MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 470



CDLXX. Lezione sul matrimonio ad una suocera che è scontenta della nuora.

   7 agosto 1946.

   470.1I monti selvosi e fertili dove si trova Giscala offrono ristoro di verde, di brezze, di acque, e orizzonti sempre variati e bellissimi a seconda che la via si volge a questo o a quel punto cardinale. A nord è un susseguirsi di cime boscose dai più variati verdi, direi un ascendere della terra verso l’azzurro firmamento al quale pare offrire, in omaggio riconoscente delle acque e dei raggi che esso le dona, tutte le sue bellezze vegetali. A nord-est l’occhio, dopo essersi soffermato affascinato sul gioiello trascolorante, a seconda delle ore e della luce, del grande Hermon che alza il suo cono più alto, simile a gigantesco obelisco di diamante, di opale, di pallidissimo zaffiro, o di tenuissimo rubino, o d’acciaio appena temprato — a seconda che il sole lo bacia o lo lascia e le scapigliate nuvole portate dai venti fanno giuochi di luce sulle sue nevi eterne — scende lungo le chine smeraldine dei suoi pianori, e creste, e gole e picchi, che sono a base del gigante regale. E poi ecco che, girando sempre più a est, si stende il vasto altipiano verde della Gaulanite e Auranite, limitato al suo estremo oriente dai monti sfumanti nelle nebbie delle lontananze, e nel suo occidente dal verde diverso che è lungo il Giordano e ne segna la valle. E più vicini, splendidi come due zaffiri, i due laghi di Meron, nel suo cerchio basso di irrigua pianura, e di Tiberiade, vago come un delicato pastello fra i suoi colli che lo cingono, diversi di aspetto e di tinte, e le sue rive eternamente fiorite: sogno d’oriente per i ciuffi di palmizi ondulanti la cima alla brezza dei vicini monti, poesia dei nostri più bei laghi per la pace delle acque e le culture delle rive. E poi, a sud, il Tabor dalla caratteristica vetta, e il piccolo Hermon tutto verde a vegliare sulla piana di Esdrelon, di cui si intuisce la distesa per una vastità di orizzonte non interrotto da elevazioni montuose, e ancor più giù, a mezzogiorno, gli alti potenti monti della Samaria, che si dilungano oltre la vista dell’uomo verso la Giudea. Unico che non appare è il lato ovest, dove deve essere il Carmelo e la pianura risalente verso Tolemaide, nascosti da una catena più alta di questa, di modo che ne è impedita la vista.
   Mi sforzo a dare la visione topografica, perché credo di non aver mai data questa dai monti dove è Giscala. Una delle viste più belle della Palestina (e non rida nessuno alle spalle della povera disegnatrice, se ne ho fatto uno schizzo orrendo...)

   470.2Gesù procede seguendo la strada fra i monti, talora solo, talaltra raggiunto da questo o da quello fra i suoi apostoli.
   Si ferma una volta ad accarezzare i bambini di un pastore che giuocano vicino al gregge, e accetta il latte che il pastore, che lo ha riconosciuto come il Rabbi descritto a lui da altri che lo hanno visto, gli vuole dare «per Te e per i tuoi».

   470.3Un’altra volta ascolta una vecchietta che, non sapendo chi Egli è, gli racconta le sue pene famigliari per una nuora che è bisbetica e senza rispetto.
   Pur compatendo la vecchietta, Gesù la esorta ad essere paziente, a persuadere alla bontà con la bontà: «Devi essere madre anche se lei non ti è figlia. Sii veritiera: se invece che nuora ti fosse figlia, i suoi difetti ti parrebbero così gravi?».
   La vecchietta pensa… e poi confessa: «No… Ma una figlia è sempre una figlia…».
   «E se una tua figlia ti dicesse che nella casa dello sposo la madre di lui la maltratta, che diresti?».
   «Che è cattiva. Perché dovrebbe insegnare gli usi della casa — ogni casa ha i suoi — con bontà, specie se la sposa è giovane. Direi che dovrebbe ricordarsi di quando fu sposa novella, e come aveva piacere per l’amore della suocera se aveva avuto grazia tanta da trovarla buona, e come aveva sofferto se aveva
   avuto una suocera cattiva. E non far soffrire ciò che non aveva sofferto, o non far soffrire perché sa cosa è soffrire. Oh! la difenderei la figlia mia!».
   «Quanti anni ha tua nuora?».
   «Diciotto, Rabbi. Sposata a Giacobbe da tre».
   «Molto giovane. È fedele al marito?».
   «Oh! sì. Sempre in casa e tutta amore per lui e il piccolo Levi e la piccola, piccola tutt’affatto, Anna, come me. È nata a Pasqua… Tanto bella è!…».
   «Chi ha voluto che si chiamasse Anna?».
   «Maria, eh! Levi era il nome del suocero e lo ha messo Giacobbe al primogenito, e Maria, quando ha avuto la bambina, ha detto: “A questa il nome della madre”».
   «E non ti pare amore e rispetto questo?».
   La vecchia pensa… Gesù incalza: «Lei onesta, lei tutta casa, lei amorosa sposa e madre, lei premurosa di darti una gioia… Poteva mettere alla figlia il nome di sua madre: ha messo il tuo… lei onora la tua casa con la sua condotta…».
   «Oh! questo sì! Non è come quella sciagurata di Jisabel».
   «E allora? Perché ti lamenti e porti querele su di lei? Non ti pare di fare due misure nel giudicare la nuora diversamente da come giudicheresti per una figlia?…».
   «È che… è che… ella mi ha preso l’amore del figlio. Prima era tutto per me, ora ama lei più di me…». L’eterna vera ragione dei preconcetti delle suocere trabocca finalmente dal cuore della vecchietta insieme alle lacrime dagli occhi.
   «Ti fa mancare qualcosa tuo figlio? Ti trascura da quando è sposo?…».
   «No. Non lo posso dire. Ma insomma ora è della moglie…», e il pianto geme più forte.

