MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 288



CCLXXXVIII. Discorso ai cittadini di Gerasa e lode di una donna alla Madre di Gesù.

   27 settembre 1945.

   288.1 Credeva di essere sconosciuto! Quando la mattina di poi pone piede fuori dal fabbricato di uso di Alessandro, trova già delle persone ad attenderlo. Gesù è con i soli apostoli. Donne e discepoli sono rimasti in casa, in riposo. La gente lo saluta e circonda dicendogli che lo conosce per quanto disse di Lui uno guarito dai demoni, che ora è assente perché andato avanti con due discepoli passati di lì qualche giorno prima.
   Gesù ascolta benignamente tutti questi discorsi e intanto cammina per la città, che mostra spesso delle zone dove infuria un vero fragore di cantieri. Muratori, sterratori, scalpellini, fabbri, falegnami lavorano a costruire, a spianare o a colmare dislivelli, a sbozzare pietre per le muraglie, a lavorare il ferro per questo o quell’uso, a segare, piallare, ridurre a pali dei tronchi robusti. Gesù passa e guarda, valica un ponte gettato su un torrentello chiacchierino che passa proprio al centro del paese; e le case si sono allineate al di qua e al di là di esso con pretese di formare un lungo-fiume. Sale poi verso la parte alta della città, che è un poco in dislivello nel suo piano, di modo che il lato sud-ovest è più alto del lato nord-est, ma ambedue sono più alti del centro cittadino tagliato in due dal piccolo corso d’acqua.
   La vista è bella dal punto dove si è fermato Gesù. Tutta la città, abbastanza vasta, si mostra a chi guarda, e dietro ad essa, dai lati d’oriente, meridione e occidente, vi è un ferro di cavallo di lievi colline tutte verdi, mentre a nord l’occhio spazia su una pianura aperta e vasta che all’orizzonte mostra un rilievo, tenue tanto da non poter essere chiamato neppur colle, tutto biondo di sole mattutino, che fa preziosi i pampini giallastri delle viti che coprono questa onda di terreno, quasi volesse mitigare la malinconia delle morenti foglie con il fasto di una pennellata d’oro.

   288.2 Gesù osserva e la gente di Gerasa lo sta a guardare. Gesù li conquista col dire:
   «Questa città è molto bella. Fatela bella anche di giustizia e santità. I colli, il ruscello, la verde pianura ve li ha dati Dio. Roma vi aiuta ora a darvi case e belle costruzioni. Ma sta in voi soli dare alla città vostra il nome di città santa e giusta.
   La città è quale la fanno i cittadini. Perché la città è una parte della società chiusa fra cerchia di mura, ma chi fa la città sono i cittadini. La città in se stessa non pecca. Non può peccare il ruscello, il ponte, le case, le torri. Sono materia, non anima. Ma peccare possono coloro che sono chiusi nelle mura cittadine, nelle case, nelle botteghe, e passano sul ponte, e si bagnano nel rio. Si dice di una città faziosa e crudele: “È una città pessima”. Ma è mal detto. Non è la città, sono i cittadini pessimi. Questi singoli che diventano, unendosi, una cosa multipla, eppure anche una cosa sola, detta “la città”. Ora ascoltate. Se in una città diecimila abitanti sono buoni e solo mille non lo sono, potrebbe dirsi che quella città è malvagia? Non lo si potrebbe dire. Ugualmente: se in una città di diecimila abitanti ci sono molti partiti e ognuno tende a beneficare il suo, può dirsi più che quella città è unita? Non lo si può dire. E pensate voi che quella città sarà prospera? Non lo sarà.
   Voi di Gerasa ora siete tutti uniti nell’intento di fare della vostra città una grande cosa. E ci riuscirete perché tutti volete la stessa cosa e gareggiate l’uno con l’altro a raggiungere questo scopo. Ma se domani fra voi sorgessero partiti diversi e uno dicesse: “No, meglio è estendersi a occidente”, e un altro partito: “Niente affatto. Andremo a settentrione dove è la pianura”, e un terzo: “Né qua né là. Stretti tutti nel centro, presso il fiume vogliamo stare”, che accadrebbe? Accadrebbe che i lavori iniziati si fermerebbero, chi presta i capitali li ritirerebbe, chi ha intenzione di stabilirsi qui se ne andrebbe in altra città dai cittadini più concordi, e il già fatto cadrebbe a rovina perché esposto alle intemperie senza essere ultimato per le diatribe dei cittadini. È o non è così? Voi dite che così è, e dite bene. Dunque occorre concordia fra i cittadini per fare il bene della città e, di conseguenza, dei cittadini, perché nella società il bene della stessa è benessere di chi la compone.

