MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 478



CDLXXVIII. A colloquio con Giuseppe e Simone d’Alfeo che vanno alla festa dei Tabernacoli.

   22 agosto 1946.

   478.1Sorge appena il sole sulla natura rorida di una breve pioggia, caduta certo da poco perché la polvere della via ne è ancora bagnata senza peraltro essere divenuta fango. Ecco perché dico che è piovuto da poco e che la pioggia è stata breve. Una prima acqua d’autunno, un’avvisaglia delle piogge novembrine che muteranno le strade palestinesi in un viscido nastro di mota. Ma questa, leggera, propizia ai viandanti, non ha fatto che bagnare la polvere — l’altro flagello di Palestina, riserbato ai mesi estivi, come il fango a quelli invernali — e lavare l’atmosfera e le foglie e le erbe, che brillano tutte, deterse, al primo raggio del sole. Un venticello dolce, puro, scorre per gli uliveti che coprono i colli nazareni, e sembra che un volo d’angeli scorra fra le piante pacifiche, tanto le fronde hanno nel loro frusciare un suono di grandi penne mosse in volo, e brillano nel loro argento imbrillantato, piegandosi tutte da un lato, come se dietro all’angelico volo rimanesse una scia di paradisiaca luce.
   La città è già sorpassata di qualche stadio quando Gesù, che ha camminato per delle scorciatoie fra i colli, entra nella strada maestra che da Nazaret va verso la piana di Esdrelon, la strada carovaniera che di minuto in minuto si anima di pellegrini. Fa pochi altri stadi sulla via quando ad un bivio — dove essa biforca presso una pietra miliare che sui due lati opposti porta scritto “Jafia Simonia - Betlem Carmelo” a ovest, e “Xalot - Naim scytopolis - Engannim” ad est — vede fermi sul ciglio della strada i suoi cugini Giuseppe e Simone, insieme a Giovanni di Zebedeo, che lo salutano subito.
   «La pace a voi! Già qui siete? Io contavo di fermarmi qui aspettandovi e di essere il primo… e già vi trovo», e li bacia visibilmente contento di vederli.
   «Non potevi giungere per primo. Per tema che Tu passassi prima che noi qui fossimo, siamo partiti al lume delle stelle, subito offuscate dalle nubi».
   «Vi avevo detto che mi avreste visto. Allora tu, Giovanni, non hai dormito».
   «Poco, Maestro, ma sempre più di Te certo. Ma non fa nul­la», e il sereno viso di Giovanni sorride, vero specchio del suo felice carattere sempre contento di tutto.

   478.2«Ebbene, fratello mio. Mi volevi parlare?», dice Gesù a Giuseppe.
   «Sì… Vieni un poco dentro quel vigneto. Saremo più in pa­ce», e per primo Giuseppe d’Alfeo si inoltra fra due filari di viti già dispogliate del loro frutto. Solo qualche racimolo resta ancora sui tralci, fra le foglie che biondeggiano prossime a cadere, per la fame del povero e del pellegrino, secondo le prescrizioni mosaiche.
   Gesù lo segue con Simone. Giovanni resta sulla via, ma Gesù lo chiama dicendo: «Puoi venire, Giovanni. Tu sei il mio testimonio».
   «Ma…», dice l’apostolo guardando interdetto i due figli d’Al­­feo.
   «No, no. Vieni pure. Anzi, vogliamo che tu senta le nostre parole», dice Giuseppe e allora Giovanni scende a sua volta nel vigneto, dove tutti insieme si inoltrano tanto, seguendo la curva dei filari, da essere non visti dalla via.

