al Male. Dove non è legge soprannaturale, difficilmente, e sempre imperfettamente, è legge morale. E dove la morale umana è imperfetta o assente, è vivente, in tutto o in parte, la concupiscenza triplice.
   Ma se la maggioranza delle anime sembrano negare col loro modo di operare il naturale ricordo e desiderio di Dio e il loro volere che è di tendere ad un fine di gaudio, occorre ricordare che nell'uomo è la creatura carnale e quella spirituale, e che l'uomo ha il libero arbitrio, il quale serve sempre la parte più forte. Ora, se uno indebolisce coi vizi e peccati la sua anima, certo sarà che essa divenga debole mentre si irrobustirà la parte animale che soverchierà la più debole sino ad ucciderla. Ma non per questo si potrà negare che l'anima venga creata con capacità di ricordare e desiderare naturalmente il suo fine.
   Natura dell'anima è natura spirituale. Perciò l'anima ha desideri spirituali anche se, per privazione di Grazia (coloro che non sono rigenerati dal Battesimo) non ha che desideri naturali al regno spirituale donde viene e dove istintivamente sente esservi lo Spirito supremo. Nelle anime, poi, rigenerate alla Grazia dal Battesimo e mantenute e fortificate in essa dagli altri Sacramenti, l'attraimento dell'anima al suo fine avviene divinamente essendoché la Grazia, ossia ancora Dio, attira a Sé i suoi diletti figli, sempre più vicini, sempre più nella luce più, per gradi, essi salgono nella spiritualità, di modo che la separazione diminuisce e più vivo è il vedere, più vasto il conoscere, più ampio il comprendere, più perfetto l'amare, sino a pervenire alla contemplazione che è già fusione e unione della creatura col suo Creatore, atto temporaneo ma incancellabile e trasformatore, perché l'abbraccio di Fuoco della Divinità che si chiude sulla sua creatura rapita imprime un carattere nuovo a questi viventi, che già sono separati dall'Umanità e spiritualizzati in serafini, dotti della Sapienza che Dio dà loro, dandosi ad essi come essi a Lui.
   Per questo, giusto è definire che lo scrittore ispirato "ha Dio per autore". Dio che rivela o illumina misteri o verità, secondo che a Lui piace, a questi suoi strumenti "eccitandoli e movendoli con soprannaturali virtù, assistendoli nello scrivere in modo che essi rettamente concepiscano coll'intelligenza e vogliano fedelmente scrivere, e con mezzi adatti e con infallibile verità esprimano tutte e sole quelle cose da Lui, Dio, comandate". È Dio che con triplice azione illumina l'intelletto perché conosca il vero senza errore, o con la rivelazione per verità ancora ignorate, o con l'esatto ricordo se sono verità già stabilite ma ancora alquanto incomprensibili alla umana ragione; muove perché sia scritto con fedeltà quanto soprannaturalmente l'ispirato viene a conoscere; assiste e dirige perché le verità siano dette, nella forma e nel numero che Dio vuole, con verità e chiarezza, perché siano note ad altri per il bene di molti, con la stessa parola divina negli insegnamenti diretti, o con le parole dell'ispirato nel descrivere visioni o ripetere lezioni soprannaturali.
   L'opera che viene data agli uomini attraverso il piccolo Giovanni non è un libro canonico. Ma è sempre un libro ispirato, che Io dono per aiutarvi a comprendere certi passi dei canonici e specie a comprendere ciò che fu il mio tempo di Maestro e a conoscermi: Io, Parola, nelle mie parole. Né Io, né tantomeno il portavoce, che per la sua assoluta ignoranza in questo ramo neppure sa distinguere teologia dogmatica da quella mistica o da ascetica, né sa sottigliezze di definizioni, né conclusioni di Concili, ma sa amare e ubbidire — e ciò mi basta né altro voglio dal portavoce — né Io né lui diciamo che l'Opera è libro canonico. In verità, però, Io vi dico che è libro ispirato, non essendo lo strumento capace a scrivere pagine che neppure comprende se Io stesso non gliele spiego per levargli il timore.
   Eppure, poiché nelle ore che è "portavoce" — ossia è da Me preso come da Aquila divina che lo porta nel regno della Luce onde veda e torni fra voi portandovi gemme di soprannaturale valore — il piccolo Giovanni è nella sapiente verità del vedere e comprendere, egli usa il vocabolo "creare" per dire del formarsi delle anime per volere di Dio (fascicolo s.t. p. 63). Io, lo torno a ripetere, avevo usato nel dettato il vocabolo "generazione" per darvi la misura della vostra dignità di figli di Dio. Ma, ripeto anche questo, se ciò vi è di ostacolo a credere, sostituite pure "generazione" con "creazione" e abbiate pace per questo nulla che vi fa ombrosi.