   470.4Gesù ha un pacato sorriso di compatimento per la gelosa vecchietta. Ma, dolce come sempre, non rimprovera. Compatisce la sofferenza della madre e cerca di medicarla. Appoggia la sua mano sulla spalla della vecchietta come per guidarla perché le lacrime l’accecano, forse per farle sentire col suo contatto tanto amore che ella ne sia consolata e guarita, e le dice:
   «Madre, e non è bene che ciò sia? Tuo marito lo ha fatto con te, e sua madre lo ha, non perso, come tu dici e pensi, ma lo ha avuto meno suo perché il tuo sposo divideva il suo amore fra la madre e te. E il padre di tuo marito, a sua volta, ha lasciato di essere tutto della madre per amare la madre dei suoi figli. E così via di generazione in generazione, risalendo nei secoli sino ad Eva, la prima madre che vide i figli suoi dividere l’amore che avevano, prima tutto esclusivamente per i genitori, con le loro spose. Ma non dice la Genesi: “Ecco finalmente l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne… L’uomo lascerà per lei suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie e i due saranno una sola carne”? Tu dirai: “Fu parola d’uomo”. Sì. Ma di che uomo? Egli era in stato di innocenza e grazia. Rispecchiava perciò senza ombre la Sapienza che lo aveva creato e ne conosceva le verità. Per la Grazia e l’innocenza possedeva anche gli altri doni di Dio in misura piena. Col senso sottomesso alla ragione aveva una mente non offuscata da vapori concupiscenti. Per la scienza proporzionata al suo stato diceva parole di verità. Profeta era dunque. Perché tu sai che profeta vuol dire chi parla in nome di un altro. E poiché i profeti veri parlano sempre di cose attinenti allo spirito e al futuro, anche se apparentemente attinenti al tempo presente e alla carne — perché nei peccati della carne e nei fatti del tempo presente sono i semi delle punizioni future, o i fatti del futuro hanno radice in un evento antico; ad esempio, la venuta del Salvatore ha origine dalla colpa di Adamo, e le punizioni d’Israele, predette dai profeti, hanno seme dalla condotta di Israele — così Colui che muove le loro labbra a dire cose dello spirito non può che essere lo Spirito eterno, che tutto vede in un eterno presente. E lo Spirito eterno parla nei santi, ché non può abitare nei peccatori. Adamo era santo, ossia la giustizia era piena in lui, ed era in lui la presenza di tutte le virtù, perché Dio alla sua creatura aveva infuso la pienezza dei suoi doni. Adesso, per giungere alla giustizia e al possesso delle virtù, molto deve faticare l’uomo, perché i fomiti del male sono in lui. Ma in Adamo non erano quei fomiti, anzi era la Grazia a farlo di poco inferiore a Dio suo Creatore. Perciò parole di grazia dicevano le sue labbra. Parola di verità è dunque questa: “L’uomo lascerà per la donna il padre e la madre e si unirà alla moglie e saranno una carne sola”. Tanto assoluto e vero questo, che il Buonissimo, a confortare le madri e i padri, mise poi nella Legge il quarto comando: “Onora il padre e la madre”. Comando che non termina con le nozze dell’uomo, ma dura oltre le nozze. Prima, istintivamente, i buoni onoravano i parenti anche dopo averli lasciati per fare una nuova famiglia. Da Mosè in poi è obbligo di Legge. E ciò per temperare i dolori dei genitori, che troppe volte venivano dimenticati dai figli dopo le loro nozze. Ma la Legge non ha annullato il profetico detto di Adamo: “L’uomo lascerà per la donna padre e madre”. Era parola giusta, e vive. Rispecchiava il pensiero di Dio. E il pensiero di Dio è immutabile perché perfetto.

