MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 424



CDXXIV. Pensieri di gloria e di martirio alla vista della costa mediterranea.­

   27 aprile 1946.

   424.1­Dalla cresta delle ultime elevazioni, che già non è proprio chiamare colline, tanto è relativa la loro altezza, la costa mediterranea appare per un largo raggio limitato al nord dal promontorio del Carmelo, libero a sud sino alle estreme lontananze raggiungibili dalla vista umana. Una placida costa, quasi diritta, avente alle spalle la pianura ubertosa, appena rotta da ondulazioni lievissime. Le città marittime sono visibili con il biancore delle case messo fra il verde dell’interno e l’azzurro del mare, che è placido, sereno, di un azzurro splendido, rispecchiante l’azzurro puro del cielo.
   Cesarea è un poco a nord dal luogo in cui sono gli apostoli con Gesù e con alcuni discepoli, incontrati forse nei paesi traversati a sera o all’alba. Perché ora l’alba è superata, e superata l’aurora, pur essendo ancora il giorno alle sue prime ore. In quelle ore così belle delle mattine estive nelle quali il cielo, dopo il rosar dell’aurora, torna azzurro, e fresca è l’aria nitida, fresche le campagne, intatto di vele il mare, ore verginali del giorno in cui si schiudono i nuovi fiori, e le rugiade, asciugandosi al primo sole, seco esalano gli aromi delle erbe, affidando freschezza e profumo al respiro lieve della brezza mattutina, che muove appena le foglie sugli steli e increspa appena la superficie piana del mare.
   La città appare stesa sulle rive, bella come ogni luogo dove la raffinatezza romana ha sede. Terme e palazzi marmorei biancheggiano come blocchi di neve rappresa nei quartieri più prossimi al mare, vegliati da una torre pure bianca, alta, quadrata, presso il porto. Forse un castro o un luogo di vedetta. Poi le casette più modeste, periferiche, in stile ebraico, e dovunque verdeggiar di pergole, di giardini pensili elevati più o meno fastosamente sulle terrazze sopra le case, e svettare di alberi.
   Gli apostoli ammirano, sostando al rezzo di un ciuffo di platani posto quasi sulla cresta del colle.
   «Si allarga il respiro a vedere questa immensità!», esclama Filippo.
   «E sembra già di sentire tutta la frescura di quelle belle acque azzurre», dice Pietro.
   «Davvero! Dopo tanta polvere, sassi, pruni… guarda che nitore! Che freschezza! Che pace! Il mare dà sempre pace…», commenta Giacomo d’Alfeo.
   «Uhm! Meno quando… ti prende a schiaffi e fa girare te e la nave come birilli in mano ai ragazzi…», gli risponde Matteo che probabilmente ricorda il suo mal di mare.

   424.2«Maestro… io penso… Penso a tutte le parole dei nostri salmisti, al libro di Giobbe, alle parole dei libri sapienziali, là dove è celebrata la potenza di Dio. E, non so perché, questo pensare, che mi viene da ciò che io vedo, mi fa sorgere il pensiero che, sublimati a bellezza perfetta su una purità azzurra e luminosa, così saremo, se giusti saremo fino alla fine nella grande rassegna, nel tuo trionfo eterno, in quello che Tu ci descrivi e che sarà la fine del Male… E mi pare vedere popolata questa immensità celeste di luminosi corpi risorti e Te, fulgente più di mille soli, al centro dei beati, e non più dolore, lacrime, insulti, denigrazioni come quelle di ieri sera… e pace, pace, pace… Ma quando finirà il Male di nuocere? Forse che spunterà le sue saette contro il tuo Sacrificio? Si persuaderà d’esser vinto?», dice Giovanni che, se sul principio sorrideva, ora è angosciato.
   «Mai. Sempre crederà d’essere trionfatore, nonostante tutte le smentite che i giusti gli daranno. E il mio Sacrificio non spunterà le sue saette. Ma l’ora verrà, l’ora finale, in cui il Male sarà vinto e, in una bellezza ancor più infinita di quale il tuo spirito la prevede, gli eletti saranno l’unico Popolo, eterno, santo, il Popolo vero del Dio vero».
   «E noi ci saremo tutti?», chiedono gli apostoli.
   «Tutti[136]».
   «E noi?», chiede il gruppo più numeroso dei discepoli.
   «Voi pure vi sarete tutti».
   «Tutti i presenti, o tutti quanti siamo discepoli? Siamo molti ormai, nonostante quelli che si sono separati».
   «E sempre più sarete. Ma non tutti sarete fedeli sino alla fine. Però molti saranno con Me in Paradiso. Taluni avranno premio dopo espiazione, altri dal primo momento dopo la morte, ma il premio sarà tale che, come dimenticherete la Terra e i suoi dolori, così dimenticherete il Purgatorio colle sue penitenziali nostalgie d’amore».

