MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 130



CXXX. I discorsi dell’Acqua Speciosa: Non dirai falsa testimonianza. Il piccolo Asrael.

   14 marzo 1945.

   130.1 «Quanta gente!», esclama Matteo.
   E Pietro risponde: «Di’, guarda! Ci sono anche dei galilei…
   Ahi! Ahi! Andiamo a dirlo al Maestro. Sono tre onorati briganti!».
   «Vengono per me, forse. Anche qui mi perseguitano…».
   «No, Matteo. Il pescecane non mangia il pesciolino. Vuole l’uomo. Preda nobile. E solo se proprio non lo trova si pappa un grosso pesce. Ma io, te, gli altri, siamo pesciolini… robetta».
   «Per il Maestro dici?», interroga Matteo.
   «E per chi allora? Non vedi come guardano da tutte le parti? Sembrano fiere che annusano le peste della gazzella».
   «Vado a dirlo…».
   «Aspetta! Lo diciamo ai figli di Alfeo. Lui è troppo buono.
   Bontà sciupata quando cade in quelle bocche».
   «Hai ragione».
   I due vanno al fiume e chiamano Giacomo e Giuda. «Venite.
   Ci sono dei tipi… Buoni per il supplizio. Certo vengono per importunare il Maestro».
   «Andiamo. Lui dove è?».
   «Ancora nella cucina. Facciamo presto, perché se se ne accorge non vuole».
   «Sì. E fa male».
   «Lo dico anche io».
   Ritornano sull’aia. Il gruppo, designato «galileo», parla con sussiego ad altra gente. Giuda di Alfeo si accosta come per caso. E ode: «…parole devono essere appoggiate sui fatti».
   «E Lui li fa! Anche ieri ha guarito un romano indemoniato!», ribatte un robusto popolano.
   «Orrore! Guarire un pagano! Scandalo! Odi, Eli?».
   «Tutte le colpe in Lui: amicizie con pubblicani e meretrici, commerci coi pagani e…».
   «E sopportazione dei maldicenti. Anche questa è una colpa.
   Ai miei occhi la più grave. Ma, posto che Lui non sa, non vuole difendere Se stesso, parlate con me. Sono il suo fratello e a Lui maggiore, e questo è l’altro fratello, ancor più adulto. Parlate».
   «Ma per chi te la pigli? Credi che noi si parli male del Messia? Ohibò! Noi siamo venuti da tanto lontano per fama di Lui. Lo dicevamo anche a questi…».
   «Mentitore! Mi fai tanto schifo che ti volgo le spalle». E Giuda d’Alfeo, sentendo forse in pericolo la carità verso i nemici, se ne va.
   «Non è forse vero? Ditelo voi tutti…».
   Ma i «tutti», ossia gli altri coi quali questi galilei parlavano, tacciono. Non vogliono mentire e non osano smentire. Perciò stanno zitti.
   «Non sappiamo neanche come è Lui…», dice il galileo Eli.
   «Non lo hai insultato in casa mia, non è vero?», chiede Matteo ironico. «O sei smemorato per malattia?».
   Il «galileo» si ammanta e se ne va cogli altri senza rispondere.
   «Vigliacco», gli grida dietro Pietro.

   130.2 «Volevano dirci cose di inferno di Lui…», spiega un uomo.
   «Ma noi abbiamo visto i fatti. E noi sappiamo invece come sono loro, i farisei. A chi credere allora? Al Buono che è proprio buono, o ai malvagi che da loro si dicono buoni, ma che poi sono un castigo? Io so che da quando vengo non mi conosco più, tanto sono mutato. Ero un violento, duro alla moglie e ai figli, ero senza rispetto del vicino e ora… Lo dicono tutti al paese: “Azaria non è più lui”. E allora? Si è mai sentito che un demonio faccia buoni? Per chi lavora allora? Per la santità nostra? Oh! che davvero è un bizzarro satanasso se lavora per il Signore!».
   «Dici bene, uomo. E Dio ti protegga perché sai bene comprendere, bene vedere e bene operare. Prosegui così e sarai un vero discepolo del benedetto Messia. Una gioia per Lui che vuole il vostro bene e che tutto sopporta pur di portarvi ad esso. Non scandalizzatevi che del vero male. Ma quando vedete che in nome di Dio Egli opera, non abbiate scandalo, e non credete a quelli che vi vorrebbero persuadere di scandalo, anche se lo vedete fare cose nuove. Questo è il tempo nuovo. Come un fiore nato dopo secoli che la radice lavora, esso è venuto. Se non fosse stato preceduto da quella, non avremmo potuto comprendere la sua Parola. Ma secoli di ubbidienza alla Legge del Sinai ci hanno dato quel minimo di preparazione per potere, dal nuovo tempo, fiore divino che la Bontà ci ha concesso di vedere, aspirare tutti gli incensi e tutti i succhi per purificarci, fortificarci, renderci profumati di santità come un altare. Essendo il tempo nuovo, ha nuovi sistemi, non contrari alla Legge, ma tutti infusi di misericordia e carità, perché Egli è la Misericordia e l’Amore sceso dal Cielo». Giacomo d’Alfeo fa un gesto di saluto e va verso casa.