   478.3«Gesù, io ho avuto gioia vedendo che mi ami», dice Giuseppe.
   «E lo potevi dubitare? Non ti ho sempre amato?».
   «Io pure ti ho sempre amato. Ma… nel nostro amore da qualche tempo non ci comprendevamo più. Io… non potevo approvare ciò che facevi. Perché mi pareva la tua rovina, quella di tua Madre e la nostra. Tu sai… Tutti noi galilei anziani ricordiamo come fu percosso Giuda il galileo e come furono dispersi i suoi parenti e seguaci e confiscati i loro beni. Chi non fu ucciso fu mandato alle galere e i suoi beni confiscati. Io non volevo questo per noi. Perché… Sì, mi pareva che non dovesse essere vero che proprio da noi, della stirpe di Davide, sì, ma così… Non ci manca il pane, questo no, e ne venga data lode all’Altissimo. Ma dove è la grandezza regale che tutte le profezie attribuiscono a colui che sarà Messia? E sei Tu la verga[91] che percuote per dominare? Luce non fosti al sorgere. Neppure nella tua casa nascesti!… Oh! le so bene le profezie! Noi, legno secco ormai. Ma nulla diceva che lo avesse il Signore rivestito di fronde. E Tu che sei, se non un giusto? Questi i pensieri per cui ti combattevo, gemendo sulla nostra rovina. E su questo mio gemere ecco venire dei tentatori a far divampare ancor più le mie idee di grandezza, di regalità… Gesù, tuo fratello fu stolto. Ho creduto ad essi e ti ho dispiaciuto. È duro confessarlo, ma lo devo dire. E Tu pensa che tutto Israele era in me, come me stolto, come me sicuro che la forma del Messia non fosse quale Tu ce la dai… È duro dire: “Ho sbagliato! Abbiamo sbagliato e sbagliamo! Da secoli”. Ma tua Madre mi ha spiegato le parole dei profeti. Oh! sì! Ha ragione Giacomo. E ha ragione Giuda. Sentite da Lei, così come essi le sentirono da fanciulli, si vede che Tu sei il Messia. Ecco. I miei capelli imbiancano perché non sono più un fanciullo, e non lo ero neppure quando Maria tornò dal Tempio sposata a Giuseppe. E ricordo quei giorni. E la riprovazione[92] stupita di mio padre quando vide che il fratello non compiva le nozze in breve tempo. Stupore suo, stupore di Nazaret. E anche mormorazione. Perché non è d’uso lasciar scorrere tanti mesi avanti le nozze, mettendosi in condizioni di peccare e di… Gesù, io ho stima di Maria e onoro la memoria del parente mio. Ma il mondo… Per il mondo non è stato un buon momento… Tu… Oh! ora io so. Tua Madre mi ha spiegato le profezie. Ecco perché Dio volle che avessero ritardo le nozze.
   Perché la tua nascita coincidesse col grande editto e Tu nascessi in Betlem di Giuda[93]. E… tutto, sì, mi ha spiegato Maria, ed è stato come una luce a capire quanto Ella per umiltà ha taciuto. E dico: sei il Messia. Così ho detto, così dirò. Ma dirlo non era ancora cambiare la mente… perché la mia mente pensa re il Messia. Le profezie parlano… ed è difficile poter capire altro carattere nel Messia che non sia di re…

   478.4Mi segui? Sei stanco?».
   «No, ascolto».
   «Ebbene… Quelli che seducevano il mio cuore sono tornati e volevano che io ti forzassi… E, perché non ho voluto, dal loro volto è caduto il velo e sono apparsi qual sono. I falsi amici: i veri nemici… E altri sono venuti, piangenti come peccatori, e li ho uditi. Hanno ripetuto le tue parole nella casa di Cusa… Ora io so che Tu regnerai sugli spiriti, ossia sarai Colui in cui tutta la sapienza d’Israele si accentra per dare leggi nuove e universali. In Te la sapienza dei patriarchi e quella dei giudici, e quella dei profeti, e quella dei nostri avi Davide e Salomone, in Te la sapienza che guidò i re, Neemia ed Esdra, in Te quella che resse i Maccabei. Tutta la sapienza di un popolo, del nostro popolo, del Popolo di Dio. Capisco che Tu darai al mondo, tutto soggetto al tuo potere, le tue leggi sapientissime. E veramente popolo di santi sarà il tuo popolo.

