MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IX CAPITOLO 572



DLXXII. A Sichem, l’ultima parabola sui consigli dati e ricevuti.

   2 marzo 1947.

   572.1La maggior piazza di Sichem è gremita inverosimilmente. Credo che tutta la città sia lì e siano convenuti lì anche gli abitanti delle campagne e dei paesi vicini. Quelli di Sichem, nel pomeriggio del primo giorno, si devono essere sparsi a dar l’avviso in ogni luogo e tutti sono accorsi: sani e malati, peccatori e innocenti. Empita la piazza, gremite le terrazze sui tetti, la gente si è appollaiata persino sulle piante che ombreggiano la piazza.
   In prima fila, verso il luogo tenuto sgombro per Gesù, contro una casa che è sopraelevata su quattro scalini, sono i tre bambinelli che Gesù ha levato ai ladroni e i loro parenti. Come sono ansiosi di vedere il loro Salvatore i tre piccoli! Ogni grido li fa volgere cercando Lui. E quando si apre la porta della casa e appare nel vano di essa Gesù, i tre fanciullini volano avanti con un grido: «Gesù! Gesù! Gesù!», e salgono gli alti scalini senza neppur aspettare che Egli scenda ad abbracciarli. E Gesù si china e li abbraccia alzandoli poi — un vivo mazzo di fiori innocenti — e li bacia sui visucci e ne è baciato.
   La gente ha un mormorio commosso e qualche voce dice: «Non c’è che Lui che sappia baciare i nostri innocenti». E altre voci: «Vedete come li ama? Li ha salvati dai ladroni, ha dato loro una casa dopo averli sfamati e vestiti, ed ora li bacia come fossero i figli delle sue viscere».

   572.2Gesù, che ha posato i bimbi a terra, sul più alto scalino, vicino al suo corpo, risponde a tutti rispondendo a quest’ultime anonime parole:
   «In verità, più che figli delle mie viscere essi sono per Me. Perché Io sono a loro padre per l’anima e questa è mia, non per il tempo che passa, ma per l’eternità che resta. Così potessi dire di ogni uomo che da Me, Vita, traesse vita ad uscir dalla sua morte!
   Io vi ho invitato a questo quando venni per la prima volta fra voi, e voi pensaste che vi era molto tempo per decidersi a far questo. Una sola fu sollecita a seguir la chiamata e ad andare sulla via della Vita: la creatura più peccatrice fra voi. Forse, appunto perché si sentì morta, si vide morta, putrida nel suo peccato, ella ebbe fretta ad uscir dalla morte. Voi non vi sentite e vedete morti, e quella sua fretta non l’avete. Ma quale è quel malato che attende di esser morto per prendere i farmaci di vita? Il morto ha sol bisogno di sindone e aromi e di un sepolcro in cui giacere per tornare polvere dopo esser stato marciume. Ché se, per suoi sapienti fini, la putredine di Lazzaro, da voi guardato con occhi dilatati dal timore e dallo stupore, fu dall’Eterno ricomposta in salute, ciò non deve tentare alcuno a giungere alla morte dello spirito dicendo: “L’Altissimo mi renderà alla vita dell’anima”. Non tentate il Signore Dio vostro.

   572.3Venite voi alla Vita. Non c’è più tempo di attendere. La Vite sta per esser colta e premuta. Preparate lo spirito vostro al Vino della Grazia che sta per esservi dato. Non fate voi così quando dovete prender parte ad un gran convito? Non preparate il vostro ventre ad accogliere i cibi e i vini prelibati, facendo precedere al banchetto una prudente astinenza che fa netto il gusto e gagliardo lo stomaco per gustare e desiderare il cibo e le bevande? E non fa anche così il vignaiuolo per assaggiare il vino testé formato? Non corrompe il suo palato, in quel giorno che vuol assaggiare il nuovo vino. Non lo fa, perché vuol sentirne con esattezza i pregi e i difetti, per correggere questi e vantare quelli e vender bene la sua merce. Ma se ciò sa fare l’invitato al convito per gustare con maggior piacere le vivande e i vini, e così fa il vignaiuolo per poter vendere bene il suo vino, o rendere vendibile quello che, dato con difetto, verrebbe respinto dal compratore, non dovrebbe saperlo fare l’uomo per il suo spirito, per gustare il Cielo, per guadagnare il tesoro per poter entrare in Cielo?
   Ascoltate il mio consiglio. Questo sì, ascoltatelo. È consiglio buono. È consiglio giusto del Giusto, che invano è mal consigliato e che vuol salvarvi dai frutti dei cattivi consigli che avete avuti. Siate giusti come Io sono. E sappiate dare giusto valore ai consigli che vi sono dati. Se saprete farvi giusti, darete giusto valore.