   130.3 «Come parli bene, tu!», dice ammirato Pietro. «Io non so mai che dire. Dico solo: “Siate buoni. Amatelo, ascoltatelo, credetelo”. Proprio non so come possa essere contento di me!».
   «Eppure lo è tanto», risponde Giacomo d’Alfeo.
   «Davvero lo dici o lo dici per bontà tua?».
   «In verità così è. Me lo diceva anche ieri».
   «Sì?! Allora oggi sono più contento del giorno che mi fu portata la sposa. Ma tu… dove hai imparato a parlare così bene?».
   «Sulle ginocchia di sua Madre e al suo fianco. Che lezioni!
   Che parole! Solo Lui può parlare ancora meglio di Lei. Ma quello che a Lei manca in potenza, Ella te lo aggiunge in dolcezza… ed entra… Le sue lezioni! Hai mai visto un panno che tocchi con un angolino un olio odoroso? Piano piano beve non l’olio ma il profumo e, se anche l’olio viene levato, il profumo resta sempre a dire: “Io ci fui”. Così di Lei. Anche in noi, stoffe ruvide e lavate poi dalla vita, Ella è penetrata con la sua sapienza e grazia, e il suo profumo è in noi».
   «Perché non la fa venire? Diceva che lo faceva! Si divente rebbe più buoni, meno zucconi… io almeno. E anche questa gente… Davanti a Lei sarebbero più buoni anche quegli aspidi che vengono ogni tanto…».
   «Lo credi? Io no. Noi si diventerebbe più buoni, e anche gli umili lo diventerebbero. Ma i potenti e i cattivi!… Oh! Simone di Giona! Non prestare mai agli altri i tuoi sentimenti onesti!
   Ne avresti delusioni…

   130.4 Ecco Lui. Non diciamogli niente…».
   Gesù esce dalla cucina avendo per mano un bambinello, che gli trotterella di fianco morsicando una crosta di pane unta d’olio. Gesù regola il suo lungo passo alle piccole gambette del suo amico. «Una conquista!», dice allegro. «Mi ha detto questo uomo di quattr’anni, che si chiama Asrael, che lui vuole essere un discepolo e imparare tutto: a predicare, a fare guarire i bambini malati, a far venire uva sui tralci anche in dicembre, e poi vuole andare su un monte e gridare a tutto il mondo: “Venite, c’è il Messia!”. Non è così, Asrael?».
   E il bambino ridente dice di sì, di sì, e intanto mangia.
   «Sai appena mangiare, tu!», lo stuzzica Tommaso. «Non sai neanche dire chi è il Messia».
   «È Gesù di Nazaret».
   «E che vuole dire “Messia”?».
   «Vuole dire… vuole dire: l’Uomo che è stato mandato per essere buono e farci buoni tutti».
   «E come fa per farci buoni? Tu che sei un monello come farai?».
   «Gli vorrò bene. E farò tutto. E Lui farà tutto perché io gli vorrò bene. Fa’ anche te così e diventerai buono».
   «E la lezione è data, Tommaso. Hai il precetto: “Voglimi bene e farai tutto, perché Io ti amerò se mi vorrai bene, e l’amore farà tutto in te”. Lo Spirito Santo ha parlato. Vieni, Asrael.
   Andiamo a predicare».
   È così lieto Gesù quando ha un bambino, che vorrei portargli tutti i bambini e farlo conoscere a tutti i bambini. Ce ne sono tanti che non lo conoscono neppure di nome!
   Passa davanti alla velata e prima di giungere dice al bambino: «Di’ a quella donna: “La pace sia con te”».
   «Perché?».
   «Perché ha la “bua” come te quando cadi. E piange. Ma se tu le dici così, le passa».
   «La pace sia con te, donna. Non piangere. Me lo ha detto il Messia. Se gli vuoi bene, Lui ti vuol bene e guarisci», grida il bambino mentre Gesù lo trascina seco senza fermarsi. C’è proprio in Asrael la stoffa del missionario. Anche se per ora è un poco… intempestivo nelle sue predicazioni e dice più che non gli si sia detto di dire.