   Creare di continuo, da parte del Padre, di anime, non vuole dire "preesistere" come voi dite, dicendo che Io l'ho detto. E ricordare da parte delle anime non vuole dire "preesistere". Ma neppure si può negare che, perché l'attimo creativo è rapidissimo, l'anima, sostanza spirituale intelligente, creata dal Perfettissimo, non possa formarsi sapiente della sua provenienza. Dio Creatore, che ha dato una ragione relativa alle creature inferiori, e una vastissima alle creature umane, e un'intelligenza prontissima oltre che vastissima alle creature angeliche, non avrà dato intelligenza pronta e vasta alla creata anima? Non è essa creata da Lui come gli angeli, gli uomini e gli animali? Sarà dunque essa sola – questa fiamma figlia del Fuoco – tenebre e gelo? Sarà essa sola torpida, ebete, cieca, sorda, smemorata, bruta tanto da non possedere neppure quei rudimentali moti dell'istinto che spingono gli animali a scegliersi i cibi e gli elementi e i climi a loro propizi per vivere e procreare? Inferiore persino ai vegetali, che sentono che nel sole è vita e che, anche piantati in luogo oscuro, si tendono verso il pertugio donde scende luce e di là emergono all'aperto per vivere? O uomini! E pur di negare, per dare dolore al mio portavoce, potete giungere a dire l'anima inferiore alle piante? L'anima: questa mirabile sostanza che Io ho chiamata con sublime metafora "sangue spirituale di Dio eterno, potente, santo", sangue del Padre (parlo in metafora, lo ripeto) che è viva in voi e vi fa immortali, potenti, santi sinché è viva, ossia sinché è unita a Dio con la Carità. L'anima: questa parte di Cielo – e Cielo è Luce e Sapienza – che è in voi contenuta perché l'Infinito avesse in voi un trono che fosse ancor Cielo, e che vi contiene perché l'abbraccio santificante del Cielo sia ancora protettivo intorno alla vostra umanità lottante la sua buona battaglia.
   Obbiettate forse che non ha più l'intelligenza integra della prima anima perché è macchiata e menomata dalla Colpa d'origine? Vi rispondo anzitutto che non esce cosa impura dal Pensiero creante. La Colpa originale è nell'uomo e nei figli dell'uomo, non in Dio. Perciò non nell'essere creata da Dio, ma nell'incarnarsi nell'uomo concepito dall'uomo l'anima contrae l'eredità connessa ai discendenti di Adamo, salvo il caso di un eccezionale, unico volere di Dio. In secondo luogo vi ricordo che l'essere più impuro, colui che era Lucifero e che ora è Satana, non ha perso la sua intelligenza potente perché da arcangelo è divenuto demonio, ma usa la sua acutissima intelligenza nel male anziché nel bene come l'avrebbe usata se fosse rimasto arcangelo.
   Che dunque mi rispondete se Io vi chiedo perché Satana ricorda Dio ed è intelligente? Non avete ragioni da opporre alla mia asserzione? Non avete che obbiettare? No. Non potete obbiettare nulla. Perché o negare ciò che insegnate, o ammettere che Satana è intelligente e ricorda Dio, tanto che lo odia come lo odia appunto perché lo ricorda come lo ricorda, con la potenza del suo intelletto spirituale, e vi tormenta come vi tormenta appunto perché è acuto nel saper scegliere i modi atti a farvi cadere a seconda del vostro io. Il Catechismo definisce che gli angeli colpevoli furono esclusi dal Paradiso e condannati all'Inferno, ma nessuna definizione è sulla perdita dell'intelligenza nei demoni perché, che la loro intelligenza sussista, lo dimostra l'acutezza delle loro operazioni per nuocervi.
   Le anime ricordano. Perché? Perché, come Dio a temperare il rigore della condanna dette nel contempo ad Adamo la speranza di una redenzione, e di quella redenzione, così ugualmente gli lasciò il ricordo del tempo beato perché gli fosse soccorso nel dolore dell'esilio, e stimolo santo ai figli di Adamo ad amare Colui che per essi era l'Ignoto.
 Non solo, ma nel creare le anime, a questi figli dell'uomo, Dio non le privò di quella naturale inclinazione verso la Divinità che da per sé sola può aiutare a raggiungere il fine per cui l'uomo è stato creato: amare il Signore, il Dio onnipotente e onnipresente il cui Tutto incorporeo empie l'infinito e che l'uomo sente, più o meno giustamente, e vede essere in tutto che lo circonda, penetra o colpisce. Nei selvaggi sarà nello scroscio della folgore o nello splendere lungo dell'aurora boreale; per gli idolatri sarà nella potenza del leone o nella vita anfibia del caimano; per i credenti in religioni rivelate, ma non perfette, in manifestazioni naturali supposte come azioni e manifestazioni di singoli dèi; nell'uomo civile pensatore o scienziato nei fenomeni del cielo o nel mirabile organismo dei corpi; nel credente, oltre che nella dottrina, nella vita stessa dell'anima che si manifesta con le sue luci e coi suoi palpiti di rispondenza ad altri più ardenti palpiti di un Amore eterno che l'ama, nella meraviglia del nascere e nel mistero del morire, una parte dell'umano, e l'altra vivere di una più vera vita; ma tutti e in tutto l'uomo sente un'invisibile e potente Presenza, sia che la neghi — e nel negarla ammette già che esista, perché non si nega che ciò che è e che si sa da molt'altri creduto — sia che la odî, confessando con l'odio che Essa è, sia che l'ami proclamando coll'amore che la si crede reale e che si spera poterla un giorno non già credere ma godere.