   424.3«Maestro, Tu ci hai detto che subiremo persecuzioni e martirii. Potremo allora esser presi e uccisi senza aver tempo di pentirci, oppure la nostra debolezza ci farà mancare di rassegnazione alla morte cruenta… E allora?», chiede Nicolai d’Antiochia che è fra i discepoli.
   «Non te lo credere. Per la vostra debolezza di uomini non potreste infatti subire rassegnati il martirio. Ma ai grandi spiriti, che devono testimoniare il Signore, viene dal Signore infuso un aiuto soprannaturale…».
   «Quale? L’insensibilità forse?».
   «No, Nicolai. L’amore perfetto. Essi giungeranno ad un amore tanto completo che strazio di tortura, che strazio di accuse, di separazioni dai parenti, dalla vita, da tutto, cesseranno di essere cosa che deprime, ma anzi tutto si muterà in base per alzarsi al Cielo, accoglierlo, vederlo, e perciò tendere le braccia e il cuore alle torture per andare là dove già sarà il loro cuore: nel Cielo».
   «Uno che muore così sarà, allora, molto perdonato», dice un vecchio discepolo di cui non so il nome.
   «Non molto, ma del tutto perdonato, Papia. Perché l’amore è assoluzione, e sacrificio è assoluzione, e confessione eroica di fede è assoluzione. Vedi perciò che un triplice lavacro sarà sui martiri».
   «Oh! allora… Io ho molto peccato, Maestro, ed ho seguito questi per avere perdono, e Tu ieri me lo hai dato e perciò sei stato insultato da chi non perdona ed è colpevole. Io credo che il tuo perdono è valido. Ma per i miei lunghi anni di colpa dàmmi l’assolvente martirio».
   «Molto chiedi, uomo!».
   «Mai quanto devo dare per avere la beatitudine che Giovanni di Zebedeo ha descritta e Tu hai confermata. Te ne supplico, Signore. Fa’ che io muoia per Te, per la tua dottrina…».
   «Molto chiedi, uomo! La vita dell’uomo è in mano del Padre mio…».
   «Ma ogni tua preghiera è accolta come è accolto ogni tuo giudizio. Chiedi all’Eterno questo perdono per me…».
   L’uomo è in ginocchio ai piedi di Gesù, che lo guarda negli occhi e poi dice: «E non ti pare martirio vivere quando il mondo ha perduto ogni attrattiva e il cuore anela al Cielo, e vivere per ammaestrare altri all’amore e conoscere le delusioni del Maestro e perseverare senza stanchezze per dare al Maestro delle anime? Fa’ la volontà di Dio, sempre, anche se la tua ti parrebbe più eroica, e sarai santo…

   424.4Ma ecco i compagni che vengono con le provviste. Avviamoci per giungere alla città prima delle ore torride».
   E si avvia per il primo per la dolce discesa, che presto tocca la pianura tagliata dal nastro bianco della strada che conduce a Cesarea Marittima.

[136] Tutti. Può dire “tutti” – così annota MV su una copia dattiloscritta –perché l’Iscariota non è presente, e degli apostoli solo l’uomo di Keriot si dannò.