   130.5 «La pace a tutti voi.
   “Non dirai falsa testimonianza”, è detto.
   Cosa c’è di più nauseante di un bugiardo? Non si può dire che egli accentra crudeltà con impurità? Sì, che si può. Il bugiardo, parlo del bugiardo in cose gravi, è crudele. Egli uccide una stima con la sua lingua. Dunque non è diverso dall’assassino. Anzi dico: è più di un assassino. Costui uccide solo un corpo. Il bugiardo uccide anche il buon nome, il ricordo di un uomo. Perciò è due volte assassino. È l’assassino impunito perché non sparge sangue, ma lede un onore, e del calunniato e della sua intera famiglia. E non contemplo neppure il caso di uno che giurando il falso mandi un altro alla morte. Su questo già sono accumulati i carboni della Geenna. Ma parlo solo di chi con bugiarda parola insinua e persuade altri in sfavore di un innocente. Perché lo fa? O per odio senza ragione. O per avidità di avere ciò che l’altro ha. Oppure per paura.
   Odio. Ha l’odio solo chi è amico di Satana. Il buono non odia. Mai. Per nessuna ragione. Anche vilipeso, anche danneggiato, perdona. Non odia mai. L’odio è la testimonianza che un’anima perduta dà di se stessa, e la testimonianza più bella che viene data all’innocente. Perché l’odio è la rivolta del male contro il bene. Non si perdona a chi è buono.
   Avidità. “Colui ha ciò che io non ho. Io voglio ciò che lui ha. Ma solo con lo spargere disistima su lui io posso giungere ad avere il suo posto. Ed io lo faccio. Mento? Che importa? Derubo? Che importa? Posso giungere a rovinare tutta una famiglia? Che importa?”. Fra tante domande che l’astuto mentitore si fa, dimentica, vuole dimenticare, una domanda. Questa: “E se venissi smascherato?”. Questa non se la fa perché, preso dall’orgoglio e dall’avidità, è come uno dagli occhi tappati. Non vede il pericolo. È ancora come uno ebbro. È ebbro del vino satanico, e non pensa che Dio è più forte di Satana e si incarica di fare le vendette del calunniato. Il mentitore si è dato alla Menzogna e fida stoltamente nella sua protezione.
   Paura. Molte volte uno calunnia per scusare se stesso. È la forma più comune di menzogna. Si è fatto il male. Si teme venga scoperto e riconosciuto come opera nostra[81]. Allora, usando d abusando della stima che ancora si ha presso gli altri, ecco che si capovolge il fatto, e quello che noi si è fatto lo si addossa all’altro di cui si teme solo l’onestà. Ancora lo si fa perché l’altro, delle volte, è stato, senza volere, testimonio di una nostra mala azione, e allora ci si vuole mettere al sicuro da una sua testimonianza. Lo si accusa per renderlo inviso onde, se lui parla, nessuno lo creda.

