MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 78



LXXVIII. A Keriot. Morte del vecchio Saul

     14 gennaio 1945.

   78.1Ho l’impressione che la parte più ripida, ossia il nodo più stretto delle montagne di Giudea, sia fra Ebron e Jutta. Ma potrei anche sbagliare, ed essere questa una valle più ampia e aperta che si apra su orizzonti abbastanza ampi, in cui emergono monti isolati e non più a catena. Forse è una conca fra due catene, non so. È la prima volta che la vedo e ci capisco poco. Colture diverse a campi non vasti ma ben tenuti di cereali: orzo, segale per lo più, e anche bei vigneti nelle parti più soleggiate. Poi bei boschi, più in alto, di pini e abeti, e altre piante di luoghi selvosi. Una via… discreta immette in un piccolo villaggio.
   «Questo è il sobborgo di Keriot. Ti prego venire nella mia casa di campagna. Mia madre ti attende là. Poi andremo in Keriot», dice Giuda, che non sta più in sé tanto è agitato.
   Non ho detto che ora sono solo Gesù con Giuda, Simone e Giovanni. I pastori non ci sono. Forse sono rimasti nei pascoli di Ebron o sono tornati verso Betlemme.
   «Come tu vuoi, Giuda. Ma potevamo fermarci anche qui per conoscere tua madre».
   «Oh! no! È un casolare. Mia madre vi viene in tempo di raccolti. Ma poi sta a Keriot. E non vuoi che la mia città ti veda? Non vuoi portare ad essa la tua luce?».
   «Sì che voglio, Giuda. Ma tu sai già che non guardo al­l’umiltà del luogo che mi ospita».
   «Ma oggi sei mio ospite… e Giuda sa essere ospitale».
   Camminano ancora qualche metro fra casette sparse per la campagna, e donne e uomini si affacciano, chiamati da bambini. È palese che c’è della curiosità svegliata. Giuda deve avere gettato un grido di richiamo.
   «Ecco la mia povera casa. Perdona la sua povertà».
   Ma la casa non è poi una catapecchia: è un cubo ad un sol piano, ma vasto e ben tenuto, in mezzo ad un frutteto folto e prosperoso. Una stradetta privata, tutta ben pulita, va dalla via alla casa.
   «Permetti che vada avanti, Maestro?».
   «Va’ pure».
   Giuda[162] parte.
   «Maestro, Giuda ha fatto le cose in grande», dice Simone. «Ne avevo sospetto. Ma ora ne sono sicuro. Tu dici, Maestro, e dici bene: spirito, spirito… Ma lui… lui non la intende così. Non ti capirà mai… o molto tardi», corregge per non addolorare Gesù.
   Gesù sospira e tace.

   78.2Giuda esce con una donna sulla cinquantina circa. È piuttosto alta, non quanto il figlio, al quale ha dato i suoi occhi neri ed i suoi capelli ricci. Ma gli occhi di lei sono miti, piuttosto mesti, mentre quelli di Giuda sono imperiosi e furbi.
   «Ti saluto, Re d’Israele», dice prostrandosi in un vero saluto da suddita. «Concedi alla tua serva di ospitarti».
   «Pace a te, donna. E Dio sia con te e con la tua creatura».
   «Oh! sì! con la mia creatura!». È più un sospiro che una risposta.
   «Alzati, madre. Ho una Madre anche Io e non posso permettere che tu mi baci i piedi. In nome di mia Madre ti bacio, donna. È tua sorella… nell’amore e nel destino doloroso di madre dei segnati».
   «Che vuoi dire, Messia?», chiede Giuda un poco inquieto.
   Ma Gesù non risponde. Sta abbracciando la donna che ha rialzata dal suolo benignamente e che ora bacia sulle gote. E poi, tenendola per mano, va verso casa.