   478.5Ma, fratello mio, Tu non puoi far questo da solo. Mosè, per tanto meno, si scelse degli aiuti. E non era che un popolo! Tu… Tutto il mondo! Tutto ai tuoi piedi!… Ah! Ma per far questo Tu devi farti conoscere… Perché sorridi con le labbra, stando ad occhi chiusi?».
   «Perché ascolto e perché mi chiedo: “Il mio fratello dimentica di avermi rimproverato perché mi facevo conoscere, dicendo che avrei nuociuto a tutta la famiglia!”. Ecco perché sorrido. E anche penso che da due anni e sei mesi Io non faccio che farmi conoscere».
   «È vero. Ma… Chi ti conosce? Dei poveri. Dei contadini. Dei pescatori. Dei peccatori. E delle donne! Bastano le dita della mano a contare, fra chi ti conosce, chi non è una nullità senza valore. Io dico che Tu devi farti conoscere dai grandi d’Israele. Dai Sacerdoti, dai Principi dei Sacerdoti, dagli Anziani, dagli Scribi, dai grandi Rabbi d’Israele, da tutti quelli che sono pochi ma valgono una moltitudine. Questi ti devono conoscere! Essi, quelli che non ti amano, fra le loro accuse che, ora lo capisco, sono false, una ne hanno di vera, di giusta: quella che Tu li trascuri. Perché non vai per quello che sei e li conquisti colla sapienza tua? Sali al Tempio e insediati nel Portico di Salomone — sei della stirpe di Davide e profeta, quel posto ti spetta, a nessuno come a Te spetta, di diritto — e parla».
   «Ho parlato. Mi hanno odiato per questo».
   «Insisti. E parla da re. Non ricordi la potenza, la maestà degli atti di Salomone? Se (splendido questo se!) Tu sei proprio il profetizzato dai profeti, come le profezie viste con gli occhi dello spirito illustrano, Tu sei più che uomo. Egli, Salomone, non era che uomo. E allora mostrati per ciò che sei, ed essi ti adoreranno».
   «Mi adoreranno i Giudei, i Principi e i Capi delle famiglie e tribù d’Israele? Non tutti, ma qualcuno che non mi adora mi adorerà in spirito e verità. Ma non sarà ora. Prima devo cingere la corona e prendere lo scettro e vestire la porpora».
   «Ah! Allora sei re, lo sarai presto! Tu lo dici! È come io pensavo! È come molti pensano!».
   «In verità tu non sai come Io regnerò. Solo Io e l’Altissimo, e poche anime alle quali lo Spirito del Signore si è compiaciuto di rivelarlo, ora e nei tempi passati, sappiamo come regnerà il Re d’Israele, l’Unto di Dio».

   478.6«Però, ascolta anche me, fratello. Però Giuseppe ha ragione. Come vuoi che ti amino o che ti temano se Tu sfuggi sempre di sbalordirli? Non vuoi chiamare Israele alle armi? Il vecchio grido di guerra e vittoria non lo vuoi dire? Ma almeno — non è la prima volta che così avvengono le acclamazioni al trono in Israele — ma almeno per osanna di popolo, ma almeno per avere saputo strappare questo osanna colla tua potenza di Rabbi e Profeta, diventa re», dice Simone d’Alfeo.
   «Già lo sono. Da sempre».
   «Sì. Ce lo ha detto un capo del Tempio. Sei nato re dei giudei. Ma Tu non ami la Giudea. Sei un re disertore perché ad essa non vai. Sei un re non santo se non ami il Tempio dove il volere di un popolo ti ungerà re. Senza il volere di un popolo, se ad esso non vuoi importi con violenza, Tu non puoi regnare», ribatte Simone.
   «Senza il volere di Dio, vuoi dire, Simone. Che è il volere del popolo? Che è il popolo? Per chi è popolo? Chi lo regge tale? Dio. Non dimenticarlo, Simone. E Io sarò ciò che Dio vuole. Per suo volere sarò ciò che devo essere. E nulla potrà impedire che Io lo sia. Non avrò da gettare Io il grido a raccolta. Israele sarà tutto presente alla mia proclamazione. Non avrò Io da salire al Tempio per essere acclamato. Mi ci porteranno. Tutto un popolo mi ci porterà, perché Io salga sul mio trono. Mi accusate di non amare la Giudea… Nel cuore di essa, in Gerusalemme, Io diverrò il “Re dei Giudei”. Saul non fu proclamato re a Gerusalemme, e Davide neppure, e neppure Salomone. Ma Io sarò unto Re in Gerusalemme. Ma ora Io non andrò pubblicamente al Tempio e non mi ci insedierò, perché non è la mia ora».