   130.6 Ma agite bene! Agite bene! E di questa menzogna non avrete mai bisogno. Non pensate, quando mentite, come vi mettete un giogo pesante? Esso è fatto della soggezione al demonio, della paura perpetua di una smentita e della necessità di ricordare la menzogna detta, coi fatti ed i particolari con cui fu detta, anche dopo degli anni, senza cadere in contraddizione. Una fatica da galeotto. E servisse al Cielo! Ma serve solo a prepararsi il posto nell’inferno!
   Siate schietti. Così bella la bocca dell’uomo che non conosce menzogna! Sarà povero, sarà rozzo, sarà sconosciuto? Lo è, anzi? Sì. Ma è sempre un re. Perché è un sincero. E la sincerità è regale più dell’oro e del diadema, ed eleva sulle folle più di un trono, e dà corte di buoni più di quanta ne ha un monarca. Sicurezza e sollievo dà la vicinanza dell’uomo sincero. Mentre disagio dà l’amicizia dell’insincero e anche solo l’averlo vicino dà un senso di disagio. Non pensa chi mente che, poiché presto la menzogna affiora per mille cause, dopo egli è sempre tenuto in sospetto? Come poter accettare più quanto egli dice? Anche se dice il vero, e chi l’ode lo vuol credere, in fondo c’è sempre un dubbio: “Mentirà anche ora?”.
   Voi direte: “Ma dove è la testimonianza falsa?”. Ogni menzogna è testimonianza falsa. Non solo quella legale.
   Siate semplici come semplice è Dio e il fanciullo. Siate veritieri in tutti i vostri momenti della vita. Volete essere reputati buoni? Siatelo in verità. Se anche un maldicente volesse dire di voi male, cento buoni direbbero: “No. Non è vero. Egli è buono. Le sue opere parlano per lui”.
   In un libro sapienziale è detto[82]: “L’uomo apostata procede con la perversità sulle labbra… nel suo cuore perverso prepara il male e in ogni tempo semina discordie… Sei cose odia il Signore e la settima l’ha in esecrazione: gli occhi superbi, la lingua bugiarda, le mani che spargono sangue innocente, il cuore che medita iniqui disegni, i piedi che corrono frettolosi al male, il falso testimonio che proferisce menzogne, e colui che semina discordie fra i fratelli… Per i peccati della lingua la rovina si avvicina al malvagio… Chi mentisce è un testimone fraudolento. Il labbro veritiero non muta in eterno, ma è testimonio di un momento chi imbastisce linguaggio di frode. Le parole del sussurrone sembrano semplici, ma penetrano le viscere. Il nemico si riconosce al suo parlare quando cova tradimento. Quando parla con voce sommessa non te ne fidare, perché porta nel cuore sette malizie. Egli con finzione nasconde il suo odio, ma la sua malizia sarà rivelata… Chi scava la fossa vi cadrà e la pietra cadrà addosso a chi la rotola”.
   Vecchio come il mondo è il peccato di menzogna e senza mutazione è il pensiero del sapiente in proposito, come senza mutazione è il giudizio di Dio su chi è bugiardo.
   Io dico: “Abbiate sempre un solo linguaggio. Il sia sempre e il no sia sempre no anche di fronte a potenti ed a tiranni. E grande merito ne avrete in Cielo”.
   Vi dico: “Abbiate la spontaneità del fanciullo che va per istinto da chi sente buono senza cercare altro che bontà. E che dice ciò che la sua stessa bontà gli fa pensare, senza calcolare se dice troppo e ne può avere un biasimo”.
   Andate in pace. E la Verità vi diventi amica».

   130.7 Il piccolo Asrael, che è sempre stato seduto ai piedi di Gesù col capino alzato come un uccellino che ascolta il canto del genitore, ha una mossa tutta dolcezza: si strofina col visetto contro i ginocchi di Gesù e dice: «Io e Te siamo amici perché Tu sei buono e io ti voglio bene. Ora lo dico anche io»; e sforzando la vocina per farsi udire per tutto il vasto stanzone dice, gestendo come ha visto fare a Gesù: «Tutti, ascoltate. Io so dove vanno le persone che non dicono bugie e vogliono bene a Gesù di Nazaret. Vanno su per la scala di Giacobbe. Su, su, su… insieme agli angeli e poi si fermano quando trovano il Signore», e ride felice mostrando tutti i dentini.
   Gesù lo carezza e scende fra la gente. Riporta il piccolo alla madre: «Grazie, donna, di avermi dato il tuo bambino».
   «Ti ha dato noia…».
   «No. Mi ha dato amore. È un piccolo del Signore, e il Signore sia sempre con lui e con te. Addio».
   Tutto ha fine.

[81] come opera nostra, invece di per opera nostra, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[82] è detto, per esempio in: Proverbi 6, 12-19; 12, 13-28.