   Entrano in una stanza fresca, a cui fanno ombra leggere tende rigate. Vi sono pronte delle bibite fresche e fresche frutta. Ma prima la madre di Giuda chiama una serva e questa porta acqua e asciugamani, e la padrona vorrebbe scalzare Gesù e lavargli i piedi polverosi. Ma Gesù si oppone: «No, madre. La madre è troppo santa creatura, specie quando è onesta e buona come tu sei, per permettere che prenda attitudine da schiava». La madre guarda Giuda… uno sguardo strano. E poi va via.
   Gesù si è rinfrescato. Quando sta per rimettersi i sandali, la donna torna con un paio di sandali nuovi. «Ecco, Messia nostro. Credo di aver fatto bene… come Giuda voleva… Mi ha detto: “Un poco più lunghi dei miei e larghi uguale”».
   «Ma perché, Giuda?».
   «Non mi vuoi concedere di offrirti qualche dono? Non sei il mio Re e Dio?».
   «Sì, Giuda. Ma non dovevi dare tanto scomodo a tua madre. Tu lo sai come Io sono…».
   «Lo so. Sei santo. Ma devi apparire Re santo. Così è che ci si impone. Nel mondo, che per nove parti su dieci è di stolti, bisogna imporsi con la presenza. Io so».
   Gesù si è allacciati i sandali nuovi, di pelle rossa nelle cinghie traforate, nella tomaia che sale sino alla caviglia. Molto più belli dei suoi semplici sandali da operaio e simili ai sandali di Giuda, che sono quasi scarpette da cui emergono solo brani di piede.
   «Anche la veste, mio Re. L’avevo preparata per il mio Giuda… Ma egli te la dona. È lino, fresco e nuovo. Permetti che una madre ti vesta… come fossi il figlio suo».
   Gesù torna a guardare Giuda… ma non ribatte. Si slaccia la guaina della veste, al collo, e fa ricadere l’ampia tunica dalle spalle rimanendo con la tunichella di sotto. La donna gli infila la bella veste nuova. Gli offre una cintura che è un gallone molto ricamato, dal quale parte un cordone che termina a fiocchi foltissimi. Gesù certo si sentirà bene nelle vesti fresche e senza polvere. Ma non pare molto felice. Intanto gli altri si sono a loro volta puliti.
   «Vieni, Maestro. Sono del mio povero frutteto. E questa è l’acqua melata che la madre prepara. Tu, Simone, forse preferisci questo bianco vino. Prendi. È della mia vigna. E tu, Giovanni? Come il Maestro?». Giuda gongola nel poter mescere nei bei calici di argento, nel mostrare che è uno che può.
   La madre parla poco. Guarda… guarda… guarda il suo Giuda… e più ancora guarda Gesù… e quando Gesù, prima di mangiare, le offre la più bella delle frutta (mi sembrano grossissime albicocche, sono frutti giallo-rossi e non sono mele) e le dice: «Prima la madre sempre», a lei si imperla l’occhio di pianto.
   «Mamma. Il resto è fatto?», chiede Giuda.
   «Sì, figlio mio. Credo aver fatto tutto bene. Ma io sono sempre cresciuta qui e non so… non so gli usi dei re».
   «Quali usi, donna? Quali re? Ma che hai fatto, Giuda?».
   «Ma non sei Tu il promesso Re d’Israele? È ora che il mondo ti saluti tale, e ciò deve accadere per la prima volta qui, nella mia città, nella mia casa. Io ti venero tale. Per amore di me e per rispetto al tuo nome di Messia, di Cristo, di Re, che i profeti per ordine di Jeovà[163] ti hanno dato, non mi smentire».

   78.3«Donna, amici. Vi prego. Ho bisogno di parlare con Giuda. Devo dargli ordini precisi».
   La madre e i discepoli si ritirano.