   288.3 Ma non vi è solo la società quale voi la pensate, la società dei cittadini, o dei connazionali, o la piccola e cara società della famiglia. Vi è una società più vasta, infinita: quella degli spiriti.
   Noi tutti che viviamo abbiamo un’anima. Quest’anima non muore col corpo, ma sopravvive ad esso in eterno. Idea del Creatore Iddio, che ha dato all’uomo l’anima, era che tutte le anime degli uomini si riunissero in un unico luogo, il Cielo, costituendo il Regno dei Cieli, il cui monarca è Dio e i cui sudditi beati sarebbero stati gli uomini dopo una vita santa e una placida dormizione. Satana venne a dividere e a scompigliare, a distruggere e addolorare Dio e spiriti. E mise il peccato nei cuori, e con esso portò la morte al corpo al termine dell’esistenza, sperando di dare morte anche agli spiriti. La morte di essi è la dannazione, la quale è esistere ancora, sì, ma di una esistenza priva di ciò che è vita vera e giubilo eterno, ossia della visione beatifica di Dio e del suo eterno possesso nelle luci eterne. E l’Umanità si divise nei suoi voleri come una città divisa da contrari partiti. E così facendo andò in rovina.
   Io l’ho detto[96] altrove a chi mi accusava di cacciare i demoni con l’aiuto di Belzebù: “Ogni regno diviso in se stesso andrà in rovina”. Infatti, se Satana cacciasse se stesso, esso e il suo regno tenebroso rovinerebbe.
   Io, per l’amore che Dio ha per l’Umanità da Lui creata, sono venuto a ricordare che un Regno solo è santo: quello dei Cieli. E venuto sono a predicarlo perché i migliori accorrano ad esso.
   Oh! Io vorrei che tutti, anche i peggiori, venissero, convertendosi, liberandosi dal demonio che palesemente, nelle possessioni corporali oltre che spirituali, o segretamente, in quelle tutte spirituali, li tiene schiavi. Per questo Io vado guarendo i malati, cacciando i demoni dai corpi posseduti, convertendo i peccatori, perdonando in nome del Signore, istruendo al Regno, compiendo miracoli per farvi persuasi del mio potere e che Dio è con Me. Perché non si può fare miracolo se non si ha amico Iddio. Perciò, se Io caccio i demoni col dito di Dio e guarisco i malati, mondo i lebbrosi, converto i peccatori, annuncio e istruisco al Regno e chiamo ad esso in nome di Dio, e la condiscendenza di Dio è con Me, chiara e indiscutibile, e solo i nemici sleali possono dire il contrario, segno è che il Regno di Dio è giunto fra voi e va costituito perché questa è l’ora della sua fondazione.