   470.5Tu, madre, devi dunque accettare senza egoismi l’amore del figlio tuo per la sua donna. E santa sarai tu pure. Del resto, ogni sacrificio ha un compenso sin dalla Terra. Non ti è dolce baciare i nipoti, figli del tuo figlio? E non ti sarà placida la sera e il tuo ultimo sonno con un delicato amore di figlia vicino, a tenere il posto di quelle che non hai più nella casa?…».
   «Come sai che le figlie mie, tutte maggiori al maschio, sono sposate e lontane?… Sei Tu pure profeta? Rabbi sei. Lo dicono i fiocchi della tua veste e, anche non li avessi, lo dice la tua parola. Perché parli da grande dottore. Sei forse amico di Gamaliele? Egli era qui solo ieri l’altro. Ora non so… E molti rabbi erano con lui, e molti fra i suoi discepoli prediletti. Ma Tu forse giungi tardi».
   «Conosco Gamaliele. Ma non vado da lui. Non entro neppure in Giscala…».
   «Ma chi sei? Un rabbi certo. E parli meglio ancora di Gamaliele…».
   «E allora fa’ ciò che ti ho detto. E la pace sarà in te. Addio, madre. Io proseguo. Tu certo entri in città».
   «Sì… Madre!… Gli altri rabbi non sono umili così per una povera donna… Certo Colei che ti ha portato è santa più di Giuditta, se ti ha dato questo dolce cuore per ogni creatura».
   «Santa è, in verità».
   «Dimmi il suo nome».
   «Maria».
   «E il tuo?».
   «Gesù».
   «Gesù!…». La vecchietta è trasecolata dallo stupore. La notizia la paralizza e inchioda là dove l’ha udita.
   «Addio, donna. La pace sia con te», e Gesù va via lesto, quasi di corsa, prima che ella si rinvenga dal suo riflettere.

   470.6E gli apostoli lo seguono con lo stesso passo, fra un grande svolazzio di vesti, invano inseguiti dai gridi della donna che supplica: «Fermatevi! Rabbi Gesù! Fermati! Voglio dirti una cosa…».
   Rallentano quando ormai il folto dei monti selvosi li ha nuovamente nascosti, né più si vede la via che conduce a Giscala partendo da questa mulattiera.
   «Come hai parlato bene alla donna», dice Bartolomeo.
   «Una lezione da dottore! Male che era lei sola…», osserva Giacomo d’Alfeo.
   «Voglio ricordarmi queste parole…», esclama Pietro.
   «La donna ha capito, o quasi, dopo il tuo Nome… Ora andrà dicendo di Te nella città…», dice Tommaso.
   «Purché non stuzzichi le vespe e ce le scagli!», mormora Giuda di Keriot.
   «Oh! siamo lontani ormai!… E fra queste selve non si lascia traccia e non avremo disturbi», dice ottimista Andrea.
   «Anche li avessimo!… È la pace in una famiglia che ho ricostruita», risponde Gesù a tutti.
   «Ma come sono! Tutte uguali le suocere!», dice Pietro.
   «No. Ne abbiamo conosciute di buone. Ti ricordi la suocera di Jerusa[73] di Doco? E la suocera di Dorca di Cesarea di Filip­po?».
   «Ma sì, Giacomo… Qualcuna buona c’è…», consente Pietro; ma certo pensa che la sua è un tormento.
   «Fermiamoci e mangiamo. Riposeremo dopo per giungere al paese della valle per la notte», ordina Gesù.
   E sostano in una verde e piccola conca, pare l’interno di una grande conchiglia smeraldina incrostata al monte e aperta ad accogliere nella sua pace i pellegrini. La luce è dolce, nonostante l’ora, per gli alberi che, alti e potenti, fanno una volta frusciante al prato. La temperatura è mite per la brezza che scorre sui monti. Una piccola sorgiva mette un filo d’argento fra due macigni scuri e canta sottovoce perdendosi fra le erbe folte, in un minuscolo letto che si è scavato, largo un palmo e tutto coperto dagli steli delle rive, ondulanti al venticello, e scendendo poi, con una cascatella di bambola, al sottoposto balzo. L’orizzonte, fra due tronchi poderosi, presenta una vaporosità di orizzonte lontano, verso i monti del Libano, che è meravigliosa…

[73] di Jerusa, in 131.6 e 134; di Dorca, in 345.3/5, 368.6/11 e 370.11.