   «Giuda, che hai fatto? Tanto poco mi hai capito sin qui? Perché abbassarmi al punto di fare di Me solo un potente della Terra, anzi, di uno che briga per esser potente? E non capisci che ciò è offesa alla mia missione e ostacolo anzi? Sì. Non negare. Ostacolo. Israele è soggetto a Roma. Tu sai che avvenne quando volle alzare contro Roma qualcuno che ebbe aspetto di capo popolo e dette sospetto di creare una guerra di riscossa. Hai sentito, proprio in questi giorni hai sentito, come si infierì su un Pargolo perché lo si suppose futuro re, secondo il mondo. E tu! e tu! Oh! Giuda! Ma che speri da una mia sovranità di carne? Che speri? Ti ho dato tempo di pensare e decidere. Ti ho parlato ben chiaro sin dalla prima volta. Ti ho anche respinto perché sapevo… perché so, sì, perché so, leggo, vedo ciò che è in te. Perché mi vuoi seguire, se non vuoi essere quale Io voglio? Vattene, Giuda. Non nuocerti e non nuocermi… Vai. È meglio per te. Non sei operaio atto a quest’opera… È troppo al disopra di te. In te c’è superbia; c’è cupidigia, di tutti i tre rami; c’è prepotenza… anche tua madre ti deve temere…; c’è tendenza alla menzogna… No. Non così deve essere il mio seguace. Giuda, Io non ti odio. Io non ti maledico. Ti dico solo, e col dolore di chi vede che non può mutare un che ama, ti dico solo: va’ per la tua strada, fatti largo nel mondo, posto che questo vuoi, ma non stare con Me. La mia via!… La mia reggia! Oh! che angustia è in esse! Sai dove sarò Re? Quando sarò proclamato Re? Quando sarò alzato su un legno infame e per porpora avrò il mio Sangue, per corona un serto di spine, per insegna un cartello di scherno, per trombe, cembali, organi e cetre salutanti il Re proclamato, le bestemmie di tutto un popolo: del mio popolo. E sai per opera di chi tutto questo? Di un che non mi avrà capito. Che nulla avrà capito. Cuore di bronzo cavo in cui la superbia, il senso e l’avarizia avranno stillato i loro umori, e questi avranno generato un groviglio di serpi che serviranno ad esser catena per Me e… e maledizione per lui. Gli altri non sanno così chiaramente la mia sorte. E, ti prego, non la dire. Questo rimanga fra Me e te. Del resto… è un rimprovero… e tu tacerai per non dire: “Fui rimproverato…”. Hai inteso, Giuda?».

   78.4Giuda è paonazzo, tanto è rosso. Sta in piedi, davanti a Gesù. È confuso, a capo basso… Poi si getta in ginocchio e piange col capo sui ginocchi di Gesù: «Ti amo, Maestro. Non mi respingere. Sì. Sono un superbo, sono uno stolto. Ma non mi mandare via. No, Maestro. Sarà l’ultima volta che manco. Hai ragione. Non ho riflettuto. Ma anche in questo errore è amore. Volevo darti tanto onore… e che gli altri te lo dessero… perché ti amo. Tu lo hai detto tre giorni or sono: “Quando sbagliate senza malizia, per ignoranza, non è errore ma giudizio imperfetto, da bambini, ed Io sono qui per farvi adulti”. Ecco, Maestro, io sono qui contro i tuoi ginocchi… mi hai detto che sarai un padre per me… contro i tuoi ginocchi come a quelli di mio padre, e ti chiedo perdono, ti chiedo di fare di me un “adulto” e adulto santo… Non mi mandare via, Gesù, Gesù, Gesù… Non tutto è malvagio in me. Tu vedi, per Te ho lasciato tutto e sono venuto. Tu sei da più degli onori e delle vittorie che ottenevo servendo altri. Tu, sì, Tu sei l’amore del povero, infelice Giuda, che vorrebbe darti solo gioia e ti dà dolore invece…».
   «Basta, Giuda. Ancora una volta ti perdono…». Gesù pare affaticato… «Ti perdono sperando… sperando che tu in futuro mi comprenda».