   478.7Giuseppe riprende la parola. «Tu fai passare la tua ora. Io te lo dico. Il popolo è stanco degli oppressori stranieri e dei nostri capi. Questa è l’ora. Io te lo dico. Tutta la Palestina, meno la Giudea, e non tutta, ti segue come Rabbi e più ancora. Sei come un vessillo alzato su una vetta. Tutti ti guardano. Sei come un’aquila e tutti seguono il tuo volo. Sei come un vendicatore. E tutti attendono che Tu scocchi la freccia. Va’. Lascia la Galilea, la Decapoli, la Perea, le altre regioni, e va’ nel cuore d’Israele, nella cittadella dove tutto il male è racchiuso e da dove deve venire tutto il bene, e conquistala. Anche là hai discepoli. Ma tiepidi, perché poco ti conoscono. Ma pochi, perché non vi sosti. Ma dubbiosi, perché non hai fatto là le opere che hai fatto altrove. Vattene in Giudea, affinché anche quelli vedano ciò che Tu sei attraverso le tue opere. Tu rimproveri i giudei di non amarti. Ma come puoi pretendere di esserlo se stai nascosto a loro? Nessuno, che cerchi e desideri di essere acclamato in pubblico, fa di nascosto le sue opere, ma le fa in modo che il pubblico le veda. Se Tu dunque puoi fare prodigi sui cuori, sui corpi e sugli elementi, va’ là e fatti conoscere al mondo».
   «Ve l’ho detto: non è la mia ora. Non è ancor venuto il mio tempo. A voi sembra sempre il tempo giusto, ma così non è. Io devo prendere il tempo mio. Non prima. Non poi. Prima sarebbe inutile. Mi farei cancellare dal mondo e dai cuori prima di aver compiuto la mia opera. E il lavoro già fatto non darebbe frutto, perché non compito e non aiutato da Dio, il quale vuole che Io lo compia senza tralasciarne una parola o un’azione. Io devo ubbidire al Padre mio. E non farò mai ciò che sperate, perché ciò servirebbe a nuocere al disegno del Padre mio.
   Io vi capisco e vi compatisco. Non ho rancore per voi. Non ho neppure stanchezza, tedio per la vostra cecità… Non sapete. Ma Io so. Voi non sapete. Voi vedete la superficie del volto del mondo. Io vedo il profondo. Il mondo mostra a voi un volto ancor buono. Non vi odia, non perché vi ami ma perché non meritate il suo odio. Siete troppo poca cosa. Ma odia Me, perché Io sono un pericolo per il mondo. Un pericolo per la falsità, per la cupidigia, per la violenza che è il mondo.

   478.8Io sono la Luce, e la luce illumina. Il mondo non ama la luce, perché essa disvela le azioni del mondo. Il mondo non mi ama, non mi può amare, perché sa che Io sono venuto a vincerlo nel cuore degli uomini e nel re tenebroso che lo domina e lo travia. Il mondo non si vuole convincere che Io sono il suo Medico e Medicina e, come un folle, vorrebbe abbattermi per non essere guarito. Il mondo ancora non vuole persuadersi che Io sono il Maestro, perché ciò che Io dico è contrario a ciò che esso dice. E allora cerca di strozzare la Voce che parla al mondo per ammaestrarlo a Dio, per mostrargli la vera natura delle sue azioni che sono malvagie.
   Fra Me e il mondo è un abisso. E non per mia colpa. Io sono venuto per dare al mondo la Luce, la Via, la Verità, la Vita. Ma il mondo non mi vuole accogliere, e la mia luce per esso diviene tenebre, perché sarà la causa della condanna di coloro che non mi vollero. Nel Cristo è tutta la Luce per coloro fra gli uomini che lo vogliono accogliere, ma sono anche nel Cristo tutte le tenebre per coloro che mi odiano e mi respingono. Per questo, all’inizio dei miei giorni mortali, Io sono stato profeticamente indicato come “segno di contraddizione”. Perché, a seconda di come sarò accolto, sarà salute o condanna, morte o vita, luce o tenebre. Ma coloro che mi accolgono, in verità in verità vi dico che diverranno figli della Luce, ossia di Dio, nati, per avere accolto Dio, a Dio.

