MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 88



LXXXVIII. Nella pianura di Esdrelon. L'amore di Giovanni e dei pochi come lui. Visita al pastore Giona.

   26 gennaio 1945.

   88.1 Per un sentieruolo fra campi arsi, tutti stoppie e grilli, Gesù cammina avendo ai lati Levi e Giovanni. Dietro, in gruppo, sono Giuseppe, Giuda e Simone.
   È notte. Ma non c’è refrigerio. La terra è un fuoco che con tinua a bruciare anche dopo l’incendio del giorno. La rugiada non può nulla su questa arsione. Io credo che si asciughi ancor prima di toccare il suolo, tanta è la vampa che esce dai solchi e dalle crepe del suolo.
Tacciono tutti, spossati e accaldati. Ma vedo Gesù sorridere. La notte è chiara, per quanto la luna calante appena appaia ora all’estremo oriente.
   «Credi che ci sarà?», chiede Gesù a Levi.
   «Ci sarà certo. In questo tempo sono riposte le messi, né ancora sono iniziate le raccolte delle frutta. I contadini sono perciò occupati a sorvegliare vigneti e pometi dai predoni, e non si allontanano, specie quando i padroni sono esosi come quello che ha Giona. Samaria è vicina e quando quei rinnegati possono… oh! ci danneggiano volentieri, noi di Israele. Non sanno che poi i servi sono bastonati? Sì, che lo sanno. Ma ci odiano, ecco».
   «Non avere astio, Levi», dice Gesù.
   «No. Ma vedrai per loro colpa come fu ferito Giona cinque anni or sono. Da allora vive la notte di guardia. Perché il flagello è supplizio crudele…».
   «C’è ancora molto ad arrivare?».
   «No, Maestro. Vedi là dove finisce questo squallore e c’è quel mucchio scuro? Là sono i pometi di Doras, il duro fariseo. Se mi lasci, vado avanti per farmi udire da Giona».
   «Va’».

   88.2 «Ma sono tutti così i farisei, Signor mio?», chiede Giovanni. «Oh! non vorrei esser a loro servizio! Preferisco la mia barca».
   «È la barca la prediletta?», chiede semiserio Gesù.
   «No, sei Tu! La barca lo era quando io non sapevo che c’era l’Amore sulla Terra», risponde pronto Giovanni.
   Gesù ride della sua veemenza. «Non sapevi che sulla Terra c’era l’amore? E come sei nato, allora, se tuo padre non amò tua madre?», chiede Gesù come per burla.
   «Quell’amore è bello, ma non mi seduce. Sei Tu il mio amore, sei Tu l’Amore sulla Terra per il povero Giovanni».
   Gesù lo stringe a Sé e dice: «Avevo voglia di sentirtelo dire.
   L’Amore è avido di amore, e l’uomo alla sua avidità dà e darà sempre impercettibili stille, come queste che cadono dal cielo e sono tanto meschine che si consumano a mezz’aria, nella vampa dell’estate. Anche le stille d’amore degli uomini si consumeranno a mezz’aria, uccise da vampe di troppe cose. Il cuore ancora le spremerà… ma gli interessi, gli amori, gli affari, le avidità, tante, tante cose umane, le brucieranno. E che salirà a Gesù? Oh! troppo poca cosa! Gli avanzi, i superstiti di tutti i palpiti umani, gli interessati palpiti degli umani per chiedere, chiedere, chiedere, mentre il bisogno urge. Amarmi per solo amore sarà proprietà di pochi: dei Giovanni… Guarda una spiga rinata. È forse un seme caduto alla mietitura. Ha saputo nascere, resistere al sole, alla siccità, alzarsi, incespire, far spiga… Senti, è già formata. Non c’è che lei, viva, in questi campi spogliati. Fra poco i chicchi maturi cadranno al suolo rompendo la veste glabra che li tiene serrati allo stelo, e saranno carità per gli uccellini, oppure, dando il cento per uno, rinasceranno ancora e, prima che l’inverno riporti l’aratro alle zolle, saranno di nuovo maturi, e sfameranno molti uccelli già stretti dalla fame delle più tristi stagioni… Vedi, Giovanni mio, quanto può fare un seme coraggioso? Così saranno i pochi che mi ameranno per amore. Uno solo servirà alla fame di tanti. Uno solo farà bella la zona dove è, prima era, il brutto del nulla. Uno solo farà vita dove era morte e a lui verranno gli affamati. Mangeranno un chicco del suo amore operoso e poi, egoisti e svagati, voleranno via. Ma anche a loro insaputa quel chicco deporrà germi vitali nel loro sangue, nel loro spirito… e torneranno… E oggi, e domani, e domani ancora, come diceva Isacco, verrà aumentata la cognizione dell’Amore nei cuori. Lo stelo, spogliato, non sarà più nulla. Un arso filo di paglia. Ma dal suo sacrificio quanto bene! E sul suo sacrificio quanto premio!».
   Gesù, che si era fermato un istante davanti ad un esile spiga nata ai bordi del sentiero, in una cunella che in tempi di piogge forse era ruscello, ha poi proseguito, ascoltato sempre da Giovanni nella sua solita posa di innamorato che beve non solo le parole ma le mosse dell’amato.
   Gli altri, che parlano fra loro, non si accorgono del dolce colloquio. Ora è raggiunto il pometo e sostano, riunendosi tutti. Il caldo è tale che sudano nonostante siano senza mantello. Tacciono e attendono.