   «Sì, Maestro. Sì. E ora però… ora… non mi prostrare sotto il peso di una smentita che farebbe di me il deriso. Tutta Keriot sa che io venivo col Discendente di Davide, il Re d’Israele… e si è preparata a riceverti, questa mia città… Avevo creduto di far bene… di farti vedere come si fa per essere temuti e ubbiditi… e di farlo vedere a Giovanni, a Simone, e attraverso loro agli altri che ti amano, ma ti trattano da uguale… Anche la madre sarebbe schernita come madre di un figlio mentitore e pazzo. Per lei, Signore mio… E ti giuro che io…».
   «Non giurare a Me. Giura a te stesso, se puoi, di non peccare più in questo senso. Per la madre e per i cittadini non farò sfregio di andare via senza sostare. Alzati».
   «Che dici agli altri?».
   «La verità…».
   «Nooh!».
   «La verità: che ti ho dato ordini per oggi. C’è sempre modo di dire, con carità, la verità. Andiamo. Chiama tua madre e gli altri».
   Gesù è piuttosto severo. Né torna a sorridere che quando torna Giuda con la madre e i discepoli. La donna scruta Gesù. Ma lo vede benigno. Si rassicura. Ho l’impressione che sia un’anima in pena.
   «Vogliamo andare a Keriot? Sono riposato e ti ringrazio, madre, di tutte le tue bontà. Il Cielo ti compensi e dia, per la carità che mi fai, riposo e gioia al consorte che piangi».
   La donna cerca baciargli la mano, ma Gesù le pone la mano sul capo con una carezza e non permette.
   «Il carro è pronto, Maestro. Vieni».
   Fuori, infatti, sta giungendo un carro tirato da buoi, un bel carro comodo, su cui sono messi cuscini a far sedile e sopra è una tenda di stoffa rossa.
   «Sali, Maestro».
   «La madre, prima».
   La donna sale e poi Gesù e gli altri.
   «Qui, Maestro». (Giuda non lo chiama più re).
   Gesù si siede sul davanti, al suo fianco Giuda. Dietro, la donna e i discepoli. Il conducente pungola i buoi e li incita camminando al loro fianco.

   78.5Il tragitto è breve. Un quattrocento metri, poco più, poi ecco si vedono le prime case di Keriot, che mi pare una discreta cittadina. Un bimbetto guarda, sulla via piena di sole, e poi parte come un razzo. Quando il carro giunge alle prime case, notabili e popolo sono a riceverlo con drappi e rami, e rami e drappi, per le vie, da casa a casa. Grida di giubilo e inchini fino a terra. Gesù — ormai non può farne a meno — dall’alto del suo traballante trono saluta e benedice.
   Il carro prosegue e poi gira, oltre una piazza, in una via, e si ferma davanti ad una casa che ha già il portone spalancato, e su esso due o tre donne. Si fermano. Scendono.
   «La mia casa è tua, Maestro».
   «Pace ad essa, Giuda. Pace e santità».
   Entrano. Oltre il vestibolo vi è una larga sala con divani bassi e mobili ad intarsio. Con Gesù e gli altri entrano i notabili del luogo. Inchini, curiosità, festosità pomposa.
   Un vecchio imponente pronuncia un discorso: «Grande ventura per la terra di Keriot averti, o Signore. Grande ventura! Giorno felice! Ventura per averti e ventura per vedere che ti è amico e aiuto un suo figlio. Lui benedetto che ti ha conosciuto prima di ogni altro! E Tu benedetto dieci volte dieci per esserti manifestato, Tu, l’Atteso da generazioni e generazioni. Parla, Signore e Re. I nostri cuori attendono la tua parola come terra sitibonda da rovente estate attende la prima dolce acqua di settembre».
   «Grazie, chiunque tu sia. Grazie. E grazie a questi cittadini che al Verbo del Padre, al Padre di cui sono il Verbo, hanno inchinato i loro cuori. Perché sappiate che non al Figlio dell’uomo che vi parla, ma al Signore altissimo va reso grazie e onore per questo tempo di pace con cui Egli rilega la spezzata paternità coi figli dell’uomo. Lodiamo il Signore vero, il Dio di Abramo che ha avuto pietà e amore del suo popolo e ad esso concede il Redentore promesso. Non a Gesù, servo dell’eterna Volontà, ma a questa Volontà d’amore gloria e lode».