   478.9Perciò, se Io sono venuto per fare degli uomini dei figli di Dio, come posso Io fare di Me un re, come, per amore o per odio, per semplicità o malizia, molti in Israele volete fare? Non comprendete che distruggerei Me stesso, il vero Me stesso, ossia il Messia, non il Gesù di Maria e Giuseppe di Nazaret? Distruggerei il Re dei re, il Redentore, il Nato da una Vergine chiamato[94] Emmanuele, chiamato l’Ammirabile, il Consigliere, il Forte, il Padre del secolo futuro, il Principe della pace, Dio, Colui il cui impero e la cui pace non avranno confini, sedendo sul trono di Davide per la discendenza umana, ma avendo il mondo a sgabello ai suoi piedi, a sgabello ai suoi piedi tutti i suoi nemici e il Padre al suo fianco, come è detto[95] nel libro dei Salmi, per diritto sovrumano di origine divina? Non capite che Dio non può essere Uomo altro che per perfezione di bontà, per salvare l’uomo, ma non può, non deve avvilire Se stesso a povere cose umane? Non capite che se Io accettassi la corona, questo regno come voi lo concepite, confesserei che sono un falso Cristo, mentirei a Dio, rinnegherei Me stesso e il Padre, e peggio di Lucifero sarei, perché priverei Dio della gioia di avervi, sarei peggio di Caino per voi, perché vi condannerei ad un perpetuo esilio da Dio in un Limbo senza speranza di Paradiso?
   Tutto questo non capite? Non capite il tranello degli uomini per farmi cadere? Il tranello di Satana per colpire l’Eterno nel suo Diletto e nelle sue creature: gli uomini? Non capite che questo è il segno che Io sono più che uomo, che Io sono l’Uomo-Dio? Questo mio non appetire che a cose spirituali per darvi il Regno spirituale di Dio?… Non capite che il segno che Io…».
   «Le parole di Gamaliele!», esclama Simone.
   «…che Io non sono un re, ma il Re, è questo odio di tutto l’In­ferno e di tutto il mondo verso di Me? Io devo insegnare, soffrire, salvarvi. Questo devo. E questo Satana non vuole e non vogliono i satana.

   478.10Uno di voi ha detto: “Le parole di Gamaliele”. Ecco. Egli non è mio discepolo e non lo sarà mai mentre Io sarò di questo mondo. Ma egli è un giusto. Ebbene, fra quelli che mi tentano e che vi tentano al povero regno umano, è forse Gamaliele?».
   «Oh! no! Stefano ha detto che il rabbi, saputo ciò che è avvenuto da Cusa, ha esclamato: “Il mio spirito trasale domandandosi se Egli possa essere veramente ciò che dice. Ma ogni domanda sarebbe morta prima di formarsi nella mente, e per sempre, se Egli avesse acconsentito a questa cosa. Il Fanciullo che io ho sentito ha detto che la schiavitù come la regalità non saranno quali le credevamo, mal comprendendo i profeti, ossia materiali, ma dello spirito, per opera del Cristo, Redentore dalla colpa e fondatore del Regno di Dio negli spiriti. Io ricordo quelle parole. E misuro il Rabbi su quelle. Se nel misurarlo Egli fosse inferiore a quell’altezza, io lo respingerei come peccatore e mentitore. E ho tremato di vedere disciogliersi nel nulla la speranza che quel Fanciullo vi ha messa”», dice Simone.
   «Sì, ma intanto non lo dice il Messia», ribatte Giuseppe.
   «Attende un segno, dice», risponde Simone.
   «E Tu daglielo allora! E che sia potente».
   «Gli darò ciò che gli ho promesso. Ma non ora.