   Dio ha fatto questo: ha lasciato nell'uomo l'inclinazione al Bene supremo. E che è questo se non ricordo? E che ve ne pare? che non potesse farlo, Egli che è onnipotente e che, senza sforzo o fatica, da millenni regge il Creato, e senza un attimo di sosta crea anime, giudica anime, conosce contemporaneamente tutte le azioni di esse, le preconosce, essendo il Passato, il Presente, il Futuro un unico "è" davanti al suo Pensiero, le segue nello svolgersi, le giudica senza confusioni e errori, e giudica le anime che ad un suo comando lasciano la carne alla quale erano state mandate e che tornano al mondo ultraterreno supercreate, ricreate o, dovrei dire, distrutte dalla libera volontà dell'arbitrio? Ma questo vocabolo, per voi che cogliete sempre il senso materiale delle parole e non lo spirito delle stesse, vi farebbe gridare all'anatema. Dirò allora: brutte, sconce, mutili e svisate per aver cancellato volontariamente il ricordo del Divino. Perché è soprattutto questo ricordo, più di ogni lezione che si possa apprendere nelle scuole di ogni genere, quello che istruisce l'anima a perseguire le virtù per amore al proprio Dio e per speranza di pos­sederlo un giorno, oltre la vita, nella Vita senza fine.
   In verità, fra i molti doni che l'Amore ha conservato all'uomo decaduto, questo è il più alto e il più attivo. Parlo delle anime in generale, non di quelle dei cristiani cattolici, membri del Corpo mistico, vivificati dalla Grazia che è il dono dei doni. Questa inclinazione naturale al Bene supremo, che è ricordo spirituale di Dio, talora talmente sottile che le altre due parti dell'uomo non lo avvertono pur essendo da esso guidate a pensare e rette nell'operare, è stimolo alla ricerca della Divinità, all'operare per esser degni di Essa, a vivere in una parola in modo da giungere a ricongiungersi ad Essa. Per esso le anime si creano, se non la possiedono già, una religione che può essere errata per ignoranza del Vero, ma che è sempre amore alla divinità, ossia rispondenza al fine per cui l'uomo fu creato: amare e servire Dio sulla Terra e goderlo, immediatamente e completamente o dopo un tempo più o meno lungo, per l'eternità.
   Il ricordo crea amore. L'amore, giustizia. La giustizia della creatura genera un più grande amore per lei da parte di Dio. E il conoscimento si fa sempre più chiaro, più amore e giustizia aumentano nella creatura. Coll'amore cresce perciò sempre più il ricordo di Dio, perché, come ho detto, ricordo è conoscimento d'amore, e dove è amore là è Dio. Quando poi delle anime, a luce nel ricordare e a voce nell'apprendere, hanno la Grazia, che dite voi? Che essa Grazia non vi renda di molto simili all'Adamo innocente e perciò capaci di conoscere Dio? Che dite voi? Che quando alla Grazia, che vi viene resa per i miei meriti, venga unita la buona volontà e il lavoro di santificazione, la vostra conoscenza di Dio non si accosti sempre più a quella che era la gioia di Adamo? In verità, in verità vi dico che così avviene, e il ricordo, nei santi ancora viventi in Terra, non è più un ricordo, ma è conoscimento.
 Vi stupite della mia asserzione? E i patriarchi e i profeti, privi di Grazia ma giusti, non furono rapiti alla visione di Dio e non ne udirono la voce? Non mirarono la gloria di Dio e il Cielo mirabile? "Or quando Abramo entrò nei 99 anni gli apparve il Signore" (Genesi 17, 1). "E il Signore apparve a Mosè in una fiamma di fuoco di mezzo a un roveto" (Esodo 3, 2). "E salito Mosè sul monte la nuvola coperse il monte e la gloria del Signore… E Mosè entrato nella nuvola…" (Esodo 24, 15-18). "…io vidi uno che sembrava un uomo e dentro di lui e intorno a lui vidi una specie d'elettro" (Ezechiele 1, 26-27). "E udii una voce d'uomo che da mezzo all'Ulai gridava e diceva…", "Ecco Gabriele… e mi istruì…" (Daniele 8, 16; 9, 21-22). Tanto per ricordare alcuni punti9 in cui è scritto in libri canonici che anche a quelli privi di Grazia fu concessa la visione o la parola cele­ste.
   Conoscere Dio e "conversare con Lui" nell'intimo eden è già vedere e prevedere. Perché Dio non è mutato per scorrere di millenni, e le sue lezioni ai suoi eletti sono vaste, piene, luminose, come ai due innocenti che erano nudi e non ne avevano vergogna, perché non sapevano le povere scienze della materia ma unicamente le sublimi sapienze dell'amore.
   E dopo ciò potete ancora impugnare, come fossero errori, le parole scritte dallo strumento? Non contemplo neppure il caso che voi possiate ritenerle errore del Maestro o non riconoscere, dalla dovizia e sapienza del dono, chi è Colui che lo detta. Dopo ciò potete ancora impugnare, come fosse errore dello strumento, la verità che le anime hanno un ricordo di Dio, tanto più vivo più l'anima evolve in giustizia, vivissimo quando alla giustizia della creatura si unisce lo stato di grazia, ossia di figliolanza da Dio, perfetto quando, come in Maria Ss., vi è l'eterna verginità dello spirito da contatto con la Colpa e vi è pienezza di Grazia, assoluta innocenza, possesso della Sapienza, carità perfetta? Tanto perfetto in Maria Ss. quale nessun'altra creatura mai l'avrà.