   «Parli da santo… Io sono il sinagogo. Sabato non è. Ma vieni nella mia casa. A spiegare la Legge, Tu su cui, più di olio regale, è l’unzione della Sapienza».
   «Verrò».
   «Il mio Signore forse è stanco…».
   «No, Giuda. Mai stanco di parlare di Dio e mai voglioso di deludere i cuori».
   «Vieni, allora», insiste il sinagogo. «Tutta Keriot è lì fuori che ti attende».
   «Andiamo».
   Escono. Gesù fra Giuda e l’archisinagogo. Poi, intorno, notabili e folla, folla, folla. Gesù passa e benedice.

   78.6La sinagoga è sulla piazza. Entrano. Gesù va al posto di chi insegna. Comincia a parlare, tutto candido nella splendida veste, il volto ispirato, le braccia distese nel suo solito gesto.
   «Popolo di Keriot, il Verbo di Dio parla. Udite. Non è che Parola di Dio, Colui che vi parla. La sua sovranità viene dal Padre e al Padre tornerà dopo avere evangelizzato Israele. Si aprano i cuori e le menti alla Verità, perché errore non stagni e non nasca confusione.
   Isaia ha detto[164]: “Ogni rapina fatta con tumulto e le vesti intrise di sangue saranno arse dal fuoco. Ecco, ci è nato un pargolo, ci è largito un figlio. Ha sui suoi omeri il principato. Ecco il suo nome: l’Ammirabile, il Consigliere, Dio, il Forte, il Padre del secolo futuro, il Principe della pace”. Questo è il mio Nome. Lasciamo ai Cesari e ai Tetrarchi le loro prede. Io farò rapina. Ma non rapina che meriti punizione di fuoco. Anzi strapperò al fuoco di Satana prede e prede per portarle al Regno di pace di cui sono Principe, e al secolo futuro: l’eterno tempo di cui sono Padre.
   “Dio”, dice ancora Davide dalla cui stirpe provengo, come era predetto da coloro che videro per loro santità grata a Dio e scelta a parlare da Dio, “ha eletto uno solo… mio figlio… ma l’opera è grandiosa, perché si tratta non di preparare la casa di un uomo, ma per Iddio”. Così è. Dio, il Re dei re, ha eletto un solo: suo Figlio, per costruire, nei cuori, la sua casa. E ha già preparato il materiale. Oh! quanto oro di carità! e rame, e argento, e ferro, e legni rari, e pietre preziose! Tutte sono accumulate nel suo Verbo, ed Egli le usa per costruire in voi la dimora di Dio. Ma se l’uomo non aiuta il Signore, inutilmente il Signore vorrà costruire la sua casa. All’oro va risposto con l’oro. All’argento con l’argento, al rame col rame, al ferro col ferro. Ossia amore va dato per amore, continenza per servire la Purezza, costanza per esser fedeli, forza per non piegare. E poi portare oggi la pietra, domani il legno: oggi il sacrificio, domani l’opera, e costruire. Sempre costruire il tempio di Dio in voi.
   Il Maestro, il Messia, il Re dell’Israele eterno, del popolo eterno di Dio vi chiama. Ma vuole siate mondi per l’opera. Giù le superbie: a Dio lode. Giù gli umani pensieri: di Dio è il Regno. Umili, dite con Me: “Tua è ogni cosa, Padre. Tuo tutto quanto è buono. Insegnaci a conoscerti e servirti, in verità”. Dite: “Chi sono io?”. E riconoscete che sarete qualcosa solo quando sarete dimore purificate in cui Dio può scendere e riposare.