   288.4 Come si fonda il Regno di Dio nel mondo e nei cuori? Col ritorno alla Legge mosaica o con la conoscenza esatta di essa se la si ignora, e, soprattutto, con l’applicazione totale della Legge in se stessi, in ogni evento e momento della vita. Quale è questa Legge? Una cosa talmente severa da essere impraticabile? No. Essa è una serie di dieci precetti santi e facili, quali anche l’uomo moralmente buono, veramente buono, sente doversi dare, anche se è uno sepolto sotto l’intricato tetto vegetale delle foreste più impenetrabili dell’Africa misteriosa. Essa dice:
   “Io sono il Signore Iddio tuo, né vi è altro Dio all’infuori di Me.
   Non nominare il Nome di Dio inutilmente.
   Rispetta il sabato secondo il comando di Dio e il bisogno della creatura.
   Onora il padre e la madre se vuoi vivere lungamente e aver del bene in terra e in Cielo.
   Non ammazzare. Non rubare.
   Non commettere adulterio.
   Non dire false testimonianze contro il prossimo. Non desiderare la moglie altrui.
   Non invidiare la roba altrui”.
   Quale è quell’uomo, che sia di animo buono anche se è un selvaggio, che girando lo sguardo su quanto lo circonda non giunge a dirsi: “Tutto questo da se stesso non si è potuto formare. Perciò vi è Uno, più potente della natura e dello stesso uomo, che ha fatto questo”? E adora questo Potente, di cui sa o non sa il Nome Ss., ma che sente esistere? E ne ha tale riverenza che a pronunciare il nome che gli ha dato, o che gli fu insegnato a dire per nominarlo, trema di riverenza e sente di pregare sol col nominarlo con riverenza? Ché infatti è preghiera dire il Nome di Dio nell’intento di adorarlo o di farlo conoscere alla gente che lo ignora.
   Così pure, solo per prudenza morale ogni uomo sente di dover concedere riposo alle sue membra, perché resistano fino a che dura vita. Con più ragione questo riposo animale, l’uomo che non ignora il Dio d’Israele, il Creatore e Signore dell’universo, sente che lo deve consacrare al Signore, per non essere simile al giumento che stanco si riposa sulla lettiera frangendo biade fra i denti robusti.
   Anche il sangue grida amore per quelli da cui è venuto, e lo vediamo anche in quel puledro d’asina che corre ora ragliando incontro alla madre che torna dai mercati. Giocava nel branco, l’ha vista, si ricorda d’esser stato allattato da essa e leccato con amore, difeso, scaldato dalla madre, e vedete? Con le froge tenere le strofina il collo e sgroppona di gioia, sfregando la giovane groppa contro il fianco che lo ha portato. Amare i genitori è dovere e diletto. Né vi è animale che non ami colei che lo ha generato. E che? L’uomo sarà più infimo del verme che vive nel fango della zolla?
   L’uomo moralmente buono non uccide. La violenza gli fa ribrezzo. Sente che non è lecito levare la vita a nessuno, che solo Dio che l’ha data ha il diritto di levarla. E rifugge dall’omicidio.
   Ugualmente, il moralmente sano non si prevale delle cose altrui. Preferisce il pane mangiato con serena coscienza presso la fonte argentina, al succolento arrosto frutto di un furto. Preferisce dormire sul suolo col capo su una pietra e le stelle amiche sul capo, pioventi pace e conforti alla coscienza onesta, al sonno turbato su un letto carpito con furto.
   E, se è moralmente sano, non è avido di più donne che sue non siano, non entra, insozzatore e vile, nel talamo altrui. Ma nella donna dell’amico vede una sorella e non ha per lei sguardi e appetiti che per sorella non si hanno.
   L’uomo di animo retto, anche se naturalmente retto, senza altra conoscenza del Bene che quella che gli viene dalla sua coscienza buona, non si permette mai di testimoniare ciò che non è vero, parendogli ciò uguale ad omicidio e furto, e così è. Ma ha labbra oneste come ha onesto il cuore, e con essi ha onesti sguardi per cui non appetisce alle mogli altrui. Neppure appetisce, perché sente che l’appetire è il primo stimolo al peccare. E non invidia. Perché è buono. Il buono non invidia mai. Sta sereno nella sua sorte.