   478.11Andate voi intanto a questa festa. Io non ci vengo pubblicamente, come rabbi, come profeta, per impormi, perché non è ancora il mio tempo».
   «Ma almeno in Giudea ci andrai? Darai ai giudei delle prove che li facciano convinti? Perché non possano dire…».
   «Sì. Ma credi che gioveranno alla mia pace? Fratello, più Io farò e più sarò odiato. Ma ti accontenterò. Darò loro delle prove che più grandi non potranno essercene… e dirò loro parole capaci di mutare i lupi in agnelli, le dure pietre in molle cera. Ma non gioveranno…». Gesù è triste.
   «Ti ho dato dolore? Dicevo per tuo bene».
   «Non tu mi dài dolore… Vorrei però che tu mi capissi, che tu, fratello mio, mi vedessi per ciò che sono… Vorrei andarmene con la gioia di saperti mio amico. L’amico comprende e tutela gli interessi dell’amico…».
   «E io ti dico che lo farò. So che ti odiano. Ormai lo so. Per questo sono venuto. Ma Tu lo sai. Veglierò su Te. Sono il maggiore. E rintuzzerò le calunnie. E penserò a tua Madre», promette Giuseppe.
   «Grazie, Giuseppe. È grande il mio peso, e tu lo sollevi. Il dolore, un mare, si avanza con le sue onde a sommergermi, e con esso l’odio… Ma, se ho il vostro amore, nulla è. Perché il Figlio dell’uomo ha un cuore… e questo cuore ha bisogno di amore…».
   «E io te lo do. Sì. Per l’occhio di Dio che mi vede, io ti dico che te lo do. Va’ in pace, Gesù, al tuo lavoro. Io ti aiuterò. Ci volevamo bene. Poi… Ma ora torniamo quelli di un tempo. Uno per l’altro. Tu: il Santo, io: l’uomo, ma uniti per la gloria di Dio. Addio, fratello».
   «Addio, Giuseppe».
   Si baciano, e poi è la volta di Simone che chiede: «Benedicici perché si aprano i nostri cuori a tutta la luce».
   Gesù li benedice e prima di lasciarli dice ancora: «Vi affido mia Madre…».
   «Va’ in pace. Due figli avrà in noi».
   Si lasciano.

   478.12Gesù torna sulla via e con Giovanni al fianco si dà a camminare svelto svelto.
   Dopo un bel poco di tempo Giovanni rompe il silenzio per chiedere: «Ma Giuseppe d’Alfeo è o non è convinto ormai?».
   «Non ancora».
   «E allora Tu cosa sei per lui? Messia? Uomo? Re? Dio? Non ho capito bene. Mi pare che egli…».
   «Giuseppe è come in uno di quei sogni del mattino, in cui la mente già si accosta alla realtà alleggerendosi del sonno pesante che dava irreali sogni talora d’incubo. I fantasmi della notte recedono, ma ancora la mente fluttua nel sogno che non si vorrebbe avesse fine, perché bello… Così lui. Si avvicina al risveglio. Ma per ora carezza ancora il sogno. Lo trattiene quasi. Perché per lui è bello… Ma bisogna saper prendere ciò che l’uomo può dare. E lodare l’Altissimo per la trasformazione sin qui avvenuta. Beati i fanciulli! Così facile per loro credere!», e Gesù passa un braccio alla cintura di Giovanni, che sa esser fanciullo e credere, per fargli sentire il suo amore.

[91] la verga, come in: Michea 7, 14 .
[92] riprovazione, come si è visto in 14.6.
[93] nascessi in Betlem di Giuda, secondo la profezia di Michea 5, 1 .
[94] chiamato, come in: Isaia 7, 14; 9, 5-6 .
[95] è detto, in: Salmo 110, 1 .