   572.4Udite una parabola. Essa chiude il ciclo di quelle dette a Silo e a Lebona, e sempre parla sui consigli che vengono dati e ricevuti.
   Un re mandò il suo figlio diletto a visitare il suo regno. Il regno di questo re era diviso in molte provincie, essendo vastissimo. Queste provincie avevano diversa conoscenza del loro re. Alcune lo conoscevano tanto da ritenersi le predilette e da andare in superbia per questo. Secondo queste, esse solo erano perfette e a conoscenza del re e di ciò che il re voleva. Altre lo conoscevano ma, senza pensarsi sapienti per questo, si industriavano di conoscerlo sempre più. Altre avevano la conoscenza del re ma lo amavano a modo loro, essendosi date un codice speciale che non era il vero codice del regno. Del vero codice avevano preso ciò che ad esse piaceva e sin dove piaceva, e poi avevano lesionato anche quel poco con mescolanze di altre leggi prese da altri reami, o datesi da loro stesse, e non buone. No. Non buone. Altre ancora erano ancor più ignoranti del loro re, e alcune sapevano solo che c’era un re. Non più di questo. Ma credevano anche questo poco una favola.
   Il figlio del re venne a visitare il regno del padre suo per dare a tutte le diverse regioni una esatta conoscenza del re, qui correggendo le superbie, là rialzando gli avvilimenti, altrove raddrizzando concetti sbagliati, più oltre persuadendo a levare gli elementi impuri dalla legge pura, qui insegnando per colmar le lacune, là istruendo per dare un minimo di cognizione e di fede in questo re reale di cui ogni uomo era suddito. Questo figlio del re pensava però che, prima lezione per tutti, era l’esempio di una giustizia conforme al codice sia nelle parti gravi che nelle cose minori. Ed era perfetto. Tanto che la gente di buona volontà migliorava se stessa perché seguiva sia le azioni che le parole del figlio del re, essendo le sue parole e le sue azioni un’unica cosa, tanto le une corrispondevano alle altre senza dissonanza.

   572.5Quelli però delle provincie che si sentivano perfette, solo perché sapevano alla lettera le lettere del codice, ma non ne possedevano lo spirito, vedevano che dall’osservanza di ciò che faceva il figlio del re e di ciò che egli esortava a fare, troppo chiaramente risultava che essi conoscevano le lettere del codice ma non possedevano lo spirito della legge del re, e che perciò veniva smascherata la loro ipocrisia. Allora pensarono di levare di mezzo ciò che li faceva apparire quali erano. E per far questo usarono due vie. Una contro il figlio del re, l’altra contro i suoi seguaci. Al primo, mali consigli e persecuzioni. Ai secondi, mali consigli e intimidamenti.
   Sono mali consigli tante cose. È mal consiglio il dire: “Non fare questo che ti può nuocere”, fingendo interessamento buono, ed è mal consiglio il perseguitare, per persuadere colui che si vuol traviare a mancare alla sua missione. È mal consiglio il dire ai seguaci: “Difendete ad ogni costo e con ogni mezzo il giusto perseguitato”, ed è mal consiglio il dire ai seguaci: “Se voi lo proteggete, incontrerete il nostro sdegno”. Ma non parlo qui dei consigli dati ai seguaci. Parlo dei consigli dati al figlio del re e fatti dare. Con falsa bonomia, con livido odio, o per la bocca di ignari strumenti, mossi a nuocere credendo di esser mossi a giovare.
   Il figlio del re li ascoltò questi consigli. Aveva orecchi, occhi, intelletto e cuore. Non poteva perciò non sentirli, non vederli, non intenderli e misurarli. Ma il figlio del re aveva soprattutto uno spirito retto di vero giusto e ad ogni consiglio, dato scientemente o incoscientemente per farlo peccare dando cattivo esempio ai sudditi del padre suo e infinito dolore al padre suo, rispose: “No. Io faccio ciò che vuole il padre mio. Io seguo il suo codice. L’esser figlio del re non mi esime dall’essere il più fedele dei suoi sudditi nell’osservanza della legge. Voi che mi odiate e mi volete impaurire, sappiate che nulla mi farà violare la legge. Voi che mi amate e mi volete salvare, sappiate che io vi benedico per questo vostro pensiero, ma sappiate anche che il vostro amore e l’amore che vi voglio, perché a me più fedeli di quelli che si dicono ‘sapienti’, non mi deve fare ingiusto nel mio dovere verso il più grande amore, che è quello che va dato al padre mio”.