   88.3 Dal folto oscuro, che ora appena la luna illumina, emerge la macchia chiara di Levi e, dietro, un’altra ombra più scura.
   «Maestro, qui è Giona».
   «La mia pace venga a te!», saluta Gesù prima ancora che Giona lo raggiunga.
   Ma Giona non risponde. Corre e si butta piangendo ai suoi piedi e li bacia. Quando può parlare dice: «Quanta attesa di Te! Quanta! Quanto sconforto sentire la vita passare, venire la morte, e dover dire: “E non l’ho visto!”. Eppure, no, non tutta la speranza moriva. Neppur quando fui per morire. Dicevo: “Ella lo ha detto: ‘Voi lo servirete ancora’, ed Ella non può aver detto cosa non vera. È la Madre dell’Emmanuele. Nessuna perciò più di Lei ha seco Dio, e chi ha Dio sa ciò che è di Dio”».
   «Alzati. Ella ti saluta. L’hai avuta vicina e vicina l’hai. Nazaret l’ospita».
   «Tu! Lei! A Nazaret? Oh! l’avessi saputo! Di notte, nei freddi mesi del ghiaccio, quando dorme la campagna e i cattivi non possono nuocere ai coltivatori, sarei venuto, di corsa, a baciarvi i piedi, e sarei tornato via col mio tesoro di certezza. Perché non ti sei manifestato, Signore?».
   «Perché non era l’ora. Ora l’ora è venuta. Bisogna saper attendere. Tu l’hai detto: “Nei mesi del gelo quando la campagna dorme”. Eppure è già seminata, non è vero? Ebbene, Io pure ero come il chicco già seminato. E tu mi avevi visto all’atto della semina. Poi ero scomparso. Seppellito sotto un necessario silenzio. Per crescere e giungere al tempo della messe e splendere agli occhi di chi mi aveva visto Neonato e del mondo. Quel tempo è venuto. Ora il Neonato è pronto ad esser Pane del mondo. E per primi cerco i miei fedeli, ed a loro dico: “Venite. Sfamatevi di Me”».
   L’uomo lo ascolta, sorridendo beato, e continua a dire, come fra sé: «Oh! ci sei proprio! Ci sei proprio!».
   «Sei stato per morire? Quando?».
   «Quando fui fustigato a morte perché m’erano state spogliate due vigne. Guarda quante ferite!». Cala la veste e mostra le spalle tutte segnate da cicatrici irregolari. «Con una frusta di ferro mi ha percosso. Ha contato i grappoli raccolti, si vedeva dove il picciolo era stato strappato, e mi ha dato un colpo per ogni grappolo. E poi mi ha lasciato là, semimorto. Mi ha soccorso Maria, una giovane sposa di un mio compagno e che mi ha sempre voluto bene. Suo padre era il fattore prima di me, ed io, venuto qui, alla bambina ho messo amore perché si chiamava Maria. Mi ha curato e sono guarito dopo due mesi, perché le piaghe col caldo si erano invelenite e davano febbre forte. Ho detto al Dio di Israele: “Non importa. Fammelo rivedere il tuo Messia. E non mi importa questo male. Prendilo per sacrificio. Non posso sacrificarti mai. Sono servo di un crudele e Tu lo sai. Neppure a Pasqua mi permette di venire al tuo altare. Prendi me per ostia. Ma dammi Lui!”».
   «E l’Altissimo ti ha fatto contento.