   Tutti pellegrini e stranieri su questa Terra, sappiate riunirvi e andare verso il Regno promesso. Via sono i comandamenti eseguiti non per timore di castigo ma per amore a Te, Padre santo. Arca, un cuore perfetto in cui sta la nutriente manna della sapienza e fiorisce la verga della pura volontà. E, perché luminosa sia la casa, venite alla Luce del mondo. Io ve la porto. Vi porto la Luce. Non altro che questo. Non possiedo ricchezze e non prometto onori che siano della Terra. Ma possiedo tutte le ricchezze soprannaturali del Padre mio e, a coloro che seguiranno Dio in amore e carità, prometto l’onore eterno del Cielo.
   La pace sia con voi».

   78.7La gente, che ha ascoltato attenta, bisbiglia un poco inquieta. Gesù parla col sinagogo. Si uniscono al gruppo anche altre persone, forse i notabili.
   «Maestro… ma non sei il Re d’Israele? Ci avevano detto…».
   «Lo sono».
   «Ma Tu hai detto…».
   «Che non possiedo e non prometto ricchezze del mondo. Non posso dire che la verità. Così è. So il vostro pensiero. Ma l’errore viene da uno sbaglio di interpretazione e da un molto grande vostro rispetto verso l’Altissimo. Vi fu detto: “Viene il Messia”, e voi avete pensato, come molti in Israele, che Messia e re fossero la stessa cosa. Alzate più alto lo spirito. Osservate questo bel cielo d’estate. Vi pare finisca lì, il suo confine, lì dove l’aria pare una volta di zaffiro? No. Oltre vi sono gli strati più puri, gli azzurri più netti, sino a quello non immaginabile del Paradiso, dove il Messia condurrà i giusti morti nel Signore. La stessa differenza è fra la regalità messianica creduta dall’uomo e quella che è reale: tutta divina».
   «Ma potremo noi, poveri uomini, alzare lo spirito dove Tu dici?».
   «Sol che lo vogliate. E, se lo vorrete, ecco che Io vi aiuterò».
   «Come ti dobbiamo chiamare, se re non sei?».
   «Maestro, Gesù, come volete. Maestro sono, e sono Gesù, il Salvatore».

   78.8Un vecchio dice[165]: «Odi, Signore. Un tempo, molto tempo fa, al tempo dell’editto, giunse sin qui notizia che era nato a Betlemme il Salvatore… ed io vi andai con altri… Vidi un piccolo Bambino, in tutto uguale agli altri. Ma lo adorai, per fede. Poi seppi che vi è uno, santo, di nome Giovanni. Quale è il Messia vero?».
   «Colui che tu adorasti. L’altro è il suo Precursore. Grande santo agli occhi dell’Altissimo. Ma non Messia».
   «Tu eri?».
   «Io ero. E che vedesti intorno alla mia neonata persona?».
   «Povertà e lindura, onestà e purezza… Un artiere gentile e serio di nome Giuseppe, artiere ma della stirpe di Davide, una giovane madre bionda e gentile di nome Maria, davanti alla cui grazia impallidiscono le rose più belle d’Engaddi e paiono deformi i gigli delle aiuole regali, e un Bambino dai grandi occhi celesti, dai capelli di fili d’oro pallido… Non altro vidi… E sento ancora la voce della Madre dirmi: “Per la mia Creatura io ti dico: sia il Signore con te sino all’eterno incontro e la sua Grazia venga incontro a te sulla tua strada”. Ho ottantaquattro anni… la strada è sul finire. Non speravo più incontrare la Grazia di Dio. Ma ti ho trovato, invece… ed ora non desidero più di vedere altra luce che non sia la tua… Sì. Ti vedo quale sei sotto questa veste di pietà che è la carne che hai preso. Ti vedo! Udite la voce di colui che nel morire vede la Luce di Dio!».
   La gente si affolla intorno al vegliardo ispirato che è nel gruppo di Gesù e che, non più sorreggendosi sul bastoncello, alza le braccia tremule, la testa tutta canuta, dalla barba lunga e bipartita, una vera testa da patriarca o profeta.