   572.6Questa la parabola, figli miei. E la stessa è così chiara che ognun di voi può averla compresa. E negli spiriti retti non può sorgere che una voce: “Egli è realmente il Giusto, perché nessun consiglio umano lo può trarre su via di errore”. Sì, figli di Sichem. Nulla mi può trarre nell’errore. Guai se andassi nell’errore! Guai a Me e guai a voi. In luogo di essere il vostro Salvatore, sarei il vostro traditore, e avreste ragione di odiarmi. Ma non lo farò.
   Non vi rimprovero per avere accettato suggestioni e pensato provvedimenti contro la giustizia. Non siete colpevoli, posto che lo avete fatto per spirito d’amore. Ma vi dico ciò che ho detto al principio e alla fine, a voi lo dico: voi mi siete più cari che se foste figli delle mie viscere, perché siete i figli del mio spirito. Il vostro spirito Io l’ho portato alla Vita e ancor più lo farò. Sappiate, e sia il ricordo di Me, sappiate che Io vi benedico per il pensiero che avete avuto in cuore. Ma crescete nella giustizia, volendo soltanto quello che è onore al Dio vero, verso il quale bisogna avere un amore assoluto quale a nessun’altra creatura va dato. Venite a questa perfetta giustizia che Io vi do ad esempio, giustizia che calpesta gli egoismi del proprio benessere, le paure dei nemici e della morte, tutto calpesta, per fare la volontà di Dio.
   Preparate lo spirito vostro. L’alba della Grazia sorge. Il banchetto della Grazia si appresta. Le vostre anime, le anime di quelli che vogliono venire alla Verità, sono alla vigilia delle loro nozze, della loro liberazione, della loro redenzione. Preparatevi in giustizia alla festa della Giustizia».

   572.7Gesù fa un cenno ai parenti dei bambini, prossimi ad essi, di entrare nella casa con Lui, e si ritira dopo aver preso fra le braccia i tre fanciulli come all’inizio.
   Sulla piazza si incrociano i commenti. Molto diversi.
   I migliori dicono: «Egli ha ragione. Noi fummo traditi da quei falsi messi».
   I meno buoni dicono: «Però allora non doveva lusingarci. Ci fa odiare ancora di più. Ci ha beffati. È un vero giudeo».
   «Non lo potete dire. I nostri poveri conoscono i suoi soccorsi. I nostri malati la sua potenza. I nostri orfani la sua bontà. Non possiamo pretendere che Egli pecchi per fare contenti noi».
   «Ha già peccato, perché ci ha odiati facendoci odiare…».
   «E da chi?».
   «Da tutti. E ci ha beffati. Sì. Ci ha beffati».
   I diversi pareri empiono la piazza. Ma non turbano l’interno della casa dove è Gesù insieme ai notabili e ai fanciulli coi loro parenti.
   Una volta di più si conferma la parola profetica[45]: «Egli sarà pietra di contraddizione».

[45] parola profetica, quella di Simeone in 32.5 (Luca 2, 34 ).