MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 305



CCCV. Gesù conforta Marziam con la parabola degli uccellini.

   17 ottobre 1945.

   305.1Gesù esce di casa col bambino per mano. Non entrano nel centro di Nazaret, ma anzi ne escono per la stessa via fatta da Gesù la prima volta che lasciò la sua casa per la vita pubblica, e giunti ai primi uliveti lasciano la via maestra per prendere sentierini fra le piante, cercando il sole tiepido succeduto a giorni di burrasca.
   Gesù invita il bambino a correre e saltare. Ma Marziam risponde: «Preferisco stare vicino a Te. Sono grande ormai e sono un discepolo».
   Gesù sorride di questa… autorevole professione di età e di dignità. Invero è un ben piccolo adulto quello che cammina al suo fianco. Nessuno gli darebbe più di dieci anni. Ma nessuno può negare che sia un discepolo, e meno di tutti Gesù, il quale si limita a dire: «Ma ti annoierai a stare zitto mentre Io faccio orazione. Io ti avevo condotto con Me per farti divertire».
   «Non potrei divertirmi in questi giorni… Ma stare vicino a Te mi dà tanto sollievo…

   305.2Ti ho tanto desiderato in questo tempo… perché… perché…». Il bambino stringe le labbra che tremano e non parla più.
   Gesù gli posa la mano sul capo dicendo: «Chi crede alla mia parola non deve essere triste come coloro che non credono. Io dico la verità sempre. Anche quando assicuro che non c’è separazione fra le anime dei giusti che sono in seno ad Abramo e quelle dei giusti che sono sulla Terra. Io sono la Risurrezione e la Vita, Marziam. E questa la porto anche prima di compiere la mia missione. Tu mi hai sempre detto che i tuoi genitori sospiravano la venuta del Messia e chiedevano a Dio di vivere tanto da vederlo. Erano dunque credenti in Me. Si sono addormentati in questa fede. Sono perciò già salvati da essa, già risorti e vivi per essa. Perché questa è fede che dà vita dando sete di giustizia. Pensa quante volte essi avranno resistito alle tentazioni per essere degni di incontrare il Salvatore…».
   «Ma sono morti senza averti visto, Signore… E morti in quel modo… Io li ho visti, sai, quando li levavano dalla terra tutti i morti del paese… La mia mamma, il padre mio… i miei fratellini… Che mi importa se per consolarmi mi dicevano: “I tuoi non sono così. Non hanno sofferto”? Oh! non hanno sofferto! Erano dunque piume i macigni che sono piombati loro addosso? Era aria la terra e l’acqua che li hanno soffocati? E la loro ragione non avrà sofferto sentendosi morire, pensando a me?…». Il bambino è molto agitato dal dolore. Gestisce vivamente, ritto di fronte a Gesù, quasi aggressivo…
   Ma Gesù capisce quel dolore, quel bisogno di dirlo, e lo lascia parlare. Gesù non è di quelli che a chi delira per un dolore vero dice: «Taci. Mi fai scandalo».

   305.3Il bambino continua: «E dopo? Cosa è venuto dopo? Tu lo sai cosa è venuto dopo! Se non venivi Tu, come una fiera sarei divenuto, o sarei morto come una serpe nel bosco. E non sarei più andato dalla mamma, dal padre e dai fratelli, perché odiavo Doras e… e non amavo più Dio come prima, quando la mamma c’era a volermi bene, a farmi amare il prossimo. Io avevo quasi odio agli uccelli che si empivano il gozzo, che avevano piume calde, che rifacevano i nidi, io che avevo fame, che avevo una veste rotta, che non avevo più casa… Li scacciavo, io che amo gli uccelli, per l’ira che mi veniva a confrontarmi con loro, e poi piangevo perché sentivo di essere stato cattivo e di meritare l’inferno…».
   «Ah! dunque ti pentivi di essere cattivo?».
   «Sì, Signore. Ma come facevo ad essere buono? Il vecchio padre lo era. Ma lui diceva: “Fra poco tutto finirà. Sono vecchio…”. Ma io vecchio non ero! Quanti anni ancora prima di poter lavorare e mangiare da uomo e non da cane randagio?
   Sarei diventato un ladrone io, se Tu non venivi».
   «Non lo saresti diventato perché tua mamma pregava per te. Lo vedi che Io sono venuto e ti ho preso? Questo è prova che Dio ti amava e che tua madre vegliava su te».
   Il bambino tace, pensando. Sembra cercare luce dal suolo che calpesta, tanto lo guarda, camminando a fianco di Gesù sull’erbetta un poco strinata dal tramontano dei giorni prima.
   Poi alza il capo chiedendo: «Ma non sarebbe stata una prova più bella se non mi faceva morire la mamma?».