   288.5 Vi pare, questa legge, così esigente da essere impraticabile? Non fatevi torto! Io sono certo che voi non ve lo farete. E, se non lo farete, fonderete il Regno di Dio in voi e nella vostra città. E vi ritroverete, un giorno, felici con coloro che amaste e che come voi conquistarono il Regno eterno nei gaudi senza fine del Cielo.
   Ma nel nostro stesso intimo sono le passioni come tanti cittadini chiusi fra la cerchia delle mura cittadine. Occorre che tutte le passioni dell’uomo vogliano la stessa cosa, ossia la santità. Altrimenti, inutilmente una parte tenderà al Cielo, se poi un’altra lascia incustodite le porte e vi lascia penetrare il seduttore, o neutralizza con dispute e pigrizie le azioni di una parte degli spirituali cittadini, facendo perire la città intima e abbandonandola al regno delle ortiche, dei tossici, delle gramigne, dei serpenti, scorpioni, topi e sciacalli, e gufi, ossia delle male passioni e degli angeli di Satana. Occorre vegliare senza mai smettere, come scolte messe alle mura, per impedire che il Maligno entri là dove noi vogliamo costruire il Regno di Dio.
   In verità vi dico che, finché il forte guarda in armi l’atrio della sua casa, è sicuro di tutto quanto è in essa. Ma, se viene uno più forte di lui, o se egli lascia incustodita la porta, allora il più forte lo vince, lo disarma, ed egli, privo delle armi in cui confidava, si avvilisce e si arrende, e il forte lo fa prigioniero prendendosi le spoglie del vinto. Ma se l’uomo vive in Dio, mediante la fedeltà alla Legge e la giustizia santamente praticata, Dio è con lui, Io sono con lui, e nulla di male può accadergli. L’unione con Dio è l’arma che nessun forte può vincere. L’unione con Me è sicurezza di vittoria e di bottino di virtù eterne, per cui eternamente sarà dato posto nel Regno di Dio. Ma chi da Me si stacca o di Me si fa nemico respinge per conseguenza le armi e la sicurezza della mia parola. Chi respinge il Verbo respinge Dio. Chi respinge Dio chiama Satana. Chi chiama Satana distrugge quanto aveva per conquistare il Regno.
   Perciò, chi non è con Me è contro di Me. E chi non coltiva ciò che Io ho seminato raccoglie ciò che semina il Nemico. Chi meco non raccoglie disperde, e povero e nudo verrà al Giudice supremo, che lo manderà dal padrone al quale si è venduto preferendo Belzebù al Cristo.
   Cittadini di Gerasa, edificate in voi e nella vostra città il Regno di Dio».

   288.6 Una trillante voce di donna si solleva limpida come un canto di allodola sul brusio della folla ammirata, cantando la novella beatitudine, ossia la gloria di Maria: «Beato il seno che ti ha portato e le mammelle che hai succhiato».
   Gesù si volge verso la donna che esalta la Madre per ammirazione del Figlio. Sorride, perché dolce gli è la lode data alla Genitrice. Ma poi dice: «Più beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica. Fa’ tu questo, o donna».
   E poi benedice e si avvia verso la campagna, seguito dagli apostoli che gli chiedono: «Perché hai detto questo?».
   «Perché in verità vi dico che in Cielo non si misura con le misure della Terra. E mia Madre stessa sarà beata non tanto per la sua immacolata anima, quanto per avere ascoltato la parola di Dio ed averla messa in pratica con l’ubbidienza. Il “sia fatta l’anima di Maria senza colpa” è prodigio del Creatore. A Lui dunque ne va data lode. Ma il “sia fatto di me secondo la tua parola” è prodigio di mia Madre. Per questo, dunque, grande è il suo merito. Tanto grande che solo per quella sua capacità di ascoltare Dio, parlante per bocca di Gabriele, e per la sua volontà di mettere in pratica la parola di Dio, senza stare a soppesare le difficoltà e i dolori immediati e futuri che da essa adesione sarebbero venuti, è venuto il Salvatore nel mondo. Voi dunque vedete che Ella è la mia beata Madre non solo perché mi ha generato e allattato, ma perché ha ascoltato la Parola di Dio e l’ha messa in pratica con l’ubbidienza.

   288.Ma ora torniamo a casa. Mia Madre sapeva che Io stavo fuori per poco tempo e potrebbe temere vedendomi ritardare. Siamo in paese semipagano. Ma in verità è più buono di altri. Pure andiamo. E giriamo dietro le mura per sfuggire alla folla che mi tratterrebbe ancora. Giù lesti, dietro questi boschetti folti…».

[96] l’ho detto, in 269.6.