   Dite voi, Servi di mia Madre10, e che è per voi Maria Ss.? La Eva nuova che conosce Dio come l'antica? No. Più che Eva. Perché, oltre che l'Innocente, Figlia, Sposa, Madre di Dio, così da Dio contemplata ab eterno, Ella è l'Agnella al fianco dell'Agnello, la Vittima, consumata con la divina Ostia per fare di voi dei "conoscenti Iddio".
  Ed ora rileggete, spogliando le vostre menti delle "vesti di foglie di fico" che vi siete cucite intorno ai vostri intelletti e che vi intercettano il vedere, rileggete là dove si parla di ricordo, di conoscenza, di dolci conversari della Unità Trina raccolta nel Cuore immacolato della Piena di Grazia con la sua anima adorante. Rileggete là dove Io parlo delle operazioni della Grazia che è Luce e Sapienza e che rende luminoso sempre più il ricordo di Dio e, unita alla giustizia, fa del ricordo un conoscimento sempre più perfetto, talora precoce, sempre santo, nello spirito dei santi. E pregate poscia che nella vostra intelligenza avvenga una nuova Pentecoste, e tutti i doni dello Spirito, Maestro di ogni vero, entrino a rinnovarvi, a riaccendervi in quella somiglianza divina che è amore soprannaturale colla soprannaturale Bellezza, senza il quale l'unione e la somiglianza e comprensione sono impossibili.
 In ginocchio, con l'animo umile degli umili, davanti a Colui che vi parla perché ha pietà di voi, pastori, e degli agnelli, e prende un "nulla" proprio perché è tale e perché ama ripetere il gesto fatto davanti all'umanità concupiscente dei Dodici, per confondere con la sua divina Sapienza la povera scienza umana dei dotti che si attardano a numerare i fili degli zizit11, polverosi per essere stati più vicini al suolo che al cielo, e lasciano, per questo lavoro inutile e pedante, di raccogliere e conservare le perle luminose di cui è contesto il lavoro. Sono zizit, per chi non comprendesse la metafora, le inutili perdite di tempo e gli sfoggi ancor più inutili di sapere umano usati per stabilire se la capienza di un luogo o il numero dei suoi abitanti, desunti da lavori umani e molto posteriori al mio tempo, perciò inesatti, corrispondono all'asserito da uno strumento, o se l'epoca e la permanenza in un luogo che egli dice, sempre confrontata secondo una misura che gli uomini si sono data, corrispondono al millesimo di frazione di tempo che essi ritengono perfetta. Ma dite! È il numero dei giorni, la vastità di un paese, la somma dei suoi abitanti che vi interessa, o è la dottrina dell'opera? Nel primo caso, mille e mille autori umani vi possono dar pascolo abbondante. Nel secondo, unicamente Io posso darvi ciò che andrebbe cercato in primo luogo. Perché solo quanto Io vi do vi serve per la vita eterna. Il resto è fieno che dopo essere digerito viene espulso e diviene immondezza. Non entrerete in Cielo per sapere quanti giorni uno fu in un luogo o quanti cittadini erano in una città, ma per esservi perfezionati traendo vita luminosa dalla Parola che è Vita e Luce.
   Amate Me più della scienza. Benedite Me e non il vostro sapere. E amate anche il "fanciullo" che ho preso per collocarlo fra voi. E con Me benedite il Padre12, Signore del Cielo e della Terra, per avere una volta di più rivelato Se stesso ad un piccolo in luogo di rivelarsi ai sapienti. Un piccolo, un fanciullo, un nulla. Sì. Ma un nulla consumato dal desiderio di servire e amare Iddio e di farlo conoscere, un nulla che da sé solo ha svegliato in sé sempre più vivo il ricordo di Dio, un nulla che ha consumato col suo amore e il suo volontario olocausto i diaframmi dell'umanità, un nulla che è giunto ad amare la Luce più dell'esistenza e degli onori, un nulla che si è così inabissato nella assoluta libertà del contemplare unicamente Iddio tanto da perdere di vista ogni cosa che Dio non sia, un nulla morto a tutto ciò che per i più è ansia di vita, ma vivo in eterno perché morto per vivere nel Signore.
   Dio, Io ve lo dico, mostra il suo regno non ai dotti, ma a coloro che sono illuminati dalla grazia e viventi nell'amore, ed è solo Dio che sceglie, prende e posa sul vertice del monte, là dove tanto è vicino il Cielo che lo spirito può gridare, ardendo, quello che doveva essere il grido di ogni uomo: "Ecco il mio Dio. Io lo vedo! Io lo intendo! Io lo conosco! Io sono divorato e ricreato dall'Amore".
   Piccolo Giovanni, puoi anche ricordare loro che l'uomo ha un angelo a custode e che questo spirito non è inerte presso l'uomo sul quale riflette le luci che egli angelo rispecchia adorando l'infinita Luce. Sta' in pace, anima mia.»
           