   305.4Gesù ha un sorriso per la logica umana della piccola mente. Ma spiega, serio e buono: «Ecco, Marziam. Ti farò capire le cose attraverso un paragone. Tu mi hai detto che ti piacciono gli uccellini, non è vero? Ora senti un poco. Gli uccellini sono fatti per volare o per stare in gabbia?».
   «Per volare».
   «Va bene. E le mamme degli uccellini come fanno a nutrirli quando sono piccini?».
   «Li imbeccano».
   «Sì. Ma con che?».
   «Coi semi, le mosche, i bruchi, o briciole di pane, o pezzettini di frutta che trovano volando qua e là».
   «Benissimo. Ora ascolta. Se tu questa primavera trovassi un nido per terra, con i piccoli dentro e la madre sopra, cosa faresti?».
   «Lo prenderei».
   «Tutto? Come sta? Madre compresa?».
   «Tutto. Perché è troppo brutto essere piccoli senza mamma».
   «Veramente nel Deuteronomio è detto[16] di prendere solo i piccoli, lasciando libera la madre che è sacra al prolificare».
   «Ma se è una buona mamma non se ne va. Corre dove sono i suoi piccoli. La mia avrebbe fatto così. Neanche a Te mi avrebbe dato per sempre, perché sono ancora bambino. Venire anche lei con me non avrebbe potuto, perché i fratellini erano ancora più piccoli di me. E allora non mi avrebbe lasciato andare».
   «Sta bene. Ma senti: secondo te, vorresti più bene a quella madre degli uccellini e a loro stessi tenendo la gabbia aperta perché andasse e venisse col cibo appropriato, oppure tenendo prigioniera anche lei?».
   «Eh!… le vorrei più bene lasciandola andare e venire finché i piccoli sono cresciuti… e le vorrei bene del tutto se, tenendomi loro, una volta cresciuti, lasciassi libera lei perché l’uccello è fatto per volare… Veramente… per essere proprio del tutto buono… dovrei lasciare volar via anche i piccoli cresciuti e renderli alla libertà… Sarebbe il più vero amore che potrei avere per loro. E il più giusto… Eh! sì! Il più giusto, perché non farei che permettere che si compia quanto Dio ha voluto per gli uccelli…».
   «Ma bravo Marziam! Hai proprio parlato da saggio! Sarai un grande maestro del tuo Signore, e chi ti ascolterà ti crederà perché parlerai da saggio!».
   «Davvero, Gesù?». Il visetto, prima inquieto e triste, poi scuro di pensiero, chiuso nello sforzo di giudicare ciò che era migliore, si spiana e splende nella gioia della lode.
   «Davvero.

   305.5Ora vedi un po’! Tu, solo perché sei un bravo bambino, giudichi così. Pensa tu come giudicherà Dio, che è Perfezione in tutto, riguardo alle anime e al loro vero bene. Le anime sono come tanti uccelli che la carne imprigiona nella sua gabbia. La Terra è il luogo dove sono portati colla gabbia. Ma anelano alla libertà del Cielo, al Sole che è Dio, al Nutrimento giusto per loro, che è la contemplazione di Dio. Nessun amore umano, neppure il santo amore di madre per i figli o di figli per la madre, è tanto forte da soffocare questo desiderio delle anime di ricongiungersi alla loro Origine che è Dio. Così come Dio, per il suo perfetto amore per noi, non trova nessuna ragione tanto forte da superare il desiderio suo di riunirsi all’anima che lo desidera. E allora che avviene? Delle volte l’ama tanto che le dice: “Vieni! Ti libero”. E lo dice anche se ci sono dei bambini intorno a una mamma. Lui vede tutto. Lui sa tutto. Lui fa tutto bene quello che fa. Quando libera un’anima — potrà non parere agli uomini dall’intelletto relativo, ma lo è — quando libera un’anima, lo fa sempre per un bene più grande, dell’anima stessa e dei suoi congiunti. Egli allora, te l’ho già detto altre volte, aggiunge al ministero dell’angelo custode il ministero dell’anima che ha chiamato a Sé, e che ama di un amore mondo da pesantezze umane i suoi parenti amandoli in Dio. Quando libera un’anima si impegna anche di sostituirsi ad essa nelle cure ai superstiti. A te non lo ha forse fatto? Non ha fatto di te, piccolo figlio d’Israele, il mio discepolo, il mio sacerdote di domani?».
   «Sì, Signore».
   «Ora pensa un po’. Tua madre sarà liberata da Me e non avrà bisogno dei tuoi suffragi. Ma tu, quando ella fosse morta dopo la Redenzione e fosse bisognosa di suffragi, potresti suffragarla come sacerdote. Pensa, non avresti che potuto spendere dando offerte ad un sacerdote del Tempio, perché fosse fatto sacrifizio per lei di vittime quali agnelli o colombi od altro prodotto della terra. Questo se fossi rimasto il contadinello Jabè presso tua madre. Invece tu, Marziam, sacerdote di Cristo, potresti per lei celebrare direttamente il Sacrifizio vero della Vittima perfetta, nel nome della quale tutti i perdoni sono concessi!».
   «E non lo potrò più fare?».
   «Non per padre, madre e fratellini. Ma lo potrai fare per amici e discepoli tuoi.

   305.6Non è bello tutto ciò?».
   «Sì, Signore».
   «Allora torniamo a casa rasserenati».
   «Sì… Ma non ti ho lasciato fare orazione!… Me ne spiace…».
   «Ma l’abbiamo fatta orazione! Abbiamo considerato le verità, contemplato Dio nelle sue bontà… Tutto questo è orazione. E tu l’hai fatta da vero adulto. Su, ora! Cantiamo un bel salmo di lode per la gioia che è in noi». E intona[17]: «“Un bel canto m’è sgorgato dal cuore…”».
   Marziam unisce la sua voce d’argento al bronzo e oro di quella di Gesù.

[16] è detto, in: Deuteronomio 22, 6-7.
[17] intona il Salmo 45.