   88.4 Giona, mi vuoi servire come i tuoi compagni già fanno?».
   «Oh! come farò?».
   «Come essi fanno. Levi sa e ti dirà quanto è semplice servire Me. Voglio solo la tua buona volontà».
   «Quella te l’ho fin data quando Tu vagivi. Per essa tutto ho superato. Tanto gli sconforti che gli odii. È… che qui non si può parlare che poco… Il padrone una volta mi ha colpito col piede perché io insistevo che Tu eri. Ma quando egli era lontano, e con chi potevo fidarmi, oh! lo dicevo il prodigio di quella notte!».
   «E allora ora di’ il prodigio del mio incontro. Vi ho trovati quasi tutti, e tutti fedeli. Non è questo un prodigio? Sol per avermi contemplato con fede e amore vi siete fatti giusti presso Dio e gli uomini».
   «Oh! ora avrò un coraggio! Un coraggio! Ora so che ci sei e posso dire: “Egli è là. Andate a Lui!…”. Ma dove, Signore mio?».
   «Per tutto Israele. Sino a settembre starò in Galilea. Nazaret o Cafarnao mi avranno sovente, e da lì mi si potrà trovare. Poi…sarò dovunque. Sono venuto a radunare le pecore d’Israele».
   «Oh! mio Signore! Troverai molti caproni. Diffida dei grandi in Israele!».
   «Nulla mi faranno di male se non sarà l’ora. Tu, ai morti, ai dormenti, ai vivi, di’: “Il Messia è fra noi”».
   «Ai morti, Signore?».
   «Ai morti dello spirito. Gli altri, i giusti morti nel Signore, già trasalgono di gioia per la prossima liberazione dal Limbo. Dillo ai morti: Io sono la Vita. Dillo ai dormenti: Io sono il Sole che sorge levando dal sonno. Dillo ai vivi: Io sono la Verità che essi cercano».
   «E guarisci anche i malati? Levi mi ha detto di Isacco. Solo per lui il miracolo, perché il tuo pastore, o per tutti?».
   «Ai buoni il miracolo per giusto premio. Ai men buoni per spingerli alla bontà vera. Ai malvagi anche, talora, per scuoterli e farli persuasi che Io sono e che Dio è con Me. Il miracolo è un dono. Il dono è per i buoni. Ma Colui che è Misericordia e che vede la pesantezza umana, non scuotibile che per evento potente, ricorre anche a questo per poter dire: “Tutto ho fatto con voi e nulla è valso. Dite dunque da voi stessi che vi devo più fare”».

   88.5 «Signore, non ti sdegna entrare nella mia casa? Se Tu mi assicuri che il ladro non penetrerà nei poderi, io ti vorrei ospitare e chiamare intorno a Te i pochi che ti conoscono per la mia parola. Il padrone ci ha piegati e franti come steli ignobili. Non abbiamo che la speranza di un premio eterno. Ma, se Tu ti mostri ai cuori avviliti, essi avranno un’altra forza in loro».
   «Vengo. Non temere per piante e vigneti. Puoi credere che gli angeli ti faranno guardia fedele?».
   «Oh! Signore! Li ho visti i tuoi servi celesti. Credo. E vengo con Te sicuro. Benedette queste piante e queste vigne che hanno vento e canzone di ali e voci angeliche! Benedetto questo suolo che Tu santifichi col tuo piede! Vieni, Signore Gesù! Udite, piante e viti. Udite, zolle. Ora quel Nome, che a voi confidai per mia pace, lo dico a Lui. Gesù è qui. Udite, e per rami e tralci sussulti la linfa. Il Messia è con noi».
   Tutto termina su queste gioiose parole.