   Appunti in margine è il titolo che la scrittrice mette sulla copertina del quaderno autografo n. 115, che contiene gli scritti dal 28 gennaio al 28 febbraio 1947 e del 2 aprile 1947. All'inizio del quaderno la scrittrice ha inserito dei foglietti volanti per complessive sei facciate, il cui scritto è senza data ma rinvia ad un indice generale dell'opera sul Vangelo, contenuto in un fascicolo di propaganda stampato a Roma nel 1948. Nei foglietti, sotto il titolo "Episodi epurati", la scrittrice trascrive, depurandoli, i passi dell'opera che nell'attuale edizione dal titolo "L'Evangelo come mi è stato rivelato" si trovano, nella loro stesura originale e integrale, nel capitolo 98 (brani 2, 3 e 4), nel capitolo 174 (brani 12 e 14) e nel capitolo 183 (brani 3 e 5). La scrittrice conclude: Credo che così non daranno noia a nessuno. Se ce ne sono altri, mi si indichino, ché "Lui" saprà ben operare i tagli. Però faccio notare che vi sono libri anche… cristiani, perché celebrano i primi martiri (vedi il "Quo Vadis") che NON sono modelli di purezza… in molti punti. Eppure da decenni vanno in pace anche per i conventi e collegi…
           
   2 la parola, che è in Salmo 82, 6.
           