   «Io vedo Costui: l’Eletto, il Supremo, il Perfetto, qui sceso per forza d’Amore, risalire alla destra del Padre, tornare Uno con Lui. Ma ecco! Non Voce ed Essenza incorporea, come Mosè vide l’Altissimo e come la Genesi dice lo conoscessero i Primi e seco Lui parlassero nel vento della sera. Come vera Carne lo vedo salire all’Eterno. Carne sfolgorante! Carne gloriosa! Oh! pompa di Carne divina! Oh! bellezza dell’Uomo Dio! È il Re! Sì. È il Re. Non di Israele: del mondo. E a Lui si inchinano tutte le regalità della Terra e ogni scettro e corona si annulla nel fulgore del suo scettro e dei suoi gioielli. Un serto, un serto ha sulla sua fronte. Uno scettro, uno scettro ha nella sua mano. Sul petto ha un razionale: perle e rubini di uno splendore non mai visto sono in esso. Fiamme ne escono come da una fornace sublime. Ai polsi sono due rubini, e una fibbia di rubini è sui suoi piedi santi. Luce, luce dai rubini! Guardate, o popoli, il Re eterno! Ti vedo! Ti vedo! Salgo con Te… Ah! Signore! Redentore nostro!… La luce cresce nel mio occhio dell’anima… Il Re è decorato del suo Sangue! Il serto è una corona di sanguinanti rovi, lo scettro è una croce… Ecco l’Uomo! Eccolo! Sei Tu!… Signore, per la tua immolazione abbi pietà del tuo servo. Gesù, alla tua pietà consegno il mio spirito».
   Il vecchio, sin allora ritto, tornato giovane nel fuoco del profetare, si accascia di improvviso e cadrebbe se Gesù, pronto, non lo sorreggesse contro il suo petto.
   «Saul!».
   «Muore Saul!».
   «Aiuto!».
   «Correte».
   «Pace intorno al giusto che muore», dice Gesù, che lentamente si è inginocchiato per poter sostenere meglio il vecchio sempre più pesante.
   Si fa silenzio. Poi Gesù lo depone completamente al suolo. E si drizza.
   «Pace al suo spirito. È morto vedendo la Luce. Nell’attesa, e breve sarà, vedrà già il volto di Dio e starà felice. Non vi è morte, ossia separazione dalla vita, per coloro che morirono nel Signore».

   78.9La gente, dopo qualche tempo, si allontana commentando. Restano i maggiorenti, Gesù, i suoi e il sinagogo.
   «Ha profetato, Signore?».
   «I suoi occhi hanno visto la Verità. Andiamo».
   Escono.
   «Maestro, Saul è morto investito dallo Spirito di Dio. Noi che l’abbiamo toccato siamo mondi o immondi?».
   «Immondi».
   «E Tu?».
   «Io come gli altri. Non muto la Legge. La legge è legge e l’israelita la osserva. Immondi siamo[166]. Entro il terzo giorno e il settimo ci purificheremo. Sino allora, immondi siamo. Giuda, Io non torno da tua madre. Non porto immondezza nella sua casa. Fàlla avvisare da chi può farlo. Pace a questa città. Andiamo».
   Non vedo più nulla.

[162] Giuda, invece di Gesù (evidente lapsus di MV), è la corretta trascrizione dattiloscritta.
[163] Jeovà è stato corretto in Javé, da MV su una copia dattiloscritta, a seguito della nota in 59.5.
[164] Isaia ha detto, in: Isaia 9, 4-5; dice ancora Davide, in: 1 Cronache 29, 1.
[165] Un vecchio dice: è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[166] Immondi siamo per aver toccato un morto, come è stabilito in: Numeri 19, 11-22, che comprende le regole per purificarsi. Sempre a riguardo dei contatti con un morto, sono contemplati casi specifici in: Levitico 21, 1-4; 22, 4-7; Numeri 6, 6-12; 9, 6-12; 31, 19-20; Ezechiele 44, 25-27; Aggeo 2, 13. La presente nota valga per tutte le volte che si ripresenta un simile caso di “impurità legale”. — Alla fine di ogni volume il lettore troverà l’indice tematico per consultare le note principali e di collegamento, che sono distribuite nei dieci volumi dell’opera.