   3 nel fresco della sera, come in Genesi 3, 8 secondo l'antica volgata.
           
   4 dice, in Genesi 3, 24.
           
   5 dettati, che si trovano al termine dei capitoli 4, 7, 8 e 10 dell'opera "L'Evangelo come mi è stato rivelato".
           
   6 dico, in Matteo 5, 29-30; 18, 8-9Marco 9, 43-48.
           

   7 visione del 25 maggio 1944, commentata il 31 maggio 1944. I fascicoli sono le copie dattiloscritte (come al 1° aprile e al 25 dicembre 1945).
           
   8 ho detto, in Matteo 5, 48.
           
   9 alcuni punti, i cui rimandi ai libri canonici, messi nel testo tra parentesi, sono stati corretti da noi solo nel modo di indicare capi e versetti.
           
   10 Servi di mia Madre, cioè religiosi dell'Ordine dei Servi di Maria, al quale appartenevano Padre Migliorini e Padre Berti, che in quel momento seguivano e curavano, a Roma, i delicati e difficili rapporti tra l'Opera ancora inedita di Maria Valtorta e le Autorità ecclesiastiche.
           
   11 zizit è un termine che troviamo spesso nella grande opera "L'Evangelo" per denotare certi ornamenti nelle vesti di scribi e farisei.
           
   12 con Me benedite il Padre, come in Matteo 11, 25Luca 10, 21.